Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 31 marzo 2014, n. 14812
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIRENA Pietro Antonio – Presidente
Dott. ROMIS Vincenzo – Consigliere
Dott. D’ISA Claudio – Consigliere
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere
Dott. MONTAGNI Andrea – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BERGAMO;
nei confronti di:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3446/2012 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di BERGAMO, del 27/03/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
sentite le conclusioni del PG Dott. Sante Spinaci che ha chiesto l’annullamento con rinvio;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) del Foro di (OMISSIS), sostituto processuale dell’Avv. (OMISSIS), che si riporta alle memorie.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIRENA Pietro Antonio – Presidente
Dott. ROMIS Vincenzo – Consigliere
Dott. D’ISA Claudio – Consigliere
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere
Dott. MONTAGNI Andrea – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BERGAMO;
nei confronti di:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 3446/2012 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di BERGAMO, del 27/03/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
sentite le conclusioni del PG Dott. Sante Spinaci che ha chiesto l’annullamento con rinvio;
Udito il difensore Avv. (OMISSIS) del Foro di (OMISSIS), sostituto processuale dell’Avv. (OMISSIS), che si riporta alle memorie.
RITENUTO IN FATTO
1. Il G.i.p. presso il Tribunale di Bergamo, con sentenza ex articolo 425 c.p.p., resa in data 27.03.2013, ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in ordine al reato di cui all’articolo 589 c.p., loro ascritto, nelle rispettive qualita’ di sanitari che ebbero a prendere in cura il paziente (OMISSIS).
In punto di fatto, il giudicante riferisce le circostanze che seguono. In data (OMISSIS) (OMISSIS), di anni 79, veniva investito da una autovettura, riportando lesioni alla testa. Il pedone veniva trasferito in eliambulanza presso gli Ospedali Riuniti di (OMISSIS), ove veniva visitato dalla dott.ssa (OMISSIS), che chiedeva accertamenti radiografici ed una TC cranico encefalica. In data (OMISSIS) il paziente viene dimesso, con lettera di dimissioni a firma del dott. (OMISSIS). In data (OMISSIS), alle ore 04.22, (OMISSIS) chiamava il 118, lamentando dispnea e tachicardia; il paziente veniva riportato al Pronto Soccorso ed accettato dal dott. (OMISSIS). Il (OMISSIS) veniva dimesso alle ore 7.34, con diagnosi di bronchite. In data (OMISSIS) (OMISSIS) tornava in ospedale; e veniva ricoverato nel reparto di terapia sub intensiva. I successivi accertamenti evidenziavano uno stato di sofferenza midollare, che veniva affrontato chirurgicamente dieci giorno dopo; il quadro clinico proseguiva in evoluzione negativa ed il paziente decedeva il (OMISSIS), per insufficienza cardiocircolatoria terminale da polmonite, in soggetto affetto da tetraplegia secondaria a multiple fratture del rachide cervicale.
Si osserva che il conducente dell’auto investitrice ha definito la propria posizione con richiesta di applicazione della pena; e che in riferimento alla posizione dei medici, il G.i.p., ha disposto perizia in udienza preliminare, pronunciando quindi sentenza liberatoria ex articolo 425 c.p.p., nei confronti di tutti gli imputati.
Nella sentenza che occupa si evidenzia che ai sanitari che ebbero in cura il (OMISSIS) si addebita di non aver immediatamente accertato l’esistenza della frattura vertebrale, di aver omesso di richiedere la consulenza del neurochirurgo e l’effettuazione della risonanza magnetica, evenienze che avrebbe consentito di individuare la sofferenza midollare.
Il giudicante rileva che la costruzione accusatoria non risulta sostenibile e neppure suscettibile di consolidamento in fase dibattimentale.
Il G.i.p. considera che non risulta chiarito il ruolo svolto dalla (OMISSIS) e dal (OMISSIS), nello spazio di tempo in cui (OMISSIS) venne trattenuto al Pronto Soccorso, in occasione del primo accesso, seguente all’investimento. Cio’ posto, il giudice considera che in assunto accusatorio: alla (OMISSIS) si addebita di non aver richiesto, in violazione delle linee guida, una TC mirata sullo stesso tratto di rachide oggetto di radiografia; al (OMISSIS) di non aver compiuto un accertamento piu’ approfondito; al (OMISSIS) di non aver proceduto all’indagine tomografica dell’intero rachide cervicale; al (OMISSIS) di non aver attuato alcuna revisione critica dell’operato dei colleghi; ed al (OMISSIS) di non essersi occupato delle problematiche del rachide del (OMISSIS).
Esaminando le singole posizioni degli imputati, il giudicante rileva che rispetto alla (OMISSIS) resta incerto se costei abbia effettivamente preso in carico il (OMISSIS). Nella sentenza impugnata si considera che il quadro clinico del paziente avrebbe comunque imposto l’esecuzione di una TC mirata, di talche’ viene rilevata la sussistenza di un profilo di colpa, ascrivibile alla (OMISSIS), anche in relazione alla violazione delle linee guida in vigore presso gli Ospedali Riuniti di (OMISSIS).
In riferimento al (OMISSIS), il G.i.p. osserva che resta incerta la ragione per la quale il predetto medico non ebbe ad effettuare approfondimenti diagnostici; e rileva che il (OMISSIS) non ha sostenuto che la propria indagine radiografica fosse in grado di escludere con certezza fratture del rachide cervicale.
Circa la posizione del (OMISSIS), il giudice osserva che la refertazione risulta adeguata e che l’accusa non ha accertato se il protocollo ospedaliere imponesse al predetto medico di estendere l’indagine tomografica anche al tratto del rachide cervicale.
Il giudicante osserva che a carico del (OMISSIS) – pur nel dubbio rispetto al ruolo assunto nei confronti del paziente (OMISSIS) – si profila una negligenza con riguardo alla decisione di dimettere il malato, senza che fosse stata effettuata una indagine sul rachide cervicale.
Il G.i.p. rileva poi che la posizione dell’imputato (OMISSIS) risulta problematica, atteso che il predetto medico aveva l’obbligo di riconsiderare l’intero iter diagnostico del paziente; il giudicante osserva, peraltro, che il tema di indagine affidato al dott. (OMISSIS) non sembra in diretto collegamento causale con il trauma cranico e la sofferenza midollare.
Tanto chiarito, il giudice afferma che il vero nodo processuale e’ dato dalla rilevanza causale da assegnare al ritardo nella diagnosi di sofferenza midollare, rispetto all’exitus. Sul punto, considera che il consulente del pubblico ministero ha affermato che non e’ certo che una diagnosi piu’ precoce avrebbe salvato la vita del paziente; e sottolinea che il perito nominato in corso di udienza preliminare, dopo avere stigmatizzato la negligenza dei medici che non avevano richiesto una visita neurochirurgica, ha affermato che il paziente avrebbe potuto affrontare un intervento di stabilizzazione cervicale, con rischio chirurgico non superiore al 5%.
Quindi, il giudice rileva che il perito ha affermato di non aver compreso le ragioni per le quali l’intervento e’ stato eseguito solo il 17 aprile; e rileva che il perito ha lasciato intendere che il quadro clinico complessivo del paziente sconsigliasse l’effettuazione dell’intervento.
In conclusione, il G.i.p. ritiene che nel caso di specie il ritardo nella diagnosi non si possa qualificarsi come antecedente causale decisivo rispetto al decesso, secondo i canoni della probabilita’ logica indicati dalla giurisprudenza di legittimita’.
2. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il pubblico ministero procedente, deducendo violazione di legge e vizio motivazionale.
Dopo avere richiamato arresti giurisprudenziali sulla regola di giudizio alla quale deve conformarsi il giudice dell’udienza preliminare, la parte pubblica osserva che, nel caso di specie, lo stesso giudicante ha rilevato che resta da chiarire il ruolo assunto da ciascun imputato nella relazione terapeutica; e che, di conseguenze, l’approfondimento dibattimentale e’ la sede deputata a sgombrare il campo da ogni dubbio, in ordine alla responsabilita’ personale di ciascun imputato.
Oltre a cio’, il ricorrente evidenzia che il G.i.p. mette in luce la sussistenza di profili di colpa a carico degli imputati e che, non di meno, ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere.
Il deducente richiama poi la motivazione espressa dal G.i.p. in ordine alla dipendenza causale dell’evento dalle condotte poste in essere dai sanitari, osservando che il giudicante ha errato nella valutazione dei criteri indicati dalla Corte regolatrice; evidenzia, inoltre, che sul tema residuano ampi spazi di accertamento, che dovevano essere rimessi alla sede dibattimentale; e che l’integrazione probatoria effettuata con l’espletamento di perizia ha confermato la sussistenza di argomenti da approfondire.
3. Gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), a mezzo del difensore, hanno depositato memoria chiedendo il rigetto del ricorso del pubblico ministero.
In punto di fatto, il giudicante riferisce le circostanze che seguono. In data (OMISSIS) (OMISSIS), di anni 79, veniva investito da una autovettura, riportando lesioni alla testa. Il pedone veniva trasferito in eliambulanza presso gli Ospedali Riuniti di (OMISSIS), ove veniva visitato dalla dott.ssa (OMISSIS), che chiedeva accertamenti radiografici ed una TC cranico encefalica. In data (OMISSIS) il paziente viene dimesso, con lettera di dimissioni a firma del dott. (OMISSIS). In data (OMISSIS), alle ore 04.22, (OMISSIS) chiamava il 118, lamentando dispnea e tachicardia; il paziente veniva riportato al Pronto Soccorso ed accettato dal dott. (OMISSIS). Il (OMISSIS) veniva dimesso alle ore 7.34, con diagnosi di bronchite. In data (OMISSIS) (OMISSIS) tornava in ospedale; e veniva ricoverato nel reparto di terapia sub intensiva. I successivi accertamenti evidenziavano uno stato di sofferenza midollare, che veniva affrontato chirurgicamente dieci giorno dopo; il quadro clinico proseguiva in evoluzione negativa ed il paziente decedeva il (OMISSIS), per insufficienza cardiocircolatoria terminale da polmonite, in soggetto affetto da tetraplegia secondaria a multiple fratture del rachide cervicale.
Si osserva che il conducente dell’auto investitrice ha definito la propria posizione con richiesta di applicazione della pena; e che in riferimento alla posizione dei medici, il G.i.p., ha disposto perizia in udienza preliminare, pronunciando quindi sentenza liberatoria ex articolo 425 c.p.p., nei confronti di tutti gli imputati.
Nella sentenza che occupa si evidenzia che ai sanitari che ebbero in cura il (OMISSIS) si addebita di non aver immediatamente accertato l’esistenza della frattura vertebrale, di aver omesso di richiedere la consulenza del neurochirurgo e l’effettuazione della risonanza magnetica, evenienze che avrebbe consentito di individuare la sofferenza midollare.
Il giudicante rileva che la costruzione accusatoria non risulta sostenibile e neppure suscettibile di consolidamento in fase dibattimentale.
Il G.i.p. considera che non risulta chiarito il ruolo svolto dalla (OMISSIS) e dal (OMISSIS), nello spazio di tempo in cui (OMISSIS) venne trattenuto al Pronto Soccorso, in occasione del primo accesso, seguente all’investimento. Cio’ posto, il giudice considera che in assunto accusatorio: alla (OMISSIS) si addebita di non aver richiesto, in violazione delle linee guida, una TC mirata sullo stesso tratto di rachide oggetto di radiografia; al (OMISSIS) di non aver compiuto un accertamento piu’ approfondito; al (OMISSIS) di non aver proceduto all’indagine tomografica dell’intero rachide cervicale; al (OMISSIS) di non aver attuato alcuna revisione critica dell’operato dei colleghi; ed al (OMISSIS) di non essersi occupato delle problematiche del rachide del (OMISSIS).
Esaminando le singole posizioni degli imputati, il giudicante rileva che rispetto alla (OMISSIS) resta incerto se costei abbia effettivamente preso in carico il (OMISSIS). Nella sentenza impugnata si considera che il quadro clinico del paziente avrebbe comunque imposto l’esecuzione di una TC mirata, di talche’ viene rilevata la sussistenza di un profilo di colpa, ascrivibile alla (OMISSIS), anche in relazione alla violazione delle linee guida in vigore presso gli Ospedali Riuniti di (OMISSIS).
In riferimento al (OMISSIS), il G.i.p. osserva che resta incerta la ragione per la quale il predetto medico non ebbe ad effettuare approfondimenti diagnostici; e rileva che il (OMISSIS) non ha sostenuto che la propria indagine radiografica fosse in grado di escludere con certezza fratture del rachide cervicale.
Circa la posizione del (OMISSIS), il giudice osserva che la refertazione risulta adeguata e che l’accusa non ha accertato se il protocollo ospedaliere imponesse al predetto medico di estendere l’indagine tomografica anche al tratto del rachide cervicale.
Il giudicante osserva che a carico del (OMISSIS) – pur nel dubbio rispetto al ruolo assunto nei confronti del paziente (OMISSIS) – si profila una negligenza con riguardo alla decisione di dimettere il malato, senza che fosse stata effettuata una indagine sul rachide cervicale.
Il G.i.p. rileva poi che la posizione dell’imputato (OMISSIS) risulta problematica, atteso che il predetto medico aveva l’obbligo di riconsiderare l’intero iter diagnostico del paziente; il giudicante osserva, peraltro, che il tema di indagine affidato al dott. (OMISSIS) non sembra in diretto collegamento causale con il trauma cranico e la sofferenza midollare.
Tanto chiarito, il giudice afferma che il vero nodo processuale e’ dato dalla rilevanza causale da assegnare al ritardo nella diagnosi di sofferenza midollare, rispetto all’exitus. Sul punto, considera che il consulente del pubblico ministero ha affermato che non e’ certo che una diagnosi piu’ precoce avrebbe salvato la vita del paziente; e sottolinea che il perito nominato in corso di udienza preliminare, dopo avere stigmatizzato la negligenza dei medici che non avevano richiesto una visita neurochirurgica, ha affermato che il paziente avrebbe potuto affrontare un intervento di stabilizzazione cervicale, con rischio chirurgico non superiore al 5%.
Quindi, il giudice rileva che il perito ha affermato di non aver compreso le ragioni per le quali l’intervento e’ stato eseguito solo il 17 aprile; e rileva che il perito ha lasciato intendere che il quadro clinico complessivo del paziente sconsigliasse l’effettuazione dell’intervento.
In conclusione, il G.i.p. ritiene che nel caso di specie il ritardo nella diagnosi non si possa qualificarsi come antecedente causale decisivo rispetto al decesso, secondo i canoni della probabilita’ logica indicati dalla giurisprudenza di legittimita’.
2. Avverso la citata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il pubblico ministero procedente, deducendo violazione di legge e vizio motivazionale.
Dopo avere richiamato arresti giurisprudenziali sulla regola di giudizio alla quale deve conformarsi il giudice dell’udienza preliminare, la parte pubblica osserva che, nel caso di specie, lo stesso giudicante ha rilevato che resta da chiarire il ruolo assunto da ciascun imputato nella relazione terapeutica; e che, di conseguenze, l’approfondimento dibattimentale e’ la sede deputata a sgombrare il campo da ogni dubbio, in ordine alla responsabilita’ personale di ciascun imputato.
Oltre a cio’, il ricorrente evidenzia che il G.i.p. mette in luce la sussistenza di profili di colpa a carico degli imputati e che, non di meno, ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere.
Il deducente richiama poi la motivazione espressa dal G.i.p. in ordine alla dipendenza causale dell’evento dalle condotte poste in essere dai sanitari, osservando che il giudicante ha errato nella valutazione dei criteri indicati dalla Corte regolatrice; evidenzia, inoltre, che sul tema residuano ampi spazi di accertamento, che dovevano essere rimessi alla sede dibattimentale; e che l’integrazione probatoria effettuata con l’espletamento di perizia ha confermato la sussistenza di argomenti da approfondire.
3. Gli imputati (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), a mezzo del difensore, hanno depositato memoria chiedendo il rigetto del ricorso del pubblico ministero.
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
4.1 Come noto, la giurisprudenza di legittimita’ ha da tempo chiarito l’ambito funzionale dell’udienza preliminare, affermando che la regola di valutazione che deve osservare il giudice dell’udienza preliminare consiste nella prognosi di non evoluzione del materiale probatorio: lo scrutinio “del merito” demandato al giudice della udienza preliminare, cioe’, volgendo a soddisfare un ruolo processuale – tale essendo, infatti, la natura dell’epilogo decisorio (sentenza che, per l’appunto, si definisce di “non luogo a procedere”, ovvero decreto che dispone il giudizio) che contrassegna l’esito al quale tende l’udienza preliminare – deve raccordarsi con l’implausibilita’ di connotazioni evolutive del materiale di prova raccolto (Cass., sez. 2, sentenza n. 14034 del 18 marzo 2008, Rv. n. 239514; conforme Cass. Sez. 2, sentenza n. 45046 del 3.12.2008).
Il G.i.p., in tale ambito ricostruttivo, deve effettuare un apprezzamento critico del compendio probatorio, nella prospettiva di una valutazione prognostica circa la possibile evoluzione del materiale di prova raccolto, tale da giustificare il rinvio a giudizio dell’imputato.
5. Nel caso di specie, la regola di valutazione di ordine processuale, ora richiamata, risulta non osservata, giacche’ la decisione in esame e’ inficiata da aporie di ordine logico, in riferimento all’analisi dell’elemento obiettivo del reato in addebito, refluenti sulla prognosi relativa alla possibile evoluzione del compendio probatorio, in sede dibattimentale.
5.1 Giova soffermarsi, in primo luogo, sul tema dell’imputazione causale dell’evento, che il giudicante risolve in termini trancianti, affermando l’inutilita’ del comportamento alternativo lecito, da parte dei diversi sanitari che ebbero in cura il (OMISSIS).
Il G.i.p. afferma che, in ragione del complessivo – quadro clinico del paziente, la tempestiva effettuazione della stabilizzazione cervicale per via chirurgica, non avrebbe determinato una diversa evoluzione della sofferenza midollare.
Ebbene, il percorso motivazionale posto a fondamento della affermazione ora richiamata evidenzia che il giudicante ha mal governato i criteri di accertamento del nesso di derivazione causale, tra condotta attesa ed evento, nell’ambito delle fattispecie omissive improprie, indicati dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 30328 del 10/07/2002, dep. 11/09/2002, Rv. 222138) e costantemente seguiti dalla giurisprudenza successiva delle sezioni semplici della Corte regolatrice.
Occorre ricordare che le Sezioni Unite, nella sentenza ora citata, affermano che il giudice del merito, per la ricostruzione del fatto, non puo’ attingere a criteri di mera probabilita’ statistica, ma che di converso deve ricorrere alla probabilita’ logica, la quale consente “la verifica aggiuntiva, sulla base dell’intera evidenza disponibile, dell’attendibilita’ dell’impiego della legge statistica per il singolo evento e della persuasiva e razionale credibilita’ dell’accertamento giudiziale”. La Corte regolatrice ha chiarito che il nesso casuale puo’ essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica – si accerta che immaginandosi come realizzata la condotta doverosa l’evento hic et nunc non si sarebbe verificato; che non e’ consentito il ricorso meccanicistico al coefficiente probabilistico espresso dalla legge statistica; e che il giudice puo’ addivenire all’affermazione di responsabilita’ penale solo nel caso in cui pervenga alla conclusione, con alto grado di credibilita’ razionale, quindi alla certezza processuale, che la condotta dell’imputato sia stata condizione necessaria dell’evento. E le Sezioni Unite hanno chiarito che, per affermare che la condotta dell’agente sia condizione necessaria dell’evento, la cornice nomologica censita dal giudice deve essere tale da superare il ragionevole dubbio, fondato su elementi di insufficienza, contraddittorieta’ o incertezza del riscontro probatorio.
Come si vede, l’intervento delle Sezioni Unite ha messo nitidamente a fuoco il rapporto che deve intercorrere tra il fondamento probabilistico del nesso causale e la certezza processuale idonea a fondare un verdetto di condanna; ed ha chiarito il governo che il giudice deve fare delle nozioni probabilistiche offerte dalla legge di copertura, attingendo ad un procedimento logico non dissimile dalle sequenze di ragionamento inferenziale al quale il giudice e’ quotidianamente chiamato, in tema di valutazione della prova indiziaria (ex articolo 192 c.p.p., comma 2) e piu’ in generale, in considerazione della “doverosa ponderazione” delle ipotesi antagoniste prescritta dall’articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e).
In via di estrema sintesi, puo’ allora affermarsi che i temi significanti della sentenza in esame sono i seguenti: superamento dell’alternativa tra certezza e probabilismo; valorizzazione del criterio della certezza processuale; necessita’ per il giudice di utilizzare il parametro di prova della elevata credibilita’ razionale (che e’ il risultato della valutazione del compendio probatorio) e di attenersi al criterio della probabilita’ logica e non solo a quello della probabilita’ statistica.
Nell’alveo di tale insegnamento si collocano numerose decisioni successive delle sezioni semplici della Suprema Corte, ove si e’ evidenziato che, ai fini dell’imputazione causale dell’evento, il giudice di merito deve formulare giudizi sulla scorta di generalizzazioni causali, congiunte con l’analisi delle contingenze fattuali proprie della fattispecie concreta (cfr. Cass. Sez. 4 sentenza n. 43786 del 17.9.2010, dep. 13.12.2010, Rv. 248943; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 32121 del 16/06/2010, dep. 20/08/2010, Rv. 248210; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43459 del 04/10/2012, dep. 08/11/2012, Rv. 255008).
5.2 I cenni che precedono, consentono di evidenziare che la sentenza in esame risulta inficiata da una errata valutazione del criterio della probabilita’ logica. Ed invero il G.i.p., dopo avere osservato che il perito aveva stimato nell’ordine del 95% le possibilita’ di un esito fausto della stabilizzazione chirurgica, ha affermato che il tempestivo accertamento delle fratture vertebrali non avrebbe comunque modificato l’evoluzione del quadro clinico, in spregio al richiamato indice di utilita’ dell’indicazione chirurgica.
5.2.1 Sul punto di interesse, deve osservarsi che il giudicante argomenta considerando che la situazione patologica complessiva del (OMISSIS) sconsigliava, in realta’, l’effettuazione di alcun intervento chirurgico. Ebbene, il predetto rilievo, che nell’economia motivazionale del provvedimento impugnato sembra assurgere a considerazione di ordine dirimente, rispetto alla valutazione effettuata dal giudice dell’udienza preliminare, involge temi di prova che risultano del tutto inesplorati, nell’ambito del presente procedimento. Tanto si afferma atteso che e’ lo stesso giudicante a rilevare che le valutazioni sulla inutilita’ del comportamento alternativo lecito da parte dei sanitari – stante la gravita’ del quadro clinico complessivo del paziente – risultano espresse dai periti solo “tra le righe” nel relativo elaborato.
Deve allora osservarsi che l’utilita’ della indicazione chirurgica, rispetto al quadro clinico complessivo del paziente, costituisce un tema certamente suscettibile di implementazione dibattimentale, non essendo stato compitamente esaminato dai nominati periti. E rafforza il convincimento considerare che le stesse circostanze di fatto richiamate nella sentenza impugnata evidenziano che le interlocuzioni tra i figli del (OMISSIS) ed i sanitari che avevano in cura il paziente – avvenute il (OMISSIS) – intervennero quando gia’ si era verificato un certo ritardo, rispetto alla effettuazione della stabilizzazione chirurgica, in riferimento alla data del (OMISSIS), in cui il (OMISSIS) venne trasferito d’urgenza presso gli Ospedali Riuniti di (OMISSIS). Conseguentemente, il tema relativo alla inutilita’ del comportamento alternativo lecito, contestualizzato nei riferiti termini, appare suscettibile di specifico approfondimento nella sede dibattimentale.
5.3 E’ poi appena il caso di osservare che le considerazioni ora svolte, sulla riferibilita’ causale delle condotte ascritte ai diversi imputati rispetto all’evento, conducono, di riflesso, ad apprezzare la rilevanza, a fini di giudizio, anche degli ulteriori temi relativi: alla esatta selezione dei medici che presero concretamente in cura il (OMISSIS), assumendo il ruolo di garanti della salute del paziente; ed ai profili di colpa eventualmente riferibili ai medici, che omisero di effettuare gli accertamenti diagnostici imposti dalle linee guida applicate dalla struttura sanitaria ove i medesimi medici operavano. Si tratta di argomenti di prova rispetto ai quali residuano, infatti, ampi margini di approfondimento istruttorio, come rilevato dallo stesso giudicante; e che sono stati ritenuti indebitamente irrilevanti, per effetto delle errate valutazioni espresse sulla riferibilita’ causale dell’exitus, rispetto alle condotte attese, sopra evidenziate.
6. In conclusione, deve osservarsi che le valutazioni effettuate dal G.i.p. procedente, sulla riferibilita’ causale dell’evento alle condotte poste in essere dai diversi sanitari che ebbero in cura il paziente, hanno dato luogo ad un complessivo apprezzamento del compendio probatorio, sviluppato in termini non conferenti rispetto alla valutazione prognostica che l’ordinamento assegna al giudice dell’udienza preliminare. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Bergamo per l’ulteriore corso, alla luce dei principi di diritto sopra richiamati.
4.1 Come noto, la giurisprudenza di legittimita’ ha da tempo chiarito l’ambito funzionale dell’udienza preliminare, affermando che la regola di valutazione che deve osservare il giudice dell’udienza preliminare consiste nella prognosi di non evoluzione del materiale probatorio: lo scrutinio “del merito” demandato al giudice della udienza preliminare, cioe’, volgendo a soddisfare un ruolo processuale – tale essendo, infatti, la natura dell’epilogo decisorio (sentenza che, per l’appunto, si definisce di “non luogo a procedere”, ovvero decreto che dispone il giudizio) che contrassegna l’esito al quale tende l’udienza preliminare – deve raccordarsi con l’implausibilita’ di connotazioni evolutive del materiale di prova raccolto (Cass., sez. 2, sentenza n. 14034 del 18 marzo 2008, Rv. n. 239514; conforme Cass. Sez. 2, sentenza n. 45046 del 3.12.2008).
Il G.i.p., in tale ambito ricostruttivo, deve effettuare un apprezzamento critico del compendio probatorio, nella prospettiva di una valutazione prognostica circa la possibile evoluzione del materiale di prova raccolto, tale da giustificare il rinvio a giudizio dell’imputato.
5. Nel caso di specie, la regola di valutazione di ordine processuale, ora richiamata, risulta non osservata, giacche’ la decisione in esame e’ inficiata da aporie di ordine logico, in riferimento all’analisi dell’elemento obiettivo del reato in addebito, refluenti sulla prognosi relativa alla possibile evoluzione del compendio probatorio, in sede dibattimentale.
5.1 Giova soffermarsi, in primo luogo, sul tema dell’imputazione causale dell’evento, che il giudicante risolve in termini trancianti, affermando l’inutilita’ del comportamento alternativo lecito, da parte dei diversi sanitari che ebbero in cura il (OMISSIS).
Il G.i.p. afferma che, in ragione del complessivo – quadro clinico del paziente, la tempestiva effettuazione della stabilizzazione cervicale per via chirurgica, non avrebbe determinato una diversa evoluzione della sofferenza midollare.
Ebbene, il percorso motivazionale posto a fondamento della affermazione ora richiamata evidenzia che il giudicante ha mal governato i criteri di accertamento del nesso di derivazione causale, tra condotta attesa ed evento, nell’ambito delle fattispecie omissive improprie, indicati dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 30328 del 10/07/2002, dep. 11/09/2002, Rv. 222138) e costantemente seguiti dalla giurisprudenza successiva delle sezioni semplici della Corte regolatrice.
Occorre ricordare che le Sezioni Unite, nella sentenza ora citata, affermano che il giudice del merito, per la ricostruzione del fatto, non puo’ attingere a criteri di mera probabilita’ statistica, ma che di converso deve ricorrere alla probabilita’ logica, la quale consente “la verifica aggiuntiva, sulla base dell’intera evidenza disponibile, dell’attendibilita’ dell’impiego della legge statistica per il singolo evento e della persuasiva e razionale credibilita’ dell’accertamento giudiziale”. La Corte regolatrice ha chiarito che il nesso casuale puo’ essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale o statistica – si accerta che immaginandosi come realizzata la condotta doverosa l’evento hic et nunc non si sarebbe verificato; che non e’ consentito il ricorso meccanicistico al coefficiente probabilistico espresso dalla legge statistica; e che il giudice puo’ addivenire all’affermazione di responsabilita’ penale solo nel caso in cui pervenga alla conclusione, con alto grado di credibilita’ razionale, quindi alla certezza processuale, che la condotta dell’imputato sia stata condizione necessaria dell’evento. E le Sezioni Unite hanno chiarito che, per affermare che la condotta dell’agente sia condizione necessaria dell’evento, la cornice nomologica censita dal giudice deve essere tale da superare il ragionevole dubbio, fondato su elementi di insufficienza, contraddittorieta’ o incertezza del riscontro probatorio.
Come si vede, l’intervento delle Sezioni Unite ha messo nitidamente a fuoco il rapporto che deve intercorrere tra il fondamento probabilistico del nesso causale e la certezza processuale idonea a fondare un verdetto di condanna; ed ha chiarito il governo che il giudice deve fare delle nozioni probabilistiche offerte dalla legge di copertura, attingendo ad un procedimento logico non dissimile dalle sequenze di ragionamento inferenziale al quale il giudice e’ quotidianamente chiamato, in tema di valutazione della prova indiziaria (ex articolo 192 c.p.p., comma 2) e piu’ in generale, in considerazione della “doverosa ponderazione” delle ipotesi antagoniste prescritta dall’articolo 546 c.p.p., comma 1, lettera e).
In via di estrema sintesi, puo’ allora affermarsi che i temi significanti della sentenza in esame sono i seguenti: superamento dell’alternativa tra certezza e probabilismo; valorizzazione del criterio della certezza processuale; necessita’ per il giudice di utilizzare il parametro di prova della elevata credibilita’ razionale (che e’ il risultato della valutazione del compendio probatorio) e di attenersi al criterio della probabilita’ logica e non solo a quello della probabilita’ statistica.
Nell’alveo di tale insegnamento si collocano numerose decisioni successive delle sezioni semplici della Suprema Corte, ove si e’ evidenziato che, ai fini dell’imputazione causale dell’evento, il giudice di merito deve formulare giudizi sulla scorta di generalizzazioni causali, congiunte con l’analisi delle contingenze fattuali proprie della fattispecie concreta (cfr. Cass. Sez. 4 sentenza n. 43786 del 17.9.2010, dep. 13.12.2010, Rv. 248943; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 32121 del 16/06/2010, dep. 20/08/2010, Rv. 248210; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 43459 del 04/10/2012, dep. 08/11/2012, Rv. 255008).
5.2 I cenni che precedono, consentono di evidenziare che la sentenza in esame risulta inficiata da una errata valutazione del criterio della probabilita’ logica. Ed invero il G.i.p., dopo avere osservato che il perito aveva stimato nell’ordine del 95% le possibilita’ di un esito fausto della stabilizzazione chirurgica, ha affermato che il tempestivo accertamento delle fratture vertebrali non avrebbe comunque modificato l’evoluzione del quadro clinico, in spregio al richiamato indice di utilita’ dell’indicazione chirurgica.
5.2.1 Sul punto di interesse, deve osservarsi che il giudicante argomenta considerando che la situazione patologica complessiva del (OMISSIS) sconsigliava, in realta’, l’effettuazione di alcun intervento chirurgico. Ebbene, il predetto rilievo, che nell’economia motivazionale del provvedimento impugnato sembra assurgere a considerazione di ordine dirimente, rispetto alla valutazione effettuata dal giudice dell’udienza preliminare, involge temi di prova che risultano del tutto inesplorati, nell’ambito del presente procedimento. Tanto si afferma atteso che e’ lo stesso giudicante a rilevare che le valutazioni sulla inutilita’ del comportamento alternativo lecito da parte dei sanitari – stante la gravita’ del quadro clinico complessivo del paziente – risultano espresse dai periti solo “tra le righe” nel relativo elaborato.
Deve allora osservarsi che l’utilita’ della indicazione chirurgica, rispetto al quadro clinico complessivo del paziente, costituisce un tema certamente suscettibile di implementazione dibattimentale, non essendo stato compitamente esaminato dai nominati periti. E rafforza il convincimento considerare che le stesse circostanze di fatto richiamate nella sentenza impugnata evidenziano che le interlocuzioni tra i figli del (OMISSIS) ed i sanitari che avevano in cura il paziente – avvenute il (OMISSIS) – intervennero quando gia’ si era verificato un certo ritardo, rispetto alla effettuazione della stabilizzazione chirurgica, in riferimento alla data del (OMISSIS), in cui il (OMISSIS) venne trasferito d’urgenza presso gli Ospedali Riuniti di (OMISSIS). Conseguentemente, il tema relativo alla inutilita’ del comportamento alternativo lecito, contestualizzato nei riferiti termini, appare suscettibile di specifico approfondimento nella sede dibattimentale.
5.3 E’ poi appena il caso di osservare che le considerazioni ora svolte, sulla riferibilita’ causale delle condotte ascritte ai diversi imputati rispetto all’evento, conducono, di riflesso, ad apprezzare la rilevanza, a fini di giudizio, anche degli ulteriori temi relativi: alla esatta selezione dei medici che presero concretamente in cura il (OMISSIS), assumendo il ruolo di garanti della salute del paziente; ed ai profili di colpa eventualmente riferibili ai medici, che omisero di effettuare gli accertamenti diagnostici imposti dalle linee guida applicate dalla struttura sanitaria ove i medesimi medici operavano. Si tratta di argomenti di prova rispetto ai quali residuano, infatti, ampi margini di approfondimento istruttorio, come rilevato dallo stesso giudicante; e che sono stati ritenuti indebitamente irrilevanti, per effetto delle errate valutazioni espresse sulla riferibilita’ causale dell’exitus, rispetto alle condotte attese, sopra evidenziate.
6. In conclusione, deve osservarsi che le valutazioni effettuate dal G.i.p. procedente, sulla riferibilita’ causale dell’evento alle condotte poste in essere dai diversi sanitari che ebbero in cura il paziente, hanno dato luogo ad un complessivo apprezzamento del compendio probatorio, sviluppato in termini non conferenti rispetto alla valutazione prognostica che l’ordinamento assegna al giudice dell’udienza preliminare. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Bergamo per l’ulteriore corso, alla luce dei principi di diritto sopra richiamati.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Bergamo per l’ulteriore corso.
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