Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 7 dicembre 2017, n. 5775. I giudizi formulati dalla commissione sono l’espressione di una discrezionalita’ tecnica non sindacabile sulla base di opinioni tecniche difformi

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Vista la costituzione anche in questa fase di giudizio del Comune di Lecce, il quale ha concluso per la correttezza della sentenza impugnata e per il rigetto dell’appello;
Considerato che il Collegio non intravede nelle censure sollevate ragioni per distaccarsi tanto dalla sentenza del tribunale amministrativo, quanto da una giurisprudenza pacifica, poiché il voto espresso dalla commissione esaminatrice ed insufficiente per l’ammissione alla prova orale appare, anche nel caso in esame, una pura espressione della discrezionalità tecnica da sempre riconosciuta alle commissioni, in quanto il voto numerico esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione, contenendo in sé stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti cui non può essere opposta una perizia esterna, poiché ciò dovrebbe tradursi nell’applicazione di norme tecniche contenute in una legge scientifica universale sulla discrezionalità tecnica della commissione, che nel caso dovrebbe esprimersi tramite principi giuridici assoluti ed incontrastati, allorché è rimesso invece alla commissione la fissazione di criteri generali e la modulazione di quanto scritto nei singoli elaborati rispetto a detti criteri (Cons. Stato, V, 5 dicembre 2016 n. 5086; cfr, da ultimo, Cons.Stato, Ad Plen, n. 7/2017 sulle sufficienza del voto numerico assegnato in applicazione di puntuali criteri di valutazione);
Ritenuto che le competenze della commissione sono l’espressione di una scienza non sindacabile da pareri di terzi, a meno che non venga prospettata con precisione e giustificazione probatoria la sussistenza delle note figure dell’illogicità, dell’irrazionalità e del radicale travisamento dei fatti, non comunque sufficientemente desumibili dal contenuto dell’appello e di conseguenza la pretesa disparità di trattamento nella correzione degli elaborati non permette quello che viene definito un sindacato “forte” del giudice amministrativo sulla medesima discrezionalità tecnica (Cons. Stato, v, n. 5085/16 cit.);
Considerato inoltre che l’apposizione sull’elaborato di segni o glosse era connessa all’evidenziazione di errori o inesattezze e non valeva come giudizio specifico negativo dell’elaborato medesimo, che l’attribuzione di un voto numerico o di un giudizio sintetico rientrava nei poteri della commissione che non era vincolata al secondo di questi e che la durata dei tempi di correzione non può autonomamente giustificare un trattamento deteriore di un singolo candidato;
Ritenuto pertanto su tali basi che l’appello vada respinto e che le spese seguano la soccombenza;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio liquidate in complessivi E. 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2017 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Fabio Franconiero – Consigliere
Raffaele Prosperi – Consigliere, Estensore
Valerio Perotti – Consigliere

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