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4.2. Non giova alle odierne appellanti sostenere, per affermare che nel caso di specie sussisterebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, l’argomento secondo cui esse, senza avere minimamente messo in discussione il tradizionale criterio di riparto della giurisdizione in questa materia, vanterebbero però, accanto al diritto soggettivo inerente alla legittimità della revoca per il presunto inadempimento, un interesse legittimo a partecipare alle future procedure finalizzate all’assegnazione dei finanziamenti e, quindi, sotto tale profilo ad impugnare la revoca avanti al giudice amministrativo, in quanto il provvedimento regionale di revoca, in questa sede gravato, costituirebbe elemento impeditivo alla partecipazione a dette procedure, richiedendo i bandi europei, perlopiù, che il richiedente non abbia subito revoche di precedenti finanziamenti nei cinque anni precedenti la domanda del nuovo finanziamento.
4.3. Né convince la tesi, pur suggestiva, che lo stesso atto amministrativo possa essere plurioffensivo, ledendo, insieme, sia una posizione di diritto soggettivo che di interesse legittimo, in questa sede asseritamente azionato.
4.4. La giurisdizione non si radica in base alla mutevole prospettazione formale del proprio interesse, fatta dal ricorrente, né sulla base del provvedimento richiesto al giudice (annullamento, risarcimento, etc.), ma sulla base del criterio oggettivo del petitum sostanziale e della causa petendi e, cioè, della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio, che nel caso di specie concerne la revoca regionale del finanziamento per un presunto inadempimento da parte dell’ATS.
4.5. L’eventuale vantaggio futuro che la parte mira ad ottenere mediante l’impugnazione della revoca – e cioè, per usare le sue parole, la “incensuratezza”, intesa come assenza di provvedimenti impeditivi della partecipazione a future procedure per l’assegnazione dei finanziamenti, quali sono, per i bandi europei, le revoche di finanziamenti regionali intervenute nel quinquennio precedente alla domanda – non può certo fungere da criterio idoneo a radicare e, ancor meno, a modificare la giurisdizione, perché, così ragionando, si dovrebbe pervenire alla conclusione che la parte possa contestare lo stesso atto contemporaneamente avanti a due giurisdizioni sulla base della differente prospettazione, avanti ad esse, del medesimo interesse sostanziale, che è e non può non essere unico, mentre ciò che ne differenzia il grado e la Ti.logia di tutela è solo il suo rapporto con il potere illegittimamente esercitato (o illegittimamente non esercitato) dall’Amministrazione.
4.7. Soltanto l’esercizio o il mancato esercizio del potere fonda la giurisdizione del giudice amministrativo (art. 7, comma 1, c.p.a.), ma è evidente come nel caso di specie tale esercizio del potere non vi sia stato, perché il provvedimento di revoca regionale, intervenuto dopo una complessa vicenda che sarà, eventualmente, oggetto di debito accertamento avanti al giudice civile, è dipeso dall’inadempimento contestato dalla Regione Puglia all’ATS e non da vizi della procedura di finanziamento o da ragioni di pubblico interesse, sicché il privato non si trova al cospetto dell’esercizio di un potere pubblicistico.
4.8. Non può che discenderne, pertanto, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, come ha ben rilevato il primo giudice, occorrendo qui solo precisare – come si è già accennato (§ 1.7.) – che, peraltro, l’atto dirigenziale n. 453 del 17 ottobre 2016, qui contestato, costituisce già oggetto di cognizione da parte del giudice civile perché, nel giudizio proposto dalle odierne appellanti avanti al Tribunale di Bari, la convenuta Casa Protetta Villa On. s.r.l., nel costituirsi, ha proposto una domanda riconvenzionale con cui, tra l’altro, ha chiesto in via subordinata di accertare l’illegittimità di tale determina (pp. 15-19 della comparsa di costituzione in quel giudizio, sub doc. 14 fasc. parte appellata).
4.9. Sarà quindi in tale giudizio o, eventualmente, in altro connesso giudizio da instaurare avanti al medesimo Tribunale di Bari, nel termine di tre mesi, previsto dall’art. 11 c.p.a., decorrente dal passaggio in giudicato della presente sentenza, che le odierne appellanti potranno fare valere le loro pretese e le loro censure, anche per gli effetti che qui intendono fare valere, e nell’ottica, rispondente al principio di una tutela giurisdizionale piena, effettiva e unitaria, del simultaneus processus avanti al medesimo giudice munito di giurisdizione, qui da individuarsi necessariamente e unicamente, per tutte le ragioni viste, nel giudice civile.
5. Concludendo, per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.
6. Le spese del presente grado del giudizio, attesa la peculiarità del caso esaminato, possono essere interamente compensate tra le parti.
6.1. Rimane definitivamente a carico delle appellanti, per la loro soccombenza in punto di giurisdizione, il contributo unificato richiesto per la proposizione del gravame.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come proposto da Occupazione e Solidarietà Sociale “Ti. A”, da Ta. Società Cooperativa Sociale e da Si. Società Cooperativa Sociale, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado del giudizio.
Pone definitivamente a carico di Occupazione e Solidarietà Sociale “Ti. A”, di Ta. Società Cooperativa Sociale e di Si. Società Cooperativa Sociale il contributo unificato richiesto per la proposizione dell’appello.
Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2017, con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Giorgio Calderoni – Consigliere
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