Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 22 agosto 2018, n. 4999.
La massima estrapolata:
Non è necessaria, in modo assoluto ed ininterrotto, la dimostrazione da parte dell’extra comunitario di un determinato livello di reddito ai fini del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, potendo esservi periodi nei quali tali requisiti possano in tutto o in parte mancare, purché tali periodi siano limitati nel tempo e non determinino una definitiva perdita della capacità di produrre reddito.
Sentenza 22 agosto 2018, n. 4999
Data udienza 22 giugno 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7672 del 2016, proposto da:
Ha. Kh., rappresentato e difeso dagli avvocati Va. Se., Fe. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Fe. Ma. in Roma, Lungotevere (…);
contro
Questura di Brescia, Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA – SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE I n. 424/2016, resa tra le parti, concernente il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato, di cui al decreto del Questore di Brescia 3 novembre 2015, n. 2372.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura di Brescia e di Ministero dell’Interno;
Vista l’ordinanza cautelare n. 5453/2016 con cui questa Sezione ha sospeso lì esecutività della sentenza impugnata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti gli avvocati Fe. Ma. e l’Avvocato dello Stato Ma. Vi. Lu.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con istanza presentata in data 27 novembre 2013 l’immigrato di nazionalità marocchina meglio indicato in epigrafe, chiedeva alla Questura di Brescia ilrinnovo del permesso di soggiorno per lavoro dipendente, allegando documentazione relativa al rapporto di lavoro domestico a tempo indeterminato in corso da aprile 2009 con un datore di lavoro di nazionalità marocchina, titolare di un permesso di soggiorno CE di lungo soggiorno, residente a Casto (BS).
1.1.Con decreto 2 novembre 2015 il Questore respingeva l’istanza, rilevando che, secondo quanto emergeva dai tabulati INPS ed Agenzia delle Entrate, il lavoratore non aveva un reddito annuo sufficiente per il proprio sostentamento, visto che “lo straniero non ha dimostrato, in chiave prospettica future e concrete occasioni per poter adeguare il proprio requisito reddituale; infatti gli ultimi redditi dello straniero si riferiscono al 2013 per un importo di euro 107,46”; né elementi favorevoli erano emersi in occasione dello invio del preavviso di rigetto, visto che lo immigrato (su richiesta della stessa Questura) aveva presentato per l’anno 2013 una dichiarazione del datore di lavoro, sostitutiva del CUD 2013 da cui risultava un reddito annuo di euro 2.844,84 e copia di bollettini INPS per corrispondenti contributi pari a circa euro 4740,00.
Pertanto il Questure di Brescia con il decreto 3 novembre 2015 negava il rinnovo del permesso di soggiorno all’immigrato, intimandogli, altresì, contestualmente di lasciare il territorio nazionale entro 10giorni dalla notifica del provvedimento (avvenuta in data 11 gennaio 2016 presso la stessa Questura di Brescia).
1.2. Avverso tale provvedimento l’immigrato ha proposto ricorso al TAR Lombardia, Sezione di Brescia, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, per violazione dello art 5, comma 5, degli artt.22, 26 e 29 del TUI 286/1998, nonché per difetto di motivazione (dedotti con due articolati motivi).
1.3. Con sentenza semplificata n. 424/2016 il TAR Lombardia, Sezione Brescia respingeva il ricorso, ponendo a carico del ricorrente soccombente le spese del grado, liquidate in euro 1.500,00, oltre gli accessori di legge, ove dovuti.
In particolare il giudice di primo grado considerava che il ricorrente, nonostante avesse presentato documentazione integrativa in ordine al reddito ed ai contributi previdenziale per lo anno 2013, tuttavia non aveva documentato di avere percepito redditi da lavoro anche nel 2014 e nel 2015 per i quali, alla data di verifica dei tabulati cioè il 3 novembre 2015, non risultavano elementi né presso INPS né presso Agenzia delle Entrate.
1.4.Né (ad avviso del TAR adito) portava a diversa conclusione il versamento di contributi INPS per gli anni 2014 e 2015, di cui il ricorrente ha esibito copia dei corrispondenti MAV, in quanto tali contributi risultano tutti pagati risultano pagati il 18 gennaio 2016, cioè in momento successivo alla data di notifica del diniego impugnato.
1.5.Avverso la sentenza del TAR lo immigrato ha proposto lo appello in epigrafe, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, con unico articolato motivo, che ripropone in sostanza i vizi di violazione di legge già dedotti in primo grado.
1.6.Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate, che con atto di mera forma hanno chiesto il rigetto dello appello.
1.7.Con ordinanza cautelare n. 5453/2016 la Sezione, sospesa nelle more la esecutività della sentenza impugnata, ha disposto una integrazione istruttoria a carico della Questura di Brescia, che ha provveduto con nota del 5 gennaio 2017.
Alla pubblica udienza meglio indicata in epigrafe, sentiti i difensori presenti per entrambe le parti, la causa è passata in decisione.
2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la sentenza semplificata impugnata ha negato il rinnovo del permesso di soggiorno all’appellante con riferimento al fatto che l’immigrato per l’anno 2013 ha documentato la produzione di un reddito annuo (euro 2.844, 84) ed il versamento contributi previdenziali, entrambi ritenuti dalla Questura di Brescia insufficienti, mentre “nulla risulterebbe dalle banche dati per gli anni successivi, all’atto dell’accesso, il 3 novembre 2015, sia presso l’INPS che presso l’Agenzia delle Entrate” (sentenza appellata).
2.1.Pertanto (ad avviso del giudice di primo grado) correttamente la Questura avrebbe presunto l’insussistenza in capo all’immigrato di un reddito sufficiente al suo mantenimento, vista l’assenza di riscontri positivi dalle banche dati e considerata la circostanza che i bollettini MAV relativi ai contributi per gli anni 2014 e 2015 (esibiti dal ricorrente a sostegno della sussistenza del rapporto di lavoro) in realtà risultati pagati tutti nella stessa data 18 gennaio 2016, posteriore alla notifica del decreto di diniego.
2.2. L’argomentazione del giudice di primo grado non appare condivisibile.
Infatti, in primo luogo, l’appellante rappresenta che dal 2009 ha sempre lavorato come domestico a tempo indeterminato, fruendo anche di vitto ed alloggio gratuito, presso lo stesso datore di lavoro, cittadino marocchino titolare di permesso di lungo soggiornante (residente a Casto, prov.BS), come risulta dalla documentazione presentata alla Questura e cioè dalla denuncia di rapporto di lavoro, presentata all’INPS in data 27 aprile 2010, dalla dichiarazione sostitutiva a firma del datore di lavoro dei redditi per il 2013 (che dichiara di aver corrisposto al domestico euro 2.844,84) e dai vari bollettini MAV di contributi INPS per l’anno 2013, richiamati dallo stesso decreto impugnato, ai quali la Questura aggiunge anche, quale ulteriore reddito per il 2013, la somma di euro 107, 46, corrisposta da altro datore di lavoro.
2.3.Inoltre, a seguito dell’istruttoria disposta con l’ordinanza cautelare n. 5453/2016, la Questura di Brescia ha rilevato che, mentre nel decreto impugnato si rileva che (consultate nel novembre 2015 le banche dati INPS ed Agenzia delle Entrate) “gli ultimi redditi dello straniero si riferiscono al 2013”, invece dal portale INPS (nel gennaio 2017) risultano a favore dell’interessato versamenti per contributi da lavoro domestico corrispondenti ad un reddito di euro 6.578,00 circa per l’anno 2014 e ad euro 6.591,00 circa per il 2015.
2.3.1. Quindi dal risultato dell’adempimento istruttorio si desume non solo che il rapporto di lavoro domestico, come indicato dal ricorrente, sussisteva all’epoca della istanza di rinnovo del permesso di soggiorno (gennaio 2014), ma anche che il rapporto è duraturo nel tempo e stabile e corrisponde al contenuto delle dichiarazioni sostitutive di CUD rese da datore di lavoro, che ha attestato di aver corrisposto al ricorrente sia per il 2014 sia per il 2015 la retribuzione annua di euro 5.889,00 circa; dichiarazioni depositate in primo grado dal ricorrente a contestazione della motivazione del decreto di diniego nella parte in cui addebita all’immigrato sia la produzione per il 2013 di un reddito non sufficiente per vivere sia la circostanza di non aver dimostrato ” in chiave prospettica future e concrete occasioni per poter adeguare il proprio requisito reddituale; infatti gli ultimi redditi dello straniero si riferiscono al 2013 per un importo di 107,46 euro”.
2.4.Dagli esposti elementi, quindi, appare evidente che la mancanza di dati relativi alla posizione previdenziale dell’immigrato (di cui non risultava traccia negli archivi informatici INPS) non poteva, quanto meno, costituire una prova assoluta della mancata sussistenza del rapporto di lavoro dipendente, ma poteva configurare, piuttosto, un indizio di una reiterata inosservanza degli obblighi previdenziali da parte del datore di lavoro e degli eventuali obblighi fiscali del lavoratore dipendente; inosservanza che certo, nell’attuale quadro normativo, non rappresenta un requisito rilevante ai fini del rinnovo o meno del permesso di soggiorno per lavoro dipendente, mentre l’inosservanza degli obblighi fiscali e previdenziali viene perseguita con la previsione di specifiche sanzioni, inflitte a conclusione di procedimenti di accertamento dei competenti uffici finanziari.
2.5. In tali sensi, quindi, non appare condivisibile l’iter logico del giudice di primo grado nella parte in cui ricollega la “presunzione di inesistenza della disponibilità di un reddito adeguato al mantenimento del ricorrente” alla circostanza che i contributi previdenziali dovuti per gli anni 2014 e 2015 risultano tutti pagati tardivamente (il 18 gennaio 2016, cioè successivamente alla notifica del decreto di diniego), concludendo nel senso che il ricorrente, comunque, non ha prodotto alcun elemento idoneo a smentire tale presunzione.
2.6. Tra l’altro l’istruttoria disposta da questa Sezione ha permesso di appurare che il datore di lavoro, soggiornante di lungo periodo, fin dal 2009 ha uno stabile reddito annuo di euro 20.000,00 circa, regolarmente dichiarato, per cui tale elemento, unitamente alle dichiarazioni sostitutive di CUD, rilasciate dal datore di lavoro medesimo per il 2013, 2014 e 2015, rende molto labile il sospetto che il rapporto di lavoro domestico in questione (nella addebitata mancanza dei versamenti contributivi) fosse, se non fittizio, comunque, svolto, in concreto, per un numero di ore inferiore alle 25 settimanali riportate nella denuncia di rapporto ad INPS del 2010.
2.7.Certamente, comunque, la iniziale difficoltà nel reperimento dei dati dell’immigrato nella banca dati INPS costituisce una incongruenza poco comprensibile ed ancora maggiore, ove si consideri che l’interessato, a partire dal 2010, aveva ottenuto in precedenza altri rinnovi del permesso di soggiorno come domestico e che, quindi, per un certo periodo il suo nominativo era risultato regolarmente inserito nella banca dati INPS.
2.7.1.Al riguardo nell’appello, considerata la riscontrata omonimia con altri immigrati marocchini nati nello stesso giorno ed anno dell’appellante, si ipotizza che il sistema informatico INPS non abbia ricongiunto i dati incamerati in corrispondenza ad un codice fiscale provvisorio (privo di lettere), rilasciato all’immigrato nel 2013, e quelli incamerati in corrispondenza al codice fiscale definitivo alfanumerico, rilasciato al medesimo immigrato solo nel 2015 e riportato nell’intestazione dello stesso appello in epigrafe.
2.8.Per completezza, comunque, in tema di “chiave prospettica” il Collegio ritiene di aggiungere che l’interessato, all’epoca di presentazione dell’istanza di rinnovo del permesso, cioè nel novembre 2013, non poteva documentare alla Questura il futuro reddito del 2014 ed osserva che neanche la Questura nel gennaio 2014 (nel formulare richiesta di osservazioni ai sensi degli artt.7 – 8 e 10 bis legge n. 241/1990) ha chiesto all’immigrato notizie sulle “concrete occasioni” di reddito, ma si è limitata ad acquisire documentazione sul reddito del 2013.
2.9.Da ultimo, poi, va aggiunto che, comunque, il reddito annuo di poco meno di 2.950,00 circa percepito dall’immigrato ed i benefici del vitto ed alloggio (inseriti nel contratto di lavoro domestico) non possono essere in via di principio ritenuti insufficienti per il mantenimento dell’appellante, ove si consideri che il legislatore ha posto a carico dell’immigrato il raggiungimento di una vera e propria soglia di reddito minimo (cioè quello dell’assegno sociale) solo nel caso di ricongiungimento familiare, mentre per i restanti casi si è limitato a chiedere la “disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno” (art. 4, comma 3, D.LGS. n. 286/1998 e art. 13, comma 2, DPR n. 494/1999).
2.9.1.D’altra parte, nel procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro (specie quello dipendente), ad avviso dell’appellante, ove pure la Questura eventualmente rilevasse che l’immigrato per un periodo non abbia avuto la disponibilità di mezzi sufficienti per vivere, tale situazione di per se stessa non costituirebbe una causa ostativa al rinnovo del permesso.
E nel caso di specie l’immigrato aveva dimostrato di avere, comunque, la disponibilità dei mezzi minimi per vivere, avendo depositato in Questura sia il contratto di lavoro a tempo indeterminato, con vitto ed alloggio, sia la dichiarazione del datore di lavoro circa il reddito corrisposto al domestico nel 2013, corredata dai bollettino di versamento dei relativi contributi previdenziali per lo stesso anno.
2.9.2.L’argomentazione dell’appellante va condivisa.
Infatti, in primo luogo, come ha affermato la costante giurisprudenza, “non è necessaria, in modo assoluto ed ininterrotto, la dimostrazione.da parte dell’extra comunitario di un determinato livello di reddito ai fini del rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, potendo esservi periodi nei quali tali requisiti possano in tutto o in parte mancare, purché tali periodi siano limitati nel tempo e non determinino una definitiva perdita della capacità di produrre reddito” (vedi ex multis Cons, St, sez. Terza n. 2645/2015).
2.9.3.Inoltre, sempre per consolidata giurisprudenza recepita da Ministero dell’Interno anche con circolare 3 ottobre 2016, n. 40579, la Questura (quanto alla capacità di produrre reddito) deve compiere una valutazione prognostica sulla prospettiva futura dell’immigrato di poter provvedere lecitamente alle proprie esigenze e, quindi, la valutazione favorevole da parte delle competenti autorità sulla capacità dell’immigrato di produrre un reddito sufficiente per vivere autonomamente, non può essere esclusa da difficoltà pregresse, ma deve avere ad oggetto la ragionevole prospettiva della attuale ed immediatamente prossima capacità di reddito dell’immigrato”(vedi ex multis Cons St. Sez. Terza n. 8217/2016 e n. 3880/2016).
2.9.4.Infine ” Ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, in ordine al possesso del requisito del reddito minimo per il sostentamento, la valutazione della Pubblica Amministrazione, più che limitarsi ad una mera ricognizione della sussistenza di redditi adeguati nei periodi pregressi, deve consistere soprattutto in un giudizio prognostico, che tenga conto anche delle occasioni lavorative favorevoli sopravvenute nelle more dell’adozione del rigetto e, quindi, consenta una adeguata valutazione delle prospettive di integrazione del lavoratore straniero nel tessuto socio economico dell’area in cui risiede”(Cons.St. Sez. Terza n. 4694/2017 ex multis).
3. In conclusione, alla luce delle esposte considerazioni, l’appello va accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il decreto 3 novembre 2015, n. 2372, con cui il Questore di Brescia ha negato all’appellante il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro dipendente, va annullato con il conseguente obbligo della Questura di Brescia di rideterminarsi in conformità alle argomentazioni sopraesposte.
Considerate le caratteristiche di fatto della vicenda, che hanno richiesto specifici adempimenti istruttori, sussistono giuste ragioni per compensare tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza accoglie l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, annulla il decreto 3 novembre 2015, n. 2372, con cui il Questore di Brescia ha negato il rinnovo del permesso di soggiorno all’appellante, con il conseguente obbligo della Questura di Brescia di rideterminarsi in conformità alle argomentazioni di cui in motivazione.
Spese di entrambi i gradi di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Francesco Bellomo – Consigliere
Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere, Estensore
Giulio Veltri – Consigliere
Sergio Fina – Consigliere
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