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La dichiarazione ivi contenuta, quindi, non integra una fideiussione, facendo difetto l’espressa volontà di assumere l’obbligazione (fideiussoria) richiesta dall’art. 1937 Cod civ.; l’esclusione di una responsabilità contrattuale della capogruppo è, del resto, il tratto saliente del patronage, la cui funzione è quella di mutare il titolo della responsabilità da contrattuale – come sarebbe nel caso di assunzione dell’obbligazione fideiussoria – in extracontrattuale.
Il presupposto sul quale questa figura atipica è costruita è infatti quello per cui la dichiarazione di chi induce un terzo a contrarre, seguita da un comportamento contrario al contenuto della stessa, costituisca fatto illecito e sia fonte di responsabilità ex art. 2043 Cod. civ.
Nel caso su cui attualmente si verte, è pacifico che Ti. Fi. s.p.a. non aveva più presentato lettere di patronage o attestazioni simili, ma è altresì documentato in atti che aveva invece depositato un contratto di avvalimento con la medesima capogruppo Ti. Wa. Ltd., la quale si era in tal modo impegnata – stavolta in modo diretto, con vincolo di carattere negoziale – ad assicurare la regolare esecuzione dell’appalto della controllata mediante la messa a disposizione di quest’ultima della propria capacità economico-finanziaria specifica.
Ora, anche a prescindere dalla possibilità, per la stazione appaltante, di non applicare all’ausiliaria Ti. Wa. Ltd. un trattamento “non meno favorevole” di quello previsto dal vigente Codice degli appalti pubblici, trattandosi di operatore economico di Paese terzo non firmatario degli accordi di cui all’art. 49 del Codice medesimo, deve comunque ritenersi che la diretta assunzione di responsabilità di cui al contratto di avvalimento – la cui validità, efficacia e paternità non sono state oggetto di contestazione in giudizio – abbia un’efficacia probatoria, ai fini della capacità economico-finanziaria dell’ausiliata, perlomeno analoga a quella delle garanzie atipiche (ed informali) di cui al precedente n. 3501 del 2017.
Per l’effetto, la stazione appaltante – dopo aver preso atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 86 comma 4 del d.lgs. n. 50 del 2016 (presupposti che, invero, sembrerebbero riconosciuti anche dal primo giudice) – avrebbe dovuto verificare la sussistenza o meno dei requisiti di capacità economico-finanziaria richiesti dalla lex specialis di gara sulla scorta del vincolo assunto dall’ausiliaria, nei termini di cui si è detto.
Il conseguente giudizio di idoneità, da formulare in concreto, equivale a quello già operato in astratto in sede di lex specialis attraverso l’indicazione nel bando di gara dei requisiti di capacità economico e finanziaria richiesti, giudizio che il legislatore rimette testualmente alla stazione appaltante. Diversamente argomentando, si attribuirebbe al comma 4 dell’art. 86 (così come, in precedenza, al comma 3 dell’art. 41 del d.lgs. n. 163 del 2006) “un’interpretazione abrogatrice, che in sostanza rende immutabile la scelta preventiva fatta in sede di definizione nel bando di gara dei requisiti di capacità economica e finanziaria e che non consente agli operatori per impedimenti oggettivi e giustificati non posseggono questi ultimi di offrire prove alternative”.
Nel caso di specie, conclusivamente, la stazione appaltante avrebbe dovuto effettuare un giudizio avente ad oggetto l’effettiva solidità economico e finanziaria che, grazie ai legami partecipativi ed agli impegni espressamente assunti dalla controllante, la concorrente era in grado di dimostrare, malgrado l’eventuale mancato raggiungimento del livello di fatturato globale di impresa richiesto.
Le ragioni che fondano l’accoglimento del primo motivo di appello sono assorbenti del secondo, in ragione della sostanziale comunanza di questioni (la qualificazione di Ti. Fi. s.p.a. come società di nuova costituzione rispetto alla Fi. Trasporti s.p.a., originaria titolare del ramo d’azienda ceduto alla holding Ti. Wa. Ltd, nonché la rilevanza del contratto di avvalimento almeno a confermare l’impegno della società madre nei confronti della società di recente costituzione, in precedenza espresso mediante il rilascio di lettere di patronage).
Con il terzo motivo di appello, la sentenza impugnata viene censurata nella parte in cui ha ritenuto che, anche a voler considerare applicabile il citato art. 86, la società appellante non sarebbe comunque risultata in possesso del requisito richiesto, non essendo possibile estendere il periodo di riferimento stabilito dal bando se non in violazione del principio di parità di trattamento tra operatori. L’appellante, infatti, la cui iscrizione nel registro delle imprese datava solo al 30 giugno 2015, avrebbe ipotizzato di prendere in esame il periodo di riferimento più ampio di gennaio 2010 – maggio 2017, tenuto conto del ramo d’azienda acquisito da Fi. Trasporti s.p.a.
Il par. III, p.to 1.3, lett. a) del bando di gara richiedeva alla generalità dei concorrenti di dimostrare “un’idonea capacità tecnica” mediante l’allegazione di “aver realizzato nel periodo 01/01/2012 – 31/12/2016 un fatturato complessivo almeno pari a € 200.000.000,00 (duecentomilioni/00) generato dalla fornitura di convogli ferroviari a trazione diesel e/o elettrica”, requisito che l’appellante obiettivamente non poteva soddisfare, essendo venuta ad esistenza solo nell’ultimo anno e mezzo di detto arco temporale.
Anche tale motivo può dirsi in concreto assorbito nelle considerazioni già svolte in relazione al primo, anche in considerazione del principio (di cui al precedente di Cons. Stato, III, 13 settembre 2017, n. 4336) per cui nel caso di avvalimento infragruppo – quale sarebbe il caso in esame – sussiste un onere probatorio e documentale semplificato, non sussistendo neppure l’obbligo di stipulare con l’impresa appartenente allo stesso gruppo un contratto di avvalimento, con il quale l’impresa ausiliaria si obbliga a mettere a disposizione del concorrente le risorse necessarie per tutta la durata del contratto, essendo sufficiente una dichiarazione unilaterale attestante il legame giuridico ed economico esistente nel gruppo.
Ipotesi del tutto assimilabile a quanto già verificatosi proprio nel caso dell’appalto del Comune di Napoli, di cui al più volte menzionato precedente della Sezione, n. 3501 del 2017.
Infine, con il quarto motivo di appello la sentenza impugnata viene censurata, pure per insufficiente motivazione, nella parte in cui rileva che “anche a voler ritenere possibile estendere il periodo di riferimento stabilito dal bando riconoscere in capo a TFA anche i requisiti ereditati dall’impresa Fi., la stessa non risulterebbe comunque in possesso del requisito di fatturato specifico richiesto essendo parte di tale fatturato relativo alla fornitura di mezzi “Meneghino” per linea metropolitana e alla fornitura di parte di rotabili/componentistica e non invece alla “fornitura di convogli ferroviari”.
Anche questo profilo di gravame, ad un complessivo esame delle risultanze di causa, appare fondato.
Invero, fermo restando il principio che il giudizio sull’idoneità in concreto – ex art. 86 cit. – degli elementi offerti dalle imprese partecipanti a dimostrare la loro capacità economico-finanziaria compete alla stazione appaltante, il primo giudice non risulta comunque aver adeguatamente esplicitato le ragioni per le quali – a latere dell’apporto della società capogruppo, su cui si è già detto – nella so di specie non avrebbe comunque potuto attribuirsi, a priori ed in astratto, alcuna rilevanza ad un fatturato specifico che corrisponderebbe, per l’intero arco temporale considerato dal bando (1° gennaio 2012 – 31 dicembre 2016) ad euro 119.609.377,67, ovvero (per il periodo più ampio gennaio 2010 – maggio 2017) ad euro 179.683.244,57.
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello va dunque accolto.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, conseguentemente accogliendo, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso introduttivo proposto dalla società Ti. Fi. s.p.a.
Condanna Tr. s.p.a. al pagamento, in favore di quest’ultima, delle spese di lite del presente grado di giudizio, che liquida in euro 10.000,00 (diecimila/00) complessivi, oltre oneri di legge.
Compensa tra le parti le spese di lite del precedente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere, Estensore
Federico Di Matteo – Consigliere
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