Corte Costituzionale
Ordinanza 7 novembre 2013, n. 261
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Gaetano SILVESTRI Presidente
– Luigi MAZZELLA Giudice
– Sabino CASSESE “
– Giuseppe TESAURO “
– Paolo Maria NAPOLITANO “
– Giuseppe FRIGO “
– Alessandro CRISCUOLO “
– Paolo GROSSI “
– Giorgio LATTANZI “
– Aldo CAROSI “
– Marta CARTABIA “
– Sergio MATTARELLA “
– Mario Rosario MORELLI “
– Giancarlo CORAGGIO “
– Giuliano AMATO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e del decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), promossi dal Tribunale ordinario di Cremona con ordinanza del 13 settembre 2012, dal Giudice di pace di Torre del Greco con ordinanza del 21 novembre 2012, dal Giudice di pace di Sciacca con ordinanza del 2 novembre 2012 e dal Tribunale ordinario di Nocera Inferiore con quattro ordinanze del 7 maggio 2012, una ordinanza del 27 giugno 2012 ed altre tre ordinanze del 7 maggio 2012, rispettivamente iscritte al n. 305 del registro ordinanze 2012 ed ai nn. 76, 118, 119, 120, 121, 138, 139, 140, 141 e 142 del registro ordinanze 2013 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 4, 17, 22 e 25, prima serie speciale, dell’anno 2013, e dell’articolo 91, ultimo comma, del codice di procedura civile, aggiunto dall’art. 13, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 212 (Disposizioni urgenti per l’efficienza della giustizia civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 10, promosso dal Giudice di pace di Torre del Greco con la stessa ordinanza di cui sopra.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 2013 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli.
Ritenuto che, con otto ordinanze, iscritte rispettivamente ai nn. r.o. dal 119 al 121 e dal 138 al 142 del 2013, emesse nel corso di altrettanti giudizi civili, il Tribunale ordinario di Nocera Inferiore ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 24, 101, 104, 107, 111 e 117 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale della disposizione intertemporale di cui all’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nella parte in cui dispone che «le tariffe vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi, limitatamente alla liquidazione delle spese giudiziali, sino alla data di entrata in vigore dei decreti ministeriali di cui al comma 2 e, comunque, non oltre il centoventesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto»;
che, ai fini della liquidazione delle spese giudiziali in altro processo civile pendente innanzi al Tribunale ordinario di Cremona, anche questo giudice, con ordinanza iscritta al n. r.o. 305 del 2012, ha dubitato della legittimità del predetto art. 9 del d.l. n. 1 del 2012 – con riferimento, in questo caso, ai suoi commi 1, 2, e 5, e con estensione della denuncia al (nel frattempo adottato) decreto ministeriale 20 luglio 2012, n. 140 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), «nella parte in cui [dette norme] dispongono l’applicazione retroattiva delle nuove tariffe forensi anche ai processi in corso e all’attività già svolta ed esaurita prima della sua entrata in vigore, in relazione all’art. 3, 24 e 117 della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU, all’art. 5 Trattato Ue e all’art. 296 Trattato sul Funzionamento dell’Ue e all’art. 6 Trattato Ue e per esso ai principi dello Stato di Diritto richiamati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Carta di Nizza», per non ravvisata sussistenza di ragioni imperative di interesse generale suscettibili di giustificare l’attuato «mutamento dei compensi in corso di causa», che «si traduce in un mutamento dell’equilibrio contrattuale a suo tempo concordato»;
che, con altra ordinanza iscritta al n. r.o. 76 del 2013, il Giudice di pace di Torre del Greco, oltre a prospettare questione identica a quella che precede, salva la formale evocazione anche del parametro dell’art. 36 Cost., ha contestualmente denunciato l’art. 91, ultimo comma, del codice di procedura civile, aggiunto dall’art. 13, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 212 (Disposizioni urgenti per l’efficienza della giustizia civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012 n. 10 – a tenore del quale «nelle cause previste dall’articolo 82 [il cui valore non eccede € 516,46 e nelle quali le parti possono stare in giudizio personalmente] le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda» – unitamente all’art. 9, comma 4, del d.l. n. 1 del 2012 ed al successivo d.m. n. 140 del 2012;
che, con riguardo a tale ulteriore questione, il rimettente ha prospettato la violazione degli artt. 3, 24 e 36 Cost., sul rilievo che, nei giudizi di valore esiguo, il denunciato combinato disposto normativo mortificherebbe il lavoro dell’avvocato, imponendo una liquidazione per spese e compensi irrisoria, se non addirittura pari a zero nel caso in cui, «a mo’ di esempio», il valore della causa sia pari ad € 30,00, importo inferiore a quello necessario per la corresponsione del contributo unificato;
che, infine, anche il Giudice di pace di Sciacca, con ordinanza n. r.o. 118 del 2013, ha riproposto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 del d.l. n. 1 del 2012 e del d.m. n. 140 del 2012, «nella parte in cui dispongono l’applicazione retroattiva delle nuove tariffe professionali», per contrasto con gli artt. 3, 10, 24, 117, 25, secondo comma, Cost., in relazione all’art. 1 delle disposizioni preliminari al codice civile, per totale condivisione delle (trascritte) motivazioni di cui alla ordinanza del Tribunale ordinario di Cremona;
che l’Avvocatura generale dello Stato, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri – intervenuto in tutti i riferiti giudizi – ha concluso:
– per la manifesta inammissibilità, per difetto di motivazione sulla rilevanza e non manifesta infondatezza, delle questioni sollevate dal Tribunale ordinario di Nocera Inferiore;
– per l’inammissibilità o in subordine la manifesta infondatezza o, in via ulteriormente gradata, per l’infondatezza della questione, sulla retroattività delle nuove tariffe, prospettata dal Tribunale ordinario di Cremona e riproposta adesivamente dai Giudici di pace di Torre del Greco e di Sciacca;
– per la inammissibilità, per totale difetto di motivazione sulla rilevanza, e, in subordine, per l’infondatezza nel merito della questione relativa agli artt. 91, ultimo comma, cod. proc. civ., 9 del d.l. n. 1 del 2012 ed al d.m. n. 140 del 2012, sollevata dal Giudice di pace di Torre del Greco.
Considerato che i giudizi vanno riuniti perché pongono questioni identiche o comunque fra loro strettamente connesse;
che le questioni sollevate con le ordinanze del Tribunale di Nocera Inferiore sono manifestamente inammissibili, poiché testualmente identiche a quelle sollevate da altre numerose ordinanze del medesimo Tribunale, già dichiarate manifestamente inammissibili da questa Corte, con ordinanza n. 115 del 2013 e nuovamente con ordinanza n. 213 del 2013, per difetto di motivazione sulla rilevanza, «del tutto incomprensibilmente legata soltanto all’obiettivo del rimettente di poter liquidare le spese processuali attraverso l’auspicata caducazione proprio di quella disposizione intertemporale che tale liquidazione gli consentiva», e perché, «in relazione ai numerosi parametri invocati (per altro in modo disarmonico tra motivazione e dispositivo), manca una pertinente e coerente motivazione delle ragioni che ne determinerebbero, nella specie, la violazione da parte della norma denunciata»;
che anche la questione sollevata dal Giudice di pace di Sciacca – a prescindere dalla inadeguatezza della motivazione (sostanzialmente per relationem) sulla sua non manifesta infondatezza – è, comunque, manifestamente inammissibile per carenza di qualsiasi motivazione sulla rilevanza, non solo non delibata ma neppure affermata, in assenza, per di più, di alcuna descrizione dei fatti di causa;
che del pari manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza, è la questione avente ad oggetto l’art. 91, ultimo comma, cod. proc. civ. e l’art. 9, comma 4, del d.l. n. 1 del 2012, sollevata dal Giudice di pace di Torre del Greco, atteso che, per tal profilo, il rimettente si limita a far riferimento ad una ipotesi astratta, evocata – espressamente – «a mo’ di esempio», ma, con riferimento al caso concreto, non spiega quale sarebbe l’importo massimo liquidabile sulla base della denunciata normativa, quale l’importo ritenuto, invece, adeguato, e quali le ragioni per le quali sarebbe più equo un tale diverso importo;
che, infine, la questione di legittimità dell’art. 9, commi 1, 2 e 5 del citato d.l. n. 1 del 2012 e del d.m. n. 140 del 2012, sollevata dal Tribunale ordinario di Cremona e dal Giudice di pace di Torre del Greco per denunciato contrasto, della disposta «applicazione retroattiva delle nuove tariffe professionali anche ai giudizi in corso», con gli evocati parametri costituzionali e sovranazionali – ancorché ammissibile, anche in relazione al suddetto decreto ministeriale, non ostante la sua natura regolamentare, in quanto si tratta di decreto strettamente collegato alla disciplina dettata dalla norma primaria (sentenza n. 10 del 2011) – è, comunque, a sua volta, manifestamente infondata per erroneità della premessa interpretativa;
che, infatti, non è esatto quanto presupposto dai rimettenti per inferirne la retroattività, asseritamente illegittima, della normativa in esame, e cioè che al compimento di ogni singolo atto del professionista sorga ipso facto il suo diritto al compenso in relazione alle tariffe a quel tempo vigenti;
che vero è invece – come anche di recente ribadito dalla Corte di cassazione, a sezioni unite (sentenza n. 17405 del 2012), a conferma di un pregresso consolidato orientamento – che quel compenso costituisce un corrispettivo unitario, «che ha riguardo all’opera professionale complessivamente prestata; e di ciò non si è mai in passato dubitato, quando si è trattato di liquidare onorari maturati all’esito di cause durante le quali si erano succedute nel tempo tariffe professionali diverse, giacché sempre in siffatti casi si è fatto riferimento alla tariffa vigente al momento in cui la prestazione professionale si è esaurita»;
che, con riguardo in particolare alla prospettata violazione dell’art. 24 Cost., non è sostenibile che una generale riduzione delle tariffe forensi incida in senso limitativo dell’accesso dei cittadini alla giustizia e quindi del loro diritto di difesa, quando, a rigor di logica, la riduzione dei compensi agli avvocati dovrebbe, al contrario, condurre ad un allargamento del ricorso alle vie giurisdizionali;
che, infine, quanto alla ipotizzata evenienza che, «pur avendo in ipotesi due avvocati posto in essere il medesimo adempimento in una stessa data, uno di essi, più solerte nel chiederne il pagamento, avrebbe conseguito il dovuto nella misura prevista dalle vecchie tariffe, mentre il secondo, che abbia come di consueto atteso la fine del giudizio, limitandosi a richiedere di volta in volta degli acconti, si vedrebbe liquidato un compenso differente e mediamente più basso», trattasi, appunto, di una ipotesi astratta che comunque si risolve in un inconveniente di fatto non direttamente riconducibile alla disciplina denunciata, bensì a variabili accidentali legate alla sua applicazione, per cui manifestamente non sussiste neppure la violazione dell’art. 3 Cost., per tal profilo adombrata dai rimettenti.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 107, 111 e 117 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Nocera Inferiore, con le otto ordinanze in epigrafe indicate;
2) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 del d.l. n. 1 del 2012 e del decreto ministeriale 20 luglio 2012 n. 140 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 10, 24, 117, 25, secondo comma, Cost., in relazione all’articolo 1 delle disposizioni preliminari al codice civile, dal Giudice di pace di Sciacca, con l’ordinanza in epigrafe;
3) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 91, ultimo comma, del codice di procedura civile, aggiunto dall’art. 13, comma 1, lettera b), del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 212 (Disposizioni urgenti per l’efficienza della giustizia civile), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio 2012, n. 10, e dell’art. 9, comma 4, del d.l. n. 1 del 2012 e del d.m. n. 140 del 2012, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 36 Cost., dal Giudice di pace di Torre del Greco, con l’ordinanza in epigrafe;
4) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, commi 1, 2 e 5 del d.l. n. 1 del 2012 e del d.m. n. 140 del 2012, sollevata, in riferimento «all’art. 3, 24 e 117 Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 Cedu, all’art. 5 trattato Ue e all’art. 296 Trattato sul Funzionamento dell’Ue e all’art. 6 Trattato Ue e per esso ai principi dello Stato di Diritto richiamati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e della Carta di Nizza», dal Tribunale ordinario di Cremona e, in riferimento anche all’art. 36 Cost., dal Giudice di pace di Torre del Greco, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 novembre 2013.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Mario Rosario MORELLI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2013.
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