Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
Ordinanza n. 18492 dell’1 agosto 2013
Ordinanza
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La CTR di Napoli, accogliendo parzialmente l’appello di S. E. – appello proposto contro la sentenza n.437/01/2007 della CTP di Avellino che aveva respinto il ricorso della parte contribuente relativo a cartelle di pagamento per IVA-IRPEF-IRAP ed addizionali comunali per gli anni 2002-2003 – ha dichiarato nullo il ruolo n. 2006/379 confermando invece gli altri oggetto del giudizio.
La CTR ha motivato la propria decisione nel senso che era risultato dalla documentazione depositata agli atti che gli avvisi di accertamento presupposti rispetto al ruolo risultavano notificati a tale F.A. (che si era dichiarata moglie capace e convivente e che aveva sottoscritto la notifica), soggetto del tutto estraneo al rapporto tributario, residente in altro comune rispetto a quello del destinatario della notifica e rispetto al quale la F. non risultava essere in rapporto nè familiare, nè di vicinanza nè di coniugio. Essendo risultata inesistente la notifica dell’atto presupposto, anche il ruolo e la cartella di pagamento risultavano viziati. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. La parte contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..
Ed invero, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’art. 2700 c.c.) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante del merito abbia inficiato – sulla base della documentazione risultante in atti- la fede privilegiata della relata di notifica, dalla quale risulta che il soggetto consegnatario si era qualificato moglie convivente all’atto di ricevere la notifica e di sottoscriverla. La censura appare fondata e da accogliersi in ragione del solo primo motivo, con assorbimento del secondo.
Il giudice del merito ha dato prevalenza alla documentazione depositata in giudizio e dalla quale risultava che la F. non fosse in rapporto di coniugio nè convivente con lo S., senza curarsi del fatto che la F. medesima (con dichiarazione resa all’ufficiale che aveva curato la notifica, e perciò dotata di fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c.) si era qualificata moglie convivente ed aveva accettato di ricevere la notifica. Di tanto il giudice del merito avrebbe dovuto contentarsi per ritenere efficace e valida la notifica, alla luce della confermata giurisprudenza di questa Corte. Si veda, per tutte (senza che il riferimento a diversa figura soggettiva alteri la correttezza del principio e la sua applicabilità al caso qui in esame) Cass. Sez. L, Sentenza n. 239 del 10/01/2007: “In caso di notificazione effettuata a norma dell’art. 139 c.p.c., comma 2, con consegna dell’atto a persona qualificatasi (secondo le dichiarazioni rese all’ufficiale giudiziario e dal medesimo riportate nella relata di notificazione) quale dipendente del destinatario o addetta all’azienda, all’ufficio o allo studio del medesimo, l’intrinseca veridicità di tali dichiarazioni e la validità della notificazione non possono essere contestate sulla base del solo difetto di un rapporto di lavoro subordinato tra i predetti soggetti, essendo sufficiente che esista una relazione tra consegnatario e destinatario idonea a far presumere che il primo porti a conoscenza del secondo l’atto ricevuto.
Conseguentemente tali presunzioni non possono essere superate dalla circostanza, provata a posteriori, che la persona che aveva sottoscritto l’avviso di ricevimento lavorava, sia pure nella predetta sede, alle dipendenze esclusive di altro soggetto, se non accompagnata dalla prova che il medesimo consegnatario non era addetto nei medesimi locali ad alcun incarico per conto o nell’interesse del destinatario”.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza e che la Corte possa decidere la controversia anche nel merito (non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto) respingendo integralmente il ricorso della parte contribuente avverso le impugnate cartelle di pagamento.
Roma, 25 marzo 2012.
Che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 10.200,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, il 27 giugno 2013.
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