Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 4 luglio 2018, n. 4106.
La massima estrapolata:
Per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.
Sentenza 4 luglio 2018, n. 4106
Data udienza 29 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8015 del 2017, proposto da:
Consorzio In. Società Cooperativa, in proprio e in qualità di Mandataria del Rti – Fa. Cl. S.p.A – Ig. Co. S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Er. St. Da. e Sa. St. Da., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Er. St. Da. in Roma, p.zza (…);
Consorzio Co. Co. – C.C.C. in proprio e in qualità di originaria Mandataria del Rti Rti Fa. Cl. S.p.A – Ig. Co. S.p.A, non costituito in giudizio;
contro
Comune di Brindisi, non costituito in giudizio;
nei confronti
R.A. Co. S.r.l., non costituito in giudizio;
D’ Or. Infrastrutture s.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Gi. Pe., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Pe. in Roma, Corso (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE I n. 01126/2017, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio e il contestuale appello incidentale proposto da Do. Infrastrutture s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 marzo 2018 il Cons. Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Ug. De. Lu., su delega degli avvocati Er. St. Da. e Sa. St. Da., e Gi. Pe.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con bando di gara pubblicato sulla GURI n. 116 del 10.10.2014 il Comune di Brindisi (d’ora in avanti anche soltanto “Il Comune”) ha indetto una procedura aperta, ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. c), del D.lgs. 163 del 2006, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento della “ progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori , previa acquisizione del progetto definitivo in sede di gara sulla base del progetto preliminare predisposto dalla Stazione appaltante, per la realizzazione di un sistema shuttle di collegamento Aeroporto di Brindisi – Rete Ferroviaria”.
1.1. Il complessivo importo a base di gara era pari ad Euro 30.188.707,41, oltre IVA, di cui Euro 22.669.416,55 per lavori soggetti a ribasso, Euro 1.869.642,61 per oneri relativi a sicurezza non soggetti a ribasso, Euro 1.349.648,25 per servizi di ingegneria (progetto definitivo, esecutivo e coordinamento sicurezza in fase di progettazione) soggetti a ribasso ed Euro 4.300.000,00 per fornitura dei mezzi di trasporto soggetti a ribasso.
1.2. Alla gara partecipavano, tra gli altri, il RTI costituendo tra il Consorzio Co. Co. C.C.C. (mandatario, cui è poi subentrato il Consorzio In.) e le mandanti Ig. Co. s.p.a e Fa. Cl. s.p.a. (d’ora in avanti soltanto “RTI Consorzio In.” o “RTI appellante”) l’impresa Do. Infrastrutture s.r.l. (d’ora in avanti “Do.”) e la società R.A. Co. s.r.l., inizialmente classificatesi, rispettivamente, al terzo, al secondo e al primo posto della graduatoria finale.
1.3.Con determinazione dirigenziale n. 4 del 12.01.2014 il Comune ha disposto l’aggiudicazione definitiva della gara a R.A. Co. e con successiva determinazione dirigenziale n. 38 del 18.2.2015 ha revocato detta aggiudicazione al fine di procedere alla riparametrazione dei punteggi, operazione all’esito della quale le posizioni in graduatoria delle suddette imprese rimanevano immutate.
1.4. All’esito del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, la Commissione esaminatrice, con verbale n. 11 del 26.11.2015, ha disposto l’esclusione dei concorrenti che non avevano quantificato e indicato nell’offerta economica gli oneri aziendali per la sicurezza, ivi comprese l’originaria aggiudicataria e la ditta Do. (in applicazione dei principi espressi da Consiglio di Stato, Adunanze Plenarie, n. 3 del 20 marzo 2015 e 9 del 2 novembre 2015) e ha proceduto alla riformulazione della nuova graduatoria, nella quale risultava prima graduata l’offerta formulata da RTI Consorzio In., sottoposta quindi a procedimento di verifica di congruità conclusosi positivamente.
1.5. Con ricorso proposti dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per Puglia, Sezione staccata di Lecce, R.A. Co. ha impugnato la propria esclusione dalla gara e il giudizio di non congruità della propria offerta, nonché le ammissioni in gara del RTI C.C.C. e degli altri concorrenti utilmente collocati in graduatoria. Anche Do., con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per la Puglia-Lecce, ha impugnato l’esclusione disposta nei suoi confronti. Il Tribunale adito, con pubblicazione dei soli dispositivi, ha respinto entrambi i ricorsi.
1.6. Con determinazione n. 78 del 10.5.2016 il Dirigente del Servizio Contratti e Appalti del Comune di Brindisi, preso atto del subentro di Consorzio In. a C.C.C. per effetto dell’intervenuto affitto di ramo d’azienda nonché dei su indicati dispositivi di sentenza, ha dichiarato aggiudicatario in via definitiva RTI Consorzio In. e ha autorizzato la stipulazione del contratto d’appalto.
1.7. Nelle more dei giudizi di appello, a seguito dei gravami avverso le sentenze del T.A.R. Lecce n. 905/2016 e 957/2016 proposti da Do. e da RA Co. (rispettivamente iscritti ai numeri R.G. 3897/2016 e 4433/2016), la Commissione giudicatrice, riunitasi in seduta pubblica in data 19.9.2016, a seguito della sopravvenuta decisione dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 20 del 27 luglio 2016, ha disposto la riammissione in gara di tutti i concorrenti in precedenza esclusi per non avere indicato in seno all’offerta i costi aziendali per la sicurezza, rideterminando la precedente graduatoria di merito, ha dichiarato l’offerta di R.A. Co. prima in graduatoria, evidenziando tuttavia che la stessa risultava anomala per le ragioni già indicate nel verbale n. 10 del 19.2.2015, e ha sospeso l’aggiudicazione definitiva in favore del RTI Consorzio In. anche in attesa del pronunciamento del Consiglio di Stato sul giudizio di appello proposto da R.A. Co., rinviando ogni operazione di gara all’avvenuta conclusione dell’eventuale procedimento per la verifica di congruità dell’offerta.
1.8. Tuttavia, con determinazione n. 40 del 31.10.2016 adottata dal Dirigente del Servizio Contratti e Appalti, il Comune ha disposto la revoca dell’aggiudicazione definitiva del contratto di appalto in oggetto disposta in favore del RTI Consorzio In., il quale con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. Lecce, ha impugnato il suddetto provvedimento di revoca, nonché ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale, ivi incluso in particolare il verbale di gara n. 13 del 19.9.2016, nella parte in cui la Commissione giudicatrice aveva disposto la riammissione alla procedura di gara dei concorrenti precedentemente esclusi e rideterminato di conseguenza la graduatoria di merito.
1.9. A sostegno dell’impugnazione proposta, la ricorrente in primo grado ha dedotto le seguenti censure: 1) violazione degli artt. 21quinquies e nonies l. n. 241 del 7 agosto 1990; eccesso di potere per violazione dei principi di buona fede e tutela del legittimo affidamento; 2) eccesso di potere per perplessità, contraddittorietà e illogicità dell’azione amministrativa; 3) violazione degli artt. 46 co 1-ter, 86 co. 3 bise 87 co. 4 d.lgs. n. 163 del 2006; violazione dei principi enunciati da Adunanza Plenaria n. 20 del 2016; 4) violazione dell’art. 7 legge 241 del 1990.
2. Con sentenze n 1071 e 1072 del 7.03.2017, il Consiglio di Stato ha dichiarato la sopravvenuta improcedibilità degli appelli proposti avverso le sentenze n. 905/2016 e 957/2016, per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto gli atti originariamente impugnati da Do. Infrastrutture e da R.A. Co. erano stati nel frattempo superati da quelli adottati dal Comune di Brindisi in pendenza dei giudizi di appello.
2.1. Con determinazione dirigenziale n. 13 del 22.02.2017, impugnata da RTI Consorzio In. con motivi aggiunti al ricorso introduttivo, il Comune ha aggiudicato definitivamente la gara all’impresa Do., previa esclusione della ditta R.A. Co. per incongruità dell’offerta presentata.
2.3. Con la sentenza segnata in epigrafe, il Tribunale adito ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti proposti da Consorzio In. e ha dichiarato altresì improcedibile per carenza di interesse il ricorso incidentale di Do., volto a censurare l’ammissione della ricorrente principale per asserita carenza dei requisiti di partecipazione e ammissione, compensando altresì le spese processuali.
2.4. Avverso tale sentenza RTI Consorzio In. ha proposto appello, deducendone l’erroneità, e ne ha chiesto la riforma con quattro motivi di impugnazione così rubricati: “I. Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso-Violazione, falsa ed erronea degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge 241 del 1990 e dei principi generali in materia di autotutela amministrativa -Violazione dei principi di legittimo affidamento del privato e di buona fede e diligenza della P.A.; II. Erroneità della sentenza appellata e omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia (terzo motivo di ricorso) – Violazione e omessa applicazione dell’art. 46, comma 1-ter del D.Lgs. 163 del 2006-Violazione dei principi enunciati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella sentenza n. 20/2016-Violazione degli articoli 86, comma 3 bis e 87, comma 4, del d.lgs. 163/2006; III. Erroneità della sentenza appellata e omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia (secondo motivo di ricorso) – Eccesso di potere per perplessità, contraddittorietà e illogicità dell’azione amministrativa; IV. Erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha rigettato il quarto motivo di ricorso, dedotto in via subordinata- Violazione degli artt. 7 e ss. della legge 241 del 1990-Violazione del giusto procedimento-Eccesso di potere per difetto di istruttoria e contraddittorio”.
2.5. L’odierna appellante ha altresì formulato domanda di risarcimento in forma specifica, chiedendo la declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato e il subentro nel medesimo, e in via subordinata il risarcimento del danno per equivalente monetario, da liquidarsi in via forfettaria nella misura del 10% dell’importo a base di gara per il mancato conseguimento dell’utile di impresa derivante dall’aggiudicazione dei lavori e del 5% dell’importo a base di gara con riguardo al pregiudizio ingiustamente sofferto in ragione della mancata qualificazione professionale subita per non aver conseguito l’affidamento auspicato.
2.6. Il Comune di Brindisi, pur ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio.
2.7. Si è costituita in giudizio con deposito di memoria difensiva l’impresa Do. e ha proposto appello incidentale con cui ha domandato l’accoglimento delle censure formulate con il ricorso incidentale escludente, non esaminato e dichiarato improcedibile dal T.a.r. con cui si contestava l’ammissione e la partecipazione alla gara del RTI Consorzio In. sotto plurimi profili, deducendo l’assenza di interesse alla coltivazione del gravame principale sulla base dei seguenti motivi di diritto: I. Illegittimità della partecipazione a gara della mandante Fa. Cl. s.p.a. per violazione e falsa applicazione del punto 16) n. 4 del disciplinare di gara (in ordine alla dichiarazione di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili). Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38, comma i, lett. l) del d.lgs. 163 del 2006; II. Illegittimità della partecipazione a gara della mandante favellato Claudio s.p.a. anche sotto ulteriore profilo. Violazione della lex specialis di gara. Violazione dell’art. 38 del Codice dei Contratti. Violazione dei più generali principi in materia di gare pubbliche. Eccesso di potere per illogicità manifesta e sviamento. III. Illegittima indicazione del RTP per violazione dell’art. 46 comma 1 bis d.lgs. 163 del 2006. Incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta. IV. Carenza dei requisiti di partecipazione dei progettisti per violazione e falsa applicazione del punto 12.2. lett. C) 1.c) del Disciplinare di gara, nonché degli articoli 37, 39, 41 e 42 del d.lgs. 163 del 2006 e degli articoli 252, 261, 262 del d.P.R. 207/2010. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e falso presupposto. V. Violazione degli articoli 24 e 26 del d.P.R. 207/2010 e del disciplinare di gara nella parte in cui si stabilisce a pensa di esclusione i documenti a corredo dell’offerta tecnica- Violazione dell’art. 46 comma 1 bis per carenza di elemento essenziale dell’offerta.
2.8. In particolare l’appellante incidentale ha censurato la violazione degli obblighi dichiarativi inerenti le assunzioni delle categorie diversamente abili, la carenza del requisito di moralità professionale in capo al socio di maggioranza indiretto, l’esistenza di asserite difformità e incongruenze riscontrabili nelle percentuali di partecipazioni delle due società mandanti, l’omesso raggiungimento dell’importo necessario in relazione ai servizi di punta dei progettisti, singolarmente considerati, le addotte carenze dell’offerta tecnica del RTI Consorzio In. con riguardo alla mancanza dell’elaborato tecnico denominato “Censimento e Progetto di risoluzione delle interferenze”.
2.9. All’udienza del 29 marzo 2018, all’esito dello scambio di memorie di replica tra le parti ex art. 73 Cod. proc. amm., la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
3. Vengono in decisione gli appelli proposti da RTI Consorzio In., appellante principale, e dall’impresa Do., appellante incidentale, concernenti la procedura di gara indetta dal Comune di Brindisi per l’affidamento dell’appalto integrato “per la realizzazione di un sistema shuttle di collegamento Aeroporto di Brindisi – Rete Ferroviaria”.
3.1. Con il primo e il terzo motivo di gravame, l’appellante principale torna qui a censurare l’illegittimo esercizio dell’autotutela da parte della Stazione appaltante, con riguardo all’adozione della determina dirigenziale di revoca dell’aggiudicazione dell’appalto in quanto motivata esclusivamente sulla base del mutamento del pregresso consolidato orientamento giurisprudenziale seguito alle sentenze delle Adunanze Plenarie di questo Consiglio (Cons. Stato, Ad. Plen. numeri 19 e 20 del 27 luglio 2016) e alla decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza 2.6. 2016 in C-27/15, c.d. sentenza “Pippo Pizzo”).
3.2. Con le citate pronunzie è stata chiarito e delimitato l’indirizzo espresso dalle precedenti decisioni dell’Adunanza Plenaria (Con. Stato, Ad. Plen. 3 del 20 marzo 2015 e 9 del 2 novembre 2015) in tema di omessa indicazione separata degli oneri di sicurezza, indirizzo sulla base del quale il T.A.R. Lecce con le sentenze n. 905/2016 e 957/2016, poi appellate (ma non sospese), aveva dichiarato legittima l’esclusione delle altre concorrenti, compresa l’odierna controinteressata, disposta dalla Stazione appaltante.
3.3. In particolare, RTI Consorzio In. ha lamentato che il comportamento della Stazione appaltante sarebbe inficiato da plurimi profili di evidente criticità, per un verso perché l’adozione della determina dirigenziale di revoca dell’aggiudicazione, oggetto di impugnativa, è intervenuta nel corso del giudizio di appello sì da alterarne gli esiti, come confermerebbe la declaratoria di improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse, e, per altro verso, poiché l’emanazione degli atti controversi si porrebbe in insanabile contrasto e contraddizione con gli atti soprassessori in precedenza adottati dalla stessa amministrazione e con la decisione di sospendere la procedura in attesa del giudicato: aspetti questi erroneamente non considerati né stigmatizzati dal giudice di prime cure.
3.4. Sotto altro profilo, l’appellante principale contesta la sentenza impugnata deducendo la violazione ed erronea applicazione degli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge 241 del 1990 e dei principi generali in materia di autotutela amministrativa, per non aver rilevato la carenza nel provvedimento di revoca dell’aggiudicazione della valutazione del pubblico interesse nonché di una comparazione ponderativa degli interessi contrapposti, elementi questi entrambi richiesti dal legislatore nell’ipotesi di revoca di provvedimenti amministrativi ad efficacia durevole.
3.5. La motivazione della sentenza impugnata, volta a legittimare l’esercizio del potere di autotutela per avere l’amministrazione inteso evitare gli effetti pregiudizievoli derivanti da una potenziale esposizione a richieste risarcitorie, non sarebbe, dunque, ad avviso dell’appellante, condivisibile, in quanto, da un lato, essa costituirebbe un’inammissibile integrazione postuma della motivazione dei provvedimenti impugnati, e, dall’altro lato, essa partirebbe da un presupposto erroneo, ovvero dall’esigenza di ovviare al potenziale rischio di esposizioni risarcitorie, pericolo invero insussistente posto che l’amministrazione si era semplicemente limitata a conformarsi al decisum di primo grado che aveva confermato la legittimità dei provvedimenti di esclusione adottati nei confronti delle altre concorrenti.
3.6. Irrilevante, poi, sarebbe, sempre secondo l’appellante principale, l’ulteriore argomento valorizzato dalla sentenza impugnata circa l’assenza di obiettive ragioni che giustificassero il maturare di legittimi affidamenti in capo ad esso RTI sulla base di pronunciamenti contenuti in sentenze non passate in giudicato: le sentenze di primo grado erano, infatti, esecutive e non erano state sospese dal giudice d’appello, e ciò basta a dotarle di un effetto conformativo che avrebbe imposto all’amministrazione di non adottare atti in contrasto con quelle pronunce. Difatti correttamente la Stazione appaltante aveva deciso di sospendere la procedura e di rideterminarsi all’esito della definizione dei giudizio pendenti.
3.7. Inoltre, secondo la prospettazione dell’appellante principale assume rilevo dirimente e centrale ai fini della decisione della controversia il tema degli effetti prodotti dal mutamento del consolidato orientamento giurisprudenziale, essendo controverso e dibattuto se tale accadimento possa avere portata retroattiva o abbia meri effetti dichiarativi, valendo così soltanto per il futuro: problematica questa rispetto alla quale il Tribunale avrebbe fornito un’interpretazione affatto condivisibile. Nella fattispecie in esame, infatti, vista l’avvenuta aggiudicazione a favore di RTI Consorzio In., le decisioni della giurisprudenza nazionale e comunitaria che stabilivano nuovi e diversi principi diritto, con valore innovativo rispetto ad un pregresso e consolidato orientamento, non erano idonee, di per sé solo considerate e in assenza degli ulteriori elementi rappresentati dalla modifica della situazione di fatto e dalla rinnovata valutazione dell’interesse pubblico, a fondare un provvedimento di revoca.
3.8. Con il secondo motivo di appello, RTI Consorzio In. contesta la ritenuta esistenza di regolarizzazione, lamentando che l’aggiudicazione a favore della Do. è stata disposta in totale assenza di ogni indicazione o quantificazione da parte dei concorrenti in precedenza esclusi circa l’effettivo ammontare degli oneri di sicurezza, come disposto dalle più recenti pronunzie dell’Adunanza Plenaria e dalla Corte di Giustizia
3.9. Con il quarto motivo di doglianza, l’RTI appellante principale censura il mancato rispetto delle garanzie partecipative, questione che il Tribunale avrebbe omesso di cogliere nella sua portata limitandosi a rilevare la natura vincolata dell’attività e l’applicazione nella fattispecie dell’art. 21-octies della legge 241 del 1990.
4. Può prescindersi dall’esame dell’appello incidentale, benché questo abbia carattere escludente o paralizzante, stante l’infondatezza nel merito delle censure formulate dall’appellante principale RTI Consorzio In..
4.1. Invero, le critiche appuntate alla sentenza impugnata non sono meritevoli di favorevole considerazione.
4.2. Non è infatti oggetto di contestazione che il giudice di prime cure abbia correttamente richiamato i sopravvenuti orientamenti della giurisprudenza nazionale e comunitaria che, in applicazione dei principi generali in materia di parità di trattamento, proporzionalità e obbligo di trasparenza che informano l’ordinamento delle pubbliche commesse, hanno escluso la possibilità di estromettere un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in ragione della mancata osservanza di un obbligo o di una condizione non risultante dalla legge di gara o dal diritto nazionale, ma desunto esclusivamente da un’interpretazione di tale diritto o degli atti indittivi della procedura medesima, “nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti”(Corte di Giustizia sentenza 2 giugno 2016, causa C-27/15); e partendo da questa premessa, posta correttamente a fondamento del ragionamento svolto, il primo giudice ha a ragione rilevato la legittimità ed anzi la doverosità della decisione della stazione appaltante di rivedere le proprie iniziali determinazioni “al fine di evitare di esporsi sia a future azioni risarcitorie da parte dei concorrenti ingiustamente esclusi dalla gara, sia a procedure di infrazione da parte della Commissione Europea (258 TFUE) per violazione del diritto eurounitario”.
4.3. La determinazione dirigenziale qui impugnata non sconta, dunque, i vizi dedotti: essa va correttamente qualificata come annullamento d’ufficio, in quanto le precedenti esclusioni dovevano considerarsi illegittime alla luce dei chiarimenti giurisprudenziali forniti dalle citate sentenze della Corte di giustizia e dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
Non è corretto ritenere che tali sentenze abbiano radicalmente innovato il precedente indirizzo interpretativo: al contrario, come si legge nella stessa motivazione delle sentenze dell’Adunanza plenaria n. 19 e 20 del 2016, il principio espresso dalla sentenza n. 9 del 2015 non è stato integralmente rivisto, ma solo delimitato e correttamente circoscritto. In tale opera di “chiarimento” (non di radicale stravolgimento), l’Adunanza plenaria, con le sentenze n. 19 e 20 del 2016, ha precisato che il meccanismo di esclusione derivante dalla mancata indicazione degli oneri di sicurezza non deve operare in senso assoluto, ma deve trovare, ricorrendo peculiari circostanze, una “mitigazione”, a fronte dell’esigenza di tutelare i principi euro-unitari della tutela dell’affidamento, della certezza del diritto, di parità di trattamento, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza.
La natura chiarificatrice del principio di diritto enunciato dalle sentenze dell’Adunanza plenaria n. 19 e 20 del 2016, ne conferma, quindi, la portata pienamente retroattiva (tipica del resto di ogni interpretazione giurisprudenziale, che per sua natura non è fonte del diritto) ed esclude che ricorrano i presupposti per applicare l’eccezionale delimitazione temporale degli effetti del c.d. overruling giurisprudenziale (che, peraltro, trova il suo naturale terreno di applicazione nel campo del diritto processuale e non di quello sostanziale).
Alla luce dei chiarimenti resi dall’Adunanza plenaria e dalla Corte di giustizia, le esclusioni disposte erano, quindi, illegittime in quanto l’Amministrazione, in assenza di un puntuale previsione escludente contenuta nella lex specialis, non avrebbe potuto disporre l’esclusione senza prima invitare i concorrenti al c.d. soccorso istruttorio, al fine di chiarire l’esatta entità degli oneri di sicurezza non formalmente dichiarati in sede di offerta.
4.4. Sulla scorta dei chiarimenti resi dalla giurisprudenza sopravvenuta in materia di oneri di sicurezza aziendale e di conseguenti oneri dichiarativi dei concorrenti, la stazione appaltante, pertanto, ha legittimamente deciso di riammettere alla gara le concorrenti che, proprio in conseguenza della mancata indicazione di detti oneri nella propria offerta, erano state escluse dalla selezione, annullando nel contempo l’aggiudicazione già pronunciata in favore di RTI Consorzio In..
Sotto tale profilo, gli atti qui impugnati non appaiono inficiati dall’addotta carenza motivazionale in quanto essi rinvengono il proprio fondamento logico giuridico nell’esigenza di dare applicazione ai principi di diritto statuiti da questo Consiglio (con la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 20 del 27 luglio 1016), in base ai quali “ Per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio ”.
Tali presupposti motivazionali appaiono idonei e sufficienti a legittimare l’esercizio del potere di autotutela da parte dell’amministrazione: ed invero, l’effetto conformativo delle pronunce giurisdizionali, invocato dall’appellante principale con riguardo alle sentenze n. 905/2016 e 957/2016 del Tribunale, non passate in giudicato, e che a suo avviso hanno correttamente indotto la stazione appaltante all’adozione di atti soprassessori e alla conseguente sospensione della procedura in corso, a maggior ragione rendeva legittimo (ed anzi doveroso) la decisione successivamente assunta di adeguarsi ai pronunciamenti dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, atteso che, altrimenti, la stazione appaltante sarebbe andata incontro ad un (a questo punto probabile) annullamento giurisdizionale dei provvedimenti oggetto di autotutela e al rischio di subire condanne sia alle spese di giudizio, sia al risarcimento del danno.
4.5. Il breve lasso temporale intercorso tra l’adozione delle esclusioni (e della conseguente aggiudicazione) e il provvedimento di autotutela, la necessità di adeguarsi ai chiarimenti interpretativi forniti dalla giurisprudenza sopravvenuta, il rischio più che concreto, in mancanza dell’esercizio del potere di autotutela, di subire, in sede giurisdizionale, l’annullamento dei provvedimenti e le consequenziali condanne pecuniarie (alle spese e al risarcimento del danno), rendevano, nel caso di specie, l’esercizio del potere di autotutela l’unica soluzione concretamente perseguibile, anche nell’ottica del principio di leale collaborazione che deve informare i rapporti tra amministrazione a privato, specie nell’ambito della procedura di evidenza pubblica.
Per tali ragioni, non pare riscontrabile neppure l’addotto contrasto degli atti impugnati con le pregresse determinazioni adottate dalla stessa amministrazione, non ravvisandosi alcuna insanabile contraddittorietà con i contenuti del verbale di gara n. 13 del 19 settembre 2016, in quanto la decisione di sospendere la procedura in attesa del pronunciamento del giudice di appello sulle impugnazioni proposte da R.A Co. e dalla ditta Do. e la successiva decisione di annullare le esclusioni e le aggiudicazioni disposte rappresentano soltanto distinti segmenti del procedimento amministrativo complessivamente considerato e espressioni di un’azione amministrativa non connotata né da perplessità né da illogicità, e quindi non viziata da eccesso di potere, in ragione del sopravvenire dell’interpretazione chiarificatrice della giurisprudenza nazionale e comunitaria circa la portata escludente dei suddetti oneri dichiarativi.
4.6. Per tali ragioni, non può condividersi l’assunto dell’appellante principale in merito alla mancanza di valutazioni di un interesse pubblico attuale e concreto all’esercizio dei poteri di autotutela che non sia il mero ripristino della legalità violata. Nel momento in cui i principi, che (erroneamente) costituivano il presupposto fondante di quelle esclusioni, sono stati superati in virtù di un’evoluzione interpretativa, non pare revocabile in dubbio che i provvedimenti di ritiro qui impugnati fossero perciò supportati non soltanto dall’esigenza di contenere i potenziali rischi derivanti da domande risarcitorie da parte dei concorrenti esclusi (che non potevano affatto ritenersi insussistenti, come ritenuto dall’appellante principale), ma anche e soprattutto dall’incontestabile necessità di conformare l’azione amministrativa alle più aggiornate statuizioni giurisprudenziali e ai principi eurounitari sì da evitare le esclusioni delle offerte ritenute migliori sulla base di mere carenze di tipo formale e non sostanziale, in assenza peraltro di una concreta e apprezzabile lesione agli interessi del destinatario del provvedimento di autotutela. L’Amministrazione ha correttamente ritenuto di conformare l’esercizio del potere amministrativo, nel suo divenire e nel suo farsi atto, ai principi imposti dal diritto nazionale e euro-unitario, secondo i chiarimenti nel frattempo resi dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria, nell’ambito di una procedura di gara che non aveva ancora visto la sua fisiologica conclusione.
In relazione a tale ultimo profilo merita infatti condivisione la motivazione della sentenza impugnata lì dove ha escluso che sia maturato un legittimo affidamento in ordine all’aggiudicazione della gara in capo a RTI Consorzio In.: ciò a ragione di plurimi elementi quali la brevità del termine decorso tra l’adozione del provvedimento di aggiudicazione e la disposta autotutela, il contrasto giurisprudenziale sorto sulla tematica dell’indicazione in offerta degli oneri di sicurezza, e la contraria esegesi operata dalla Corte di Giustizia.
La qualificazione dei provvedimenti in esame in termini di annullamento d’ufficio (e non di revoca) esclude poi la spettanza dell’indennizzo, pure reclamato dall’appellante (anche sotto il profilo che la sua mancata previsione avrebbe inficiato il provvedimento di autotutela).
4.7. In ciò non si riscontra dunque l’asserita violazione dei principi di certezza del diritto e di tutela dell’affidamento dei consociati, né dell’esigenza di prevedibilità delle regole di condotta alle quali orientare le proprie scelte, cui anzi si ispira la nuova esegesi giurisprudenziale mossa dall’intento di porre gli operatori economici nelle medesime condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad una pubblica gara, affinché essi possano conoscerle in anticipo mediante chiare e univoche previsioni contenute negli atti indittivi della procedura selettiva.
4.8. Del resto, la pendenza del giudizio di appello avverso le sentenze di primo grado che avevano riconosciuto la legittimità delle esclusioni non rappresenta affatto argomento privo di rilievo, in quanto, sulla scorta dei chiarimenti interpretativi resi dalle citate pronunzie della giurisprudenza nazionale ed eurounitaria, poteva ragionevolmente prevedersi quale sarebbe stato l’esito del giudizio, sfociante non già in una declaratoria di improcedibilità del gravame per carenza di interesse (come avvenuto a seguito dell’adozione dei provvedimenti di revoca), bensì in un accoglimento delle impugnazioni proposte dalle ditte escluse. Alla luce di tale considerazione non coglie nel segno dunque neppure l’ulteriore doglianza formulata dall’appellante circa l’intervento dell’esercizio dei poteri di autotutela a giudizio in corso sì da sovvertirne, alterandoli, gli esiti finali. Non vi è del resto alcuna norma che preclude l’esercizio del potere di autotutela nel corso del giudizio, essendo, anzi, questa una eventualità del tutto fisiologica e frequentemente ricorrente nella prassi amministrativa.
4.9. Né appare censurabile l’addotta violazione delle garanzie partecipative contemplate dagli artt. 7 e ss. della legge 241 del 7 agosto 1990, meritando anche sotto profilo, ad avviso della Sezione, piena condivisione la motivazione della sentenza impugnata sulla natura non invalidante di detto vizio ai sensi dell’art. 21-octies, comma 2, legge 241 del 1990 in quanto, alla luce del suddetto chiarimento giurisprudenziale, imposto anche dal diritto europeo, “quand’anche le ricorrenti fossero state ritualmente compulsate nel procedimento, il relativo provvedimento finale avrebbe avuto identico tenore contenutistico”, non potendo questo essere diverso da quello in concreto adottato.
5. Nondimeno deve evidenziarsi che, sebbene l’esclusione non possa disporsi per omessa indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale, ove tale obbligo non discenda da una specifica previsione della lex specialis, resta fermo che, come a ragione rilevato dall’appellante principale con il secondo motivo di impugnazione, la riammissione dei concorrenti esclusi presuppone l’ineludibile necessità che la stazione appaltante valuti da un punto di vista sostanziale che le offerte rispettino i costi minimi di sicurezza aziendale, dovendo perciò la stazione appaltante procedere alla regolarizzazione dell’offerta attraverso il soccorso istruttorio affinché tali concorrenti procedano alla quantificazione e/o indicazione circa l’effettivo ammontare degli oneri aziendali per la sicurezza: a tale incombente la stazione appaltante, ove non vi abbia già provveduto, dovrà adempiere in applicazione dei richiamati principi di diritto affermati dall’Adunanza Plenaria (nella decisione n. 20/2016), procedendo all’aggiudicazione solo previo accertamento che “dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale”.
6. All’infondatezza delle censure formulate da RTI Consorzio In., ad esclusione di quanto dedotto con il secondo motivo di appello nei sensi e nei termini di cui in motivazione, con il conseguente obbligo della stazione appaltante di conformarsi al decisum provvedendo alla regolarizzazione delle offerte delle concorrenti escluse mediante la doverosa attivazione del soccorso istruttorio, consegue la reiezione dell’appello principale e delle domande risarcitorie ivi formulate e la declaratoria di improcedibilità dell’appello incidentale per carenza di interesse, con integrale conferma della sentenza di primo grado.
7. Sussistono giustificati motivi, in ragione delle peculiarità e della parziale novità delle questioni giuridiche trattate anche in considerazione dei mutamenti della giurisprudenza su tematiche aventi portata dirimente ai fini della decisione, per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, così decide:
a) respinge l’appello principale;
b) dichiara improcedibile l’appello incidentale.
Dispone compensarsi integralmente tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 29 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Roberto Giovagnoli, Presidente FF
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore
Stefano Fantini – Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
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