L’autorizzazione del Questore, prevista dagli artt. 86 e 88 TULPS, ottenuta dall’esercente prima di intraprendere la sua attivita’ e’ posta a tutela di interessi diversi da quello della salute pubblica

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 5 giugno 2018, n. 3382.

La massima estrapolata:

L’autorizzazione del Questore , prevista dagli artt. 86 e 88 TULPS, ottenuta dall’esercente prima di intraprendere la sua attivita’ e’ posta a tutela di interessi diversi da quello della salute pubblica, quale, in particolare, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, essendo diretta a prevenire la commissione di reati, onde non puo’ rilevare in relazione a provvedimenti , come le disposizioni limitative degli orari di apertura delle sale giochi e di funzionamento degli apparecchi , poste a tutela di interessi diversi quali la salute pubblica.

Sentenza 5 giugno 2018, n. 3382

Data udienza 22 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero di registro generale 8155 del 2017, proposto da
Li. Mo., in proprio e nella qualità di amministratore unico della Eu. Sl. s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Fr. Sa. Ma., Ul. Co. e Ro. Co., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Fr. Sa. Ma. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Lo., con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via (…);
Asl VCO – Azienda Sanitaria Locale di Verbano – Cusio – Ossola, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda) n. 00838/2017, resa tra le parti, concernente l’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di (omissis) n. 84 del 29.11.16, recante “Approvazione del regolamento comunale per le sale giochi e per l’installazione di apparecchi elettronici da intrattenimento e da gioco” e del regolamento con la stessa adottato, pubblicata nell’albo pretorio dal 5 al 20 dicembre 2016; nonché per l’annullamento di ogni atto a essa presupposto, connesso e conseguente, anche se non conosciuto dal ricorrente
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2018 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Co., Co. e Lo.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La Eu. Sl. s.r.l. svolge attività di gestione di sale giochi VLT (video lottery terminal) e, in tale veste, è titolare di un contratto con Sisal, gestore intermedio per l’individuazione dei punti vendita per l’installazione degli apparecchi videoterminali di cui all’art. 110, comma 6, lett. b) R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (TULPS); per conto di Sisal cura, pertanto, la gestione di apparecchi VLT presso la sala giochi La Fe. sita in (omissis), , percependo, quale corrispettivo, una percentuale su ogni giocata.
2. Con delibera 29 novembre 2016 n. 84, il Comune di (omissis) ha adottato il “Regolamento per le sale giochi e per l’installazione di apparecchi elettronici da intrattenimento o da gioco” che prevede all’art. 9, rubricato “Orari di apertura sala giochi e di funzionamento degli apparecchi di cui all’art. 110, c. 6 del TULPS”, limitazioni degli orari all’apertura delle sale giochi e al funzionamento degli apparecchi da gioco.
2.1. In particolare è stabilito che: “l’orario di esercizio delle sale giochi autorizzate ex art. 86 del TULPS e delle sale scommesse autorizzate dalla Questura ai sensi dell’art. 88 TULPS è il seguente: dalle ore 10 alle ore 24 di tutti i giorni, compresi i festivi. Gli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco con vincita in denaro di cui all’art. 110, c. 6 lett. a e b del TULPS, collocati negli esercizi autorizzati ex art. 86 del TULPS (sale gioco, bar, ristoranti, alberghi) e negli esercizi autorizzati ex art. 88 del TULPS (sale scommesse, sale bingo, sale VLT, ecc), nonché negli esercizi commerciali, nelle rivendite dei tabacchi e nelle ricevitorie lotto sono i seguenti: dalle ore 14 alle ore 18 e dalle ore 20 alle ore 24 di tutti i giorni, compresi i festivi. Gli apparecchi di cui sopra, nelle ore di sospensione del funzionamento, devono essere spenti tramite l’apposito interruttore elettrico di ogni singolo apparecchio ed essere mantenuti non accessibili”.
3. La Eu. Sl. s.r.l., gestendo esclusivamente slot machines, ha dovuto limitare l’orario della sua attività – che in precedenza si svolgeva dalle ore 9 alle ore 1 – dalle ore 14 alle ore 18 e dalle ore 20 alle ore 24.
4. La Sig.ra Li. Mo., in proprio e quale amministratore unico della Eu. Sl. s.r.l., ha impugnato il regolamento comunale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte sulla base di otto motivi. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis) che ha concluso per il rigetto del ricorso.
5. Con la sentenza, sez. II, 11 luglio 2017, n. 838 il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso; spese compensate tra le parti in causa.
6. Appella la Sig.ra Li. Mo., in proprio e quale amministratore unico della Eu. Sl. s.r.l.; resiste il Comune di (omissis).
Le parti hanno presentato memorie in vista dell’udienza, nonché memorie di replica.
All’udienza del 22 febbraio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il Comune di (omissis), nella memoria depositata in vista dell’udienza pubblica, ha eccepito la nullità della notifica dell’appello; sostiene che, nel giudizio di primo grado, non aveva eletto domicilio a Torino, sede del tribunale amministrativo regionale dove pendeva il ricorso, e che, per questo motivo, doveva intendersi domiciliato presso la segreteria del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte ove l’appellante avrebbe dovuto notificare l’atto di appello. L’appello, invece, era stato notificato solo presso lo studio dell’avv. Al. Lo., difensore del Comune di (omissis).
1.1. L’eccezione di nullità della notifica dell’atto di appello è infondata: come rilevato dall’appellante, e confermato dai documenti in atti, il Comune di (omissis), nell’atto di notificazione della sentenza di primo grado, ha eletto domicilio in Milano alla via (…) presso lo studio dell’avv. Al. Lo..
1.2. Trova applicazione, pertanto, la disposizione dell’art. 93 Cod. proc. amm. per la quale: “L’impugnazione deve essere notificata nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dalla parte nell’atto di notificazione della sentenza o, in difetto, presso il difensore o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio e risultante dalla sentenza”.
La notifica dell’appello al domicilio eletto nell’atto di notificazione della sentenza del difensore della Eu. Sl. s.r.l. è dunque corretta.
2. Con il primo motivo di appello la Eu. Sl. s.r.l. contesta la sentenza impugnata per “Violazione di legge, violazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 della legge n. 241 del 1990”. L’appellante si duole della reiezione del motivo di ricorso con il quale aveva sostenuto l’illegittimità del regolamento in quanto adottato senza il suo preventivo coinvolgimento, quale principale operatore della zona, o, comunque senza aver assunto il parere alle associazioni rappresentative della categoria dei gestori sale gioco.
2.1. La sentenza impugnata ha respinto il motivo: il regolamento impugnato è un atto amministrativo generale e, considerata la previsione dell’art. 13 l. 7 agosto 1990, n. 241, il Comune “non aveva dunque nessun obbligo di confrontarsi preventivamente con le associazioni di categoria degli operatori del settore, né tantomeno con i singoli soggetti interessati, quali il ricorrente”.
2.2. L’appellante sostiene che il giudice di primo grado non avrebbe ben compreso la censura articolata con il motivo di ricorso, diretta a contestare la violazione delle disposizioni in materia di partecipazione al procedimento da uno specifico punto di vista: vero che la legge sottrae gli atti normativi all’applicazione delle norme sulla partecipazione, tuttavia, una volta che il Comune scelga – come in concreto avvenuto – di attivare un confronto con i soggetti interessati dal provvedimento, i principi di ragionevolezza, non discriminazione ed imparzialità impongono il coinvolgimento delle associazioni di settore (gestori di sale giochi) e non solo delle associazioni del commercio e dell’artigianato portatrici di interessi contrapposti rispetto a quello dei primi.
3. Il motivo di appello è infondato.
3.1. La censura esposta dall’appellante, pur così precisata, non può trovare accoglimento.
Ribadito che il regolamento comunale è sottratto alle norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo come previsto dall’art. 13 l. 7 agosto 1990, n. 241, ritiene il Collegio che il Comune era libero di individuare i titolari degli interessi coinvolti dalle misure regolamentari da interpellare. A questo proposito, la scelta di sottoporre la bozza di regolamento al parere delle associazioni del commercio e dell’artigianato (come si legge nella delibera consiliare) appare ragionevole: esse sono rappresentative anche degli interessi dei gestori di sale giochi (che rientrano, in effetti, tra le attività commerciali presenti sul territorio comunale).
L’assunto dell’appellante secondo cui gli interessi dei commercianti e degli artigiani sarebbero contrastanti con quelli dei gestori di sale giochi è una petizione di principio non sorretta da alcuna giustificazione, e che, comunque, non trova riscontro nel contenuto degli atti impugnati; in essi il parere espresso dalle associazioni sulla bozza di regolamento non è riportato e, dunque, ben potrebbe avere contenuto coerente con le perplessità esposte dall’appellante nel ricorso.
4. Esaminato (l’unico) motivo di appello relativo procedura di adozione del regolamento impugnato, si passa ai motivi di appello che attengono al contenuto del regolamento.
4.1. E’ opportuna una premessa: il Comune di (omissis) ha adottato il regolamento impugnato in attuazione di una norma regionale: l’art. 6 della l. reg. Piemonte 2 maggio 2016, n. 9 [Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico] che, all’art. 6 attribuisce ai Comuni il potere di limitare gli orari di funzionamento degli apparecchi per il gioco VLT (“I comuni, per esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica, nonché di circolazione stradale, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, dispongono limitazioni temporali all’esercizio del gioco tramite gli apparecchi di cui all’articolo 110, commi 6 e 7 del r.d. 773/1931, per una durata non inferiore a tre ore nell’arco dell’orario di apertura previsto, all’interno delle sale da gioco, delle sale scommesse, degli esercizi pubblici e commerciali, dei circoli privati e di tutti i locali pubblici od aperti al pubblico di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d)”).
Si situa a livello legislativo, pertanto, la scelta discrezionale di tutelare la salute pubblica – nella quale, come si avrà modo di chiarire, rientra il contrasto al fenomeno della ludopatia – mediante limitazioni temporali all’utilizzo degli apparecchi da gioco VLT.
4.2. Tale scelta può essere contestata, pertanto, solo per contrasto con le norme costituzionali.
E’ quanto fatto nell’ottavo motivo di appello, che, per questo, deve essere esaminato per primo.
5. Nel motivo di appello vengono, infatti, riproposte diverse censure di incostituzionalità della legge regionale, già esposte nel ricorso di primo grado e respinte dal giudice.
Le considerazioni contenute nella sentenza impugnata meritano condivisione con le specificazioni che seguono.
5.1. L’appellante assume il contrasto della norma primaria con l’art. 117, comma 3, Cost.: la tutela della salute rientra nella potestà legislativa concorrente con conseguente obbligo per il legislatore regionale di attenersi ai principi fondamentali dettati dalla legge dello Stato; nel caso di specie, poi, detti principi sarebbero da rinvenire nel d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (‘Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute”) conv. in l. 8 novembre 2012, n. 189, il quale, all’art. 7, contiene una serie di previsioni rivolte a contrastare il fenomeno della ludopatia, ma sempre con riguardo ai “giochi con vincita in denaro”, ossia, in pratica, a un elevatissimo numero di giochi. La disposizione regionale che, invece, limita al solo “gioco tramite gli apparecchi di cui all’articolo 110, commi 6 e 7 del r.d. 773/1931” le misure restrittive si porrebbe in contrasto con tale principio generale.
5.1.1. L’asserito contrasto con i principi fondamentali posti dal legislatore statale non sussiste.
Il riferimento, più volte compiuto nel dettato legislativo statale ai “giochi con vincite in denaro”, non è significativo di un preciso indirizzo del legislatore, che avrebbe imposto l’adozione di misure restrittive riferite necessariamente a tutte le modalità di gioco, trattandosi, invece, di una formula volutamente ampia allo scopo di lasciare la possibilità di intervenire su tutte le tipologie di gioco, ivi comprese, innanzitutto, quelle effettuate mediante apparecchi VLT.
5.1.2. Si deve aggiungere, inoltre, che la disciplina statale in materia di lotta alla ludopatia è ora posta dalla l. 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016) che, all’art. 1, comma 936, ha previsto che “Entro il 30 aprile 2016, in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definite le caratteristiche dei punti di vendita ove si raccoglie gioco pubblico, nonché i criteri per la loro distribuzione e concentrazione territoriale, al fine di garantire i migliori livelli di sicurezza per la tutela della salute, dell’ordine pubblico e della pubblica fede dei giocatori e di prevenire il rischio di accesso dei minori di età. Le intese raggiunte in sede di Conferenza unificata sono recepite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti”, così elevando le scelte assunte in sede di Conferenza unificata a principi generali della materia (sul punto, ma quanto al diverso profilo delle distanze dei c.d. luoghi sensibili, si è espressa Corte cost. 11 maggio 2017, n. 108).
La Conferenza unificata ha concluso i suoi lavori con l’intesa sancita nella seduta del 7 settembre 2017: nell’ambito delle “scelte in via di attuazione e da fare” viene richiamata la possibilità di “Riconoscere agli Enti locali la facoltà di stabilire per le tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di interruzione quotidiana di gioco”. Rileva anche la seguente clausola: “Le disposizioni specifiche in materia, previste in ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia.”.
5.1.3. Alla luce dei riportati contenuti dell’intesa è corretto affermare che principio generale della materia è la previsione di limitazioni orarie come strumento di lotta al fenomeno della ludopatia.
5.2. In secondo luogo, è dedotta la violazione dell’art. 3 Cost., sia sotto il profilo dell’irragionevolezza che sotto il profilo della discriminatorietà della limitazione: la scelta sarebbe irragionevole perché il legislatore regionale ha scelto di limitare solo il funzionamento orario degli apparecchi da gioco VLT (le c.d. slot machines: art. 110, commi 6 e 7 TULPS), senza, peraltro, distinguere, in tale categoria, tra gli apparecchi installati all’interno delle sale da gioco professionali ovvero in altri esercizi commerciali (come tabaccherie, bar).
5.2.1. Anticipando quel che sarà più ampiamente esposto trattando del contenuto del regolamento impugnato, non può ritenersi irragionevole la scelta di limitare gli orari di apertura delle sale da gioco per contrastare il fenomeno della ludopatia, né discriminatoria la misura, avendo, anzi, il legislatore considerato tutti gli esercizi commerciali nei quali possono essere installati apparecchi da gioco.
5.3. Infine, l’appellante assume l’incostituzionalità della norma regionale per contrasto con l’art. 41 Cost.: è imposto un limite irragionevole e sproporzionato alla libertà di iniziativa economica dei gestori delle sale da gioco.
5.3.1. Il contrasto non sussiste: l’art. 41 Cost. consente al legislatore di stabilire limiti all’iniziativa economica imprenditoriale a tutela dell'”utilità sociale”; tale locuzione è stata intesa come comprensiva di tutti i diritti che ricevano pari tutela a livello costituzionale, tra i quali, in primo luogo, il diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.. Nei casi – come quello in esame – di possibile interferenza dell’attività imprenditoriale con la salute dei cittadini spetta al legislatore operare il necessario bilanciamento degli interessi, anche ponendo limiti all’esercizio della prima (cfr. in materia di limitazioni orarie imposte alle farmacie, Corte cost. 4 febbraio 2003, n. 27; l’orientamento risale a Corte cost. 14 marzo 1964, n. 21 sulla limitazione dell’orario notturno della panificazione).
6. Dopo aver esaminato la disposizione della legge regionale, attuata dal regolamento impugnato, ed averne esclusi i possibili profili di incostituzionalità, è possibile ora esaminare il contenuto del regolamento.
Ritiene il Collegio di avviare l’esame dal quarto motivo di appello con il quale la sentenza di primo grado è contestata per “Eccesso di potere, sub specie di difetto di proporzionalità”.
Il regolamento comunale, infatti, incide sull’iniziativa economica privata limitandone il tempo di svolgimento. Essa è, dunque, una misura restrittiva dell’attività dei privati; prima di ogni altro profilo, va verificata, allora, la proporzionalità rispetto alla finalità avuta di mira all’esercizio del potere amministrativo.
6.1. Il giudice di primo grado, dopo aver ricordato i criteri sulla base dei quali va svolta la verifica di proporzionalità del provvedimento amministrativo, vale a dire l’idoneità, la necessarietà e l’adeguatezza della misura prescelta, ha ritenuto che la disciplina comunale limitativa degli orari dei pubblici esercizi in cui si svolgono attività di gioco o scommessa e degli orari di funzionamento degli apparecchi, sia adeguata e proporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti, individuati nella prevenzione, il contrasto e la riduzione del gioco d’azzardo patologico.
La sentenza ha ritenuto che l’amministrazione comunale abbia, con la limitazione degli orari, operato un ragionevole contemperamento tra gli interessi economici degli imprenditori del settore e l’interesse pubblico a prevenire fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo.
6.2. L’appellante rivolge ampia critica alla decisione poiché assume che a) quanto al profilo dell’idoneità, la disciplina limitativa degli orari non solo è incapace di attenuare il fenomeno della ludopatia, ma rischia di spingere i soggetti ludopatici a rivolgersi a forme di gioco più subdole, rischiose e incontrollabili (come gratta e vinci, lotto istantaneo, giochi on line); b) quanto alla stretta necessità, l’amministrazione aveva a disposizione un ampio ventaglio di opzioni, meno invasive per la sfera dei privati per contrastare la ludopatia; c) quanto all’adeguatezza, la misura adottata ha comportato una riduzione pari al 50% dell’orario di esercizio dell’attività, con conseguente immediato effetto sugli introiti aziendali, al punto da porre in pericolo la stessa prosecuzione dell’attività imprenditoriale.
7. Il motivo di appello è infondato; la sentenza di primo grado deve essere confermata.
7.1. La giurisprudenza amministrativa ha da tempo precisato che il principio di proporzionalità impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2017, n. 746; sez. V, 23 dicembre 2016, n. 5443; sez. IV, 22 giugno 2016, n. 2753; sez. IV, 3 novembre 2015, n. 4999; sez. IV 26 febbraio 2015, n. 964)
Definito lo scopo avuto di mira, il principio di proporzionalità è rispettato se la scelta concreta dell’amministrazione è in potenza capace di conseguire l’obiettivo (idoneità del mezzo) e rappresenta il minor sacrificio possibile per gli interessi privati attinti (stretta necessità), tale, comunque, da poter essere sostenuto dal destinatario (adeguatezza).
7.2. La limitazione oraria mira a contrastare il fenomeno della ludopatia inteso come disturbo psichico che spinge l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano della vita familiare e professionale, oltre che con innegabile dispersione del patrimonio personale.
Al tal fine il Comune di (omissis) ha limitato, con regolamento, gli orari dei pubblici esercizi in cui si svolgono attività di gioco o scommessa e gli orari di funzionamento degli apparecchi di gioco.
7.3. La scelta del Comune è proporzionata, in primo luogo, poiché in potenza capace di conseguire l’obiettivo: mediante la riduzione degli orari è ridotta l’offerta di gioco; l’argomento addotto dall’appellante secondo cui i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero verso altre forme di gioco – definite più subdole, rischiose o incontrollabili – prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco (le slot machines, appunto) se altre ve ne sono a disposizione. Resta in ogni caso una affermazione non dimostrata.
7.4. La considerazione esposta ha trovato già l’avallo della Corte costituzionale che, con la sentenza 18 luglio 2014, n. 220, ha riconosciuto nella riduzione degli orari delle sale da gioco una legittima misura di contrasto alla ludopatia. Affrontando la questione della legittimità costituzionale dell’art. 50, comma 7, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 167, nella parte in cui non prevede che i poteri di coordinamento e riorganizzazione degli orari degli esercizi commerciali possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco di azzardo patologico (g.a.p.), la Corte ha chiarito che: “…il giudice a quo omette di considerare che l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa, sia di legittimità, sia di merito, ha elaborato un’interpretazione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000, compatibile con i principi costituzionali evocati, nel senso di ritenere che la stessa disposizione censurata fornisca un fondamento legislativo al potere sindacale in questione. In particolare, è stato riconosciuto che – in forza della generale previsione dell’art. 50, comma 7, del d.lgs. n. 267 del 2000 – il sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale.”.
8. Rispondendo la lotta alla ludopatia a finalità di tutela della salute non è più dubitabile, alla luce delle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale, che la riduzione degli orari delle sale gioco sia strumento idoneo a contrastare il fenomeno della ludopatia; quel che resta da considerare è, per ciascuna misura, la sua incidenza sugli interessi privati coinvolti.
8.1. Il regolamento del Comune di (omissis) limita l’orario di funzionamento degli apparecchi ad otto ore, concentrate nel periodo pomeridiano (dalle 14 alle 18) e serale (dalle 20 alle 24).
Ritiene il Collegio che la limitazione oraria stabilita dal Comune di (omissis) sia proporzionata perché comporta il minor sacrificio possibile per l’interesse dei privati gestori delle sale da gioco in relazione all’interesse pubblico perseguito: resta consentita l’apertura al pubblico dell’esercizio (dalle ore 10 alle 24), che potrà, dunque, continuare a svolgere la sua funzione ricreativa (con eventuale vendita di alimenti, snack, bevande), mentre sono limitati i tempi di funzionamento degli apparecchi prevalentemente nel periodo mattutino. La ragione è comprensibile: si inducono i soggetti maggiormente a rischio ad indirizzare l’inizio della giornata verso altri interessi, lavorativi, culturali, di attività fisica, distogliendo l’attenzione dal gioco.
8.2. Si tratta, infine, di misura adeguata perché, pur comportando, certamente, una riduzione dei ricavi, e, in questo senso, un costo per i privati, può essere efficacemente sostenuta mediante una diversa organizzazione dell’attività di impresa. D’altra parte, i dati forniti nell’atto d’appello non paiono significativi, poiché la flessione delle giocate, con conseguente riduzione dei ricavi, non può essere ritenuta conseguenza diretta ed immediata della sola limitazione degli orari disposta dal Comune. Varie, infatti, sono le circostanze idonee ad influire sul numero di giocate e, tra queste – è da sperare – anche la riduzione dei giocatori patologici che misure come quelle disposte dal Comune di (omissis) intendono conseguire.
9. Misure analoghe, sia pure adottate con strumenti diversi, sono state considerate legittime dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. V, 13 giugno 2016, n. 2519; sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4861; sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794; sez. V, 30 giugno 2014, n. 3271).
10. E’ possibile, a questo punto, riprendere l’esame degli altri motivi di appello proposti.
11. Con il secondo motivo l’appellante censura la sentenza di primo grado per “Eccesso di potere sub species di irragionevolezza e disparità di trattamento; eccesso di potere sub specie di contraddittorietà tra motivazione e dispositivo; illogicità e incoerenza”.
11.1. L’appellante contesta la sentenza impugnata per aver respinto i motivi di ricorso (il secondo e il terzo) con i quali aveva sostenuto l’irragionevolezza della scelta dell’amministrazione, nonché la sua contraddittorietà e incoerenza, oltre che la disparità di trattamento: a parere della ricorrente il regolamento impugnato, pur mirando a contenere il fenomeno della ludopatia, aveva colpito solamente talune tipologie di giochi (le slot machines) e non tutte le altre (il gioco on line, i “gratta e vinci”) e, in questo modo, pregiudicato maggiormente i gestori di sale giochi (ove sono installate solo slot machines) rispetto ai gestori delle sale scommesse (ove possono essere esercitati anche altre tipologie di giochi).
11.2. La sentenza ha respinto le predette censure con vari argomenti: quanto alla disparità di trattamento, è esclusa perché il Comune di (omissis) ha dato attuazione alla legge regionale del Piemonte n. 9/2016 che, all’art. 6, espressamente prevede la facoltà per i Comuni di introdurre limitazione temporali proprio con specifico riferimento al gioco “tramite gli apparecchi di cui all’art. 110 commi 6 e 7 TULPS”; quanto all’irragionevolezza della scelta, il gioco che si svolge mediante apparecchi VLT è considerato dalla giurisprudenza amministrativa, come pure dalla comunità scientifica, caratterizzato dalla più elevata pericolosità per il rischio di indurre forme di dipendenza patologica; infine, quanto alla contraddittorietà, è esclusa dal fatto che il Comune ha limitato gli orari di apertura delle sale giochi, ma anche degli altri pubblici esercizi con attività promiscua (non avendo, peraltro, i Comuni poteri di intervento sul gioco on line).
11.3. L’appellante ripropone le considerazioni già svolte nel ricorso in primo grado ed, in particolare, l’esito paradossale cui potrebbe dar luogo la misura decisa dall’amministrazione comunale per la sua natura settoriale e limitata ad una sola categoria di gioco (le slot machines, appunto): quello di indirizzare i giocatori patologici verso altre forme di gioco, meno controllabili rispetto a quelli che si svolgono nell’ambito delle sale da gioco professionali che, per la loro particolare organizzazione, consentono di monitorare maggiormente i flussi dell’utenza ed, eventualmente, applicare misure di disincentivo e restrizione.
12. Il motivo è infondato e va respinto.
12.1. Considerazioni impiegate a dimostrazione dell’inidoneità del mezzo prescelto dalla amministrazione nell’ambito del giudizio di proporzionalità sono riprese dall’appellante come sintomatiche dell’irragionevolezza della scelta.
12.2. E’ considerazione comune della giurisprudenza amministrativa quella per cui la valutazione di ragionevolezza del provvedimento amministrativo attiene alla verifica della razionalità e logicità della scelta dell’amministrazione (Cons. Stato, sez. V, 21 gennaio 2015, n. 284; sez VI, 14 novembre 2014, n. 5609; sez. VI, 18 agosto 2009, n. 4958; sez. VI 2 ottobre 2007, n. 5074).
Si può a ragione ritenere che la scelta contenuta nel provvedimento amministrativo è ragionevole se ricorre una relazione di consequenzialità tra il dato di fatto posto in premessa e la decisione assunta in conseguenza della stessa; diversamente la scelta diviene arbitraria, prima ancora che irrazionale. La consequenzialità, poi, va indagata alla luce non tanto di un criterio di stretta logica (che renderebbe la scelta solamente razionale e non propriamente ragionevole), ma in maniera più aperta tenendo conto delle massime di esperienza, del comune sentire e, in ultima analisi, delle ragioni di equità.
Nella decisione assunta dal Comune di (omissis), di limitare l’orario di apertura delle sale da gioco e di funzionamento degli apparecchi di gioco, ricorre la predetta relazione: se la premessa è quella di voler contrastare il fenomeno della ludopatia è coerente con essa la decisione di limitare l’offerta (sia pure temporale) di gioco.
12.3. A questo punto è opportuno compiere un’ulteriore precisazione, resa opportuna proprio dalla particolarità della vicenda in esame: non viene meno la ragionevolezza della scelta se diverse possono essere le decisioni conseguenti ad una stessa premessa in fatto.
Vero che il Comune di (omissis) poteva adottare (anche) altre decisioni in attuazione della premessa assunta, di voler contrastare il fenomeno della ludopatia, ciò non toglie che quella assunta – la limitazione oraria con le modalità in più momenti esposte – sia ragionevole; quel che è sicuramente irragionevole è proprio la scelta che l’appellante propone: la limitazione di tutti i tipi di gioco in qualsiasi forma si svolgano sull’intero territorio comunale.
13. Con il terzo motivo di appello la sentenza di primo grado è censurata per “Eccesso di potere sub species di difetto di istruttoria e di difetto di motivazione”.
13.1. A parere dell’appellante il giudice di primo grado avrebbe erroneamente respinto il motivo di ricorso (il quarto) con il quale il regolamento comunale era censurato per difetto d’istruttoria; più precisamente, si lamentava che per un intervento così invasivo sull’attività imprenditoriale privata come quello adottato dal Comune, era necessaria un’istruttoria più approfondita rivolta a verificare la concreta incidenza sul territorio di (omissis) della patologia della ludopatia, non potendo ritenersi sufficiente la sola comunicazione fornita dal Dipartimento delle dipendenze della ASL VCO il 26 ottobre 2016.
14. Il motivo è infondato.
14.1. La sentenza impugnata ha respinto il motivo di ricorso sulla base della considerazione per cui: “Nell’attuale momento storico, la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della popolazione costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza, come attestano le numerose iniziative di contrasto assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale”; il Tribunale ha richiamato, quindi, diversi atti normativi europei, nazionali e regionali, oltre che i citati dati forniti dal Dipartimento delle dipendenze della ASL VCO il 26 ottobre 2016.
14.2. La decisione di primo grado merita conferma.
E’ opportuno, tuttavia, aggiungere che come esposto in precedenza il regolamento impugnato è stato adottato in dichiarata attuazione dell’art. 6 della l. reg. Piemonte 2 maggio 2016, n. 9.
In definitiva è il legislatore regionale che ha ritenuto che la tutela della salute – da attuare, per quanto già precedentemente esposto, anche attraverso misure di contrasto alla ludopatia – possa avvenire mediante limitazione temporali all’utilizzo degli apparecchi da gioco.
Il Comune di (omissis) ha dato attuazione alla disposizione di rango primario; i dati forniti dal Dipartimento delle Dipendenze sc. SER. D della ASL n. 14, cui è fatto riferimento nella “Relazione illustrativa ed esplicativa delle motivazioni delle scelte” che precede il regolamento, costituiscono, poi, come ritenuto dalla sentenza impugnata, adeguato apporto cognitivo alle scelte da assumere per realizzare l’obiettivo del contrasto alla ludopatia.
15.Con il sesto motivo l’appellante contesta la sentenza di primo grado per “Eccesso di potere sub species di violazione del legittimo affidamento”: a suo parere il giudice di primo grado avrebbe erroneamente respinto il motivo di ricorso (il sesto) con il quale il regolamento impugnato era contestato per aver leso il suo legittimo affidamento nella possibilità di svolgere senza impedimenti l’attività di gestione di sale da gioco; affidamento maturato in ragione delle autorizzazioni ottenute e del tempo trascorso da esse nel quale, peraltro, erano stati effettuati molti e gravosi investimenti per acquistare e gestire le apparecchiature VTL.
15.1. La sentenza impugnata ha escluso la lesione del legittimo affidamento; dopo aver richiamato l’orientamento della Corte costituzionale (sentenza 31 marzo 2015, n. 56) per il quale il legittimo affidamento non è tutelato in termini assoluti ed inderogabili dal momento che interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi che incidono in maniera peggiorativa su posizioni consolidate nel limite della proporzionalità, ha affermato che ciò è proprio quanto avvenuto nel campo delle sale da gioco in cui la diffusione del fenomeno della ludopatia ha indotto il legislatore, statale e regionale, a prevedere interventi diretti a limitare l’offerta del gioco mediante restrizioni all’attività dei privati.
15.2. Il motivo è infondato.
15.3. Il ragionamento svolto dal giudice di primo grado è condivisibile; le misure previste dal legislatore regionale e attuate dal regolamento comunale rientrano nei limiti consentiti al legittimo affidamento maturato dai privati. E’ da aggiungere solamente che l’autorizzazione del Questore (prevista dagli artt. 86 e 88 TULPS), ottenuta dall’esercente prima di intraprendere la sua attività è posta a tutela di interessi diversi da quello della salute pubblica, quale, in particolare, la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, essendo diretta a prevenire la commissione di reati, onde non può rilevare in relazione a provvedimenti – come le disposizioni limitative degli orari di apertura delle sale giochi e di funzionamento degli apparecchi – poste a tutela di interessi diversi quali, come ampiamente chiarito, la salute pubblica (sul punto, cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 marzo 2018, n. 1933, ma già Corte cost. 11 maggio 2017, n. 108).
16. Con il settimo motivo, l’appellante censura la sentenza di primo grado per “Violazione di legge. Violazione dell’art. 41 Cost.”: è contestata la reiezione del motivo di ricorso (il settimo) con il quale il regolamento comunale era censurato per violazione dell’art. 41 Cost. ovvero per aver inciso sulla libertà di iniziativa economica privata rendendola sostanzialmente impossibile, perché, dimezzando gli orari di svolgimento sarebbe stata esclusa qualsiasi prospettiva di redditività o anche solo di copertura dei costi.
16.1. Il giudice di primo grado ha respinto il motivo ritenendolo genericamente articolato e, comunque, considerando il regolamento adottato nel legittimo esercizio dei poteri attribuiti all’amministrazione comunale.
16.2. Il motivo è infondato e va respinto.
16.3. E’ stato chiarito che la limitazione oraria disposta dal regolamento è attuativa della previsione contenuta nella legge regionale che tale misura impone sia adottata dai Comuni a tutela della salute pubblica.
E’ dunque alla legge che va ricondotta la scelta di limitare l’attività imprenditoriale privata. Al punto 5.3.1. si è escluso che ciò dia luogo a profili di incostituzionalità per contrasto con l’art. 41 Cost.. Quanto, invece, alla misura della limitazione, effettivamente rimessa alla libera determinazione dei Comuni, la sua intensità sull’attività imprenditoriale privata è stata vagliata dal punto di vista della proporzionalità.
Riconosciuta la proporzionalità (e la ragionevolezza) della misura, non può esservi contrasto con l’art. 41 Cost. poiché è consentito imporre limiti all’attività economica privata purché ciò avvenga in maniera proporzionata e ragionevole.
17. In conclusione l’appello deve essere respinto e la sentenza di primo grado integralmente confermata.
18. La complessità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese di lite anche del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese del presente grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Contessa – Presidente FF
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere, Estensore
Giovanni Grasso – Consigliere

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