Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 17 maggio 2018, n. 2953.
Nel contratto e nella dichiarazione unilaterale dell’impresa ausiliaria indirizzata alla stazione appaltante risulti che quest’ultima metta effettivamente a disposizione della concorrente le proprie risorse ed il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità, in conformità a quanto richiesto dagli (allora vigenti) artt. 49 d.lgs. n. 163 del 2006 e 88, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 207 del 2010 (Regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici) e che, dunque, l’oggetto del contratto di avvalimento sia determinato attraverso la compiuto indicazione delle risorse e dei mezzi prestati.
Il giudizio sull’anomalia dell’offerta ha natura globale e sintetica, con conseguente irrilevanza di eventuali singole voci di scostamento, in quanto oggetto di tale giudizio non è la ricerca di specifiche e singole inesattezze, ma l’attendibilità dell’offerta economica ovverosia ad accertare in concreto che la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto.
Invero, il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, di modo che il sindacato del giudice “è limitato ai casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto”: nelle gare pubbliche, infatti, il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta è tipica espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale, non anche estensibile ad un’autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci.
Sentenza 17 maggio 2018, n. 2953
Data udienza 26 aprile 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8254 del 2017, proposto da:
Vi. s.p.a. in proprio e nella sua qualità di capogruppo mandataria del costituendo Rti con Se. s.r.l., No. s.r.l. e Te. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Gi. ed An. Fr. Mi., con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Lu. Na. in Roma, via (…);
contro
Consip s.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fi. Do., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
nei confronti
Te. It. s.p.a., in proprio e nella sua qualità di mandataria del costituendo Rti con le imprese Fi. s.p.a. ed In. e So. In. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Si. Ca., ed altri, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II n. 08520/2017, resa tra le parti, concernente procedura di gara per la fornitura di sistemi di videosorveglianza e servizi connessi per le pubbliche amministrazioni .
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a e di Te. It. s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 aprile 2018 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Fr. Mi. e Si. Ca.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Risulta dagli atti che in data 26 novembre 2015 Consip s.p.a. bandiva una gara telematica per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, della fornitura di sistemi di videosorveglianza e servizi connessi per le pubbliche amministrazioni.
L’appalto era diviso in 3 lotti:
– lotto 1, in favore delle amministrazioni ubicate nelle regioni del nord It., per un importo a base d’asta di euro 19.000.000,00;
– lotto 2, in favore delle amministrazioni ubicate nelle regioni del centro It., per un importo a base d’asta di euro 14.300.00,00;
– lotto 3, in favore delle amministrazioni ubicate nelle regioni del sud It., per un importo a base d’asta di euro 23.400.000,00.
I concorrenti potevano partecipare a tutti i tre lotti, con la precisazione (art. 3.4 del disciplinare di gara) che “la commissione procederà ad aggiudicare i lotti in ragione del seguente ordine: lotto 3; lotto 1; lotto 2. Il concorrente potrà aggiudicarsi al massimo 2 lotti. Nel caso in cui il concorrente che ha presentato offerta risulti primo in graduatoria in tutti i tre lotti, potranno allo stesso essere aggiudicati solo i due lotti di importo maggiore.
Il rimanente lotto nel quale il concorrente è risultato primo verrà aggiudicato al concorrente che segue in graduatoria su quel lotto”.
Quanto alla durata, il disciplinare di gara, all’art. 2.1, precisava che “per ciascun lotto la convenzione ha una durata di 12 mesi decorrenti dalla data di attivazione. Nel caso in cui il valore della convenzione, eventualmente incrementato, non sia stato ancora esaurito, tale durata potrà essere prorogata per ulteriori 6 mesi […]. Per durata di convenzione si intende il periodo entro il quale le amministrazioni potranno emettere ordinativi di fornitura nei confronti dell’aggiudicataria per l’approvvigionamento dei beni/servizi oggetto del presente contratto […]. I singoli contratti di fornitura […] potranno avere una durata massima di 36 mesi”.
Tra i requisiti di ammissione, il disciplinare di gara richiedeva la certificazione EN ISO 9001:2008 per la progettazione, installazione, assistenza e manutenzione di sistemi di video sorveglianza, oltre alla certificazione SOA per la categoria OS5 classe II e la certificazione SOA per la categoria OS19 classe II.
Quanto, infine, al criterio di aggiudicazione, il disciplinare di gara prevedeva 40 punti per l’offerta tecnica e 60 punti per quella economica; a loro volta, i 40 punti dell’offerta tecnica venivano divisi in 32,5 punti quali punteggi “tabellari”, cioè fissi e predefiniti da attribuire o meno in ragione della presenza o meno di 231 voci di offerta; 7,5 punti quali punteggi “discrezionali”, cioè da attribuire in via discrezionale sulla base di cinque criteri di giudizio.
I 60 punti dell’offerta economica sarebbero stati invece attribuiti ai prezzi unitari offerti dai concorrenti con riferimento a venti voci di prezzo.
Alla gara per il lotto 2 partecipavano sette concorrenti. Tra questi, il raggruppamento con capogruppo Te. s.p.a. ricorreva all’istituto dell’avvalimento per comprovare:
– la capogruppo Te., il possesso del fatturato specifico di cui all’art. 17.2 del bando di gara, nonché la certificazione di qualità di cui all’art. 17.3 lett. a) del bando di gara;
– la mandante Fi. s.p.a., il possesso della certificazione SOA OS5, classifica II, di cui all’art. 17.3 lett. b) e della certificazione OS19, classifica II, di cui all’art. 17.3 lett. c) del bando di gara.
Il raggruppamento facente capo alla società Vi. s.p.a. si classificava al primo posto, con punti 37,100 per quanto riguarda l’offerta tecnica, salvo poi passare al terzo a seguito della valutazione delle offerte economiche, dopo il Rti Te. (al secondo) e Fastweb s.p.a. (al primo).
Quest’ultima società si classificava al primo posto anche nei lotti 1 e 3, ragion per cui, stante il disposto dell’art. art. 3.4 del disciplinare di gara, veniva espunta dalla graduatoria del lotto 2, che veniva quindi aggiudicato al raggruppamento guidato da Te..
Avverso tale aggiudicazione Vi. s.p.a. proponeva ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 49 d.lgs. 12.4.2006 n. 163 (ora art. 89 d.lgs. 50/2016) e dell’art. 88 d.P.R. 5.10.2010 n. 207. Violazione degli artt. 1346 e ss. cod. civ. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4.4.1.5 del disciplinare di gara. Eccesso di potere per presupposto erroneo. Perplessità. Sviamento.
2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 86 e ss. d.lgs. 12.4.2006, n. 163 (ora art. 89d.lgs. 50/2016). Violazione del c.c.n. l. metalmeccanico. Violazione degli artt. 93 e ss. del d.P.R. 6.6.2001, n. 380. Violazione dell’art. 133 d.lgs. 9.4.2008, n. 81. Violazione dell’art. 3 l. 7.8.1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di motivazione e presupposto erroneo. Perplessità. Sviamento.
Costituitisi in giudizio, tanto Consip s.p.a. che Te. It. s.p.a. eccepivano l’infondatezza del ricorso, chiedendo che fosse respinto; il raggruppamento aggiudicatario proponeva inoltre ricorso incidentale avverso l’ammissione del Rti Vi. alla gara, nonché avverso la valutazione della congruità della relativa offerta.
Con sentenza 14 luglio 2017, n. 8520, il Tribunale adito respingeva il gravame, dichiarando conseguentemente improcedibile il ricorso incidentale per sopravvenuta carenza di interesse.
Avverso tale decisione Vi. s.p.a. interponeva appello, articolato nei seguenti motivi di doglianza, sostanzialmente riproduttivi di quelli già dedotti nel precedente grado di giudizio:
1) Error in iudicando. Difetto di motivazione e contraddittorietà. Violazione e falsa applicazione dell’art. 49 d.lgs. 12.4.2006 n. 163 (ora art. 89 d.lgs. 50/2016) e dell’art. 88 d.P.R. 5.10.2010 n. 207. Violazione degli artt. 1346 e ss. cod. civ. Violazione e falsa applicazione dell’art. 4.4.1.5 del disciplinare di gara. Eccesso di potere per presupposto erroneo. Perplessità. Sviamento.
2) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli artt. 86 e ss. d.lgs. 12.4.2006, n. 163 (ora art. 89 d.lgs. 50/2016). Violazione del c.c.n. l. metalmeccanico. Violazione degli artt. 93 e ss. del d.P.R. 6.6.2001, n. 380. Violazione dell’art. 133 d.lgs. 9.4.2008, n. 81. Violazione dell’art. 3 l. 7.8.1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di motivazione e presupposto erroneo. Perplessità. Sviamento. Difetto di motivazione.
Costituitasi in giudizio, Consip s.p.a. contestava l’infondatezza del gravame, chiedendone la reiezione; analogamente faceva il Rti guidato da Te. It. s.p.a., che depositava anche appello incidentale, riproponendo i motivi di ricorso incidentale già dedotti nel primo grado di giudizio.
Successivamente le parti ulteriormente illustravano, con apposite memorie, le proprie tesi difensive, ed all’udienza del 26 aprile 2018, dopo la rituale discussione, la causa passava in decisione.
Con il primo motivo di appello viene innanzitutto contestata la possibilità, per Te. It. s.p.a., di ricorrere all’avvalimento con la società Si. s.p.a. in relazione alla certificazione di qualità aziendale che, in quanto requisito di natura professionale, e quindi immanente all’azienda, sarebbe del tutto personale e non “trasferibile”.
In ogni caso, precisa l’appellante, dal contratto di avvalimento sottoscritto dalla Te. per il prestito della certificazione di qualità ISO 9001:2008 non risulterebbe affatto che il “prestito” abbia come oggetto l’intera azienda dell’ausiliario, ma solamente una (pur) consistente quantità di uomini e mezzi, con la conseguenza che non rileverebbero, nel caso di specie, i principi euro-unitari enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 4 novembre 2016, n. 23.
La censura non è fondata.
Va in primo luogo ribadito che l’istituto dell’avvalimento è stato introdotto nell’ordinamento nazionale in attuazione di puntuali prescrizioni dell’ordinamento UE e che esso risulta volto, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE, a conseguire l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile.
Si tratta, secondo la Corte, di un obiettivo perseguito dalle direttive a vantaggio non soltanto degli operatori economici, ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici (in tal senso, sentenza del 23 dicembre 2009 in causa C-305/08, CoNISMa).
L’enucleazione dell’istituto mira inoltre a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici, cui tende altresì la direttiva 2004/18, come posto in rilievo dal considerando 32 (in tal senso la sentenza del 10 ottobre 2013 in causa C-94/12, SWM Costruzioni).
Trattandosi di obiettivi generali dell’ordinamento eurounitario (e sulla base di generali canoni ermeneutici di matrice UE), grava sull’operatore nazionale l’obbligo di interpretare le categorie del diritto nazionale in senso loro conforme (c.d. criterio dell’interpretazione conforme) e di non introdurre in relazione ad essi vincoli e limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli che operano in relazione alle analoghe figure del diritto interno (si tratta di un corollario applicativo dei generali principi di parità di trattamento e di non discriminazione che devono assistere le posizioni giuridiche e gli istituti di matrice eurounitaria); in particolare, in assenza di motivate condizioni eccezionali, l’applicazione dei richiamati principi di parità di trattamento e di non discriminazione osta all’introduzione da parte dei legislatori nazionali di vincoli e limiti alla generale possibilità per gli operatori di fare affidamento sulle capacità di altri soggetti (in tal senso la sentenza 7 aprile 2016 in causa C-324/14, Partner Apelski Dariusz).
Alla luce di tali premesse, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio, con la richiamata sentenza n. 23 del 2016 ha concluso che “osta alla proposta interpretazione secondo cui l’individuazione dell’oggetto del contratto di avvalimento dovrebbe sottostare a requisiti ulteriori e più stringenti rispetto a quelli ordinariamente previsti per la generalità dei contratti ai sensi degli articoli 1325 e 1346 e del codice civile; sicché, al contenuto di tali disposizioni, ed all’interpretazione che ne è comunemente data, va riportato anche il disposto di cui all’art. 88, comma 1, del D.P.R. n. 207 del 2010, che va pertanto letto in coerenza con le predette disposizioni codicistiche”.
Per l’effetto, “la previsione di cui all’articolo 88, comma 1, lettera f) del d.P,R. 207 del 2010 (secondo cui “per la qualificazione in gara, il contratto di cui all’articolo 49, comma 2, lettera f), del codice deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) oggetto: le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”) non può essere intesa nel senso di avere introdotto una sostanziale deroga (in senso restrittivo) ai generali canoni civilistici in tema di requisiti dell’oggetto del contratto”.
Ciò premesso, ritiene il Collegio di dover confermare il precedente di Cons. Stato, V, 27 luglio 2017, n. 3710, che non solo espressamente riconosce la possibilità di ricorrere all’istituto dell’avvalimento anche in relazione alla certificazione di qualità di cui trattasi, ma precisa che, a tal fine, l’ausiliaria deve mettere a disposizione dell’ausiliata “tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse, che, complessivamente considerata, le ha consentito di acquisire la certificazione di qualità da mettere a disposizione” (in tal senso funzionale va intesa la messa a disposizione della propria organizzazione aziendale); in particolare, per quanto riguarda l’eccezione di nullità del contratto di avvalimento “perché lo stesso non prevede il trasferimento effettivo in favore di quest’ultima dell’azienda certificata di Si.”, la stessa non può trovare accoglimento per indeterminatezza, in quanto sarebbe stato preciso onere dell’appellante – qui non assolto – dimostrare (perlomeno con il ricorso ad obiettivi indici presuntivi) che le risorse concretamente cedute dall’ausiliaria e puntualmente indicate nel relativo contratto, complessivamente intese, non fossero idonee a soddisfare le condizioni per l’ottenimento della certificazione di qualità di cui trattasi.
Per contro, l’art. 2 del contratto di avvalimento fra ausiliaria Si. e ausiliata Te. prevedeva esplicitamente che “saranno messe a disposizione di Te., di Consip e delle Amministrazioni aderenti, nel caso di aggiudicazione alla società concorrente e per tutta la durata del contratto di appalto, le seguenti risorse professionali e i seguenti mezzi, facenti parte della azienda della I.A., le quali hanno contribuito al rilascio e al mantenimento della predetta certificazione di qualità”, previsione cui faceva seguito un analitico elenco delle risorse che avevano appunto contribuito al rilascio della certificazione e che venivano messe a disposizione dell’impresa ausiliata.
In termini, anche Cons. Stato, IV, 2 dicembre 2016, n. 5052 ribadisce (nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006) la necessità che nel contratto e nella dichiarazione unilaterale dell’impresa ausiliaria indirizzata alla stazione appaltante risulti che quest’ultima metta effettivamente a disposizione della concorrente le proprie risorse ed il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che giustificano l’attribuzione del requisito di qualità, in conformità a quanto richiesto dagli (allora vigenti) artt. 49 d.lgs. n. 163 del 2006 e 88, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 207 del 2010 (Regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici) e che, dunque, l’oggetto del contratto di avvalimento sia determinato attraverso la compiuto indicazione delle risorse e dei mezzi prestati (in questo senso da ultimo, Cons. Stato, V, 13 febbraio 2017, n. 601).
L’appellante deduce inoltre l’invalidità del contratto di avvalimento tra la capogruppo Te. e la società Si. per indeterminatezza della relativa durata e per l’esiguità del corrispettivo, nonché l’invalidità del contratto di avvalimento tra la mandante Fi. e la società Vi. per indeterminatezza della durata, per assenza di corrispettivo e per indeterminatezza del relativo contenuto.
Riguardo a quest’ultimo contratto, in particolare, ne eccepisce altresì l’insufficienza, atteso che “ai sensi del d.P.R. 207/10, occorrono ben altre risorse e altri mezzi per conseguire la certificazione SOA OS5 classifica II e OS19 classifica II” e comunque, “nel far rinvio a non meglio specificati mezzi strumentali, e lasciando quindi del tutto imprecisati numero e tipologia delle risorse strumentali trasferite, finisce per non trasferire all’ausiliato le risorse che sono occorse all’ausiliario per conseguire le attestazioni SOA oggetto di prestito”.
Anche queste censure non paiono condivisibili.
In primo luogo, come già per il rilievo precedente, parte appellante si limita ad una generica contestazione dell’insufficienza delle risorse messe a disposizione dall’ausiliaria ai fini dell’ottenimento delle certificazioni di cui trattasi, senza peraltro precisare, nel merito, quali effettivamente siano – nel caso concreto – le carenze riscontrate; ciò premesso, sempre la richiamata Adunanza plenaria n. 23 del 2017 ha precisato come non si configuri l’invalidità del contratto di avvalimento allorché una parte dell’oggetto di quest’ultimo, pur non essendo puntualmente determinata, sia “tuttavia agevolmente determinabile dal tenore complessivo del documento, e ciò anche in applicazione degli articoli 1346, 1363 e 1367 del codice civile”.
Nel caso di specie, come rileva la stazione appaltante, il contratto stipulato tra Fi. e Vi. prevedeva che “Vi. si impegna verso FNM e verso la Stazione appaltante per tutta la durata dell’appalto a fornire i requisiti di capacità tecnica e a mettere ad effettiva ed irrevocabile disposizione le risorse necessarie di cui è carente FNM” (art. 2)”.
All’art. 2, in particolare, l’ausiliaria si impegnava a fornire “i seguenti requisiti: – possesso di attestato di qualificazione in corso di validità rilasciato da una SOA regolarmente autorizzata ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 34/2000, per la categoria OS 5, classifica V; – possesso di attestato di qualificazione in corso di validità rilasciato da una SOA regolarmente autorizzata ai sensi e per gli effetti del D.P.R. n. 34/2000, per la categoria OS 19, classifica II”, e comunque a “mettere a disposizione di FNM tutte le risorse tecniche, economiche e di personale connesse al predetto requisito, dovendosi intendere l’avvalimento esteso ad ogni elemento inerente e costitutivo del predetto requisito di capacità, ovvero tutti i mezzi e le risorse riconducibili all’esecuzione delle prestazioni di cui al fatturato sopra indicato in quanto strumentali alla realizzazione del relativo importo oggetto di avvalimento ed in particolare:
– N. 1 Direttore tecnico quale centro di coordinamento e responsabile della qualità;
– N. 10 di addetti necessari alle varie tipologie di lavoro ed in particolare;
– N. 10 tecnici installatori specializzati e tecnici software;
– N. 1 responsabile della sicurezza;
– N. 1 responsabile della progettazione.
Automezzi, strumentazione di misura, strumenti manuali di uso comune, multimetri digitali, frequenzimetri, strumenti di test fibra ottica, attrezzature per connettorizzazione fibra ottica, attrezzature di supporto quali trabatelli e scale a forbice”.
Alla luce di tali elementi non può quindi ritenersi, con palese evidenza, che l’oggetto del contratto di avvalimento tra Fi. e Vi. difetti, a priori, del requisito della determinabilità.
Del pari infondata è l’ulteriore censura secondo cui la durata dei contratti di avvalimento stipulati da Te. e Fi. non sarebbe coerente con gli obblighi derivanti dal bando di gara (in quanto non garantirebbero la copertura né del periodo di durata della convenzione quadro con Consip, di 18 mesi, né quello dei contratti attivabili sulla base di detta convenzione, di 36 mesi): risulta infatti dagli atti che il contratto sottoscritto da Te. prevedeva una validità per “tutta la durata dell’appalto di cui al precedente punto 3 delle Premesse”, laddove quello stipulato da Fi. precisava che “l’avvalimento del requisito specificato al precedente punto 2 avrà termine solo una volta che sia stato completamente eseguito l’appalto verso il Committente”.
Il riferimento alla durata dell’appalto ed alla sua completa esecuzione non possono che coincidere – in assenza di espresse indicazioni in deroga, qui non previste – con la durata individuata dalla lex specialis di gara, necessariamente comprensiva del periodo concesso alle singole amministrazioni per attivare i rispettivi contratti.
Infine, l’appellante censura la sentenza di primo grado “nella parte in cui (par. 2.3 pagg. 31-32) rigetta (liquidandole in poche battute) le censure formulate da Vi. con riguardo alla mancata previsione, da parte dei due contratti di avvalimento, di un corrispettivo congruo in rapporto alla consistenza del prestito”.
I contratti di avvalimento, infatti, nulla direbbero in punto di corrispettivo (diretto o indiretto). Per l’effetto, “si è dunque dedotto in ricorso che il numero “stratosferico” delle risorse prestate, per un tempo “infinito” di (12 mesi di convenzione + 6 mesi di proroga + 36 mesi dei contratti di adesione = 54 mesi, e quindi) ben 4 anni e mezzo, imponeva l’indicazione di un corrispettivo che fosse congruo e ciò a garanzia della serietà dell’impegno assunto dall’ausiliario e, quindi, in ultima analisi, della effettività del prestito”.
Premesso che tale profilo di censura (nella parte in cui parla di risorse prestate “stratosferiche” e di durata “infinita” del prestito) appare di fatto contraddire quanto in precedenza dedotto, dalla stessa appellante, circa l’insufficienza quantitativa e temporale dei medesimi contratti a soddisfare le condizioni minime per ottenere le certificazioni di qualità oggetto di avvalimento, lo stesso non è persuasivo.
Al riguardo, va ancora richiamato il precedente di Ad. plen. n. 23 del 2016, a mente del quale – sul presupposto che il contratto di avvalimento presenti un tipico carattere di onerosità – non potrà automaticamente parlarsi di invalidità del contratto ogni qualvolta in sede contrattuale non sia stato espressamente stabilito un corrispettivo in favore dell’impresa ausiliaria: il negozio manterrà infatti intatta la sua efficacia ove dal testo contrattuale sia comunque possibile individuare l’interesse – di carattere direttamente o indirettamente patrimoniale – che ha indotto l’ausiliaria medesima ad assumere, senza corrispettivo, gli obblighi derivanti dal contratto di avvalimento e le connesse responsabilità (in termini, già Cons. Stato, IV, 4 dicembre 2001, n. 6073).
Dal tenore dell’accordo deve dunque potersi desumere l’interesse patrimoniale, che può avere carattere diretto (cioè consistere in un’utilità immediata) o anche solo indiretto, purché effettivo.
Nel caso di specie, appare maggiormente persuasivo quanto rilevato dalla stazione appaltante, secondo cui l’onerosità emerge chiaramente dai due contratti, ed ha una doppia natura: da un lato, l’interesse delle società ausiliarie a collaborare con due società di grande importanza come Te.n e Fi., dall’altro l’interesse (direttamente patrimoniale) a vedersi attribuito il subappalto delle prestazioni affidate alle ausiliate.
Invero, al già richiamato art. 2 del contratto di avvalimento fra Te. e Si. è previsto, in favore della seconda, “lo svolgimento di tutte le attività connesse alla suddetta certificazione di qualità nel rispetto dei limiti di legge”; inoltre, la domanda di partecipazione di Fi. espressamente prevede il ricorso al subappalto per il 30% delle prestazioni ad essa affidate in caso di aggiudicazione, ivi compresi i “lavori per la realizzazione di opere civili accessorie alla fornitura”, ossia le prestazioni quali l’ausiliaria Vi. ha fornito le certificazioni e le relative risorse.
Più nel dettaglio, la società appellante deduce l’implausibilità economica dell’operazione sulla base del seguente ragionamento: “il R.T.I. Te. ha offerto in gara il prezzo di € 6.308.000,00; la quota della capogruppo Te. è pari al 44%, quindi la stessa avrebbe eseguito servizi per € 2.775.520,00.
Volendo ipotizzare che Te. avrebbe dato in subappalto all’ausiliaria Si. l’intera quota ammissibile del 30%, la stessa avrebbe eseguito prestazioni per € 832.656,00.
Tale importo diviso per la durata minima della convenzione Consip pari a 18 mesi dà un importo mensile di € 46.258,00.
Lo stesso importo di € 832.656,00 diviso per la durata massima della convenzione Consip, pari a 18 mesi, e dei contratti di adesione, pari a 36 mesi, per un totale di 54 mesi, dà un importo mensile di € 15.419,00”.
Da ciò deriverebbe che nella prima ipotesi Si. verrebbe a pagare a ciascuno dei 200 dipendenti “prestati” solamente uno stipendio di euro 231,29 (euro 46.258: 200) al mese, importo ulteriormente ridotto a 77,10 euro mensili nel secondo caso.
Sul punto, il primo giudice aveva però replicato che “L’argomentazione si fonda su un errore di prospettiva. Il personale indicato nei contratti di avvalimento è quello che ha consentito alle imprese ausiliarie di conseguire le attestazioni e le certificazioni oggetto di prestito. Esso viene messo a disposizione delle società ausiliate nel senso che, da tale dotazione, esse potranno attingere nella misura funzionale all’esecuzione dell’appalto. Le risorse e i mezzi che verranno effettivamente adibiti alla commessa non sono, infatti, tutti quelli oggetto di prestito bensì soltanto la parte di essi imputata alla fornitura in esame ed il cui costo risulta inserito nelle giustificazioni sotto forma di oneri diretti (cfr. i paragrafi 4 e 5 dei primi giustificativi in data 25.7.2016)”.
Il Collegio non ritiene di condividere la censura dell’appellante, secondo cui la lettura fornita dal primo giudice avrebbe l’effetto pratico di autorizzare le parti del contratto di avvalimento “ad inserire nel contratto fittiziamente risorse umane e strumentali che, poi le parti potrebbero liberamente anche non utilizzare”, dando così vita ad un “prestito” solamente formale (o cartolare) e non anche effettivo, come invece richiesto dalla normativa vigente.
Invero, premessa in ogni caso la libertà di iniziativa economica delle imprese coinvolte e l’autonomia dei relativi giudizi, la messa a disposizione di risorse materiali (ed immateriali) da parte dell’ausiliaria non implica certo che le stesse debbano essere utilizzate in modo continuativo e nella loro interezza da parte dell’ausiliata, ma solo laddove ve ne sia la necessità e nei limiti in cui occorra ai fini della regolare esecuzione dell’appalto. In questi termini, con riferimento specifico alle risorse oggetto del subappalto, risulta coerente il rilievo formulato dalla stazione appaltante, per cui le stesse coincideranno con quelle che in concreto saranno impiegate dall’ausiliata per eseguire le prestazioni oggetto del contratto e date in subappalto.
Né la tesi di parte appellante trova riscontro nel principio ora enunciato dall’art. 89, comma 9 del d.lgs. n. 50 del 2016 (norma peraltro non applicabile alla procedura di gara in esame, ratione temporis), in base al quale il responsabile del procedimento è tenuto ad accertare, in corso d’opera, che le prestazioni oggetto del contratto siano svolte direttamente dalle risorse umane e strumentali dell’impresa ausiliaria: tale disposizione, infatti, prevede solamente che le prestazioni relative all’oggetto dell’avvalimento stesso siano svolte dall’impresa ausiliaria, ma non anche che ciò debba avvenire ininterrottamente per tutta la durata del contratto e, comunque, utilizzando in ogni caso tutte le risorse disponibili.
Con il secondo motivo di appello viene invece censurata l’offerta economica del raggruppamento guidato da Te. It. s.p.a., in quanto fortemente sottostimata (di circa 500.000 euro) e dunque anomala.
Tale sottostima riguarderebbe alcune specifiche voci di costo e precisamente:
a) i costi della forza lavoro retribuita con C.C.N.L. Metalmeccanico con una differenza, in negativo, di € 115.652,14;
b) la mancata previsione di oneri aggiuntivi e spese tecniche relative alle pratiche amministrative per l’installazione dei pali di sostegno delle telecamere, per € 161.000,00;
c) la mancata previsione, e, quindi, il mancato confronto del costo di due operai per i lavori da eseguire in quota;
d) la mancata previsione, per quanto riguarda la capogruppo Te., del costo del subappalto all’ausiliaria Si. (aspetto, quest’ultimo, su cui il primo giudice non si sarebbe neppur pronunciato).
Ritiene il Collegio di dover innanzitutto ribadire il consolidato principio generale – dal quale non vi è ragione plausibile per discostarsi, nel caso di specie – secondo cui il giudizio sull’anomalia dell’offerta ha natura globale e sintetica, con conseguente irrilevanza di eventuali singole voci di scostamento, in quanto oggetto di tale giudizio non è la ricerca di specifiche e singole inesattezze, ma l’attendibilità dell’offerta economica ovverosia ad accertare in concreto che la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto (ex multis, Cons. Stato, V, 27 luglio 2017, n. 3702).
Invero, il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, di modo che il sindacato del giudice “è limitato ai casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto” (ex multis, Cons. Stato, V, 2 dicembre 2015, n. 5450): nelle gare pubbliche, infatti, il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta è tipica espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale, non anche estensibile ad un’autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (Cons. Stato, V, 17 novembre 2016, n. 4755; III, 6 febbraio 2017, n. 514).
Tale immediata, macroscopica illogicità (o erroneità fattuale) non emerge però dagli atti, tanto più alla luce delle grandezze riportate nella colonna 6 della tabella a p. 27 dei primi giustificativi Te. (dedicata al “totale costo medio annuo” dei singoli livelli di inquadramento dei lavoratori), che reca valori superiori rispetto alle retribuzioni tabellari del 2015 secondo il CCNL Metalmeccanici.
Appare quindi coerente con le risultanze di causa quanto rilevato in proposito dal primo giudice, nell’evidenziare che “I valori del costo medio annuo indicati dall’RTI Te. sono attinenti a quelli indicati nelle tabelle indicate al d.m. 4.3.2015 e anzi, nella maggior parte dei casi, superiori a questi ultimi.
La lievissima differenza (23,33 Euro) rispetto a quanto indicato per il livello 5° S per gli operai è riconducibile alla circostanza che per il livello 5° S è stato considerato un mix tra operai ed impiegati.
Ove si considerino i valori tabellari minimi estrapolabili dal d.m. basato sul CCNL precedente, Consip evidenzia che i valori indicati da Te. per i livelli 3°, 4°, 5° e 5° S, nella seconda colonna della tabella, sono frutto di un refuso poiché, per puro errore materiale, invece di indicare i valori pertinenti al CCNL 2015 sono stati indicati i valori riferiti al CCNL 2012.
Il valore totale annuo, corrispondente al costo medio del lavoro secondo le tabelle ministeriali, è stato invece stato invece correttamente indicato in piena conformità al CCNL 2015”.
Analogamente dicasi per gli ulteriori profili di censura: per quanto concerne i presunti costi amministrativi “forfetari” unilateralmente stimati dall’appellante in euro 500 a palo – al di là della genericità dell’argomento e della possibilità, riconosciuta dal capitolato tecnico d’appalto, di avvalersi dei fornitori anche per la realizzazione dei plinti e dei pozzetti – va comunque considerato che l’offerta di Te. prevedeva una voce di costo dedicata ai “lavori di realizzazione di opere civili accessorie alla fornitura” (per euro 965.967,05), nel cui ambito andavano ricompresi (come precisato in sede di giustificazioni dell’anomalia) anche i “costi indiretti” (ivi inclusi quelli di cui trattasi).
In merito invece alla presunta sottostima del numero di ore necessarie per garantire il servizio, non tenendo in considerazione – in particolare – che ben il 64% delle attività relative al servizio di installazione e configurazione richiederebbe l’utilizzo di scale mobili e, quindi, di almeno due persone (una a terra ed una sulla scala), ritiene il Collegio di dover condividere quanto evidenziato dal giudice di prime cure circa la genericità ed apoditticità della ricostruzione condotta dall’allora ricorrente.
Invero, da un lato le grandezze indicate dalla Vi. s.p.a. non trovano diretto riscontro nella lex specialis di gara, apparendo piuttosto frutto di considerazioni unilaterali ipotetiche ed indimostrate, dall’altro appare condivisibile quanto rilevato dalla stazione appaltante, secondo cui la dedotta insufficienza del monte ore indicato da Te. non terrebbe erroneamente conto del fatto che quest’ultimo (pari a 46.323 ore), diviso per il numero di attività previste dalla lex specialis (13.198), porta ad una media di 3,5 ore ad intervento, pienamente compatibile con la compresenza di due lavoratori.
Ancora, in merito alla mancata considerazione – nelle giustificazioni di Te. – del prezzo del subappalto all’ausiliaria Si., questione sulla quale il primo giudice non si è formalmente pronunciato, verosimilmente considerandola assorbita nei precedenti rilievi, è condivisibile la spiegazione che fa perno sulla differenza fra corrispettivo dell’avvalimento (come già visto, in gran parte dato dal subappalto all’ausiliaria, oltre che dall’interesse – suscettibile di indiretti ritorni economici – di partecipare alla gara in patrnership con alcune delle maggiori imprese leader del settore) e valore astratto delle risorse oggetto di avvalimento.
Il costo, per il Rti Te., è evidentemente dato (solo) dal primo dei due elementi considerati.
Per le ragioni sovra esposte, l’appello proposto da Vi. s.p.a. andrà dunque respinto, con conseguente improcedibilità, per sopravvenuta carena di interesse, dell’appello incidentale di Te. It. s.p.a.
Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Dichiara improcedibile l’appello incidentale proposto da Te. It. s.p.a., per sopravvenuta carenza di interesse.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore di Consip s.p.a. e Te. It. s.p.a., delle spese di lite dell’attuale grado di giudizio, che liquida in euro 4.000,00 (quattromila/00) ciascuna, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Caringella – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere
Claudio Contessa – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere, Estensore
Federico Di Matteo – Consigliere
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