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La società Le Re. S.a.s., in data 8 febbraio 2002, otteneva la concessione edilizia per la costruzione di un fabbricato alberghiero sul terreno di sua proprietà sito nel Comune di (omissis), località (omissis), catastalmente individuato al foglio (omissis), mappale (omissis). L’inizio lavori veniva stabilito per il giorno 29 maggio 2002 con termine di ultimazione delle opere entro i successivi cinque anni. Il suddetto termine di ultimazione veniva poi prorogato di 19 mesi, con scadenza prevista per il 28 dicembre 2008. La concessione edilizia veniva successivamente rinnovata, per permettere il completamento delle opere, in data 24 dicembre 2009; l’inizio dei lavori era pertanto stabilito per il 1° gennaio 2010, con termine di ultimazione entro i successivi cinque anni.
In data 15 gennaio 2010, la medesima società formalizzava richiesta di sanatoria per le opere realizzate in difformità dal titolo edilizio, unitamente alla variante per cambio di destinazione da uso albergo a residenza turistico-alberghiera. Sanatoria e variante venivano respinte dal Comune di (omissis) con provvedimento del 24 febbraio 2011, sulla base della presupposta insanabilità delle opere difformi realizzate. Detto provvedimento di diniego era preceduto dall’ordine di sospensione dei lavori del 22 novembre 2010, seguito dalla diffida alla rimozione delle opere difformi con ripristino della destinazione originaria ad uso albergo, del 7 marzo 2011, nonché dal conseguente ordine di demolizione del 25 maggio 2011. A seguito del provvedimento di diniego di sanatoria e dei conseguenti provvedimenti sindacali, l’Autorità Giudiziaria Ordinaria sottoponeva a sequestro preventivo l’intero immobile a far data dal 14 aprile 2011.
Con la sentenza n. 4628/2014 dell’11 settembre 2014, in riforma della sentenza del TAR Valle d’Aosta n. 72/2012, il Consiglio di Stato accertava la parziale illegittimità del provvedimento di diniego di sanatoria e dei conseguenti provvedimenti adottati dal Comune di (omissis) (diffida e ordinanza di demolizione). A seguito della detta decisione, la società Le Re. S.a.s. richiedeva al Comune di (omissis) il riesame della pratica edilizia alla luce di quanto affermato dal Consiglio di Stato. In data 30 settembre 2015, l’Amministrazione Comunale, ripronunciandosi sull’istanza di sanatoria, concedeva il richiesto permesso di costruire in sanatoria parziale, con atto notificato alla ricorrente il successivo 29 ottobre 2015. Nelle more, in data 25 giugno 2015 il Tribunale ordinario aveva di conseguenza ordinato la revoca del sequestro preventivo dell’intero fabbricato di proprietà della ricorrente.
In data 14 aprile 2016, l’appellante comunicava all’Amministrazione comunale il riavvio dei lavori a far data dal successivo 26 aprile. Con nota del 29 aprile 2016, protocollo numero 4236, il Comune di (omissis) affermava che: “il completamento dei lavori è soggetto a richiesta di nuovo permesso di costruire come previsto dall’art. 60 comma 7 della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11?il titolo abilitativo è spirato e dovrà essere instaurato un nuovo procedimento nel corso del quale l’Amministrazione eserciterà il proprio potere autorizzatorio tenendo conto della disciplina urbanistica vigente”. Il Comune concludeva, diffidando “la Società Le Re. dallo svolgere opere edilizie nel fabbricato distinto al Catasto al foglio (omissis), mappale (omissis), in quanto esse verrebbero realizzate in assenza di titolo abilitativo. Il Comune si riserva di prendere tutti i provvedimenti ai sensi degli artt. 75 e 76 della legge regionale 6 aprile 1998, n. 11”.
La società proponeva ricorso avverso detto provvedimento, chiedendone l’annullamento.
Con sentenza n. 59/2016, pubblicata il 5 dicembre 2016, il T.A.R. Valle d’Aosta ha rigettato il ricorso.
L’appellante ha quindi impugnato detta sentenza per i motivi di seguito esaminati, che ripropongono le censure disattese dal Giudice di primo grado.
La società ricorrente, con il primo motivo del ricorso proposto avanti al TAR Valle d’Aosta, ha censurato i provvedimenti comunali per violazione degli artt. 6, 12 e 16 della Legge Regionale 6 agosto 2007 n. 19. Mancata comunicazione dell’avvio del procedimento. Eccesso di Potere. Carenza di istruttoria. Difetto di motivazione. La ricorrente, in particolare, ha censurato i provvedimenti adottati dal Comune di (omissis), in quanto non preceduti dalla formalizzazione del precipuo atto di decadenza del permesso di costruire a conclusione del relativo procedimento e della comunicazione di avvio del procedimento stesso.
Il TAR Valle d’Aosta ha respinto il motivo di ricorso, rilevando che l’Amministrazione comunale, “in assenza di apposita formale istanza del soggetto titolare della concessione, si è limitata a prendere atto dell’intervenuta decadenza del titolo – decadenza i cui effetti si sono prodotti quantunque in assenza di provvedimento espresso – ed a diffidare la ricorrente dall’eseguire i lavori”.
L’appellante contesta tale assunto, rilevando che il Comune di (omissis) non ha tenuto minimamento conto delle ragioni della mancata conclusione dei lavori – non imputabili al titolare della licenza edilizia – non avendo mai avviato alcun procedimento atto ad accertare la presunta decadenza del titolo. In particolare, secondo l’appellante, il mancato avvio del procedimento atto a verificare la sussistenza dei presupposti, di fatto e di diritto, per la dichiarazione di decadenza del titolo edilizio rilasciato ha indubbiamente leso la società Le Re. la quale, impedita nell’utilizzo degli strumenti partecipativi di cui alla L.R. 6 agosto 2007 n. 19, non ha potuto adeguatamente far valere le proprie ragioni, che ben avrebbero potuto dissuadere l’Amministrazione comunale dall’adottare il provvedimento impugnato. A tal fine la ricorrente richiama la giurisprudenza in base alla quale l’operatività della decadenza della concessione edilizia necessita dell’intermediazione di un formale provvedimento amministrativo, da adottare previa apposita istruttoria.
Il motivo è fondato per le ragioni di seguito indicate.
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