Consigli di Stato
sezione VI
sentenza 22 settembre 2014, n. 4748
N. 04748/2014
N. 02406/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale 2406 del 2014, proposto da:
Angelo Venti, rappresentato e difeso dall’avv. Herbert Simone, con domicilio eletto presso Lorenzo Margiotta in Roma, via dei Prati Fiscali N.284;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Franco Gabrielli, Impresa di Marco Srl;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma: Sezione I n. 10692/2013, resa tra le parti, concernente diniego accesso a documentazione.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2014 il Cons. Andrea Migliozzi e udito per la parte appellante l’avv. Herbert Simone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In relazione ad un giudizio penale pendente presso il Tribunale di Lecco, insorto a seguito di denuncia – querela presentata dall’allora Prefetto dell’Aquila dr Franco Gabrielli nei confronti del sig. Angelo Venti, giornalista, riguardante fatti attinenti alle attività istituzionali delle diverse Autorità coinvolte nella gestione dell’emergenza post- sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo (Prefettura de L’Aquila, Struttura commissariale governativa straordinaria per l’emergenza Abruzzo istituita con DPCM del 6/4/2009; Dipartimento protezione Civile, etc), il predetto pubblicista anche nella qualità di coordinatore abruzzese dell’associazione “LIBERA, associazioni nomi e numeri contro le mafia”, allo scopo di reperire atti e documenti “utili a ristabilire la verità giudiziaria, oltre a quella giornalistica” rivolgeva 6 (sei) istanze di accesso agli atti alle varie autorità coinvolte nelle vicende di cui alla suindicata querela e precisamente, Prefettura de L’Aquila, Questura de L’Aquila, Dipartimento Protezione Civile , Ministero dell’Interno.
Avverso vari dinieghi ricevuti dalle predette Autorità, il Venti presentava 5 (cinque) ricorsi alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi presso la presidenza del Consiglio dei Ministri che dopo aver riuniti i predetti ricorsi rigettava sostanzialmente la pretesa avanzata dal sig. Venti.
Questi impugnava innanzi al Tar del Lazio la determinazione negativa della Commissione di accesso, l’atto di diniego espresso dal Dipartimento della Protezione civile e ancora l’atto di diniego tacito maturato in ordine all’istanza di accesso alla documentazione antimafia riguardante una ditta impegnata nei lavori della ricostruzione post terremoto, l’Impresa Di Marco S.r.l, denunciando la illegittimità di detti atti sotto vari profili.
L’adito Tribunale amministrativo con sentenza n.10692/2013 accoglieva il ricorso parzialmente e in particolare limitatamente a taluni documenti, meglio indicati in motivazione, mentre erano respinte le altre richieste di accesso.
Il sig. Angelo Venti ha impugnato tale decisum nella parte in cui il primo giudice “ha ritenuto non sussistente il diritto del medesimo a prendere visione degli ulteriori gruppi di atti e documenti”
Questi i motivi posti a sostegno del presente gravame:
1) Errore di giudizio per violazione e falsa applicazione della disciplina in materia di accesso agli atti con specifico riferimento a capo della decisione che nega qualsiasi posizione legittimante all’accesso alla professione di giornalista e che nega quindi l’accesso agli atti riguardanti l’organizzazione e le attribuzioni delle autorità coinvolte nell’emergenza post-sisma (ss 3.4.1-3.4.2-3.4.3-3.5.1 sentenza). Violazione art.21 e 24 Cost.;
2) errore di giudizio per violazione e falsa applicazione della disciplina in materia di accesso agli atti , con specifico riferimento al capo della sentenza che nega l’accesso agli atti dell’OPCM n.3820;
3) Errore di giudizio per violazione e falsa applicazione della disciplina in materia di accesso agli atti con specifico riferimento alla parte della sentenza che nega l’accesso agli atti indicati sub “e” e sub “f”;
4) errore di giudizio per violazione e falsa applicazione della disciplina in materia di accesso agli atti con specifico riferimento alla parte della sentenenza che consente solo in parte l’accesso agli atti indicati sub “B”;
5) errore di giudizio per omessa pronuncia sull’istanza di accesso e sul relativo diniego riguardante altro documento.
Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Dipartimento della Protezione Civile e il Ministero dell’Interno che hanno contestato la fondatezza dei motivi d’appello, chiedendone la reiezione.
All’odierna camera di consiglio la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
L’appello si rivela infondato, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.
Appare utile, in primo luogo procedere a delimitare esattamente la portata del petitum introdotto con l’appello all’esame.
Il sig. Venti Angelo, giornalista pubblicista, si è visto accogliere solo parzialmente il ricorso proposto avverso il diniego di accesso oppostogli dalle varie Amministrazioni investite da una corposa richiesta di accesso ai documenti a suo tempo presentata, con il riconoscimento della spettanza delle relative facoltà in relazione solo ad un gruppo di atti e documenti richiesti in visione, sicchè in questa sede il predetto chiede l’accoglimento in toto del suo originario gravame, sussistendo, a suo avviso, il diritto di accesso con riferimento agli ulteriori gruppi di atti e documenti parimenti fatto aggetto di istanza ex art.22 e ss. della legge n.241/90.
Al riguardo giova precisare che il Tar in relazione alla cospicua mole degli atti e documenti richiesti in visione in forza di svariate istanze fatte pervenire alle varie Amministrazioni,ha ordinato l’esibizione dei documenti indicati ai paragrafi 3.6.3 e 3.6.5 della stessa sentenza, per i quali ha sancito l’obbligo delle Amministrazioni di competenza a farli conoscere e precisamente:
“le relazioni, i rapporti, ed ogni atto equivalente sugli accessi nei cantieri dei lavori riguardanti le strutture abitative e scolastiche , realizzate per fronteggiare la situazione emergenziale prodotta dal sisma del 6 aprile 2009 nel cratere sismico e riferite a periodo in cui il Gabrielli ricoprì le funzioni di prefetto di L’Aquila, ovvero di vice commissario delegato nonché gli atti di costituzione e di attivazione della sezione specializzata del comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere, incluso il verbale di insedi manto”.
Trattasi, più specificatamente, di documenti che il Tar ha riconosciuto ostensibili in favore del richiedente, in ragione della posizione legittimante derivante al medesimo dal giudizio penale attivato a suo carico a seguito di querela da parte del dr Gabrielli nella sua veste di prefetto de L’Aquila , di vice commissario delegato e di capo del Dipartimento della Protezione Civile, al fine di consentire al medesimo ricorrente il pieno esercizio del diritto di difesa nel giudizio in parola.
Il giudice di prime cure ha quindi disatteso le altre richieste riguardanti atti e documenti diversi da quelli sopra indicati e il sig. Venti con i motivi di gravame qui fatti valere critica le statuizioni con cui per tale parte il Tribunale amministrativo adito ha sostanzialmente dichiarato inammissibile l’actio ad exhibendum.
Tanto premesso,ritiene il Collegio che le censure formulate con i mezzi di contestazione giudiziale qui fatti valere non appaiono condivisibili. come infra si va ad esporre.
Con i profili di doglianza di cui al primo motivo, relativamente al gruppo di atti e documenti per i quali il primo giudice ha ritenuto di negare l’esibizione, parte appellante assume la sussistenza del diritto di accesso in ragione della dovuta tutela al l’esercizio del diritto di cronaca, quale estrinsecazione, a sua volta del principio di informazione di cui all’art.21 Cost., aspetto di tutela che sarebbe stato erroneamente così dal primo giudice non considerato.
Ritiene il Collegio che Tar ha affrontato adeguatamente la questione sollevata sul punto dal sig. Venti e le rese statuizioni, di seguito integrate, appaiono condivisibili.
In linea generale, ferma restando la delicatezza della questione riguardante il rapporto tra diritto di cronaca nell’esercizio dell’attività giornalistica e diritto di accesso ai documenti detenuti dall’amministrazione, la Sezione è ben consapevole del particolare valore che assume la libertà di informazione (Corte Costituzionale nn.126/95; idem 225/1077 e 105/1972), così come è ben a conoscenza di un preciso orientamento giurisprudenziale di questo stesso consesso (sentenza Sez. VI 5 marzo – 6 maggio 1996 n.570) circa la posizione qualificata e differenziata della stampa in relazione alla conoscenza degli atti detenuti dalla pubblica Amministrazione.
Parimenti, sempre in linea di principio , vanno rammentati i nuovi approdi dell’ordinamento comunitario in subjecta materia circa una compiuta evoluzione verso una società dell’informazione e della conoscenza (cfr Direttiva 2003/98/CE) .
Ciò preliminarmente precisato, occorre però pur sempre tener presente l’ambito soggettivo e quello oggettivo prescritti dalla legge entro i quali va riconosciuta la tutela sottesa all’accesso, presupponendo, un siffatto diritto (art.22 della legge n.241/90 – legge sul procedimento amministrativo e art.2 comma 1 del DPR n.352/92 – regolamento di attuazione) un interesse personale e concreto , strumentale all’accesso, in quanto volto alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (in tal senso Cons. Stato VI 13/7/2000 n.2109; idem 22/5/1998 n.820).
Ora, se in linea di principio non si può equiparare la posizione di una testata giornalistica o di un operatore della stampa a quella di un qualunque soggetto giuridico per quanto attiene al diritto di accesso ai documenti amministrativi, nondimeno,nella specie non è consentito dilatare l’ambito applicativo della normativa di tipo garantista di cui al citato art.22 della legge n.241/90 nei confronti del sig. Venti ove si consideri che :
a) il numero dei documenti variamente chiesti di conoscere nonché la genericità della richiesta avanzata alle Amministrazioni complessivamente coinvolte nella vicenda lasciano intravvedere un intento che si pone al di fuori della portata della norma di cui al citato art.22, e cioé quello di esercitare un controllo generalizzato sull’attività della P.A. il che equivale a introdurre una inammissibile azione popolare sulla trasparenza dell’azione amministrativa;
b) chiedere genericamente atti e documenti riguardanti “l’organizzazione, le attività, le competenze e le attribuzioni delle Autorità coinvolte” vuol dire formulare istanze che , in definitiva si estendono indiscriminatamente ad atti e documenti che possono essere del tutto indifferenti ai fini della richiesta, tramutandosi la domanda di conoscenza in un aggravamento dell’attività amministrativa, senza che possa essere non consentito, tenuto conto agli interessi (pubblici e privati) coinvolti;
c) nella specie l’esercizio del diritto di cronaca viene in rilievo non in quanto tale oggettivamente, ma nella misura in cui è strumentale ad altra finalità, quella di reperire materiale documentale utile alla difesa in giudizio e se così è, il diritto d’accesso non può non essere limitato a quei documenti (esattamente individuati dal Tar in sede di accoglimento parziale) correlati direttamente alla situazione giuridicamente rilevante (il diritto di difesa) e per la quale sussiste l’esigenza concreta ed attuale di accordare la relativa tutela (Cons. Stato Sez. VI 2/3/2003 n.1122), senza che possa parlarsi di quale che sia la lesione al diritto di informazione
d) il giornalista- pubblicista sig. Venti può attingere conoscenza degli atti e documenti non strettamente funzionali al diritto di difesa e rientranti nel concetto di informazioni da rendersi all’opinione pubblica attraverso lo strumento informatico di consultazione di dati e notizie presenti sui siti istituzionali esistenti .
Col secondo e terzo motivo di gravame (da trattarsi congiuntamente per ragioni di connessione) l’appellante critica la sentenza del Tar nella parte in cui viene nega la possibilità di ostensione della OPCM n.3820 del 12/11/2009 e degli atti ad essa connessi sul rilievo che detta ordinanza reca determinazioni amministrative per le quali non sussistono ragioni tali da escluderla dall’accesso.
La statuizione impugnata si rivela immune dal vizio dedotto a suo carico.
L’OPCM in parola reca “ulteriori interventi urgenti diretti fronteggiare gli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009 e altre disposizioni di protezione civile” e avuto riguardo al contenuto delle disposizioni in essa contenute, ha natura di atto sostanzialmente normativo, come tale sottratto all’accesso ai sensi dell’art.24 comma 1 lettera c) della legge n.241/90 che esclude espressamente l’accesso per “gli atti normativi/amministrativi generali, di pianificazione e programmazione per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”.
Il sig. Venti poi, con altri profili di doglianza rivendica il diritto a conoscere gli atti e documenti che hanno condotto alla formulazione dell’art.2 di detta OPCM recante una clausola sanante per i subappalti, quelli riguardanti la gestione dei rifiuti liquidi, nonché gli atti di costituzione del “ Gruppo interforze centrale per l’emergenza e la ricostruzione – GICER-.
Ora, con riferimento ai primi atti , gli stessi hanno una funzione meramente ancillare rispetto alla disposizione normativa di che trattasi (l’art.2 dell’OPCM) senza assumere una rilevanza esterna, sicchè la richiesta di accedere agli stessi è del tutto inammissibile.
Quanto agli altri atti e documenti richiesti, non è dato in ogni caso conoscere in concreto la necessaria, stretta correlazione logica tra il contenuto di tali determinazioni di carattere organizzativo e il processo penale da cui si origina la vicenda all’esame.
In altri termini, anche in questo caso le ragioni dell’accesso appaiono strumentali alla finalità di rendere informazioni al pubblico, nell’esercizio dell’attività di pubblicista e le stesse si sovrappongono a quelle inerenti strettamente l’esercizio del diritto di difesa : la richiesta di accesso va ad interessare indiscriminatamente atti di tipo organizzativo la cui conoscenza appare finalizzata all’esercizio del diritto di cronaca che qui però , come già sopra esposto, non può essere fatto valere.
Né, d’altra parte per i profili meritevoli di tutela è stata data dimostrazione alcuna della correlazione logico – funzionale tra la cognizione di detti atti e la tutela delle esigenze difensive.
Le censure di cui al quarto motivo d’appello investono le statuizioni con cui il primo giudice con riferimento agli atti e documenti indicati alla lettera B della sentenza impugnata ha ritenuto fondata la richiesta di accesso solo per alcuni di detti documenti, negandola per il resto.
Ritiene il Collegio che la decisione del Tar sul punto sia ineccepibile.
Rimanendo nell’ ambito soggettivo ed oggettivo dell’istituto dell’accesso come applicabile al caso di specie, occorre prendere le mosse dal concreto e attuale interesse dell’appellante suscettibile di far insorgere il diritto alla conoscenza degli atti detenuti dalla pubblica amministrazione, quello esattamente coincidente con le esigenze di pieno esercizio del diritto di difesa dell’appellante nel giudizio penale instauratosi a suo carico.
Ebbene, se è vero che l’aspetto fondamentale che viene in rilievo nel giudizio penale è quello consistente in una presunta inerzia del dr. Gabrielli nello svolgimento delle funzioni di controllo sull’attività di ricostruzione circa l’assegnazione degli appalti e il regolare svolgimento delle attività nei cantieri, correttamente il primo giudice ha limitato il riconoscimento del diritto di accesso in favore del sig. Venti a quegli atti e documenti, precipuamente indicati ai paragrafi 3.6.3 e 3.6.5 che sono direttamente ancorati, quanto al loro contenuto, alle controverse contestazioni oggetto del procedimento penale.
I restanti atti di cui è stata chiesta l’ostensione non ineriscono la posizione legittimante vantata dal sig. Venti , proprio perché, non esiste correlazione alcuna tra detti documenti e il giudizio penale: così dicasi per gli atti inerenti gli elenchi delle imprese non soggette a rischio d’inquinamento mafioso e così ancora per gli atti riguardanti il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica dell’11 novembre 2009.
Relativamente poi agli atti e documenti inerenti la certificazione antimafia della Impresa Di Marco s.r.l., al di là degli aspetti di riservatezza e di sicurezza pubblica pure sussistenti, il diniego di accesso appare giustificato in assenza di un interesse concretamente dimostrato circa la necessità di conoscere detta documentazione ai fini dell’esercizio di difesa.
Col quinto ed ultimo motivo parte appellante lamenta la mancata pronuncia del TAR in ordine alla richiesta di accedere agli atti di costituzione e attivazione della Direzione di Comando e Controllo (DI.COMA.C).
Sul punto la difesa dell’Amministrazione resistente eccepisce la inammissibilità del motivo , posto che al Venti sarebbe stata rilasciata detta documentazione e su tale eccezione parte appellante nulla obietta.
Ora, a prescindere dalla esattezza o meno del rilievo mosso da parte resistente circa l’avvenuta insorgenza di una causa di improcedibilità del mezzo d’impugnazione, va osservato come la censura dedotta con il motivo de quo sia stata introdotta in termini del tutto generici, senza essere accompagnata da minimi elementi di fatto e di diritto volti ad evidenziare la correlazione di tali documenti con la propria posizione legittimante : anche sotto tale profilo la doglianza deve considerarsi inammissibile.
Conclusivamente, l’appello all’esame, in quanto infondato, va respinto, con la precisazione che ogni altro motivo dedotto o adombrato deve ritenersi assorbito o comunque inidoneo a mutare l’esito delle prese conclusioni.
Tenuto conto della peculiarità della vicenda, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.
Compensa tra le parti le spese e competenze del presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
Umberto Realfonzo, Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/09/2014
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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