L’omesso avviso nei confronti dell’indagato per reato connesso determina l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese.

Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 10 aprile 2018, n. 15849.

L’omissione dell’avviso di cui all’articolo 64 c.p.p., comma 3, lettera c), nei confronti di soggetto coindagato o indagato di reato connesso, ai sensi dell’articolo 12 c.p.p., lettera a) e c), o collegato, ai sensi dell’articolo 371 c.p.p., comma 2 lettera b), determina la inutilizzabilita’ delle dichiarazioni rese nei confronti dei soggetti terzi cui si riferiscono le medesime, anche se rese nelle indagini preliminari e di iniziativa della polizia giudiziaria

Sentenza 10 aprile 2018, n. 15849
Data udienza 18 dicembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente

Dott. SARNO Giulio – Consigliere

Dott. BIANCHI Michele – rel. Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. BINENTI Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 23/05/2017 del TRIB. LIBERTA’ di LECCE;

sentita la relazione svolta dal Consigliere MICHELE BIANCHI;

sentite le conclusioni del PG MARIA FRANCESCA LOY;

Il PG chiede il rigetto del ricorso;

Il difensore non e’ comparso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza pronunciata in data 23.5.2017 il Tribunale di Lecce, quale giudice ai sensi dell’articolo 309 c.p.p., ha confermato l’ordinanza 1.5.2017 con cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di (OMISSIS), indagato per il reato di trasporto illegale nello Stato di n. 110 cittadini stranieri, commesso in data (OMISSIS).

2. L’ordinanza impugnata, prendendo in esame i motivi proposti con la richiesta di riesame, ha evidenziato che l’ordinanza applicativa della misura cautelare aveva adeguatamente motivato in ordine agli indizi di colpevolezza, desunti dalle dichiarazioni di alcuni migranti e dal fatto che l’indagato era uno dei tre cittadini russi che si trovavano sul natante assieme ad oltre cento pachistani.

Quanto alla utilizzabilita’ delle dichiarazioni rese dai migranti, l’ordinanza del Tribunale ha osservato che le stesse erano state rese ai sensi dell’articolo 351 c.p.p., comma 1 bis, norma che impone il previo avviso al difensore, la cui assistenza all’atto non e’ pero’ necessaria, e non prescrive che siano dati gli avvisi di cui all’articolo 64 c.p.p..

L’ordinanza ha ritenuto attendibili le dichiarazioni dei migranti, difformi tra loro solo su circostanze marginali.

La circostanza che i migranti non avessero corrisposto denaro all’indagato, ma ad altri soggetti, non impediva il riconoscimento dell’aggravante speciale del fine di lucro.

Veniva riconosciuta l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, e l’adeguatezza della custodia in carcere.

2. Il difensore di fiducia di (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi di impugnazione, denunciando la violazione delle norme processuali relative alla inutilizzabilita’ di elementi di prova e contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione.

Con il primo e il secondo motivo, il ricorso deduce che l’ordinanza impugnata, ritenendo utilizzabili le dichiarazioni rese con verbale di sommarie informazioni testimoniali da n. cinque migranti (nominativamente indicati) trasportati a bordo della imbarcazione, in tesi di accusa, condotta dall’indagato, avrebbe violato le norme di cui all’articolo 63 c.p.p., comma 2, e articolo 64 c.p.p., comma 3 bis, sul rilievo che i dichiaranti erano stati assunti come persone informate sui fatti, e quindi senza assistenza di difensore e senza gli avvisi di cui all’articolo 64 c.p.p., nonostante fossero gia’ emersi nei loro confronti indizi di reita’ in relazione alla fattispecie di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10 bis.

Il terzo motivo deduce la manifesta illogicita’ della motivazione dell’ordinanza impugnata, laddove afferma che le dichiarazioni dei migranti sarebbero riscontrate dal fatto che sull’imbarcazione vi erano solo tre persone di nazionalita’ russa e tutti gli altri di nazionalita’ pakistana, circostanza non provata, mentre l’indagato aveva dichiarato di essere anch’egli migrante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, con i primi due motivi, deduce la violazione di norme processuali per aver il Tribunale fondato il proprio giudizio su prove – le dichiarazioni rese da n. cinque migranti – inutilizzabili, perche’ assunte in violazione delle norme di cui agli articoli 63 e 64 c.p.p..

1.1. Il tema e’ gia’ stato esaminato in giurisprudenza, anche con specifico riferimento alle dichiarazioni rese da soggetti che si trovavano, privi di documentazione idonea all’ingresso legale in Italia, a bordo di imbarcazioni provenienti da coste di Paesi extra comunitari.

In particolare, si e’ rilevato che i migranti, giunti illegalmente sul territorio nazionale, potrebbero essere sottoposti a procedimento penale per la contravvenzione di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10 bis, e quindi, nel procedimento a carico dei soggetti che avevano organizzato il trasporto dei migranti, non potrebbero essere assunti quali persone informate sui fatti, bensi’ come persone indiziate di reita’ per reato connesso.

1.2. Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza in data 28.4.2016, n. 40517) hanno precisato che qualora l’imbarcazione, a bordo della quale si trovava il gruppo di migranti, fosse stata soccorsa in acque internazionali e quindi trasportata, per motivi di soccorso pubblico, sino alla costa italiana non sarebbe integrato il reato di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10 bis, – considerato che i migranti erano stati legittimamente trasportati sul territorio nazionale -, fattispecie contravvenzionale e quindi non punibile nella forma del tentativo.

Ne consegue che, in tal caso, nel procedimento a carico degli organizzatori del trasporto, i migranti dovrebbero essere considerati come persone informate sui fatti e non come indiziati di reato connesso.

Il menzionato principio di diritto e’ stato affermato anche in diverse pronunce di questa Sezione (1.10.2015, Mohammed, Rv. 267809; 16.11.2016, Alli, Rv. 268662).

Qualora, invece, il migrante dichiarante fosse da ritenersi indiziato della contravvenzione di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10 bis, – non essendo avvenuto l’ingresso nelle acque territoriali italiane nell’ambito di una operazione di soccorso – le sue dichiarazioni dovrebbero essere assunte, nel procedimento a carico degli organizzatori del trasporto, ai sensi dell’articolo 351 c.p.p., comma 1 bis, dalla polizia giudiziaria, e ai sensi dell’articolo 363 c.p.p., dal pubblico ministero; e’ stato precisato che la violazione delle menzionate norme processuali comporta la inutilizzabilita’ assoluta delle dichiarazioni rese, ai sensi dell’articolo 63 c.p.p., comma 2, (Sez. 1, 31.1.2017,n. 14258, Ahmine el Mahdi).

1.3. Quanto all’ulteriore profilo se, in sede di esame ai sensi dell’articolo 351 c.p.p., comma 1 bis, la polizia giudiziaria, prima di procedere, debba rivolgere all’interrogato gli avvisi di cui all’articolo 64 c.p.p., adempimento cui e’ collegato il particolare regime di inutilizzabilita’ previsto dal comma 3 bis della norma citata, e’ stato affermato che la norma non si applica solo all’interrogatorio cui procede il pubblico ministero, ma anche a quello d’iniziativa della polizia giudiziaria (Sez. 1, 10.5.2012, Andrietes, Rv. 252741) ed anche all’esame in sede dibattimentale ai sensi dell’articolo 210 c.p.p..

Quanto alla sanzione della inutilizzabilita’, e’ stato precisato che l’omissione dell’avviso di cui alla lettera a) comporta la inutilizzabilita’ delle dichiarazioni nei confronti del dichiarante e che l’omissione dell’avviso di cui alla lettera c) determina la inutilizzabilita’ delle dichiarazioni nei confronti di terzi (Sez. 1, 17.3.2016, Almagasbi, Rv. 267121).

Questi principi sono stati affermati, in particolare, anche dalle Sezioni Unite (sentenza 26.3.2015, Lo Presti, Rv. 264479), che hanno esaminato il caso del soggetto, raggiunto da indizi di reita’ in ordine al reato di favoreggiamento personale (in relazione a dichiarazioni rese nel corso di indagini preliminari) connesso a quello oggetto del procedimento principale, che era stato assunto a dibattimento come testimone, e non con le formalita’ di cui all’articolo 210 c.p.p..

Di particolare rilievo e’ l’affermazione del principio secondo cui l’omissione dell’avviso di cui all’articolo 64 c.p.p., comma 3 lettera c), determina l’insorgere, ai sensi del comma 3 bis della medesima norma, di un divieto legislativo dell’assunzione della posizione di testimone.

2. Il collegio quindi ritiene che, sia nella fase delle indagini preliminari che in quella dibattimentale, al soggetto coindagato o indagato di reato connesso ai sensi dell’articolo 12 c.p.p., lettera a) e c), o collegato ai sensi dell’articolo 371 c.p.p., comma 2 lettera b), debbano essere dati gli avvisi di cui all’articolo 64 c.p.p., a pena della inutilizzabilita’ delle dichiarazioni rese, come previsto dal medesimo articolo 64, comma 3 bis.

In particolare, il mancato avviso di cui all’articolo 64 c.p.p., lettera c), comporta la inutilizzabilita’ delle dichiarazioni rese nei confronti dei soggetti terzi cui si riferiscono le dichiarazioni medesime.

L’ordinanza impugnata ha evidenziato che la norma di cui all’articolo 351 c.p.p., non prescrive, a differenza dell’articolo 350 c.p.p., che siano dati gli avvisi di cui all’articolo 64 c.p.p., e quindi ha ritenuto la relativa omissione priva di conseguenze processuali.

Tale tesi, fondata su un dato letterale, e’ smentita, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, da una interpretazione sistematica che valorizzi il disposto di cui all’articolo 64 c.p.p., comma 3 bis, e articolo 197 c.p.p., comma 1, lettera a) e b), come norma che introduce in via generale un profilo di incompatibilita’ a testimoniare, a prescindere quindi che venga recepito espressamente dalle norme processuali che declinano la prova dichiarativa nelle diverse fasi processuali.

D’altra parte, si tratta di orientamento che era gia’ stato affermato dalla pronuncia “De Simone” delle Sezioni Unite (17.12.2009, n. 12067, dep. 2010).

3. I rilievi in diritto sin qui svolti presuppongono sia accertata la posizione del soggetto dichiarante, se lo stesso possa, o meno, essere ritenuto, con riferimento al momento delle dichiarazioni, coindagato o indagato di reato connesso, ai sensi dell’articolo 12 c.p.p., lettera a) e c), o collegato, ai sensi dell’articolo 371 c.p.p., comma 2, lettera b).

E’ stato precisato che la circostanza che, dopo le dichiarazioni, il soggetto abbia assunto formalmente la qualita’ processuale di indagato non ha alcun rilievo in ordine alle dichiarazioni rese in precedenza (Sez. 2, 9.10.2007, P.G. in proc. Fazio, Rv. 238222).

Ancora, e’ stato precisato che il fatto di aver, in passato, assunto quella qualita’, con successiva archiviazione del procedimento, non incide sulla posizione processuale del dichiarante, che va assunto come testimone “puro” (Sez. Un. 17.12.2009, De Simone, Rv. 246376).

Si afferma, infine, che il giudice, del procedimento in cui vengono rese le dichiarazioni o di diverso procedimento, ha il potere di verificare in termini sostanziali la posizione processuale del dichiarante con riferimento al momento delle dichiarazioni (Sez. Un. 25.2.2010, Mills, Rv. 246584, Sez. Un. 23.4.2009, Fruci, Rv. 243417).

4. Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata si e’ limitata a dar conto del fatto che i migranti dichiaranti erano stati assunti ai sensi dell’articolo 351 c.p.p., comma 1 bis, senza compiere una valutazione sostanziale circa la reale sussistenza di indizi di reita’, in relazione al connesso reato di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10 bis.

In particolare, il Tribunale non ha tenuto conto che dal tenore dell’ordinanza applicativa della misura cautelare risulta che l’imbarcazione, con a bordo 113 pakistani e 3 russi, era stata intercettata dalla Guardia di finanza “… al largo delle coste italiane”, circostanza che doveva essere verificata.

Infatti, nel caso in cui l’imbarcazione con i soggetti migranti fosse stata soccorsa ancora in acque internazionali e quindi condotta, nell’ambito di una operazione di soccorso pubblico, sino alle coste italiane i migranti dichiaranti non avrebbero assunto la qualita’ di soggetti indiziati della contravvenzione di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10 bis, con le conseguenze che derivano in ordine alla loro posizione processuale nel momento in cui hanno rilasciato le dichiarazioni in atti.

5. Va dunque disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Lecce, che dovra’ procedere all’accertamento sostanziale della posizione processuale dei dichiaranti ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)) – se indiziati o meno di reita’ in ordine alla contravvenzione di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 10 bis, -, onde poi verificarne la utilizzabilita’ o meno nei confronti dell’indagato ricorrente, applicando il seguente principio: “L’omissione dell’avviso di cui all’articolo 64 c.p.p., comma 3, lettera c), nei confronti di soggetto coindagato o indagato di reato connesso, ai sensi dell’articolo 12 c.p.p., lettera a) e c), o collegato, ai sensi dell’articolo 371 c.p.p., comma 2 lettera b), determina la inutilizzabilita’ delle dichiarazioni rese nei confronti dei soggetti terzi cui si riferiscono le medesime, anche se rese nelle indagini preliminari e di iniziativa della polizia giudiziaria”.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Lecce competente ex articolo 309 c.p.p.. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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