Palazzo-Spada

Consiglio di Stato

sezione V

 sentenza  17 gennaio 2014, n. 175

Fatto e diritto

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo del Veneto, rubricato al n. 3769/2000, i signori Renato Grigoletto e Leandrina Tomaello impugnavano il provvedimento in data 4 ottobre 2000, n. 26/2000, con il quale il Comune di Marcon aveva ordinato la demolizione opere edili da loro realizzate, consistenti in un impianto sportivo (campo da calcio con recinzione, spogliatoi ed impianto di illuminazione) sostenendone l’illegittimità e chiedendo il loro annullamento.
Con la sentenza in epigrafe, n. 46/2001, il Tribunale amministrativo del Veneto, Sezione II, respingeva il ricorso in quanto “la realizzata recinzione sui quattro lati del campo da calcio, l’installazione di otto fori su altrettanti pali equidistanti preordinati all’illuminazione notturna dell’area stessa ed il posizionamento del fabbricato adibito fra l’altro, a spogliatoio, fanno acquisire alla realizzata struttura il rilievo urbanistico – edilizio proprio degli “impianti sportivi all’aperto”, impianti che l’art. 4 secondo comma lett. f) del vigente regolamento edilizio assoggetta a concessione edilizia”.
2. Avverso la predetta sentenza i signori Renato Grigoletto e Leandrina Tomaello propongono il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 6197/01, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si è costituito in giudizio il Comune di Marcon chiedendo il rigetto dell’appello.
Con ordinanza n. 02080/2013 in data 16 aprile 2013, eseguita dall’Amministrazione, è stata integrata la documentazione agli atti del giudizio.
La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 19 novembre 2013.
3. L’appello è fondato.
Il provvedimento oggetto del giudizio ha disposto la demolizione delle opere di cui si tratta (recinzione, due porte per il gioco del calcio, pali per l’illuminazione ed un container, utilizzato come spogliatoio) in quanto realizzate in assenza di concessione edilizia.
Nel corso del giudizio il Comune appellato ha precisato che nel caso di specie il necessario assentimento delle opere con provvedimento autorizzativo espresso è previsto dall’art. 4, secondo comma lett. f), del regolamento edilizio comunale vigente all’epoca dei fatti di causa, il quale assoggettava a concessione edilizia la realizzazione di impianti sportivi, anche all’aperto.
La norma, peraltro, non specificava quali strutture destinate alla pratica sportiva dovessero ricadere nel suo ambito di applicazione.
Ritiene il Collegio che ciò imponga all’interprete di individuare un canone di razionale interpretazione della norma stessa, tale da evitare irragionevoli e sproporzionate complicazioni applicative quale potrebbe essere, ad esempio, l’imposizione della concessione edilizia anche per la posa in opera di un canestro per la pratica del gioco tre contro tre.
Ritiene, di conseguenza, il Collegio che la norma trovi applicazione qualora la realizzazione dell’impianto sportivo comporti attività aventi natura edilizia.
Così, nell’esempio appena proposto, sarà necessaria la concessione edilizia qualora il campo per la pratica del gioco tre contro tre comporti la realizzazione di un battuto in cemento o altro materiale, mentre sarebbe del tutto irragionevole pretendere il rilascio di atto autorizzatorio espresso per la sola posa in opera del canestro.
Nel caso della realizzazione di opere di impatto edilizio (il battuto in cemento dell’esempio appena proposto, ma anche la realizzazione di tribune amovibili o altro) la necessità del previo rilascio di autorizzazione espressa si estende all’intero complesso sportivo, e coinvolge anche le opere di per sé realizzabili sulla base di mera comunicazione di parte.
Applicando tali concetti al caso di specie, deve essere rilevato come gli odierni appellanti hanno realizzato una recinzione (è irrilevante se su tre o quattro lati), messo in opera due porte per il gioco del calcio, sollevato dei pali per l’illuminazione ed utilizzato un container come spogliatoio.
Il Collegio concorda con gli appellanti nel rilevare come la realizzazione della recinzione costituisca facoltà inerente al diritto del proprietario qualunque sia l’utilizzo del terreno, per cui non rileva, quanto meno da sola, per qualificare l’intervento realizzato come impianto sportivo all’aperto.
La posa in opera di due porte per il gioco del calcio non comporta certo lo svolgimento di attività edilizia, ed è minima anche l’attività necessaria per la realizzazione dei pali della illuminazione.
La posa in opera del container potrebbe richiedere di per sé il rilascio di atto autorizzativo ma sulla base delle dimensioni e le caratteristiche del manufatto, che il Comune non precisa.
Afferma, in conclusione, il Collegio che nel caso di specie i ricorrenti non hanno realizzato un impianto sportivo all’aperto ma hanno utilizzato per la pratica sportiva un terreno di loro proprietà, senza porre in essere attività di rilievo edilizio.
Sulla base di tali elementi, ritiene che l’attività complessivamente posta in essere dagli appellanti non ha rilievo sotto il profilo edilizio.
Di conseguenza, la stessa poteva essere posta in essere anche in zona agricola ed il suo eventuale effettivo contrasto con le caratteristiche dell’area doveva essere positivamente accertato.
Nella specie, invece, il Comune ha affermato che le opere in questione dovevano essere realizzate mediante concessione edilizia sulla base del presupposto (invero dedotto negli scritti difensivi) della loro qualificazione complessiva come impianto sportivo all’aperto.
Atteso che, per le considerazioni appena esposte, le opere di cui si tratta non possono essere così qualificate, nemmeno se considerate unitariamente, le argomentazioni degli appellanti devono essere condivise.
4. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, accolto il ricorso di primo grado, per l’effetto annullando l’impugnato provvedimento del Comune di Marcon in data 4 ottobre 2000, n. 26/2000.
In considerazione della particolarità della controversia le spese del giudizio devono essere integralmente compensate.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 6197/01, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, in riforma della sentenza gravata, accoglie il ricorso di primo grado, per l’effetto annullando l’impugnato provvedimento del Comune di Marcon in data 4 ottobre 2000, n. 26/2000.
Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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