Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 30 giugno 2017, n. 3174

Alle pubbliche amministrazioni è impedito di sottrarsi per sopravvenute ragioni di inopportunità al rapporti contrattuali in corso di esecuzione attraverso il potere di autotutela pubblicistica (ed in particolare attraverso la revoca ex art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990), essendo invece consentito alle stesse di esercitare il potere di annullamento d’ufficio ai sensi del successivo 21-nonies sugli atti amministrativi che presupposti alla stipula del negozio di diritto privato, purché affetti da vizi di legittimità.

Consiglio di Stato

sezione V

sentenza 30 giugno 2017, n. 3174

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quinta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4994 del 2013, proposto da:

Un. s.p.a., in persona del procuratore speciale dott. Al. Va., rappresentata e difesa dagli avvocati An. Za., Em. Ba. Di Vi. e St. D’E., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, piazza (…);

contro

Comune di (omissis), in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. Sc., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Ma., in Roma, via (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE, SEZIONE I, n. 343/2013, resa tra le parti, concernente un provvedimento di annullamento in autotutela di precedenti delibere di autorizzazione alla sottoscrizione di contratti di swap per la ristrutturazione del debito del Comune di (omissis)

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 giugno 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Pi., in dichiarata delega dell’avvocato D’E., Pa. su delega dell’avvocato Za., e Ma., su delega dell’avvocato Sc.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Piemonte la Un. s.p.a. impugnava la delibera di giunta del Comune di (omissis) di annullamento in autotutela ex art. 21-nonies l. 7 agosto 1990, n. 241, delle precedenti delibere con cui la stessa amministrazione aveva autorizzato la stipula e successiva rimodulazione di alcuni contratti di swap per la ristrutturazione del proprio debito nei confronti della Cassa Depositi e Prestiti per mutui pluriennali (delibera n. 53 del 2 maggio 2012, di annullamento d’ufficio delle delibere autorizzative nn. 23 del 18 febbraio 2003, 11 del 10 febbraio 2004 e 71 del 13 giugno 2006). Nella delibera di annullamento in autotutela il Comune dava quindi atto della “caducazione automatica” dei contratti di swap precedentemente stipulati.

Nel censurare questo provvedimento l’istituto di credito deduceva innanzitutto lo sviamento di potere ricavabile dalla volontà dell’amministrazione di incidere sull’efficacia di contratti in corso di esecuzione; quindi censurava tutti i presupposti addotti dal Comune come motivi di illegittimità originaria delle delibere annullate in autotutela.

2. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo respingeva il ricorso.

Il giudice di primo grado negava la propria giurisdizione sulle censure relative “a vizi genetici del sinallagma contrattuale”; la affermava invece con riguardo a quelle relative al corretto esercizio del potere di annullamento d’ufficio, ma le reputava infondate. In particolare, statuiva che l’annullamento d’ufficio era legittimo con riguardo ai vizi di incompetenza della giunta ad autorizzare la stipula di contratti comportanti spese per l’ente locale e di mancato esperimento di una previa gara per individuare il soggetto con il quale stipulare gli swap. Per effetto di ciò il Tribunale amministrativo dichiarava assorbite le restanti censure dell’istituto di credito ricorrente.

3. Per la riforma della sentenza di primo grado quest’ultimo ha proposto appello, al quale resiste il Comune di (omissis).

DIRITTO

1. Con il primo motivo d’appello Un. censura la sentenza di primo grado per avere ritenuto legittimo l’annullamento in autotutela sulla base dell’asserito vizio di incompetenza della giunta ad autorizzare la stipula degli swap in luogo del consiglio comunale, sul rilievo che ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. i), del testo unico sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, all’organo consiliare è attribuito il potere di deliberare in ordine a spese pluriennali. L’istituto di credito appellante contesta che nel caso di specie sussista questo presupposto di legge ed evidenzia in contrario che – come si evincerebbe sin dall’originaria delibera di giunta di affidamento dell’incarico di consulenza per la ristrutturazione del debito (delibera n. 97 del 10 settembre 2002) e poi dalle delibere annullate d’ufficio – gli swap poi stipulati hanno lo scopo di ottenere risparmi di spesa in termini di minori interessi pagati sull’indebitamento del Comune di (omissis) nei confronti della Cassa Depositi e Prestiti.

2. Con il medesimo motivo Un. censura la sentenza di primo grado anche per omessa pronuncia sul motivo del ricorso di primo grado diretto a contestare la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela, in ragione sia della mancata dimostrazione di un interesse pubblico sottostante a questo intervento ulteriore rispetto a quello al ripristino della mera legalità, come invece richiesto dall’art. 21-nonies della legge generale sul procedimento amministrativo sopra citato, sia dell’insussistenza del presupposto addotto dal Comune consistente nell’esistenza di costi impliciti per l’amministrazione rivenienti dai contratti di swap in essere. Sul punto, l’appellante critica l’esercizio del potere di assorbimento da parte del Tribunale amministrativo e ricorda che in una fattispecie analoga questa Sezione ha disposto un’istruttoria, attraverso una consulenza tecnica d’ufficio diretta ad accertare se effettivamente i contratti di swap stipulati da una pubblica amministrazione avessero comportato costi non preventivati per l’amministrazione (sentenze 7 settembre 2011, n. 5032 e 27 novembre 2012, n. 5962).

3. Sempre nel primo motivo d’appello Un. censura per carenza di motivazione la sentenza di primo grado in ordine all’esistenza del presupposto di ordine cronologico previsto dall’art. 21-nonies più volte citato (nella versione vigente ratione temporis) del “termine ragionevole” per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio.

4. Con il secondo motivo d’appello Un. censura l’ulteriore presupposto a base della delibera di annullamento d’ufficio consistente nel mancato previo esperimento di una procedura ad evidenza pubblica per la selezione del soggetto con cui stipulare i contratti di swap. A questo specifico riguardo l’istituto di credito appellante sottolinea, in diritto, che all’epoca in cui tali contratti sono stati conclusi i “servizi finanziari”, cui gli stessi sono riconducibili, erano esclusi dagli obblighi di evidenza pubblica (art. 5, comma 2, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 – Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi) e deduce, in fatto, che il terzo contratto di swap (derivato “C”) è stato sottoscritto all’esito di una gara informale tra tre operatori del settore svolta dal Comune di (omissis) (delibera n. 71 del 13 giugno 2006), mentre in occasione del primo contratto la stessa amministrazione ha escluso in modo espresso di essere tenuta ad esperire una procedura di gara, richiamando proprio il citato art. 5, comma 2, d.lgs. n. 157 del 1995 (delibera n. 23 del 18 febbraio 2003).

5. Con il terzo motivo d’appello Un. ripropone la censura diretta a sostenere che all’amministrazione è precluso di intervenire attraverso il proprio potere di autotutela decisoria su rapporti contrattuali in essere.

6. Con il quarto motivo d’appello Un. censura la declinatoria di giurisdizione resa dal Tribunale amministrativo sui motivi di impugnazione relativi ai punti della delibera di annullamento in autotutela in cui a sostegno di questa decisione era stato rilevato che, innanzitutto, i contratti di swap non erano coerenti con la finalità normativamente imposta di riduzione dell’indebitamento delle pubbliche amministrazioni (artt. 41, comma 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448, e 1, comma 736, l. 27 dicembre 2006, n. 296) e, in secondo luogo, che non erano stati preceduti da informazioni adeguate, ai sensi del regolamento della Consob n. 11522 del 1° luglio 1998, di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari. Al riguardo, l’ente creditizio appellante critica il presupposto addotto dal giudice di primo grado a sostegno di questa statuizione, e cioè il fatto che tali censure si riferiscono “a vizi genetici del sinallagma contrattuale”, sottolineando in contrario che sulla base di questi presupposti è stato il Comune di (omissis) ad intervenire in via di autotutela su rapporti contrattuali in essere.

7. Un. ripropone quindi le censure in questione, non esaminate dal giudice di primo grado per effetto della declinatoria di giurisdizione.

8. Nel resistere all’appello, il Comune di (omissis) premette che l’annullamento in autotutela ex adverso contestato scaturisce dall’accertamento avvenuto nel corso del 2011, sulla base di uno studio appositamente commissionato, di perdite quantificabili in € 1.061.131.

9. Quindi, con riguardo alle censure di Un. l’amministrazione controdeduce nei seguenti termini:

– sebbene i contratti di swap non siano qualificabili come un operazione di indebitamento, ciò nondimeno la competenza del consiglio comunale per la relativa autorizzazione si fonda sull’art. 203 del testo unico sull’ordinamento degli enti locali, relativo al ricorso all’indebitamento dell’ente locale, e sulle lett. h) e i) del citato art. 42, comma 2, del medesimo testo unico, relativi ai mutui e alle spese pluriennali;

– la competenza consiliare si fonda più in generale sulla nozione di “spese”, la quale prescinde dallo strumento giuridico utilizzato ed ha invece riguardo esclusivo all’effetto finanziario dello strumento medesimo;

– l’obbligo della gara ha carattere generale per tutti i contratti passivi dell’amministrazione e cioè per quelli che comportano una spesa;

– l’annullamento d’ufficio si fonda su ragioni di interesse pubblico di evitare le perdite sugli swap maturate a carico del Comune, come accertate ad inizio 2012 e l’esercizio di questo potere è avvenuto non appena l’amministrazione ha constatato questa situazione;

– il potere di intervenire in autotutela sui contratti stipulati “a valle” delle delibere di giunta autorizzative della relativa stipula si fonda sul rapporto di presupposizione tra queste ultime ed i primi;

– non sussiste la giurisdizione amministrativa sui vizi propri dei contratti e correttamente il Tribunale amministrativo la ha declinata sulle censure dell’Un. relative a queste invalidità;

– i contratti caducati per effetto della delibera di annullamento d’ufficio impugnata nel presente giudizio hanno generato costi occulti per il Comune, a causa di un valore di mercato di partenza negativo, senza che fosse prevista alcuna compensazione in denaro a favore della stessa amministrazione (up front), come dimostrato sulla base della perizia depositata in giudizio;

– ai sensi dei sopra citati artt. 41, comma 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448, e 1, comma 736, l. 27 dicembre 2006, n. 296, le pubbliche amministrazioni possono concludere contratti di swap solo per finalità di ristrutturazione del debito, con finalità di riduzione del costo ad esso inerente, e ad fronte di passività effettivamente dovute, mentre nel caso di specie – come accertato dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte, in sede di referto sul rendiconto per l’anno 2008 – i contratti stipulati dal Comune di (omissis) avevano una finalità speculativa, a causa dell’assenza di un tetto (cap)ai tassi di interesse scambiati dall’amministrazione;

– l’annullamento d’ufficio è pertanto legittimo ai sensi delle disposizioni di legge da ultimo richiamate.

10. Così sintetizzato il contenuto dell’appello di Un. e delle difese del Comune di (omissis), la Sezione reputa fondato il primo e non condivisibili invece le seconde.

11. Non è innanzitutto corretto il rilievo del vizio di incompetenza della giunta comunale ad autorizzare la stipula di contratti di swap, posta nella delibera di annullamento d’ufficio come primo motivo di legittimità il potere di annullamento in autotutela.

Al riguardo, la delibera richiama la sola ipotesi della lettera i) dell’art. 42, comma 2, t.u.e.l., relativa alle “spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi”. I richiami operati dal Comune di (omissis) al diverso caso della “contrazione di mutui” contemplata nella precedente lett. h) della medesima disposizione del d.lgs. n. 267 del 2000, e quella prevista dal parimenti sopra citato art. 203, non possono dunque essere invocati nel caso di specie, perché altrimenti la motivazione del provvedimento impugnato verrebbe integrata in questo giudizio. Peraltro, è pacifico che gli swap non sono qualificabili come mutui, ma costituiscono contratti con cui tra l’altro possono essere scambiati tassi di interesse sui debiti che da tali operazioni derivano (rectius: flussi monetari relativi a diversi tassi di interesse).

Del pari è evidente che l’art. 203 t.u.e.l. non rileva nella presente fattispecie. Questa disposizione ha infatti riguardo all’ipotesi dell’assunzione di nuovi debiti a carico del bilancio dell’ente locale, con conseguente variazione in corso di esercizio del limite complessivo dell’indebitamento già previsto nell’atto fondamentale di programmazione economico-finanziaria dell’ente e degli impegni a carico degli stanziamenti del bilancio medesimo. Per contro, attraverso lo scambio di interessi poc’anzi accennato gli swap si prestano ad fare ottenere al soggetto che si rivolge agli intermediari finanziaria autorizzati una riduzione degli oneri economici connessi al suo indebitamento.

12. Dalle considerazioni che precedono deve escludersi che i contratti di swap siano riconducibili alla fattispecie delle spese pluriennali prevista dalla lettera i) dell’art. 42, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000 richiamata nella delibera di annullamento d’ufficio.

Con questa norma di ordinamento degli enti locali il legislatore ha inteso riservare al consiglio comunale, organo a legittimazione democratica diretta dell’ente locale, la competenza su “atti fondamentali” di quest’ultimo ed in particolare, per venire all’ipotesi oggetto del presente giudizio, su quegli atti comportanti oneri certi a carico del bilancio pluriennale, fonte attuale sul piano contabile di impegni di spesa per esercizi futuri (cfr. l’art. 183 d.lgs. n. 267 del 2000). La competenza consiliare sui medesimi atti è dunque una conseguenza della collocazione del medesimo organo al vertice del ciclo di programmazione economica e finanziaria dell’ente, in virtù della quale ad esso è attribuito il potere decisionale sui “bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni” (art. 42, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 267 del 2000).

13. Tanto premesso, gli swap si collocano al di fuori di questo schema.

Come sopra accennato, la loro funzione consiste (rectius: una delle loro funzioni può consistere) nella riduzione degli oneri finanziari legati all’indebitamento già contratto e dunque alla diminuzione dei rischio ad essi legato. Gli swap possono dunque rivestire la finalità di ristrutturare il debito, ed in particolare quello avente un orizzonte pluriennale, allineandone le condizioni economiche ai tassi di mercato esistenti, così da ottenere risparmi di spesa e, in particolare per gli enti locali, liberare risorse a carico del bilancio già impegnate.

Da questa notazione si evince che le ragioni che conducono alla stipula di questi contratti è addirittura antitetica a quella che presiede all’attribuzione al consiglio comunale della competenza sulle spese pluriennali ai sensi della lettera i) dell’art. 42, comma 2, t.u.e.l., su cui si fonda l’annullamento d’ufficio. Pertanto, in ragione di questa finalità – l’unica consentita per gli enti locali, come si vedrà infra – la conclusione di swap non può essere considerato un atto di assunzione di una spesa pluriennale, ma deve essere qualificato come atto di gestione dell’indebitamento dell’ente locale con finalità di riduzione degli oneri finanziari ad esso inerenti, legittimamente adottabile dalla giunta comunale in virtù della sua residuale competenza gestoria ex art. 48, comma 2, del testo unico di cui al d.lgs. n. 267 del 2000.

14. Nella schema finora descritto si collocano quindi anche gli swap stipulati dal Comune di (omissis) con le delibere giuntali annullate in autotutela.

Sin dal conferimento dell’incarico per la relativa stipula (con la sopra citata delibera n. 97 del 10 settembre 2002), l’amministrazione odierna appellata ha enunciato la finalità di “ristrutturazione” del proprio indebitamento al fine di ottenere”risparmi in termini di interessi pagati”, mantenendo contemporaneamente “un profilo di rischio contenuto”. Quindi, nella linea definita dalla delibera di incarico, le successive delibere autorizzative della stipula dei contratti di swap si rifanno al medesimo scopo di “riduzione delle spese relative agli interessi derivanti da mutui in essere con la Cassa DD.PP.” (così in particolare la delibera n. 23 del 18 febbraio 2002), ed a questo scopo richiamano il più volte citato art. 41, comma 2, della legge n. 448 del 2001 in tema di contratti derivati degli enti locali, oltre ad esporre le ragioni di convenienza economica sottostanti al ricorso a tali strumenti. Coerentemente con le finalità dichiarate, le delibere autorizzative in questione non prevedono l’assunzione di impegni di spesa a carico del bilancio dell’ente locale.

15. La delibera di giunta di annullamento in autotutela difetta anche dell’ulteriore presupposto addotto a giustificazione di tale potere e cioè l’asserita necessità che l’affidamento di contratti di swap sia preceduto da una “previa gara”.

Il provvedimento impugnato riconosce per la verità che questa tipologia contrattuale non è soggetta al “Codice dei contratti pubblici”, ma nondimeno perviene ad affermare che una selezione imparziale sarebbe stata necessaria sulla base dei principi di “concorrenzialità” e dei canoni di “sana gestione finanziaria”, ed in senso conforme citata un parere della Corte dei conti (sez. reg. controllo, deliberazione n. 3/2010/PRSP”).

16. Come tuttavia deduce in contrario l’Un., all’epoca della stipula dei tre contratti oggetto dell’annullamento in autotutela era vigente l’art. 5, comma 2, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, attuativo della direttiva “servizi” n. 92/50/CEE, che tra gli “appalti esclusi” dagli obblighi di evidenza pubblica comunitari contemplava i “contratti per servizi finanziari relativi all’emissione, all’acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari”, nei quali sono annoverabili i contratti di swap (in particolare tali contratti sono inclusi tra quelli aventi ad oggetto strumenti finanziari dall’art. 3 del testo unico sulla finanza di cui al citato d.lgs. n 58 del 1998).

Questa deroga rende pertanto non obbligatoria la gara, perché non imposta nemmeno sulla base dei principi di massima concorrenzialità che presiedono all’armonizzazione a livello europeo delle discipline nazionali sui contratti pubblici. Pertanto, il richiamo in questione, posto a giustificazione dell’annullamento d’ufficio, non è idoneo in realtà ad enucleare un vizio di legittimità originario nella modalità di affidamento diretto seguita dal Comune di (omissis).

Inoltre, ogni questione sul punto sarebbe superata dalla gara informale di cui si dà atto nella terza delibera annullata d’ufficio, e cioè la n. 71 del 13 giugno 2006, con cui i rapporti di swap tra le parti in causa sono stati rimodulati in via definitiva per fare fronte alle sopravvenute esigenze del Comune di (omissis). Infatti, in questa delibera si dà espressamente atto dell’esperimento di una gara ufficiosa (con un altro istituto di credito) che ha preceduto l’individuazione del soggetto con cui stipulare il nuovo contratto.

17. Del pari le esigenze di sana gestione finanziaria attengono al merito amministrativo, e cioè alla facoltà di scelta rispetto ad alternative discrezionalmente perseguibili e non già imposte dalla legge, per cui l’opzione per una di queste alternative (nel caso di specie l’affidamento diretto anziché il previo confronto concorrenziale) non può tradursi in un vizio di legittimità dell’atto.

Sul punto il Comune di (omissis) richiama il generale obbligo per le amministrazioni pubbliche di affidare “a gara” i propri contratti passivi (obbligo previsto dall’art. 3, comma 2, della legge generale di contabilità dello Stato, di cui al regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440), trascurando tuttavia, da un lato, che anche in questo caso la delibera non opera alcun richiamo al riguardo, e dall’altro lato che questo obbligo è nel caso di specie derogato dalla norma successiva contenuta nel sopra citato art. 5, comma 2, d.lgs. n. 157 del 1995.

18. Le censure di Un. sono fondate anche nella parte diretta a censurare gli ulteriori punti in cui si articola la motivazione a sostegno della decisione della giunta comunale di (omissis) di annullare d’ufficio i contratti di swap, e cioè per la non coerenza di questi ultimi con le finalità di riduzione degli oneri economici rivenienti dall’indebitamento dell’ente locale normativamente stabiliti (artt. 41, comma 2, l. 28 dicembre 2001, n. 448, e 1, comma 736, l. 27 dicembre 2006, n. 296), e per l’esistenza di costi impliciti occulti causati dalla mancata informativa precontrattuale da pare dell’istituto di credito (secondo le disposizione del regolamento della Consob n. 11522 del 1° luglio 1998, sopra citato).

19. In primo luogo è erronea la declinatoria di giurisdizione emessa sul punto dal Tribunale amministrativo, dal momento che non è stata l’odierna appellante a dedurre tali vizi, sebbene afferenti al sinallagma contrattuale, come ragione di invalidità di atti amministrativi, al di fuori dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa, ma è stato il Comune di (omissis) a porre gli stessi a base del proprio potere di annullamento in autotutela ex art. 21-nonies l. n. 241 del 1990. Nel presente giudizio Un. si è dunque limitata a censurare questi presupposti sotto il profilo della relativa insussistenza. Così facendo l’istituto di credito originario ricorrente si è pertanto limitato a reagire nella presente sede giurisdizionale rispetto ad un esercizio di un potere pubblico non conforme alle norme di legge ed ai principi generali per esso valevoli, così facendo valere un proprio interesse legittimo devoluto ai sensi dell’art. 7 cod. proc. amm. alla giurisdizione amministrativa.

20. Oltre che ammissibili le censure sono fondate.

In primo luogo, gli swap di cui alle tre delibere di giunta annullate d’ufficio sono stati dichiaratamente stipulati per finalità di riduzione degli oneri legati agli interessi passivi sostenuti dal Comune di (omissis). Nello specifico, a questo fine nei contratti in questione si sono previsti scambi di tassi di interesse fisso/variabile finalizzati: ad una riduzione dei tassi nominali sostenuti dall’amministrazione sul proprio indebitamento nei confronti della Cassa Depositi e Prestiti (in particolare in occasione della stipula del convertible swap autorizzata con delibera n. 23 del 18 febbraio 2003); ad un adeguamento delle condizioni conseguente alla rinegoziazione di tale indebitamento (così in occasione della delibera autorizzativa n. 11 del 10 febbraio 2004 della stipula dell’interest rate swap); in ultimo a conformarsi alle istruzioni ministeriali in materia (così nel caso della delibera autorizzativa n. 71 del 13 giugno 2006, in cui si richiama il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno 1 dicembre 2003, n. 389 – Regolamento concernente l’accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, ai sensi dell’articolo 41, comma 1, della L. 28 dicembre 2001, n. 448).

21. Non risulta quindi violato il principio ricavabile dall’art. 41, comma 2, della legge n. 448 del 2001, il quale – come evidenzia l’istituto di credito appellante – si limita ad affermare il principio secondo cui gli enti locali devono ricorrere agli swap in funzione di copertura dei rischi di tasso sul loro indebitamento.

22. Con riguardo invece agli obiettivi di riduzione del costo del debito enunciati dall’art. 1, comma 736, della legge finanziaria per il 2007, n. 296 del 2006, cui parimenti si richiama il Comune di (omissis) ai fini dell’annullamento in autotutela degli swap, è sufficiente rilevare che si tratta di una norma sopravvenuta alle delibere autorizzative con cui i tre contratti con Un. erano stati sottoscritti, per cui, in applicazione del principio tempus regit actum, questa disposizione non può essere invocata come ragione di illegittimità dei contratti conclusi in precedenza.

23. Per quanto riguarda invece gli asseriti oneri impliciti o occulti che i medesimi rapporti in derivati avrebbero generato a carico dell’amministrazione, tali profili attengono alla fase esecutiva del rapporto di scambio in cui si sostanzia lo swap, come peraltro accertato dallo stesso giudice di primo grado. Pertanto, i medesimo profili non possono essere posti a fondamento del potere di annullamento in autotutela, ma casomai dare luogo all’attivazione dei rimedi contrattuali, nella competente sede giurisdizionale.

24. Del resto, che le ragioni a base del provvedimento impugnato alla fase di esecuzione del contratti si può ricavare dalla stesse difese del Comune di (omissis) nel presente giudizio.

L’amministrazione resistente ha infatti più volte ribadito che a fondamento della delibera impugnata nel presente giudizio vi è la circostanza – che peraltro Un. contesta – che i contratti di swap in contestazione hanno generato ingenti perdite. Chiara è dunque la volontà dell’ente locale di sottrarsi a conseguenze economiche sfavorevoli legate all’andamento dei tassi di mercato che la stessa non aveva previsto mediante il ricorso alle proprie prerogative di autorità pubblica.

25. Sennonché ciò non è consentito.

Sul punto deve infatti richiamarsi l’orientamento di questo Consiglio di Stato secondo cui alle pubbliche amministrazioni è impedito di sottrarsi per sopravvenute ragioni di inopportunità al rapporti contrattuali in corso di esecuzione attraverso il potere di autotutela pubblicistica (ed in particolare attraverso la revoca ex art. 21-quinquies l. n. 241 del 1990), essendo invece consentito alle stesse di esercitare il potere di annullamento d’ufficio ai sensi del successivo 21-nonies sugli atti amministrativi che presupposti alla stipula del negozio di diritto privato, purché affetti da vizi di legittimità (Cons. Stato, Ad. plen., 20 giugno 2014, n. 14). Nel caso di specie, seppur ammantate di questa veste, in realtà le ragioni a base dell’annullamento d’ufficio da ultimo esaminate sono estranee alla fase pubblicistica che precede il contratto ma si collocano nell’ambito del rapporto da esso scaturente.

25. Considerazioni analoghe a quelle ora svolte devono essere svolte in relazione alla mancata informativa precontrattuale prevista dalla normativa di settore (regolamento della Consob n. 11522 del 1° luglio 1998, più volte richiamato in precedenza), con l’unica precisazione che in questo caso il vizio che viene in rilievo attiene alla genesi del contratto (cfr. Cass., SS.UU., 19 dicembre 2007, nn. 26724 e 26725), ma in ogni caso non si colloca nella fase pubblicistica relativa alla decisione dell’ente locale di ricorrere allo strumento negoziale.

Alla luce dei rilievi finora svolti deve quindi escludersi che nel caso di specie sussistessero i presupposti per esercitare il potere di annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies l. n. 241 del 1990. Ciò rende irrilevanti le ulteriori questioni controverse in questo giudizio e relative in particolare alla ragionevolezza del termine di esercizio di tale potere.

26. Pertanto, in accoglimento dell’appello e riforma della sentenza di primo grado il ricorso di Un. deve essere accolto ed annullata la delibera giuntale di annullamento in autotutela con esso impugnata.

La complessità e particolarità della questione controversa giustifica tuttavia la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso di Un. s.p.a., annullando gli atti con esso impugnati.

Compensa le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella – Presidente

Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere

Fabio Franconiero – Consigliere, Estensore

Raffaele Prosperi – Consigliere

Alessandro Maggio – Consigliere

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