Suprema Corte di Cassazione
Sezione Prima
Sentenza del 31 maggio 2012, n. 8778
Svolgimento del processo
Le sorelle R.R. e C. proponevano reclamo contro il decreto del 20-10-2009, con cui il Tribunale per i Minorenni di Roma aveva confermato che la minore M.P. , nata l’(…), figlia dei coniugi R.R. e P.G. , da tempo separatisi, fosse affidata al Servizio sociale del comune di Monterotondo e collocata in casa famiglia, nonché incaricato il Servizio affidatario di trasmettere al medesimo Tribunale concrete proposte di affidamento di parenti di M. che fossero risultati idonei ad accoglierla.
Con decreto del 6-12.07.2010 la Corte di appello di Roma, nella contumacia del P. ed in parziale riforma del decreto emesso dal T.M. di Roma, che nel resto confermava, affidava con immediata decorrenza M.P. agli zii C.R. e N.G. , dava incarico al Servizio sociale del Comune di Monterotondo ed a quello del Comune di Venezia di agire di concerto per il graduale collocamento ed inserimento della minore presso la famiglia affidataria, fornendo a quest’ultima il sostegno e la collaborazione necessari, incaricava inoltre il Servizio sociale del Comune di Monterotondo di provvedere all’iscrizione della minore per l’anno scolastico 2010-2011 ad una scuola elementare di …, ed il Servizio sociale del Comune di Venezia di vigilare sulle relazioni fra i membri della famiglia affidataria e la madre della minore, R.R. , nonché sugli incontri di quest’ultima con M. – di cui demandava la regolamentazione al medesimo Servizio di Venezia – anche onerato di verificare che in caso di trasferimento di R. a Venezia, questa avesse a dimorare in un’abitazione diversa da quella ove era collocata la figlia, provvedendo a segnalare ogni eventuale inadempienza suscettibile di arrecare pregiudizio alla minore.
La Corte territoriale osservava e riteneva:
– che R.R. , madre della minore, si era doluta che il Tribunale non ne avesse considerato la positiva evoluzione dei problemi psichici (che pure l’avevano indotta a chiedere il temporaneo collocamento di M. in casa famiglia) e la concreta possibilità da parte sua di occuparsi della figlia, mentre R.C. , zia materna della bambina, aveva lamentato che fosse stata ritenuta da lei rinunciata la sua richiesta di avere in affidamento la nipote; conclusivamente entrambe avevano chiesto la riforma del decreto impugnato, con affidamento della minore alla madre in principalità ed in subordine alla zia materna che il decreto del 20-10-2009, emesso nell’ambito delle facoltà rimesse al giudice dall’art. 317 c.c., di incidere nell’interesse della prole sulla potestà genitoriale, dovesse essere in parte riformato;
– che preliminarmente andava ribadita la vantazione di attuale inidoneità della madre, affetta da patologie di tipo psichico di cui non era stata compiutamente accertata la totale remissione (con susseguente immutata sussistenza di rischi per la serena crescita della minore, correlati al ripristino di un affidamento o collocamento materno) e comunque bisognosa di compensazione alle limitate capacità genitoriali, a prendersi la necessaria cura della figlia, come da essa del resto lodevolmente preso atto con la richiesta di temporaneo collocamento di M. in casa famiglia, formulata al Servizio sociale di Monterotondo che occorreva altresì considerare l’indisponibilità all’affidamento della figlia ribadita dal padre in udienza;
– che doveva rilevarsi, sulla scorta degli approfonditi accertamenti in proposito compiuti dal Servizio sociale, come la zia materna C.R. risultasse (in uno al suo nucleo familiare, composto oltre che dal marito, dalla figlia E. che, pur vivendo ormai per proprio conto, poteva però fornire un contributo all’accudimento della cuginetta) pienamente idonea a prendersi la necessaria cura della minore;
– che pertanto doveva disporsi l’affidamento familiare di P.M. alla zia materna C.R. ed al marito di questa G.N. ;
– che il servizio sociale del Comune di Venezia doveva essere incaricato anche di vigilare sulle relazioni fra i membri della famiglia affidataria e la madre della minore nonché sugli incontri di M. con la madre – la cui regolamentazione era altresì demandata al medesimo Servizio di Venezia – al fine di prevenire eventuali interferenze pregiudizievoli della serena crescita della minore stessa nel nuovo contesto, rimarcando la necessità che, in caso di trasferimento lavorativo di R.R. a (…), ella avesse a dimorare in un’abitazione diversa da quella della sorella e del marito.
Avverso questo decreto R.R. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, illustrato da memoria e notificato il 12.01.2011 al PG % il giudice a quo ed a C.R. nonché il 29.01.2011 a G.P. , che non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
A sostegno del ricorso la R., premesso anche che aveva chiesto al Tribunale di Tivoli la separazione personale dal marito e che con provvedimento presidenziale del 5.06.2007 mai revocato, la figlia le era stata affidata in via esclusiva, denunzia:
1. “Violazione e falsa applicazione dell’art.317 c.c. in relazione all’art.360 n.3 del c.p.c.”.
Sostiene che la rubricata norma non è applicabile neppure estensivamente, anche perché riguarda casi non pertinenti di impossibilità di uno dei genitori di esercitare la potestà mentre oltretutto nella specie la minore è stata privata di entrambi i genitori.
2. “Violazione dell’art.333 c.c. in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c.”.
Sostiene che la rubricata norma non è applicabile in quanto concerne i casi di condotta pregiudizievole, maltrattamenti e abusi dei genitori mentre lei ha sempre lodevolmente e responsabilmente svolto il suo ruolo materno.
3. “Violazione dell’art.330 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c.”.
Sostiene che la rubricata norma non è applicabile riguardando gravi abusi incidenti sulla potestà genitoriale mentre è stata svuotata la sua potestà genitoriale ed il suo potere dovere di educare la figlia e le sono state imposte restrizioni, nonostante l’assenza della declaratoria di decadenza e senza alcun suo comportamento colpevole né pregiudizievole per la stessa figlia.
4. “Violazione del Titolo I della Legge 184/1983in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c.”.
Sostiene che si sarebbe dovuto fare ricorso ad interventi di sostegno, che lei era disposta a ricevere.
5. “Di fronte a tale situazione appare evidente la violazione del principio legislativo dell’interesse della minore”.
Deduce che le sono state imposte ingiustificate limitazioni nel rapporto con la figlia, senza verificarne l’impatto che avrebbero avuto su quest’ultima ed il rapporto con il suo interesse.
6. “Omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art.360 n.5 c.p.c.”.
Deduce il mancato o insufficiente esame di punti decisivi delle risultanze istruttorie, sottolineando anche che non si è parlato di affidamento temporaneo alla zia materna, non si è valutato che i servizi sociali avevano auspicato un graduale riavvicinamento e ricongiungimento di madre e figlia, come anche più volte proposto dalla ricorrente e dalla sorella C. , attuale affidataria di M. , al fine di potere vivere tutti insieme nella stessa abitazione.
Il ricorso è inammissibile.
In tema di affidamento della prole, va ricordato che nel caso, quale quello di specie, di coniugi separati ed in regime di affidamento esclusivo della prole alla madre, stabilito in sede separatizia, ex art. 155 cod civ., spetta al Tribunale ordinario la competenza sulla revisione di detto regime, mentre la competenza del tribunale per i minorenni, a norma dell’art. 38 disp. att. cod. civ., è delimitata dagli artt. 330 e 333 cod. civ., ad interventi cautelari e temporanei ablativi o limitativi della potestà genitoriale, al fine di ovviare a situazioni pregiudizievoli per il minore (cfr, tra le altre, Cass., ord., n. 25290 del 2008 e n. 6841 del 2011).
In particolare, l’art. 333 cod.civ. consente al giudice specializzato di adottare i provvedimenti convenienti ed anche di disporre l’allontanamento del minore dalla residenza familiare ove la condotta del genitore appaia comunque pregiudizievole al figlio.
Nella specie, il TM, stante anche l’espresso richiamo all’art. 317 c.c., risulta essersi avvalso dei poteri conferitigli dall’art. 333 cod.civ., adottando i provvedimenti reputati convenienti a fare fronte al riscontrato impedimento materno, d’indole psichica, che seppure non connotato da profili di responsabilità, si era rivelato oggettivamente e, dunque, comunque pregiudizievole all’interesse della figlia.
Conclusivamente il giudice specializzato ha adottato un provvedimento limitativo, di carattere anche non definitivo e, come tale non impugnabile con ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost..
Con consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte (tra le altre e da ultimo Cass. n. 7609 del 2011; n. 11756 del 2010; n. 14091 del 2009), pienamente condivisibile, i provvedimenti emessi dal Tribunale per i minorenni, in sede di volontaria giurisdizione, che limitino o escludano la potestà dei genitori naturali ai sensi dell’art. 317-bis cod. civ., che pronuncino la decadenza dalla potestà sui figli o la reintegrazione in essa, ai sensi degli artt. 330 e 332 cod. civ., che dettino disposizioni per ovviare ad una condotta dei genitori pregiudizievole ai figli, ai sensi dell’art. 333 cod. civ., o che dispongano l’affidamento contemplato dall’art. 4, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, in quanto privi dei caratteri della decisorietà e definitività in senso sostanziale, non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione di cui all’art. 111, settimo comma, Cost.
Pertanto, il ricorso in esame, proposto dalla R. contro il decreto, privo dei caratteri della decisorietà e definitività, che ha deciso il reclamo avverso il decreto pronunciato dal tribunale per i minorenni ai sensi dell’art. 333 cod. civ., deve essere dichiarato inammissibile.
Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di legittimità, atteso il relativo esito ed il mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Depositata in Cancelleria il 31.05.2012
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