Consiglio di Stato
sezione VI
sentenza 9 ottobre 2014, n. 5028
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE SESTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3228 del 2013, proposto da:
Ie.En., in proprio, con domicilio eletto in Andora, via (…)
contro
Università degli studi di Bologna, in persona del Rettore in carica, Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, in via (…)
nei confronti di
Er-Go Azienda regionale per il diritto agli studi superiori;
per la riforma
ella sentenza breve n. 144 del TAR Emilia e Romagna- Bologna (Sezione Prima) del 22 febbraio 2013, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ Università degli Studi di Bologna Alma Mater Studiorum e di Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti gli artt. 35, comma 1, del Codice del processo amministrativo
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella Camera di consiglio del giorno 22 luglio 2014, il Cons. Carlo Mosca e uditi per le parti l’avvocato Pastrani per la Regione Emilia Romagna;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Dagli atti risulta che, con ricorso n. 39/2013 proposto in proprio presso il Tribunale Emilia e Romagna, l’attuale appellante e originario ricorrente chiedeva l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento del 19 ottobre 2012 di diniego di ammissione alle prove concorsuali di accesso alla Scuola di specializzazione per le professioni legali “Enrico Redenti” e alla SPISA, nonché dei bandi di concorso delle stesse scuole rispettivamente del 23 agosto 2012 e 2 agosto 2012 e, infine, del diniego di accoglimento dell’istanza di immatricolazione al corso di laurea in scienze filosofiche con esonero totale del pagamento della quota di immatricolazione per carenza di reddito. L’originario ricorrente chiedeva, altresì, la condanna delle Amministrazioni intimate al risarcimento dei danni e alla applicazione della sanzione di cui all’articolo 96 del Codice di procedura civile.
2. Ricorrendo i presupposti di cui all’articolo 60 del Codice del processo amministrativo, il giudice di primo grado, nella camera di consiglio del 21 febbraio 2013, decideva con sentenza in forma semplificata, impugnata con il presente appello, sentenza che dichiarava inammissibile il ricorso in quanto:
a. in base all’art. 22 del Codice del processo amministrativo, risulta obbligatorio il patrocinio dell’avvocato, di cui si può fare a meno solo ove si abbia la qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore presso il giudice adito, qualità non sussistente con il mero possesso della laurea magistrale in giurisprudenza che, di per sé, non consente l’iscrizione nello specifico albo professionale;
b. la Corte Costituzionale ha sempre riconosciuto la discrezionalità del legislatore in tema di disciplina dei casi in cui è necessario il patrocinio di un avvocato e ha riconosciuto quindi che il diritto all’autodifesa può essere limitato dal diritto dello Stato interessato di emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali.
3. Avverso la citata sentenza del Tribunale amministrativo, veniva proposto in proprio dall’originario ricorrente il presente appello, anche in questo caso invocando l’autodifesa e lamentando la gravità della decisione assunta dal giudice di prime cure che avrebbe disatteso quanto previsto dall’articolo 24 della Costituzione, dalla vigente normativa in tema di riconoscimento del titolo di laurea magistrale in giurisprudenza e dagli articoli 55, 60, 27 e 2 del Codice del processo amministrativo, omettendo di motivare. In particolare, l’appellante, con i suoi dieci motivi di censura, ha eccepito la violazione dell’art. 55 del citato Codice, l’ omessa valutazione di elementi rilevanti in sede cautelare, il difetto di valide motivazioni, la violazione della legge costituzionale e comunitaria, l’abuso di diritto, la violazione del bando di concorso e del giusto processo, nonché l’eccesso di potere, il difetto di istruttoria, l’illogicità, il diniego di giustizia e la responsabilità per comportamenti illeciti. L’appellante ha, infine, invocato una misura risarcitoria.
4. Il Collegio, nella Camera di consiglio del 22 luglio 2014, fissata per l’esame della domanda cautelare, accertati i presupposti previsti dall’articolo 60 del Codice del processo amministrativo che consentono l’assunzione di una decisione di merito con sentenza in forma semplificata, ha avvertito le parti presenti, che non hanno eccepito alcunché, dell’eventualità di definizione del giudizio nel merito.
5. .L’appello è inammissibile. L’articolo 22, comma 2 del Codice del processo amministrativo dispone che per i giudizi davanti al Consiglio di Stato è obbligatorio il ministero di avvocato ammesso al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori. Conseguentemente, non discostandosi dalla giurisprudenza di questa Sezione (ex multis, sentenza del 23 aprile 2012, n. 2398), il Collegio, accertato che l’appello è stato sottoscritto da persona non fornita della qualità necessaria per esercitare l’ufficio di difensore presso il giudice adito, deve constatare la mancanza di una valida
instaurazione del rapporto processuale per nullità dell’atto difensivo.
6. Come ha ben motivato il giudice di primo grado, il mero possesso della laurea magistrale in giurisprudenza non consente, infatti, di stare in giudizio senza l’assistenza di un difensore abilitato e iscritto al previsto albo professionale, fatta eccezione per i giudizi in materia di accesso, in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Neppure è accettabile sostenere che il diritto di stare in giudizio personalmente trovi fondamento nell’art. 24 della Costituzione o nell’articolo 6, n. 3, lett. c) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dal momento che, come è stato giustamente evidenziato dal giudice di primo grado nella sentenza impugnata, la Corte Costituzionale ha riconosciuto la discrezionalità del legislatore nel disciplinare i casi in cui è necessario il patrocinio di un avvocato e ha stabilito, riguardo alla citata norma della Convenzione europea, che ad essa non può attribuirsi il significato di riconoscimento di un diritto assoluto di difendersi in giudizio da sé, ma solo quello di un diritto limitato dal diritto dello Stato di emanare disposizioni relative alla necessità della presenza di un avvocato davanti ai tribunali (per tutte, ordinanza n. 460/2006 e sentenza n. 188/1980).
7. L’appello è quindi inammissibile e sussistono, comunque, sufficienti ragioni per dichiarare compensate le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale -Sezione Sesta – pronunciando sull’appello in epigrafe (ricorso n. 3228 del 2013), lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 22 luglio 2014, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Sergio De Felice – Consigliere
Gabriella De Michele – Consigliere
Carlo Mosca – Consigliere, Estensore
Marco Buricelli – Consigliere
Depositata in Segreteria il 9 ottobre 2014.
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