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Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza 21 dicembre 2015, n. 50075

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROMIS Vincenzo – Presidente

Dott. MENICHETTI Carla – Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere

Dott. GIANNITI Pasquale – rel. Consigliere

Dott. SERRAO Eugenia – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 26/2014 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del 13/03/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/11/2015 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ROMANO Giulio che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso;

Udito il difensore Avv. (OMISSIS) per entrambi i ricorrenti.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lanciano con sentenza 14/4/2010 condannava (OMISSIS) e (OMISSIS) alla pena di giustizia in relazione al reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 commesso in (OMISSIS) nella qualita’ rispettivamente di amministratore di fatto e di diritto della (OMISSIS) srl.

2. La Corte di appello dell’Aquila, investita del gravame, con sentenza 27/6/2012, confermava la colpevolezza degli imputati in ordine al suddetto reato, in quanto le operazioni a cui le fatture si riferivano dovevano ritenersi inesistenti sulla base di una serie di elementi indicati in motivazione.

3. Avverso la suddetta sentenza proponevano ricorso entrambi gli imputati denunciando vari motivi di doglianza. A detti motivi si aggiungevano motivi aggiunti in ordine alla dedotta nullita’ della sentenza per mutamento del giudice ed alla effettivita’ dell’attivita’ sociale.

4.La Corte regolatrice, terza sezione penale, con sentenza 30/10/2013, annullava con rinvio la sentenza impugnata e disponeva trasmettersi gli atti alla Corte d’appello di L’Aquila per un nuovo giudizio, essendo la sentenza nulla per intervenuta duplice violazione del principio dell’immutabilita’ del giudice.

5. La Corte di appello di L’Aquila, con sentenza 13/03/2014, in riforma della sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lanciano, dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS) in ordine al reato ad essi ascritto per essere lo stesso estinto per intervenuta prescrizione. Osservava la Corte di appello che il termine massimo di prescrizione del reato contestato, pari ad anni sette e mesi sei, era spirato al piu’ tardi il 29 dicembre 2013; e, d’altra parte, non sussistevano le condizioni per un proscioglimento nel merito ex articolo 129 cod. proc. pen., in quanto, avuto riguardo alle ragioni esposte nella sentenza di primo grado, non era evidente l’innocenza dei prevenuti.

6.Avverso la suddetta sentenza, indicata come divenuta irrevocabile in data 27/06/2014, proponevano ricorso entrambi gli imputati, articolando tre motivi di doglianza.

Con il primo motivo di ricorso viene denunciata la nullita’ generale ed assoluta della sentenza per violazione dell’articolo 127 c.p.p., articolo 178 c.p.p., comma 1, lettera c) e articolo 601 cod. proc. pen., non essendo stato dato alcun avviso (ne’ ai difensori e neppure agli imputati) della fissazione dell’udienza in camera di consiglio 13/03/2014, ad estio della quale veniva pronunciata la sentenza, per cui e’ ricorso.

Con il secondo motivo viene denunciata violazione dell’articolo 34 cod. proc. pen., risultando dalla sentenza che il Presidente del collegio giudicante 13/03/2014 era Magistrato che aveva fatto parte del collegio giudicante 13/04/2012

Con il terzo motivo viene denunciato il vizio di omessa motivazione, in quanto la Corte non aveva esaminato i numerosi motivi di appello e i motivi aggiunti, ma si era limitata a dire che nel caso di specie non ricorrevano le condizioni di cui all’articolo 129 cod. proc. pen. e d’altra parte, il reato era prescritto. Al riguardo il ricorrente deduceva che la sentenza di primo grado aveva fondato la condanna sulla supposta inesistenza della societa’ (OMISSIS), mentre invece l’esistenza di tale societa’ era stata positivamente accertata da altre due sentenze, depositate in atti, posteriori alla sentenza di primo grado e nelle more passate in giudicato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso degli imputati e’ fondato e pertanto deve essere accolto.

2. Occorre preliminarmente dar atto che, nel caso di specie, non risulta essere stato dato avviso (ne’ ai difensori ne’ agli imputati) della fissazione dell’udienza in camera di consiglio tenutasi il 13 marzo 2014, ad esito della quale e’ stata pronunciata la sentenza per cui e’ ricorso: dunque, l’estinzione del reato per prescrizione e’ stata dichiarata dalla Corte distrettuale “de plano”, fuori dal contraddittorio con le parti.

Senonche’, cosi’ operando, la Corte distrettuale ha dato corpo ad una violazione del codice di rito (Sez. 6, sent. N. 10960 del 25/02/2015, Rv. 262833; sent. N. 28478 del 27/06/2013, Rv. 255862), in quanto, da un lato, il rinvio di cui all’articolo 598 c.p.p. alle norme che disciplinano il giudizio di primo grado non comprende l’eccezionale procedura prevista dall’articolo 469 c.p., legittimante le sentenze predibattimentali (procedura quest’ultima, si ribadisce nel caso di specie neppure rispettata); e, dall’altro, l’articolo 601 c.p.p., commi 1 e 5 prevede che il decreto di citazione a giudizio (anche in caso di procedimento camerale) sia notificato a imputato e difensore, mentre l’articolo 127, commi 1 e 5, sanziona con la nullita’ l’omesso avviso dell’udienza camerale ad imputato e difensore.

Ne consegue che, avuto riguardo al disposto dell’articolo 179 cod. proc. pen., la sentenza impugnata deve essere dichiarata nulla, per omessa notifica del decreto di citazione a giudizio agli imputati e ai difensori.

3. D’altronde non puo’ coerentemente sostenersi l’assenza di un interesse all’impugnazione in capo all’imputato una volta dichiarata l’estinzione per prescrizione: invero, la giurisprudenza di legittimita’ ha avuto modo di precisare che, nel giudizio di cassazione, vi e’ l’interesse dell’imputato alla declaratoria di nullita’ della sentenza con cui la Corte d’appello, in riforma della sentenza di condanna in primo grado, abbia dichiarato “de plano” l’estinzione del reato per prescrizione prima del dibattimento, perche’ solo il giudice del merito puo’ valutare la sussistenza delle condizioni per il proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, con riferimento al contenuto di tutti gli atti del processo (Sez. 6, sent. N. 10960 del 25/02/2015, Rv. 262833).

Occorre qui ribadire che i poteri ascritti al giudice del merito, nel valutare i presupposti fondanti la declaratoria di cui all’articolo 129 c.p.p., comma 2, non corrispondono ai poteri ascritti, nella stessa materia, alla Corte di Cassazione, in quanto la decisione allo stato degli atti e’ diversa se resa nel merito o dal Giudice di legittimita’: invero, solo nel primo caso si possono prendere in esame e vagliare direttamente le risultanze processuali, quando, per contro, la Corte di Cassazione ha un perimetro di giudizio limitato alla situazione di fatto quale emergente dalla sentenza impugnata.

Orbene – proprio poiche’ la cognizione ex articolo 129 c.p.p. della Corte di cassazione e’ limitata al contenuto delle sentenze e degli atti di impugnazione, mentre quella del giudice d’appello si estende al contenuto di tutti gli atti del processo di primo grado – radicalmente diversa e’ la fonte dell’evidenza di una causa di proscioglimento nel merito nei due giudizi, con la ineludibile conseguenza che sussiste l’interesse dell’imputato alla pronuncia in contraddittorio del giudice del merito: cio’ in quanto le ragioni del proscioglimento ex articolo 129 c.p.p., che potrebbero essere dedotte davanti allo stesso giudice del merito sono piu’ ampie, e qualitativamente diverse, da quelle conoscibili dal giudice di legittimita’.

In definitiva, nel giudizio di cassazione, deve ritenersi sussistente l’interesse dell’imputato alla declaratoria di nullita’ della sentenza con cui la Corte d’appello abbia dichiarato “de plano” l’estinzione del reato per prescrizione prima del dibattimento, poiche’ solo il giudice del merito puo’ valutare la sussistenza delle condizioni per deliberare il proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p., comma 2, con riferimento al contenuto di tutte le risultanze processuali.

4. Ne consegue, conclusivamente, l’annullamento con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Perugia (essendo formata la Corte di appello di L’Aquila di una unica Sezione), perche’ provveda alla celebrazione del giudizio d’appello.

5. L’accoglimento del primo motivo di ricorso rende irrilevante la disamina degli ulteriori motivi di doglianza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Perugia per il giudizio di appello.

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