Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 16 febbraio 2018, n. 991. La destinazione urbanistica di un ambito va effettuata avendo riguardo allo stato obiettivo dei luoghi e non alle aspettative (generiche) della proprietà

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Come ben posto in luce dal TAR, la pretesa degli appellanti non ha giuridico fondamento.
Come è ben noto, in linea generale le scelte effettuate dall’Amministrazione nell’adozione degli strumenti urbanistici costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità, sicché anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico – discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al piano regolatore generale.
A tale regola, come è altresì noto, si fa eccezione solo quando particolari situazioni (ad es. lottizzazioni approvate) abbiano creato aspettative o affidamenti qualificati in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni: solo in tali casi, dunque, la modifica comporta per l’amministrazione l’onere di una motivazione puntuale o analitica.
Ciò chiarito, nel caso all’esame da un lato deve escludersi in capo alle originarie proprietarie ricorrenti ogni aspettativa qualificata; dall’altro non può non rilevarsi come la variante abbia in realtà migliorato (rispetto al pregresso) la loro posizione sostanziale.
Di talchè la questione controversa si riduce nella verifica di eventuali illogicità che possano viziare la zonizzazione adottata dal comune, esclusa ovviamente ogni possibilità di sindacare nel merito intrinseco – come per certi versi le appellanti richiederebbero – le valutazioni cui l’amministrazione comunale è pervenuta facendo uso della sua discrezionalità programmatoria.
Come ben affermato dal TAR, e come del resto si evince dalla documentazione acquisita in via istruttoria in primo grado, tali profili di illogicità non si rinvengono in quanto il terreno per cui è processo ha incontestabilmente caratteristiche fisiche e morfologiche disomogenee.
Ora, contrariamente a quanto preteso dagli appellanti, la zonizzazione deve rapportarsi alle caratteristiche morfologiche dei terreni considerati e non alla loro classificazione catastale.
In altri e più chiari termini, la destinazione urbanistica di un ambito va – correttamente – effettuata avendo riguardo allo stato obiettivo dei luoghi e non alle aspettative (generiche) della proprietà, essendo la stessa preordinata al pubblico interesse (ordinato sviluppo e governo del territorio) e non a quello privato o individuale.
Del resto le stesse proprietarie – allorchè con la propria osservazione contestarono la scelta originaria del comune – ebbero a dimostrare che il fondo de quo era in parte coperto da ulivi di impianto almeno trentennale, di talchè le stesse non possono ora venire contro il fatto proprio e sostenere che il terreno sarebbe stato in realtà contornato da un tessuto residenziale e quindi naturalmente vocato all’edificazione.
In conclusione resta confermato che la scelta pianificatoria del comune di Isernia non esibisce, nel caso all’esame, alcun profilo di illogicità o abnormità che possa renderla sindacabile in questa sede giurisdizionale.
L’appello va pertanto respinto.
Le spese del grado seguono la soccombenza nei confronti del comune e sono liquidate in dispositivo. Spese compensate nei confronti della regione Molise, attesa la ridotta attività difensiva.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna in solido gli appellanti al pagamento in favore del comune di Isernia di euro 3000,00 (tremila/00) oltre spese generali IVA e CPA per spese e onorari di questo grado del giudizio.
Compensa le spese nei confronti della Regione Molise.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente, Estensore
Fabio Taormina – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere
Carlo Schilardi – Consigliere
Leonardo Spagnoletti – Consigliere

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