Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 12 febbraio 2018, n. 870. Allorquando una commissione d’esame articola i propri giudizi tecnico-discrezionali

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§ 6. Nel corso del giudizio, l’appellante ha depositato motivi aggiunti, lamentando l’illegittimità del punteggio attribuito dalla commissione alla prova pratica (e in base al quale ella è stata collocata al sesto posto della graduatoria generale di merito).
Ella ha dedotto che la valutazione – concretizzatasi nel punteggio di 9 su 15 – si sarebbe basata su un fumus persecutionis, in assenza della predeterminazione di criteri, e sarebbe incongrua, come emergerebbe da quanto dichiarato da un insigne neuro, già primario presso due Ospedali, ed ha concluso per l’annullamento di tale valutazione, con il conseguente obbligo dell’Amministrazione di convocare una diversa commissione per un ulteriore esame della prova pratica.
§ 7. L’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
§ 8. Ritiene la Sezione che – tranne la censura di mancato esame della domanda risarcitoria – vadano respinte, perché infondate, tutte le deduzioni dell’appellante.
§ 9. Risulta innanzitutto infondata la censura per la quale il TAR avrebbe errato nel compensare tra le parti le spese del giudizio di primo grado.
Va richiamata la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio (che il Collegio condivide e fa propria ed avverso la quale non sono state formulate specifiche osservazioni critiche), che ha rimarcato – anche con riferimento al vigente c.p.a. (Cons. Stato, Sez. III, 9 novembre 2016, n. 4655) – che il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla (Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8), con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (per tutte, Consiglio Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 891; Sez. IV, 27 settembre 1993, n. 798; Sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471).
Nella specie, una tale statuizione abnorme non vi è stata, in quanto il TAR – nel valutare le peculiarità del caso al suo esame – ha ritenuto di compensare tra le parti le spese del giudizio.
§ 10. Quanto alla domanda risarcitoria proposta in primo grado, rileva la Sezione che, effettivamente, il TAR non la ha esaminata.
Previo accoglimento della censura di mancata pronuncia, formulata nell’atto di appello, deve pertanto passarsi al suo esame, anche sulla base di quanto dedotto in questa sede.
§ 11. La Sezione ritiene che la domanda risarcitoria vada respinta, perché infondata.
§ 11.1. Dalla stessa dettagliata ricostruzione dei fatti contenuta nell’atto di appello, si desume che – al termine della stesura della sua prova pratica di data 9 giugno 2011 – l’appellante ha dapprima consegnato la busta grande, recandosi verso l’uscita, e poi si è attivata per rimediare all’errore di imbustamento e per consegnare anche la busta piccola, in precedenza non consegnata alla commissione.
§ 11.2. Ad avviso della Sezione, è indubitabile che sussistesse lo specifico obbligo per i candidati di inserire nella busta grande anche la busta piccola.
Risulta dal verbale redatto dalla commissione (v. anche p. 7 dell’atto d’appello) che il presidente – con una dichiarazione non specificamente contestata nel giudizio – per tempo ha ricordato ai candidati “di inserire tutto il materiale nella busta grande”.
§ 11.3. La sentenza impugnata ha escluso che la determinazione della commissione avesse un carattere sostanziale ed ha annullato l’atto con cui la commissione non ha originariamente valutato la prova, nonché la graduatoria finale, nella parte in cui l’appellante non è stata ivi inserita
Pur mancando un appello incidentale sulla statuizione dell’annullamento dell’atto di esclusione, in questa sede per l’esame della domanda risarcitoria possono essere valutate tutte le circostanze del caso, per verificare se l’illegittimità dell’atto sia la conseguenza non rimproverabile – ai fini risarcitori – proprio del comportamento dell’appellante.
Va infatti richiamata la giurisprudenza per la quale, malgrado la presenza di un vizio che conduce all’annullamento di un atto lesivo, per l’esame della domanda risarcitoria rileva anche verificare quale sia stato il comportamento del ricorrente (per tale principio, v. Cons. Stato, Sez. VI, 10 novembre 2017, n. 5181, § 14.1.).
§ 11.4. Nella specie, è indubitabile che l’appellante non ha dato attuazione alla determinazione della commissione – non contestata – di inserire la busta piccola nella busta grande.
§ 11.5. Stando così le cose, ritiene la Sezione che l’andamento dei fatti, pur se ha indotto a ritenere illegittimo l’atto sulla mancata valutazione della prova pratica (dapprima in sede cautelare e poi con la sentenza impugnata), non evidenzia alcuna specifica rimproverabilità dell’Amministrazione.
La commissione ha riscontrato la violazione di quanto disposto con la dichiarazione annotata nel verbale, sulla consegna anche della busta piccola, da inserire nella busta grande.
La più ragionevole soluzione della vicenda, come ha sostanzialmente deciso il TAR, va vista nell’annullamento dell’atto con cui la commissione non ha inizialmente valutato la prova pratica, e non anche nella attribuzione di una responsabilità nei confronti di chi ha dato attuazione alla dichiarazione palesata ai candidati.
Lo stesso TAR ha rilevato come l’interessata – a differenza degli altri candidati – non si sia attenuta alla regola annotata nel verbale (sia pure con una condotta comprensibile e giustificabile, per le ragioni stesse indicare anche nell’atto di appello): la valutazione sul carattere “formale” di tale violazione ha correttamente indotto il TAR a statuire che l’Amministrazione abbia ugualmente dovuto valutare l’elaborato, ma non può indurre anche a ritenere che sussistano i presupposti sostanziali per ravvisare una specifica rimproverabilità dell’Amministrazione, il cui intento è stato quello di
applicare una regola preventivamente comunicata.
§ 11.6. La reiezione della domanda risarcitoria, per assenza dei relativi presupposti sostanziali, comporta l’irrilevanza delle istanze con cui l’appellante ha chiesto l’acquisizione di ulteriori elementi istruttori.
§ 12. Per le ragioni che precedono, l’appello principale (previo accoglimento della censura di omessa pronuncia della domanda risarcitoria) va respinto, perché infondato sotto il profilo sostanziale.
§ 13. Vanno respinti anche i motivi aggiunti, formulati avverso l’atto con cui la commissione – in data 1° febbraio 2012 – ha valutato la prova pratica in questione ed ha espresso il voto numerico di 9 su 15.
§ 13.1. Ritiene la Sezione che non sia accoglibile la censura secondo cui la valutazione della commissione si sarebbe basata su un fumus persecutionis.
Nessun elemento, infatti, emerge o è stato specificamente dedotto per poter ritenere sussistenti elementi in tal senso.
Del resto, la sentenza del TAR, in esecuzione della quale è stata effettuata la valutazione, non aveva disposto che si sarebbe dovuta convocare la commissione con una diversa composizione.
§ 13.2. Va respinta – per genericità e per infondatezza – la censura secondo cui la valutazione dell’elaborato è stata effettuata in assenza della predeterminazione di criteri.
Infatti, come si desume anche dal verbale redatto il 1° febbraio 2012, già in data 9 giugno 2011, con il verbale n. 5, la commissione aveva predisposto i criteri per valutare le prove pratiche.
§ 13.3. Risulta infine irrilevante la dichiarazione del primario neuro, secondo la quale la commissione avrebbe dovuto valutare con un punteggio superiore a 9 la prova pratica dell’interessata.
Allorquando una commissione d’esame articola i propri giudizi tecnico-discrezionali, il giudice amministrativo non può sostituire a tali giudizi la propria valutazione, basandola su una perizia, su una consulenza o su una dichiarazione di un esperto del settore, che non condivida la valutazione della commissione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22 settembre 2015, n. 4432, § 7.2.; Sez. V, 17 novembre 2014, n. 5621, § 4.3.).
§ 14. Per le ragioni che precedono, anche i motivi aggiunti vanno respinti.
§ 15. In conclusione, previo accoglimento soltanto della censura di mancato esame della domanda risarcitoria proposta in primo grado, vanno respinti per il resto l’appello principale n. 1256 del 2012 ed i motivi aggiunti.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), previo accoglimento della sola censura di mancato esame della domanda risarcitoria proposta in primo grado, respinge per il resto l’appello principale n. 1256 del 2012 ed i motivi aggiunti.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Sp., nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2018, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente, Estensore
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere

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