In tema di assicurazione contro i danni, ove l’assicuratore abbia incaricato il perito di compiere accertamenti tecnici e abbia di ciò informato l’assicurato, non rileva, ai fini della prescrizione, la circostanza che quest’ultimo non abbia compiuto atti di costituzione in mora nei confronti dell’assicuratore fino a quando non sia stato messo a conoscenza, da parte del perito o dell’assicuratore, dell’ultimazione degli accertamenti tecnici.
Suprema Corte di Cassazione
sezione III civile
ordinanza 26 luglio 2017, n. 18376
Fatti di causa
L’INPS, quale successore ex lege dell’INPDAP, convenne in giudizio l’INA Assitalia per sentirla condannare al pagamento dell’indennizzo per i danni subiti da un immobile di sua proprietà, a causa di un evento sismico.
La convenuta resistette alla pretesa eccependo, fra l’altro, la prescrizione del diritto.
Il Tribunale rigettò la domanda ritenendo che ricorressero le condizioni di cui all’art. 1892 cod. civ..
In accoglimento dell’appello incidentale della Generali Italia s.p.a. (già INA Assitalia), la Corte di Appello ha dichiarato prescritto il diritto dell’INPS all’indennità.
Ricorre per cassazione l’INPS affidandosi a due motivi; resiste l’intimata a mezzo di controricorso contenente ricorso incidentale condizionato basato su due motivi e illustrato da memoria.
Ragioni della decisione
1. Emerge dalla sentenza impugnata che il Tribunale aveva ritenuto che, conferendo al proprio perito l’incarico di compiere accertamenti sul danno, la compagnia assicuratrice avesse rinunciato a far valere la prescrizione nel frattempo maturata e che le successive missive intercorse fra l’assicurato e il perito fossero valse a interrompere il nuovo termine di prescrizione, poi definitivamente interrotto dalla notifica dell’atto di citazione introduttivo del giudizio.
La Corte ha invece escluso di poter riconoscere efficacia interruttiva della prescrizione alle comunicazioni intercorse fra l’assicurato e il perito, in quanto le missive non erano state indirizzate al debitore, ma ad un mero “mandatario tecnico”, e non contenevano un’esplicita richiesta di adempimento: ha pertanto ritenuto che il credito fosse prescritto.
2. Si evince dalla sentenza di appello che, in data 18.7.2001, l’assicuratrice incaricò il proprio perito P.S. di compiere accertamenti sulla “attuale situazione del danno”; che, con note del 27.2.2002 e del 27.5.2002, l’INPDAP sollecitò il perito a fornire indicazioni sull’esito degli accertamenti e che un ulteriore sollecito venne effettuato nell’autunno, con missiva ricevuta -in questo caso-anche dall’assicurazione (in data 12.11.2002); a ciò era seguita – il 24.7.2003 – la notifica dell’atto di citazione all’Assitalia.
Per quanto emerge dal ricorso, vi sarebbe stata anche una ulteriore nota del 22.9.2002 inviata sia al perito che alla sede legale dell’Assitalia.
3. Il primo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo e censura la Corte per non avere rilevato che il conferimento dell’incarico al perito aveva comportato la rinuncia da parte dell’assicuratrice a far valere la prescrizione (ex art. 2937, co. 3 cod. civ.) e, altresì, per non aver considerato che le missive del 2002 erano state inviate “sia alla sede legale dell’assicurazione sia al soggetto contrattualmente delegato in sede di polizza a rappresentare l’assicurazione” ed avevano pertanto efficacia interruttiva “in re ipsa” in quanto “sollecitatorie della liquidazione”.
4. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2934, co. 1, 2952, co. 2, 2944 e 2945 cod. civ.: la ricorrente assume che “appare chiaro, nella fattispecie, il riconoscimento del diritto da parte dell’assicurazione, insito nell’attivazione della perizia ben tre anni dopo la denuncia del sinistro, a termine prescrizionale ampiamente decorso” e ciò in quanto, “laddove avesse ritenuto l’insussistenza del diritto dell’INPDAP, avrebbe dovuto semplicemente negare la perizia, avvalendosi dell’intervenuta prescrizione”.
5. Premesso che la Corte (come già il Tribunale) ha riconosciuto al conferimento dell’incarico l’effetto della rinuncia alla prescrizione nel frattempo maturata (ex art. 2937, 3° co. cod. civ.), i due motivi del ricorso principale sono volti a contestare che il nuovo termine prescrizionale fosse ormai decorso al momento in cui venne notificato l’atto di citazione, e ciò sull’assunto dell’efficacia interruttiva delle missive inviate dall’INPDAP nel corso dell’anno 2002.
I motivi – da esaminare congiuntamente – sono fondati per quanto di ragione.
Deve escludersi che il conferimento al perito dell’incarico di compiere accertamenti sul danno abbia comportato, da parte dell’assicuratore, il riconoscimento del diritto dell’assicurato, atteso che l’attività del tecnico era volta non soltanto a quantificare il danno, ma anche ad accertarne la riconducibilità nell’ambito della copertura assicurativa.
Deve egualmente escludersi che tale conferimento abbia determinato, di per sé, l’automatica interruzione della prescrizione fino al momento del completamento dell’incarico, secondo il meccanismo riconosciuto operante nel caso in cui le parti abbiano previsto lo svolgimento di una perizia contrattuale (cfr. Cass. n. 14487/2004 e Cass. n. 8674/2009); interruzione che trova giustificazione nell’esistenza di un impedimento di fonte negoziale all’esercizio del diritto fino all’esaurimento delle operazioni tecniche.
Né, per altro verso, può ritenersi che le missive inviate dall’assicurato al perito abbiano costituito idonei atti di costituzione in mora nei confronti dell’assicuratore, in quanto non rivolte alla parte o a un suo rappresentante legale (bensì a un mero “mandatario tecnico”, secondo la qualificazione datane dal giudice di appello).
Deve tuttavia ritenersi che la pendenza di un accertamento di natura tecnica disposto dall’assicuratore, di cui l’assicurato sia informato (come nel caso, in cui l’INPDAP aveva ricevuto dal perito la richiesta di inviare documenti attinenti al sinistro), e il concomitante ripetuto interessamento dell’assicurato a conoscere gli esiti di tale accertamento non possano risultare privi di significato, se si considera che il fatto stesso della pendenza dell’incarico determina – secondo criteri di ragionevolezza, correttezza ed economia – l’opportunità che le parti ne attendano l’esito prima di adottare ulteriori iniziative, risultando all’evidenza superflue o intempestive attività sollecitatorie o iniziative giudiziarie nei confronti dell’assicuratore fino all’esito degli accertamenti di natura tecnica che lo stesso assicuratore ha ritenuto necessari al fine di determinarsi sulle pretese dell’assicurato.
Ciò comporta che l’assicurato non debba subire pregiudizio dall’attesa di tale esito, a condizione tuttavia che abbia dimostrato (anche a mezzo di missive indirizzate al tecnico incaricato dall’assicuratore) la persistenza del proprio interesse a far valere la pretesa, di modo che possa ritenersi che il mancato compimento di atti interruttivi nei confronti dell’assicuratore sia dipeso proprio dall’esigenza di attendere l’esito degli accertamenti demandati al perito; ricorrendo tale condizione, sarebbe contrario ai più elementari criteri di ragionevolezza ritenere che la prescrizione continui a decorrere durante il tempo impiegato dall’assicuratore per determinarsi (anche tramite accertamenti di natura tecnica) in merito alla pretesa dell’assicurato che, per parte sua, sia rimasto in vigile attesa di tali determinazioni.
Si vuol dire, in altri termini, che le comunicazioni dell’assicurato al perito incaricato dall’assicuratore, non idonee come atti di costituzione in mora, valgono senz’altro a dar conto di un persistente interesse dell’assicurato a far valere la propria pretesa e a giustificare l’interruzione del termine di prescrizione fintantoché l’assicurato non venga reso edotto (dal perito o dall’assicurazione) dell’avvenuta ultimazione dell’accertamento, così da potersi orientare sulle iniziative da assumere nei confronti dell’assicuratore e da subire gli effetti dell’eventuale successiva inerzia, anche in termini di maturazione della prescrizione.
6. La fondatezza del ricorso principale, nei termini sopra illustrati, comporta che debba esaminarsi il ricorso incidentale condizionato proposto dalla Generali Italia s.p.a..
6.1. Il primo motivo (che denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ.) censura la sentenza per avere rigettato l’eccezione di improponibilità della domanda sollevata dalla Generali in relazione all’esistenza di una previsione pattizia (contenuta nella polizza n. 73/13/56135) di deferimento ad un collegio peritale della valutazione del danno, comportante – secondo l’assunto dell’assicuratrice – “la temporanea improponibilità davanti al giudice ordinario di qualsiasi domanda relativa al rapporto assicurativo e dunque non solo di quelle aventi ad oggetto il medesimo accertamento affidato al collegio peritale”.
6.2. Col secondo motivo (che deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1892, 1898, 1337, 2697 e 1362 e segg. cod. civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo), la ricorrente censura la Corte per avere ritenuto non rilevante, in quanto non integrante un’ipotesi di dolo, il fatto che l’assicurato avesse taciuto circostanze di aggravamento del rischio: assume, infatti, che “un esame più approfondito della polizza, e un’interpretazione della clausola contrattuale secondo i principi degli articoli 1362 e seguenti c.c., avrebbe permesso ai giudici del secondo grado di rilevare che non corrisponde al vero che la polizza avesse limitato l’applicabilità dell’art. 1892 c.c. al solo dolo”.
6.3. Entrambi i motivi sono inammissibili ex art. 366, n. 6 cod. proc. civ. in quanto, pur avendo trascritto ampi stralci della polizza sul cui contenuto sono basate le censure, la ricorrente incidentale non ha ottemperato all’onere di indicare quando e come la polizza sia stata prodotta ed ove la stessa sia reperibile nell’ambito degli atti processuali (cfr, per tutte, Cass., S.U. n. 7161/2010).
7. La sentenza va dunque cassata in accoglimento del ricorso principale (nei termini illustrati sub 5), con rinvio alla Corte territoriale che si atterrà, in relazione all’eccezione di prescrizione, al seguente principio di diritto: “in tema di assicurazione contro i danni, ove l’assicuratore abbia dato incarico al proprio perito di compiere accertamenti tecnici di cui sia stato informato l’assicurato e quest’ultimo abbia interloquito col perito e gli abbia richiesto reiteratamente di conoscere l’esito di tali accertamenti, non rileva, ai fini della prescrizione, la circostanza che l’assicurato non abbia compiuto atti di costituzione in mora nei confronti dell’assicuratore fino a quando non abbia avuto contezza, da parte del perito o dell’assicuratore, dell’ultimazione degli accertamenti tecnici”.
8. La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.
9. Sussistono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 alla ricorrente incidentale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale per quanto di ragione e dichiara inammissibile l’incidentale; cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
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