La massima
1. Ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 443 c.p., per medicinale deve intendersi qualsiasi sostanza o composizione dotata di proprietà curative o profilattiche delle malattie umane, destinata ad essere somministrata all’uomo per effettuare una diagnosi medica oppure per ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’individuo. (Nella specie risultava che il medicinale, allestito dal ricorrente sotto la forma di preparato galenico magistrale, pur non potendo configurarsi come tale per l’evidente inapplicabilità alla fattispecie concreta della cosiddetta eccezione galenica, derivava dallo sconfezionamento di specialità medicinali, che venivano sminuzzate in mortaio e mescolate con additivi; la miscela così ottenuta veniva poi inserita in capsule sprovviste di pellicole protettive, nelle quali non risultava garantita una costante percentuale di principio attivo e di eccipienti. Tali metodiche, sia con riferimento alla capsule derivanti dal suddetto sconfezionamento di medicinali a base di Finasteride, sia con riguardo a quelle altre confezionate utilizzando il principio attivo acquistato da una ditta, sono state considerate idonee ad integrare l’elemento materiale del delitto di cui all’art. 443 cod. pen..)
2. Il reato di cui all’art. 443 c.p. è un reato di pericolo presunto, nell’ambito del quale non è necessario accertare in concreto la pericolosità del farmaco per la pubblica incolumità, essendo ritenuta sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delittuosa, la condotta di porre in commercio o somministrare un farmaco imperfetto, la cui composizione non corrisponda a quella dichiarata ed autorizzata.
3. La preparazione galenica magistrale, per essere tale, deve avvenire estemporaneamente, per unità e con ricetta medica. Scopo dell’eccezione galenica è, appunto, quello di consentire al farmacista di preparare e vendere al paziente un medicinale con diverso dosaggio o con diverso eccipiente rispetto a quello del medicinale posto in vendita dal titolare del brevetto e ciò solo nei casi in cui il paziente necessiti di tale diverso dosaggio o sia allergico all’eccipiente utilizzato per il medicinale commercializzato dal titolare del brevetto.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI
SENTENZA 23 settembre 2013, n. 39187
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 9/5/2012, la Corte di appello di Cagliari sez. dist. di Sassari confermava la sentenza del Tribunale di Sassari del 3/11/2010 con la quale C.A. era stato dichiarato responsabile dei reati di commercio di medicinali guasti, fabbricazione di medicinali in frode al brevetto d’invenzione e ricettazione di cui agli artt. 443 cod. pen., 88 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 e 648 cod. pen. e condannato alla pena di anni uno e giorni venti di reclusione ed Euro 600,00 di multa.
1.1. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di sussistenza della responsabilità dell’imputato in ordine ai reati di cui ai capi a), b) e di sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di ricettazione.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando i seguenti motivi di gravame: 2.1 mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla configurazione del reato di cui all’art. 443 cod. pen. Ci si duole, in particolare, della mancata risposta alle doglianze mosse con l’atto di appello, evidenziandosi l’intrinseca contraddizione in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure nell’avere ritenuto che, per evitare di commettere il reato di cui al capo b), cioè la violazione dell’art. 443 cod. pen., era necessario portare a compimento il reato di cui al capo a), cioè la violazione degli artt. 2 e 23 d. lgs. 29 maggio 1991, n. 178, dichiarato estinto per prescrizione.
2.2. mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla configurazione del reato di cui all’art. 88 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 per quanto concerne l’individuazione del brevetto che si assume violato; si fa, al riguardo, rilevare che la contestazione attiene alla violazione del brevetto d’invenzione corrispondente al farmaco Proscar mg. 5, acquisto in modo del tutto lecito e nel pieno rispetto del brevetto; viceversa il farmaco che contiene il principio attivo Finasteride, nel dosaggio applicato dall’imputato, si riferisce ad altra specialità medicinale e cioè al Propecia 1 mg, alla quale corrisponde un diverso brevetto. Tutto ciò era stato evidenziato nell’atto di appello e, ciononostante, la Corte territoriale non ha reso alcuna motivazione.
2.3. manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla configurazione del reato di cui all’art. 88 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 con riferimento alla pretesa pericolosità della preparazione galenica ed alla pretesa illiceità dell’acquisto del principio attivo. Si evidenzia, al riguardo, che, in base all’art. 5 della legge n. 94 del 1998, i medici possono prescrivere ed i farmacisti allestire preparazioni magistrali esclusivamente a base di principi attivi descritti dalle Farmacopee dell’Unione Europea o contenute nei medicinali prodotti industrialmente di cui sia autorizzato il commercio in Italia o nei paesi dell’Unione Europea, non essendovi alcuna prescrizione normativa che riguardi il Finasteride, per limitarne l’uso nell’allestimento di galenici magistrali; di tale doglianza, sollevata con i motivi di appello, non si è per nulla fatta carico la sentenza impugnata, che si è limitata a fare proprie, acriticamente, le argomentazioni della parte civile. Si rileva poi che la pretesa pericolosita del Finasteride non ha alcuna rilevanza rispetto al reato contestato che attiene alla violazione del brevetto, come pure irrilevante sarebbe l’acquisto di principio attivo allo stato sfuso presso la ditta Agrar.
2.4. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione alla configurazione del reato di cui all’art. 88 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, con riferimento alla cosiddetta eccezione galenica di cui all’art. 1 comma 3 lett. b) d.p.r. 22 giugno 1979, n. 338; detta norma, difatti, prevede che la preparazione galenica magistrale per essere legittima deve avvenire estemporaneamente, per unità e con ricetta medica, elementi che sarebbero tutti presenti nelle preparazioni allestite dall’imputato, come evidenziato nell’atto di appello. Si evidenzia poi che la quantità rilevante andava riferita ad un numero indeterminato di anni e non comportava affatto l’industrialità della produzione, caratterizzata, appunto, dall’uso di macchinari industriali, laddove ciò che contraddistingue la preparazione galenico magistrale è l’intervento professionale del farmacista. Ed ancora si ritiene che erri la sentenza impugnata nell’affermare che il farmacista sia tenuto a rivolgersi per la fornitura del principio attivo da utilizzare nella preparazione galenica al titolare del brevetto; in tal senso il decreto legislativo n. 30 del 2005 consente al farmacista la fabbricazione del principio attivo necessario per la preparazione galenica e non vi è prova che la produzione galenica contestata sia successiva all’entrata in vigore del suddetto testo normativo.
2.5. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione all’art. 648 cod. pen. con riferimento alla ritenuta provenienza delittuosa del principio attivo, perché acquistato da un soggetto diverso dal titolare del relativo brevetto, dovendosi, tra l’altro, tenere conto che il reato presupposto della ricettazione, costituito dall’art. 127 d. lgs. n. 30 del 2005, in linea di continuità con l’art. 88 r.d. n. 1127 del 1939, è stato depenalizzato a seguito dell’entrata in vigore della legge 23 luglio 2009 n. 99, il cui art. 15 comma 2 ha abrogato l’art. 127 citato, fatto per il quale oggi è prevista una sanzione amministrativa.
2.6. mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., in relazione all’elemento soggettivo del reato di ricettazione.
2.7. violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione alla configurazione del reato di ricettazione con riferimento all’operatività della cosiddetta eccezione galenica di cui agli artt. 1 comma 3 lett. b) d.p.r. 22 giugno 1979 n. 338 e 68 d. lgs. 10 febbraio 2005 n. 30. Si contesta a questo riguardo l’identificazione dei medicinali con i principi attivi farmaceutici, essendo la prescrizione normativa di cui all’art. 68 d. lgs. n. 30 del 2005 limitata soltanto alla produzione dei medicinali.
Considerato in diritto
3. Il ricorso deve essere rigettato, per essere infondati tutti i motivi proposti.
3.1. Con riferimento alla questione prospettata con il primo motivo di ricorso, deve escludersi qualsiasi contraddittorietà della decisione impugnata per avere la stessa, confermando la decisione di primo grado, ritenuto integrato il delitto di cui all’art. 443 cod. pen.; segnatamente la Corte territoriale ha evidenziato, con argomentazioni prive di qualsiasi contraddittorietà, come nel giudizio di primo grado era stata dimostrata la pericolosità del Finasteride e come da parte dell’imputato non erano state osservate quelle particolari cautele nell’uso del suddetto principio che venivano seguite dalla ditta produttrice; inoltre, con particolare riferimento alle modalità di confezionamento delle capsule, si era rappresentato come nelle metodiche utilizzate dal ricorrente non veniva garantita la presenza in ciascuna capsula di una costante percentuale di principio attivo e dei diversi eccipienti. Contrariamente a quanto eccepito nel ricorso, non veniva, affatto, richiesto, per evitare di commettere il reato di cui al capo b), l’integrazione del reato di cui al capo a), per il quale è intervenuta dichiarazione di estinzione per prescrizione. Difatti, come emerge dalla lettura della sentenza di primo grado, attraverso la contestazione della violazione degli artt. 2 e 23 D. Lgs. 29 maggio 1991 n. 178, di cui al capo a) dell’imputazione, si era accertata la realizzazione, da parte dell’imputato, di preparati contenenti il principio attivo Finasteride 1 mg nello stesso quantitativo della specialità medicinale Propecia, con la evidente conseguenza che detti preparati non erano altro che delle specialità medicinali realizzate in assenza della necessaria autorizzazione del Ministero della Sanità. In sostanza, aveva modo di precisare, il giudice di prime cure, il ricorrente provvedeva a realizzare, in assenza della prescritta autorizzazione ministeriale, una specialità medicinale sostitutiva rispetto a quella commercializzata dalla Merck, Sharp & Dohme (Italia) S.p.A con il nome di Propecia, venduta ad un prezzo notevolmente inferiore rispetto a quello corrispondente al suddetto farmaco brevettato.
Viceversa, attraverso la condotta descritta al capo b) dell’imputazione, risulta essere stata accertata e sanzionata la realizzazione di una specialità medicinale imperfetta e quindi pericolosa per la pubblica incolumità, condotta, ragionevolmente ed in linea con i principi di diritto affermati sul punto da questa Corte regolatrice, giudicata idonea ad integrare l’elemento materiale e quello psicologico del reato di cui all’art. 443 cod. pen. Difatti quest’ultima fattispecie criminosa è volta ad impedire l’utilizzazione a scopo terapeutico di medicinali imperfetti e sanziona ogni condotta che renda probabile o possibile la concreta utilizzazione di un medicinale guasto o imperfetto (sez. 1 n. 29923 del 19/5/2004, Rv. 228803; sez. F n. 39051 del 28/8/2008, Rv. 241154); e nella prima decisione ora citata questa Corte aveva avuto modo di chiarire, altresì, che per medicinale deve intendersi qualsiasi sostanza o composizione dotata di proprietà curative o profilattiche delle malattie umane, destinata ad essere somministrata all’uomo per effettuare una diagnosi medica oppure per ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’individuo. Nel caso di specie, per quanto è dato di evincere dalla sentenza impugnata, anche attraverso il legittimo richiamo della decisione di primo grado, risulta che il medicinale, allestito dal ricorrente sotto la forma di preparato galenico magistrale, pur non potendo configurarsi come tale per l’evidente inapplicabilità alla fattispecie concreta, per le ragioni che nel seguito verranno esposte, della cosiddetta eccezione galenica, derivava dallo sconfezionamento di specialità medicinali, che venivano sminuzzate in mortaio e mescolate con additivi; la miscela così ottenuta veniva poi inserita in capsule sprovviste di pellicole protettive, nelle quali non risultava garantita una costante percentuale di principio attivo e di eccipienti. Tali metodiche, sia con riferimento alla capsule derivanti dal suddetto sconfezionamento di medicinali a base di Finasteride, sia con riguardo a quelle altre confezionate utilizzando il principio attivo acquistato dalla ditta Agrar, erano state considerate, per quanto sopra diceva, idonee ad integrare l’elemento materiale del delitto di cui all’art. 443 cod. pen..
Ed al riguardo deve evidenziarsi come il reato in argomento costituisca una figura di reato di pericolo presunto, nell’ambito del quale non è necessario accertare in concreto la pericolosità del farmaco per la pubblica incolumità, essendo ritenuta sufficiente, ai fini dell’integrazione della fattispecie delittuosa, la condotta di porre in commercio o somministrare un farmaco imperfetto, la cui composizione non corrisponda a quella dichiarata ed autorizzata (sez. 4 n. 627 del 24/2/1971, Rv. 117962; sez. 1 n. 8861 del 6/7/1993, Rv. 197014). In tal senso questa Corte, con affermazione datata, che merita di essere ribadita (sez. 1 n. 6862 del 3/4/1986, Rv. 173292), in quanto particolarmente aderente al caso di specie, aveva ritenuto che, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 443 cod. pen., che contempla un’ipotesi criminosa di delitto di mero pericolo e di pericolo remoto e presunto, non si esige che la pericolosità del medicinale sia dimostrata in concreto, essendo il pericolo per la salute pubblica presunto in via assoluta dalla legge sul medicinale guasto o imperfetto. Da quanto detto deriva l’assoluta irrilevanza, ai fini dell’integrazione del reato, della circostanza che, nella preparazione dei farmaci con le descritte modalità, non erano mai verificati inconvenienti di sorta.
3.2. Passando all’esame del secondo motivo di ricorso, relativo alla configurabilità del reato di cui all’art. 88 r.d. 29 giugno 1939, n. 1127 con riferimento all’individuazione del brevetto violato che, secondo il ricorrente, non sarebbe il Proscar mg. 5, rileva il Collegio che la condotta risulta sufficientemente descritta nella contestazione e specificata nella sentenza di primo grado: segnatamente nel giudizio si è potuto accertare che il C. ha fabbricato un farmaco a base di Finasteride in frode al brevetto d’invenzione cui è titolare la costituita parte civile Merck, Sharp & Dohme (Italia) S.p.A. Ed anche la Corte d’Appello ha precisato che l’imputazione di cui al capo e) fa riferimento alla produzione di medicinali contenenti Finasteride nella formulazione da 1 mg., corrispondente, appunto, alla specialità medicinale Propecia, il cui brevetto, pure, è stato riconosciuto alla parte civile.
Le ora esposte considerazioni, contenute nelle sentenze di merito di primo e di secondo grado, consentono di escludere qualsiasi vizio di legittimità in relazione alla formulazione dell’imputazione, tenuto, altresì, conto della circostanza, stranamente dal ricorrente non riferita nei motivi di ricorso, che, come rilevato dalla parte civile e risultante dagli atti, il cui esame è imposto dalla natura processuale dell’eccezione proposta, all’udienza del 20/2/2009 il P.M. aveva proceduto ad un’integrazione del capo di imputazione proprio con riferimento al reato di cui al capo e) ed al reato commesso in danno della Merck, Sharp & Dohme (Italia) S.p.A.
3.3. Con riferimento al terzo motivo di ricorso, effettivamente le considerazioni svolte dalla Corte territoriale sulla pericolosità del farmaco realizzato dal C. utilizzato il principio attivo Finasteride non rilevano ai fini dell’integrazione del reato di cui al capo e), risultando, invece, pertinenti in relazione al reato di cui all’art. 443 cod. pen. contestato al capo b). Ciò non vale ad integrare alcun vizio di legittimità, sussistendo, comunque, un’adeguata motivazione in ordine all’integrazione di tutti gli elementi costitutivi del suddetto reato contestato. Deve al riguardo evidenziarsi che le argomentazioni superflue non possono condurre alla configurazione di vizi comportanti l’annullamento del provvedimento, qualora non abbiano avuto alcuna rilevanza sulla decisione, validamente sorretta da altre autonome considerazioni (sez. 1 n. 1887 del 26/6/1989, Rv. 181859).
3.4. Venendo, quindi, al tema centrale del ricorso rappresentato dalla configurabilità della cosiddetta eccezione galenica, prevista dall’art. 1 r.d. n. 1127 del 1939 e successivamente dall’art. 68 d. lgs. n. 30 del 2005, che escluderebbe il reato contestato ed anche la ricettazione, i giudici di merito hanno, con argomentazioni puntuali in fatto e corrette in diritto, ritenuto che, nel caso di specie, non potesse ricorrere l’ipotesi di cui alla norma ora citata. Essa prevede, appunto, che la preparazione galenica magistrale, per essere tale, deve avvenire estemporaneamente, per unità e con ricetta medica, elementi che il ricorrente assume essere tutti presenti nelle preparazioni da lui stesso allestite. In realtà la Corte territoriale, confermando le conclusioni alle quali era pervenuto il giudice di prime cure, ha correttamente individuato i limiti giuridici entro i quali può configurarsi la suddetta eccezione galenica e quindi giustificarsi, in ragione della preminente tutela costituzionale del diritto alla salute, una limitazione alle esclusive prerogative, pure riconosciute dall’ordinamento, ai titolari dei diritti di proprietà intellettuale e industriale: si tratta, appunto, di situazioni eccezionali nelle quali i farmaci esistenti sul mercato non sono in grado di curare un certo paziente, essendo necessario allestire un dosaggio diverso rispetto a quello contenuto nelle specialità medicinali offerte dal mercato. Ciò questa Corte aveva già avuto modo di chiarire ed il principio affermato risulta perfettamente applicabile al caso di specie: scopo dell’eccezione galenica è, appunto, quello di consentire al farmacista di preparare e vendere al paziente un medicinale con diverso dosaggio o con diverso eccipiente rispetto a quello del medicinale posto in vendita dal titolare del brevetto e ciò solo nei casi in cui il paziente necessiti di tale diverso dosaggio o sia allergico all’eccipiente utilizzato per il medicinale commercializzato dal titolare del brevetto (sez. 3 n. 2241 del 6/11/2008, Rv. 242012).
Sulla base, appunto, di tali principi giuridici si è, correttamente, ritenuto configurabile il reato di cui all’art. 88 cit., non potendo, nel caso di specie, configurarsi la suddetta eccezione galenica. Ed al riguardo la sentenza di primo grado, richiamata sullo specifico punto dai giudici di appello, si è fatta carico di esaminare e ragionevolmente giustificare la ritenuta mancata ricorrenza di quelle condizioni sopra citate fissate tassativamente dal legislatore, perché possa configurarsi l’eccezione galenica. Nel ricorso, su questo specifico punto, vengono reiterate le medesime doglianze sollevate con i motivi di appello, rispetto alle quali si era data esaustiva risposta attraverso il richiamo alle argomentazioni contenute nella sentenza di primo grado.
Al di là di spiegazioni apodittiche, che si pregia di fornire il ricorrente in ordine al concetto di preparazione per unità, per la quale ricorrerebbe il requisito dell’estemporaneità, nonché in merito al discrimine fra produzione industriale e produzione galenico magistrale, resta accertato, in punto di fatto, quanto risulta dalle decisioni di merito: l’allestimento del medicinale non avveniva sulla base della prescrizione medica, che richiedeva il principio attivo Finasteride 1 mg., mentre venivano utilizzati indifferentemente il Finastid 5 mg. ed il Proscar 1 mg., unitamente ai relativi eccipienti; ma in particolare non veniva previsto, attraverso la ricetta, alcun dosaggio personalizzato del medicinale, finalizzato a far fronte a particolari esigenze terapeutiche del paziente, quali ad esempio l’allergia o l’intolleranza alle specialità medicinali presenti in commercio. Inoltre i suddetti farmaci realizzati nella farmacia dell’imputato, considerati illegittimamente galenici magistrali, venivano destinati alla cura di una patologia differente, l’alopecia androgenetica, rispetto a quella per la quale era stata autorizzata l’immissione in commercio delle suddette specialità medicina, Proscar e Finastid, consistendo l’indicazione terapeutica di entrambi i suddetti farmaci nel trattamento e nel controllo dell’iperplasia prostatica benigna; viceversa per la cura dell’alopecia esisteva il farmaco Propecia 1 mg., che, appunto, sulla base delle decisioni di merito, risultava illegittimamente replicato in laboratorio con le modalità descritte dall’imputato. In sostanza nel caso di specie si è, correttamente, ritenuto carente il presupposto fondamentale idoneo a giustificare il ricorso al farmaco galenico magistrale e cioè la necessità per il medico ed il farmacista di fare ricorso ad esso, per l’impossibilità di curare il paziente attraverso i medicinali in commercio posti in vendita nel rispetto delle prerogative dei titolari dei relativi brevetti.
Correttamente, quindi, nella sentenza impugnata si utilizza il termine di falso galenico magistrale, rappresentandosi come il ricorrente, prescindendo dall’origine del principio attivo utilizzato, aspetto da affrontare in relazione alla configurabilità, nel caso di specie, anche del delitto di ricettazione, aveva utilizzato il principio attivo Finasteride al di fuori delle condizioni che consentono di creare un farmaco galenico magistrale, creando un farmaco del tutto analogo, per il quantitativo di principio attivo in esso contenuto pari al Finasteride 1 mg., a quello commercializzato con il nome di Propecia 1 mg., del cui brevetto è titolare la società costituita parte civile. E sullo specifico punto ora in esame deve osservarsi che questa Corte regolatrice già si è occupata di una fattispecie concreta perfettamente sovrapponibile a quella oggetto del presente ricorso, affermando, ed il principio non è stato mai posto in discussione, che la cosiddetta eccezione galenica, consistente, appunto, nella facoltà di preparazione di medicinali nelle farmacie in deroga alla esclusiva brevettuale e condizionata alla sussistenza di quei requisiti fissati in via tassativa dalla legge, è confinata nell’ambito artigianale, restando esclusa da quello industriale e proprio in ragione della sua natura derogatoria deve essere interpretata restrittivamente (sez. 3 n. 2422 del 6/11/2008X Rv. 242011). In quella fattispecie concreta, appunto, la Corte, aveva affermato il principio al quale si sono rifatti i giudici di merito nell’ambito del presente giudizio, e cioè che la vendita del principio attivo Finasteride effettuata a seguito di acquisto da produttore industriale in violazione dell’esclusiva brevettuale riguardante proprio il farmaco Propecia, non già per esigenze terapeutiche del paziente bensì per ragioni economiche, non potesse rientrare nella predetta eccezione galenica. Si deve ritenere, pertanto, che l’eccezione galenica, per come è stata configurata dal legislatore, non può assolutamente legittimare una sorta di mercato parallelo delle sostanze brevettate.
Quanto poi alla questione relativa alla ulteriore limitazione all’operatività dell’eccezione galenica introdotta dall’art. 68 d. lgs. n. 30 del 2005, norma che prescrive, appunto, che nelle preparazioni galeniche non possono utilizzarsi principi attivi realizzati industrialmente, la giurisprudenza di questa Corte, con decisioni che il Collegio ritiene di condividere, ha precisato che la suddetta nuova previsione normativa si limita a confermare quanto già ricavabile dal dato testuale della norma precedente (sez. 3 n. 46859 del 10/10/2007, Rv. 238683); in sostanza, quindi, non è stata innovata la normativa esistente, ma ci si è limitati ad esplicitare il carattere artigianale dell’eccezione galenica, che l’interpretazione giurisprudenziale aveva già messo in luce (sez. 3 n. 4018 del 19/11/2002, Rv. 223845). 3.5. Passando all’esame dei motivi di ricorso attinenti al delitto di ricettazione, la quinta doglianza proposta attiene alla configurabilità del reato presupposto della ricettazione costituito, appunto, dalla violazione dell’art. 88 r.d. n. 1127 del 1939. In primo luogo deve rappresentarsi, come peraltro anche il ricorrente sembra prendere atto, che sussiste continuità normativa fra l’art. 88 citato e l’art. 127 D. lgs. n. 30 del 2005, stante la sostanziale omogeneità della condotta materiale, del bene giuridico tutelato e del trattamento sanzionatorio (sez. 3 n. 2422 del 6/11/2008, Rv. 242012). Correttamente il ricorrente rileva che il suddetto art. 127 comma 1 è stato abrogato ad opera dell’art. 15 comma 2 legge 23 luglio 2009 n. 99; ma il ricorrente dimentica di riferire che il medesimo art. 15 ora citato, al comma 1, ha, tra l’altro, introdotto nel codice penale il reato di cui all’art. 517 ter che, sotto la rubrica “Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale”, sanziona la condotta di chi, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale, fabbrica o adopera industrialmente oggetti o altri beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale o in violazione dello stesso, prevedendo la stessa pena – reclusione fino a due anni e multa fino ad Euro 20.000,00 – per chi, al fine di trame profitto, introduce nel territorio dello stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette in circolazione i suddetti beni protetti dall’esclusività brevettuale. Ora la semplice lettura della nuova fattispecie incriminatrice, confrontata con quelle previgenti, prima l’art. 88 r.d. n. 1127 del 1939 e poi l’art. 127 d. lgs n. 30 del 2005, consente di affermare che il fatto storico, costituente il presupposto del delitto di ricettazione, costituito dall’illecita introduzione nel territorio dello Stato di sostanze coperte da tutela brevettuale – costituisce tuttora reato, non essendo stato, affatto, depenalizzato, essendosi, al contrario, in presenza di un fenomeno di successione di leggi nel tempo, da regolamentarsi nella fattispecie concreta sulla base dei principi fissati dall’art. 2 cod. pen. Rispetto a tale reato risulta evidente l’assoluta estraneità del C. , non potendo ipotizzarsi alcuna ipotesi di concorso nello stesso.
Alla luce di quanto ora detto, risulta conforme alle norme vigenti affermare, come avvenuto nella sentenza impugnata, la provenienza delittuosa del principio attivo Finasteride, perché acquistato da un soggetto diverso dal titolare del brevetto; tale è risultato essere il principio attivo acquistato dalla società Agrar, la quale, pur non essendo titolare del brevetto o licenziataria all’immissione del medicinale in commercio, aveva venduto al C. un quantitativo di principio attivo in violazione dell’art. 88 r.d. n. 1127 del 1939. Al riguardo la Corte territoriale ha evidenziato che il principio attivo in argomento non poteva, in ogni caso, essere legittimamente acquistato dal C. allo stato sfuso, in quanto non esiste sul mercato, essendo distribuito esclusivamente sotto forma di specialità medicinale già confezionata in comprese.
3.6. Quanto poi all’eccepita mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di ricettazione, di cui si occupa il sesto motivo di ricorso, le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata ed in quella di primo grado risultano ampiamente esaustive, dando conto di come, alla luce delle risultanze processuali, dovesse ritenersi che il C. fosse consapevole dell’illecita provenienza del principio attivo Finasteride dallo stesso utilizzato per la preparazione dei farmaci da lui stesso definiti come galenici magistrali. In tal senso, ragionevolmente, si è fatto riferimento alla specializzazione conseguita dal C. che lo rendeva certamente consapevole dell’illecita provenienza del principio attivo utilizzato; provenienza illecita, ha evidenziato la Corte territoriale, sia con riferimento a quello ottenuto tritando diverse specialità medicinali da utilizzarsi, secondo le indicazioni del produttore, sulla base di diverse indicazioni terapeutiche, sia con riguardo al principio attivo acquistato da una società che non poteva legittimamente venderlo; si trattava, in ogni caso, di farmaci allestiti al di fuori delle ipotesi espressamente previste.
3.7. Con riferimento, infine, all’ultimo motivo di ricorso proposto ci si riporta a quanto sopra detto al punto 3.4. in ordine all’impossibilità di configurare nel caso di specie la cosiddetta eccezione galenica e quindi alle argomentazioni in forza delle quali si è ritenuto configurabile il reato di cui all’art. 88 r.d. n. 1127 del 1939, che viene a fungere da reato presupposto della ricettazione. Sul punto però è bene ribadire che il reato presupposto è costituito dall’illecita introduzione nello stato di sostanze per le quali nel nostro ordinamento vigeva l’esclusività brevettuale; rispetto a tale reato l’imputato era certamente estraneo.
A quest’ultimo riguardo devono segnalarsi i diversi orientamenti espressi all’interno di questa Corte di legittimità che avevano determinato, ad una precedente udienza dinanzi a diverso Collegio della seconda sezione penale, la trasmissione degli atti alle sezioni unite; il procedimento, poi, era stato restituito alla stessa seconda sezione penale, stante la prossimità della scadenza del termine di prescrizione, e da questa trasmesso alla sezione feriale. Segnatamente sulla base di un primo indirizzo prevalente, al quale il Collegio, per le ragioni che si diranno, ritiene di dovere aderire, l’atto di acquisto di sostanze illecitamente poste in vendita non integra gli estremi del concorso nel reato presupposto di frode brevettuale, a meno che non risulti un’istigazione o un previo concerto che abbia determinato l’agente all’azione; a ciò consegue la configurabilità del delitto di ricettazione a carico del farmacista, il quale abbia ricevuto sostanze medicinali prodotte in frode ad un valido brevetto (sez. 2 n. 4181 del 7/1/2011, Rv. 249375). Altra decisione della stessa seconda sezione della Cassazione si è mossa in una diversa direzione, partendo dalla constatazione che il reato di cui all’art. 88 r.d. n. 1127 del 1938 costituisce una fattispecie plurisoggettiva impropria; si è affermato, quindi, che il semplice acquisto di oggetti assoggettati ad un titolo di proprietà industriale, potendo costituire un’ipotesi di concorso nel reato presupposto, non può integrare il delitto di ricettazione.
Ma, ritiene il Collegio, perché possa operare la clausola di riserva contenuta nell’art. 648 cod. pen., in forza della quale non è configurabile il delitto di ricettazione per colui che abbia concorso nella commissione del reato dal quale la cosa proviene, è necessario che si tratti di concorso in senso proprio, nel senso che il soggetto deve avere, con la propria condotta, determinato un qualsiasi apporto causale all’attività criminosa dell’autore materiale. Nel caso di specie, invece, anche per come risulta strutturata l’imputazione, deve escludersi che il semplice acquisto da parte dell’imputato del principio attivo posto in vendita dalla Agrar abbia potuto integrare un’ipotesi di concorso nel reato presupposto e quindi impedire la configurabilità della ricettazione.
3.8. Quanto, infine, all’eccepita estinzione per prescrizione del delitto di ricettazione, deve rilevarsi che il capo d’imputazione fa riferimento all’acquisto da parte dell’imputato, dalla società Agrar di Roma, di più partite di Finasteride mg. 1, reato accertato in data anteriore e prossima al 30/6/2005. E se è pur vero che è stata rinvenuta una sola fattura relativa ad un acquisto avvenuto nel gennaio 2002, ciò non toglie che l’accusa per quel che risulta dalle sentenze impugnate, è risultata provata con riferimento anche a successivi acquisti illeciti del suddetto principio attivo avvenuti evidentemente senza lasciare traccia documentale ed in epoca certamente successiva al gennaio 2002 ed anteriore e prossima al 30/6/2005.
4. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento ed alla rifusione in favore della costituita parte civile delle spese sostenute nel grado che si ritiene di dovere liquidare nella somma di Euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al rimborso di quelle sostenute nel grado dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.
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