Suprema Corte di Cassazione
sezione feriale
sentenza 30 agosto 2013, n. 35783
Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza resa in data 11.10.2012, la Corte d’appello di Catania ha integralmente confermato la sentenza in data 11.3.2010 con la quale il Tribunale di Ragusa ha condannato A.L. alla pena di quattro mesi di arresto ed Euro 2.000,00 di ammenda, oltre alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per il periodo di otto mesi, in relazione al reato di guida in stato di alterazione psico-fisica provocato dall’assunzione di sostanze stupefacenti, commesso in (omissis) .
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l’imputata sulla base di due motivi d’impugnazione.
2. – Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte territoriale riconosciuto la condizione di alterazione psico-fisica dell’imputata sulla base di rilevazioni mediche del tutto prive di alcun dato suscettibile di fornire indicazioni concrete in ordine all’effettivo stato di alterazione della stessa per effetto dell’assunzione di sostanze stupefacenti.
Con il secondo motivo, la ricorrente si duole che la corte territoriale abbia omesso di dettare la benché minima motivazione in relazione al negato riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, nonostante la specifica richiesta sul punto avanzata con l’atto d’appello.
Considerato in diritto
3. – Il ricorso è fondato.
Secondo il consolidato indirizzo di questa corte di legittimità, la condotta tipica del reato previsto dall’art. 187 c.d.s. non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato di alterazione psico-fisica determinato da tale assunzione. Affinché, dunque, possa affermarsi la responsabilità penale dell’agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, essendo altresì necessaria la prova che lo stesso fosse alla guida in stato di alterazione causato da tale assunzione (v. Cass., Sez. 4, n. 7270/2010; Cass., Sez. 4, n. 41796/2009, Rv. 245535; Cass., Sez. 4, n. 33312/2008, Rv. 241901).
In breve, mentre per affermare la sussistenza della guida in stato di ebbrezza alcolica è sufficiente che vi sia una prova sintomatica dell’ebbrezza o che il conducente del veicolo abbia superato uno dei tassi alcolemici indicati nell’art. 186, comma 2, c.d.s., per affermare la sussistenza della contravvenzione di cui all’art. 187 c.d.s. devono ritenersi indispensabili, tanto il concreto ricorso di circostanze idonee a comprovare l’effettiva condizione di alterazione psico-fisica del soggetto, quanto l’esecuzione di un accertamento di carattere tecnico-biologico necessario ad attestare l’effettiva assunzione di sostanze stupefacenti (v. Cass., Sez. 4, n. 48004/2009).
Con particolare riguardo a tale ultima indagine, vale evidenziare come la stessa chieda d’essere eseguita in via esclusiva secondo le forme e i modi previsti dal secondo comma dell’art. 187 c.d.s. (ossia attraverso un esame tecnico su campioni di liquidi biologici), non potendo desumersi da elementi sintomatici esterni (come invece è ammesso per l’ipotesi di guida sotto l’influenza dell’alcool), richiedendo, detto accertamento, l’esplicazione di conoscenze tecniche specialistiche finalizzate all’individuazione e alla quantificazione delle ridette sostanze (cfr. Cass., Sez. 4, n. 14803/06).
Ai fini dell’accertamento del reato è dunque necessario sia un accertamento tecnico-biologico, sia il ricorso di altre circostanze idonee a comprovare la situazione di alterazione psico-fisica dell’agente. Tale complessità probatoria, in particolare, deve ritenersi imposta dalla circostanza per cui le tracce dell’assunzione di sostanze stupefacenti permangono nel tempo, sicché l’esame tecnico potrebbe evidenziare un esito positivo in relazione a un soggetto che ha assunto la sostanza diversi giorni prima e che, pertanto, non si trova, al momento del fatto, in stato di alterazione (v. Cass., Sez. 4, n. 16895/2012).
In tale ottica, la differenza di disciplina tra l’art. 186 e l’art. 187 c.d.s. trova una sua giustificazione razionale in assonanza con le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale, che, affrontando il tema della legittimità dell’art. 187 c.d.s., ha affermato trovarsi in presenza di una fattispecie che risulta integrata dalla concorrenza di due elementi, l’uno obiettivamente rilevabile dagli agenti di polizia giudiziaria (lo stato di alterazione), e per il quale possono valere indici sintomatici, l’altro consistente nell’accertamento della presenza, nei liquidi fisiologici del conducente, di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope, a prescindere dalla quantità delle stesse, essendo rilevante non il dato quantitativo, ma gli effetti che l’assunzione di quelle sostanze può provocare in concreto nei singoli soggetti (Corte Cost., ord. n. 277/2004) (v. Cass., Sez. 4, n. 48004/2009, cit.).
Nel caso di specie, i giudici del merito, pur avendo fornito una congrua motivazione sulla pregressa assunzione di sostanze stupefacenti (marijuana) da parte della A. , hanno omesso di supportare tale accertamento con il rilievo di evidenze obiettive (eventualmente confermate dal riscontro di dati sintomatici dotati di significativa pregnanza: cfr., da ultimo, Cass., Sez. 4, n. 6995/2013, Rv. 254402) idonee a fornire adeguate indicazioni circa il riflesso, sulle condizioni psico-fisiche dell’imputata, dell’assunzione della sostanza stupefacente accertata, e in particolare in ordine alla circostanza che detta assunzione avesse indotto un’effettiva alterazione dello stato psicofisico della A. , ben essendo possibile che, nella specie, la sostanza assunta disponesse di modesta efficacia drogante, come tale inidonea a determinare alcuna alterazione penalmente rilevante.
In particolare, mentre il tribunale di Ragusa si è limitato a indicare il riscontro, da parte degli operanti, di “odore di fumo di marijuana” e di “uno spinello ancora fumante nella tasca della portiera destra” all’interno dell’autovettura della A. al momento del fatto (oltre all’esito positivo dei controlli clinici), la corte d’appello etnea ha genericamente evidenziato come, nel caso di specie, “le rilevazioni fatte con apposite apparecchiature” avessero rivelato “la presenza di un tasso di droga nel corpo assai superiore ai limiti di legge”, senza tuttavia corroborare tale asserzione con il richiamo della corrispondente documentazione medica e dei relativi contenuti.
Lo stesso generico riferimento, contenuto nella sentenza d’appello, alle “indicazioni provenienti dai testi” appare tale da non evidenziare in modo compiuto alcuna specifica circostanza idonea a supportare il dedotto stato di effettiva alterazione dell’imputata riveniente dall’avvenuta assunzione della sostanza in esame.
Sulla base di tali premesse – assorbito il rilievo dell’ulteriore motivo d’impugnazione avanzato dalla ricorrente -, dev’essere disposto l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania, affinché proceda a un nuovo esame della questione rilevata in conformità a quanto indicato.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Appello di Catania.
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