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1. – La Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei propone appello avverso la sentenza del T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, Sez. VI, 23 marzo 2011, n. 2252, resa tra le parti in forma semplificata, con la quale, riunendo due ricorsi proposti dal Signor An. Fl. nei confronti del Comune di (omissis) e della suindicata Soprintendenza, ha accolto le censure dal ricorrente, dedotte al fine di sostenere la illegittimità del provvedimento del Comune di (omissis) 12 luglio 2010, n. 25455, con il quale sono state rigettate le domande di condono edilizio 28 marzo 1986. n. 16533, e 11 aprile 1995, n. 20823. relativi alla realizzazione di alcune palazzine, nonché ad altri interventi edilizi (nella specie un muro e una gradonata) in (omissis) alla via (omissis), disponendone la demolizione, nonché i presupposti pareri negativi espressi dalla Soprintendenza con riferimento ad entrambe le istanze di condono (20 aprile 2010, nn. 13926 e 13927).
Nel corso del giudizio di primo grado il Tribunale, anche all’esito di una disposta verificazione, ha valorizzato il motivo di doglianza, dedotto nei due ricorsi dal Signor Fi., con il quale si sosteneva che i pareri della Soprintendenza, sulla base dei quali il Comune di (omissis) aveva negato il condono e disporre la demolizione delle opere per le quali era stata richiesta la sanatoria, erano illegittimi, perché l’impedimento all’accoglimento delle istanze era costituito dalla presenza nell’area di un vincolo archeologico introdotto in epoca largamente successiva rispetto alla realizzazione delle opere edilizie, in quanto istituito con il D.M. 18 febbraio 1991, oltre al fatto “che entrambi i pareri non recano una specifica valutazione in ordine alla compatibilità dei risalenti manufatti con il vincolo archeologico sopravvenuto, ma si limitano a richiamare diffusamente il pregio archeologico dell’area” (così, testualmente, a pagina 5 della sentenza qui fatta oggetto di appello).
Il Tribunale, nel motivare la sentenza di annullamento dei provvedimenti impugnati, ha tenuto conto dell’esistenza nell’area di un vincolo archeologico apposto nel 1957 ai sensi della l. 1089/1939, escludendo però che con la sua imposizione si fosse determinata l’assoluta inedificabilità dell’area, sicché in sede di parere da rendersi nel corso del procedimento di condono la Soprintendenza avrebbe dovuto motivare compiutamente sull’asserita incompatibilità dell’intervento con il vincolo in questione.
2. – Con l’atto di appello la Soprintendenza contesta la correttezza delle conclusioni alle quali è giunto il Tribunale, ritenendo la sentenza affetta da errori nella valutazione degli elementi istruttori.
In particolare, l’Amministrazione precisa che il vincolo apposto nel 1957, pur trattandosi di un vincolo indiretto, aveva l’obiettivo di impedire che venissero alterate le condizioni ambientali e di decoro del paesaggio (omissis), di talché la successiva apposizione del vincolo archeologico di cui DM 18 febbraio 1991, nel sottoporre l’intero invaso del lago, amplia solo territorialmente la tutela vincolistica, ma ciò non ha inciso in alcun modo sulla immodificabilità edilizia dell’area già coinvolta nell’imposizione del 1957.
Ne è conferma che il dante causa del ricorrente Fi., Signor Di Bo., fu perseguito penalmente per avere realizzato una costruzione abusiva nel 1965.
Da qui la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale e della reiezione dei ricorsi, siccome riuniti, proposti in primo grado.
3. – Il Signor Fi. ed il Comune di (omissis), seppure raggiunti ritualmente e tempestivamente dalla notifica dell’atto di appello, non si sono costituiti nel giudizio di secondo grado.
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