Le domande aventi a oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi a un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c.
Suprema Corte di Cassazione
sezione III Civile
sentenza 19 luglio – 27 settembre 2017, n. 22478
Presidente Spirito – Relatore Dell’Utri
Fatto e diritto
Rilevato che, con sentenza resa in data 18/3/2014, la Corte d’appello di Trieste ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha disatteso la domanda proposta dalla società D.M. e L. di C.R. & C. s.n.c. nei confronti di V.M. , Vi.Ma. e della Sara Assicurazioni s.p.a., per la condanna di questi ultimi al risarcimento dei danni subiti dagli strumenti musicali di proprietà della società attrice custoditi all’interno di un’autovettura rimasta coinvolta nel sinistro stradale dedotto in giudizio;
che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato l’improponibilità della domanda risarcitoria proposta dalla società attrice avendo la stessa abusivamente frazionato l’esercizio giudiziale del credito risarcitorio derivato dal sinistro stradale dedotto in giudizio, attraverso la richiesta del risarcimento dei danni subiti dagli strumenti musicali custoditi all’interno dell’autovettura coinvolta nel sinistro dopo aver ottenuto, in altro e separato giudizio, il risarcimento dei danni subiti dalla medesima autovettura a seguito dello stesso fatto dannoso;
che, avverso la sentenza d’appello, la società D.M. e L. di C.R. & C. s.n.c. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo di impugnazione, illustrato da successiva memoria;
che la Sara Assicurazioni s.p.a. resiste con controricorso;
che nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;
considerato che, con il motivo di impugnazione proposto, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2043 c.c., in relazione agli artt. 1181 e 1175 c.c. (con riferimento all’art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale erroneamente rilevato l’improponibilità dell’azione risarcitoria proposta dalla società originaria attrice, atteso che, al momento della proposizione del primo giudizio (concernente il risarcimento dei danni all’autovettura coinvolta nel sinistro stradale), i danni relativi alla strumentazione musicale non si erano ancora manifestati nella relativa entità definitiva;
che, sotto altro profilo, la ricorrente sottolinea come, al momento della proposizione della domanda per il risarcimento dei danni subiti dalla propria strumentazione musicale, la giurisprudenza di legittimità era ferma nel ritenere legittimo l’esercizio, da parte del creditore, della facoltà di chiedere giudizialmente un adempimento solo parziale del debitore, riservandosi di agire successivamente per il residuo, con la conseguente illegittimità del sacrificio del proprio credito per effetto di un mutamento di giurisprudenza successivo alla proposizione della domanda a sua volta fondata sul conforto di precedenti favorevoli;
che il motivo è infondato;
che, al riguardo, secondo il più recente indirizzo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, le domande aventi a oggetto diversi e distinti diritti di credito, benché relativi a un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi, ma, ove le suddette pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, – sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale – le relative domande possono essere formulate in autonomi giudizi solo se risulti in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata, e, laddove ne manchi la corrispondente deduzione, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ex art. 183, c.p.c., riservando, se del caso, la decisione con termine alle parti per il deposito di memorie ex art. 101, comma 2, c.p.c. (Sez. U -, Sentenza n. 4090 del 16/02/2017, Rv. 643111 – 01);
che, nel caso di specie, la corte territoriale, dopo aver espressamente dato atto del corrispondente rilievo degli appellati (circa il prospettabile carattere abusivo del frazionamento delle richieste risarci-torie avanzate dalla società avversaria), ha puntualmente rilevato come, in relazione alla vicenda creditoria in esame, la società ricorrente abbia originariamente rivendicato il risarcimento dei danni all’autovettura, a seguito del sinistro stradale oggetto di lite, con atto di citazione del 15/11/2005, agendo successivamente in giudizio per il risarcimento dei danni subiti dalla strumentazione musicale trasportata con atto di citazione del 28/2/2006, e dunque sulla base di un’iniziativa giudiziaria proposta a distanza di soli tre mesi e 13 giorni dalla prima;
che, inoltre, al di là del brevissimo lasso temporale intercorso tra le due iniziative risarcitorie, i giudici d’appello hanno sottolineato trattarsi, in entrambi i casi, di soli danni materiali già verificatisi, senza che fosse emersa obiettivamente alcuna ragione idonea a giustificare un simile concreto frazionamento dell’iniziativa giudiziaria riferita ad un unico credito fondato su un unico fatto costitutivo, tale da non poter essere accertato separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale;
che, pertanto, non essendo emersa dal contraddittorio delle parti – nella specie concretamente vertito anche su tale aspetto – alcuna obiettiva ragione idonea a giustificare l’esercizio frazionato, in sede giudiziale, dell’unico credito fondato su un unico fatto costitutivo, del tutto correttamente la corte territoriale ha ritenuto di rilevare l’improponibilità della seconda iniziativa risarcitoria della società ricorrente, siccome abusivamente esercitata in violazione dei principi di buona fede e correttezza che presiedono alla disciplina del comportamento delle parti del rapporto obbligatorio;
che, quanto alla denunciata illegittimità della decisione impugnata, siccome fondata sull’imprevedibile mutamento di giurisprudenza in ordine al riconoscimento del carattere abusivo dell’esercizio frazionato del credito in sede giudiziale, è appena il caso di richiamare il principio di recente statuito da questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio, ritenendo di doverne assicurare continuità), ai sensi del quale la proposizione di separate azioni risarcitorie per danni diversi nascenti dallo stesso fatto illecito, avvenuta anteriormente all’arresto delle Sezioni Unite che ha affermato il principio dell’infrazionabilità della domanda giudiziale per crediti derivanti da un unico rapporto, si sottrae all’applicazione del prospective overruling, secondo cui restano salvi gli effetti degli atti processuali compiuti dalla parte che abbia fatto incolpevole affidamento sulla stabilità di una previgente interpretazione giurisprudenziale, atteso che quella decisione non ha comportato il mutamento dell’interpretazione di una regola del processo che preveda una preclusione o una decadenza, ma ha sancito l’improponibilità delle domande successive alla prima in ragione del difetto di una situazione giuridica sostanziale tutelabile, per contrasto con il principio costituzionale del giusto processo, che non consente di accordare protezione ad una pretesa caratterizzata dall’uso strumentale del diritto di azione (Sez. 3 -, Sentenza n. 929 del 17/01/2017, Rv. 642700 – 01);
che, sulla base delle considerazioni sin qui richiamate, rilevata la complessiva infondatezza del ricorso, dev’esserne pronunciato il rigetto, con la conseguente condanna della società ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;
che peraltro ricorrono, ad avviso del Collegio, i presupposti – avuto riguardo alle ragioni obiettive della decisione, nonché agli argomenti difensivi incentrati su questioni già poste a oggetto di arresti consolidati e ribaditi di recente nella giurisprudenza di questa Corte – per la condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, co. 3, c.p.c., della somma equitativamente determinata nell’importo di Euro 5.000,00;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge, nonché al pagamento della somma di Euro 5.000,00 ex art. 96, co. 3, c.p.c..
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 1-bis, dello stesso articolo 13.
Leave a Reply