Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 27 febbraio 2018, n. 1169. La previsione dell’art. 36 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, che ritiene necessaria la presenza della c.d. “doppia conformità” non è superabile

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Successivamente, in data 19 aprile 2006, un altro comproprietario dell’immobile in questione, il signor Br. Ba., ha presentato al Comune una richiesta volta alla approvazione di un Piano di miglioramento agricolo ambientale, ai sensi dell’art. 41 della legge regionale Toscana 3 gennaio 2005, n. 1 (che, al fine di salvaguardare il patrimonio rurale regionale, subordinava – all’epoca dei fatti – gli interventi di nuova costruzione nelle aree a esclusiva o prevalente funzione agricola alla approvazione di uno specifico piano attuativo, denominato ‘piano di miglioramento agricolo ambientale, assentibile solo previa dimostrazione che l’edificazione fosse connessa e necessaria alle esigenze di sviluppo) avente ad oggetto sia la realizzazione di un nuovo edificio a uso rimessa e relativo portico, sia l’intervento di sostituzione edilizia per come era stato accertato dalla polizia municipale nel sopralluogo, nonché altri interventi di ristrutturazione edilizia da eseguire sempre sull’edificio colonico.
Tra il 2009 e il 2010 il Consiglio comunale di Prato adottava e, quindi, approvava (delibera 28 gennaio 2010) il piano di miglioramento agricolo ambientale e, di conseguenza, in data 28 luglio 2010 il signor Ba. presentava una domanda di permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell’art. 140 della legge regionale 1/2005, volta a regolarizzare gli interventi abusivi accertati nel 2006.
Nel corso del procedimento, i competenti uffici verificavano la conformità delle opere alle previsioni urbanistiche all’epoca vigenti, così come introdotte dal piano approvato dal consiglio comunale nel 2010, ma osservavano, nel contempo, la non conformità delle stesse al PRG vigente alla data della loro esecuzione (risalente all’anno 2004), che, come si è sopra specificato, consentiva sull’edificio colonico unicamente interventi di risanamento conservativo (ai sensi dell’art. 22 delle NTA).
Gli uffici comunali ritenevano, pertanto, inammissibile la domanda come sanatoria edilizia a regime, difettando la richiesta di titolo abilitativo “postumo” del requisito della “doppia conformità”.
I medesimi uffici, pur evidenziando la suindicata incongruenza giuridica, hanno però ritenuto che la sanatoria fosse rilasciabile “ai soli fini amministrativi”, in applicazione dell’istituto della c.d. sanatoria (all’epoca) disciplinata dall’art. 56 del regolamento edilizio comunale (che valorizzava la conformità con il piano regolatore vigente al momento della presentazione dell’istanza, senza che rilevasse il diverso principio della “doppia conformità” e quindi senza che fosse di ostacolo alla sanatoria edilizia la non conformità delle opere realizzate con le disposizioni del PRG vigente all’epoca della loro realizzazione).
Richiesto dall’amministrazione il pagamento dell’importo dovuto a titolo di oblazione, in conseguenza dei sopra descritti esiti dell’istruttoria procedimentale eseguita, detto importo veniva contestato in via amministrativa dalla società agricola interessata e, quindi, ricalcolato dagli uffici.
Nei confronti del provvedimento recante il ricalcolo dell’importo dell’oblazione, veniva proposto dalla società oggi appellante ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, non provvedendo al pagamento dell’importo richiesto, sicché gli uffici comunali, con successivo atto del 12 luglio 2013, preavvisavano il diniego di adozione del titolo abilitativo.
2. – Riferiscono entrambe le parti in giudizio che, in seguito alla pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale 29 maggio 2013, n. 101, l’amministrazione comunale effettuava una riflessione “di sistema” in merito all’applicazione dell’istituto della c.d. sanatoria giurisprudenziale e di quella prevista dall’art. 56 del regolamento comunale e, quindi, decideva di espungere dal proprio regolamento tale art. 56, che consentiva la sanatoria postuma di abusi edilizi in base al solo requisito della conformità al PRG vigente.
Seguiva a tale riflessione l’adozione della delibera 4 luglio 2013, n. 53, del consiglio comunale, che abrogava l’art. 56 del regolamento edilizio, con la conseguenza, per quel che rileva ai fini dell’evoluzione della vicenda contenziosa qui in esame, della trasmissione alla società agricola interessata, con nota del 2 dicembre 2013, di un nuovo preavviso di diniego con comunicazione di nuovi motivi ostativi all’accoglimento della domanda di rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, da parte del dirigente del competente ufficio comunale.
Seguiva la comunicazione del provvedimento di definitivo diniego dell’istanza di rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, del 28 febbraio 2014 n. 28703, con contestuale comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio con riferimento alle opere abusive realizzate.
Avverso tale atto, la società agricola ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana.
3. – Il Tribunale amministrativo regionale respingeva, con la sentenza qui oggetto di appello, la domanda di annullamento del provvedimento di diniego di rilascio del titolo abilitativo edilizio a sanatoria, proposta con il ricorso recante motivi aggiunti, dichiarando di conseguenza improcedibile la domanda di annullamento del provvedimento di ricalcolo dell’importo richiesto quale oblazione formulata con il ricorso introduttivo.

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