Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 25 maggio 2018, n. 3143
La massima estrapolata
In base all’art. 11, comma primo, del t.u. edilizia, il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo, la legittimazione attiva a chiedere il rilascio di un titolo abilitativo edilizio si configura in capo non solo al proprietario del terreno, ma pure al soggetto titolare di altro diritto di godimento del fondo, che lo autorizzi a disporne al riguardo.
V’è il contestuale onere della P.A. di accertare con serietà e rigore siffatta legittimazione a chiedere il titolo edilizio, dovendo pertanto la P.A. accertare che l’istante sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria.
Sentenza 25 maggio 2018, n. 3143
Data udienza 1 marzo 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3962 del 2009, proposto da:
Fr. Sg., rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ma., con domicilio eletto presso lo studio An. Da. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. De. Ca., domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la segreteria sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
Sg. Ma., rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Pi., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
Na. Vi., ed altri non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI: SEZIONE III n. 01687/2008, resa tra le parti, concernente la sospensione dei lavori ed il ripristino dello stato dei luoghi.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di Sg. Ma.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1 marzo 2018 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati Mansi e Piccolo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il sig. Sg. Fr., proprietario di un’abitazione con annesso cortile retrostante, sita in (omissis) alla via (omissis), riportata al N.C.E.U. al foglio (omissis), presentava al Comune di (omissis), in data 30 aprile 2004, denuncia di inizio attività prot. 23639, ai sensi dell’art. 22 d.P.R. 380/2001, al fine di eseguire presso tale abitazione dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria , consistenti, tra gli altri, nell’apertura di un varco pedonale tra il cortile e via (omissis) attraverso la demolizione del muro confinante con via Battisti e la costruzione di un cancello ad uso pedonale.
1.1. Con ordinanza n. 178 del 18 maggio 2005 il Comune di (omissis) ingiungeva “di non proseguire i lavori di apertura del varco pedonale del muro posto a chiusura del vicolo (omissis) come asseverati con DIA del 30.04.2004 prot. n. 22639 e di ripristinare lo status quo ante”.
1.2. In data 4 maggio 2005 il sig. Sgaramella presentava dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà con cui dichiarava di essere proprietario di detto muro, affermando che “fu costruito dai miei nonni negli anni 30”.
1.3. In data 17 giugno 2005 veniva adottata nuova ordinanza di sospensione lavori ed infine in data 15 luglio 2005 veniva emanata l’ordinanza n. 275 con la quale si ingiungeva la sospensione dei lavori ed il ripristino dello status quo ante, ponendo a fondamento della decisione i pareri dell’Ufficio Avvocatura e del Settore Patrimonio.
2. Con ricorso n. 1779/2005 dinanzi al TAR Puglia – Bari il sig. Sgaramella impugnava tale provvedimento, chiedendone l’annullamento, nonchè l’accertamento incidentale dell’intervenuto suo acquisto per usucapione della proprietà del suolo e del muro che chiudeva vicolo (omissis).
2.1. Con sentenza n. 1687/2008, depositata in data 9 luglio 2008, il TAR Puglia – Bari, Sezione III, dopo aver disposto, con ordinanza n. 566/2007, l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei signori Na. Vi., Lanotte Serafina, Lanotte Giacomo e Lanotte Francesca, respingeva il ricorso. In particolare, il Giudice di primo grado, premettendo di avere cognizione sulla domanda incidentale di accertamento della proprietà del muro, riteneva lo stesso di proprietà del Comune di (omissis).
3. Con ricorso in appello il sig. Sgaramella impugnava detta sentenza, chiedendone l’annullamento sulla base dei seguenti motivi:
I) error in iudicando: per violazione ed erronea applicazione dell’art. 881 cod. civ. “Presunzione di proprietà esclusiva del muro divisorio”, e per violazione ed erronea applicazione dell’art. 22 comma 3 della legge 2 marzo 1865 n. 2248 all. F. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti e dei luoghi di causa. Carenza assoluta in motivazione della sentenza sul rigetto del primo e del terzo motivo di ricorso.
II) error in iudicando: per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.) sulla domanda di accertamento incidentale formulata dal ricorrente.
III) error in iudicando: per mancata applicazione della disciplina delle pertinenze di cui agli artt. 817 e 818 e ss. cod. civ.. Mancata applicazione dell’istituto dell’usucapione di cui agli artt. 1158 e ss. cod. civ.
IV) error in iudicando: per illogicità manifesta. Violazione e mancata applicazione dell’art. 11 d.P.R. 380/2001. Violazione dei principi giurisprudenziali vigenti in tema di legittimazione al rilascio di titoli edilizi. Eccesso di potere per travisamento ed omessa valutazione dei fatti. Violazione del principio di affidamento.
V) error in iudicando: per violazione e falsa applicazione dell’art. 2 e 3 R.D. 23 maggio 1924 n. 827. Eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Carenza di motivazione della sentenza sul rigetto del terzo motivo di ricorso.
VI) error in iudicando: per carenza di uno specifico interesse pubblico al rispristino del muro. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Illogicità manifesta. Sviamento di potere. Difetto assoluto di motivazione della sentenza in relazione al rigetto del secondo motivo di ricorso.
VII) error in iudicando: per carenza di interesse pubblico per intervenuta “sdemanializzazione tacita”. Violazione di principi giurisprudenziali vigenti in materia di “sdemanializzazione tacita”. Intervenuta usucapione del suolo – su cui sorgeva il muro – in favore del ricorrente.
3.1. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), depositando memoria difensiva con cui si è opposto all’appello e ne ha chiesto il rigetto.
3.2. Si è costituita altresì la signora Sg. Ma., chiedendo il rigetto dell’appello ed eccependo l’inammissibilità del motivo di ricorso attinente all’accertamento della pretesa intervenuta usucapione.
3.3. Ciascuna delle parti ha depositato ulteriori memorie, insistendo nelle proprie difese.
4. All’udienza del 1° marzo 2018 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
5. Il Collegio preliminarmente prescinde dall’esame della eccezione di inammissibilità del gravame nel punto in cui si chiede l’accertamento della proprietà per intervenuta usucapione, in quanto l’appello risulta infondato nel merito.
6. Con il ricorso viene denunciata l’impossibilità per l’istante di dimostrare la proprietà del muro di cinta mediante l’esibizione di apposito titolo di proprietà debitamente trascritto, dovendo pertanto ritenersi sufficiente a tal fine la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa dal ricorrente. Del resto, la proprietà del muro in capo al Comune di (omissis), ad avviso del ricorrente, non risulterebbe da alcun atto e/o inventario, né da alcun accertamento di fatto. Peraltro, l’eventuale proprietà pubblica sarebbe venuta meno in virtù della sopravvenuta sdemanializzazione tacita della porzione di suolo su cui sorgeva il muro, dal che discenderebbe l’usucapibilità della stessa.
Con un primo ordine di censure si lamenta, quindi, che il T.a.r., disattendendo il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ha accertato la proprietà del Comune sul muro ed ha applicato non correttamente, ad avviso dell’appellante, sia l’art. 881 cod. civ., essendo le due entità prediali confinanti non omogenee tra loro, che l’art. 22, comma 3, della legge 2 marzo 1865 n. 2248 all. F, avendo preso a riferimento a tal fine, piuttosto che il muro, il vicolo C. Battisti, di cui non si contesta la demanialità.
6.1. L’appello è infondato e non può trovare accoglimento.
6.2.1. In primo luogo, deve essere respinta la censura attinente alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. da parte del giudice di primo grado, in quanto l’accertamento della proprietà comunale del vicolo Battisti risulta essere funzionale all’accertamento della proprietà del suolo su cui sorge il muro e, conseguentemente, del muro stesso, oggetto del provvedimento impugnato.
6.2.2. Al riguardo, il Collegio ricorda che:
a) atteso che, in base all’art. 11, comma primo, del t.u. edilizia, il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo, la legittimazione attiva a chiedere il rilascio di un titolo abilitativo edilizio si configura in capo non solo al proprietario del terreno, ma pure al soggetto titolare di altro diritto di godimento del fondo, che lo autorizzi a disporne al riguardo (cfr. Cons. St., sez. VI, 15 luglio 2010, n. 4557; id., sez. IV, 2 settembre 2011, n. 4968);
b) v’è il contestuale onere della P.A. di accertare con serietà e rigore siffatta legittimazione a chiedere il titolo edilizio (arg. ex Cons. Stato, sez. IV, 7 settembre 2016, n. 3823), dovendo pertanto la P.A. accertare che l’istante sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (cfr. Cons. Stato, sez. V, 4 aprile 2012, n. 1990).
6.3. Ciò premesso, al fine di dimostrare la proprietà del muro in questione, alcuna rilevanza può essere attribuita, come correttamente ritenuto dall’amministrazione procedente, alla dichiarazione sostitutiva di atto notorio presentata, ai sensi dell’art. 47 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, dal ricorrente nel corso del procedimento dinanzi al Comune di (omissis).
Al riguardo è costante la giurisprudenza del Consiglio di Stato nell’affermare l’inutilizzabilità della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà nell’ambito del processo amministrativo, in quanto, sostanziandosi in un mezzo surrettizio per introdurre la prova testimoniale, non possiede alcun valore probatorio e può costituire solo un mero indizio che, in mancanza di altri elementi gravi, precisi e concordanti, non è idoneo a scalfire l’attività istruttoria dell’amministrazione (ex multis Cons. Stato, sez. IV, 7 agosto 2012, n. 4527; id., sez. VI, 8 maggio 2012, n. 2648; id., sez. IV, 3 agosto 2011, n. 4641; id., sez. IV, 3 maggio 2005, n. 2094; id., sez. IV, 29 aprile 2002, n. 2270).
D’altro canto, “l’attitudine certificativa e probatoria della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà e delle autocertificazioni o auto dichiarazioni è limitata a specifici status o situazioni rilevanti in determinate attività o procedure amministrative e non vale a superare quanto attestato dall’amministrazione, sino a querela di falso, dall’esame obiettivo delle risultanze documentali” (Cons. Stato, sez. V, 20 maggio 2008, n. 2352).
6.4. Pertanto, ai fini dell’accertamento incidentale in ordine alla proprietà del muro oggetto del richiesto titolo edilizio, occorre considerare che il vicolo (omissis) sul quale lo stesso insiste risulta essere pacificamente di proprietà comunale, in primo luogo non ravvisandosi nessuna contestazione al riguardo.
Peraltro, ai fini dell’accertamento della proprietà pubblica sul vicolo giova la presunzione di appartenenza al demanio stradale comunale delle aree che sono in comunicazione diretta col suolo pubblico in modo da consentire l’accesso ad esse, ai sensi dell’art. 22 l. n. 2248/1865, come per l’appunto avviene nel caso di specie, atteso il collegamento del vicolo Battisti con la strada comunale via Orsini. In senso opposto, del resto, non è stata addotta alcuna prova contraria, non potendo ritenersi sufficiente a tal fine, per le sopra esposte motivazioni, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio.
6.5. Da ciò consegue, in primo luogo, l’applicabilità al caso di specie dell’art. 881 c.c., che pone una presunzione di proprietà sui muri divisori in favore del proprietario del fondo verso il quale esiste lo spiovente ed in ragione dello spiovente medesimo. Il muro in questione, per l’appunto, presenta una struttura, qualificabile come spiovente (sono presenti, in particolare, delle tegole sulla sommità del muro), che, senza dubbio, è rivolta verso l’esterno, ossia verso il citato vicolo Battisti.
Del resto, in senso contrario, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, non si riscontra alcuna disomogeneità tra le due entità prediali confinanti, dovendo essere entrambe qualificate alla stregua di cortili. Invero, se con riferimento al cortile del privato ricorrente non sussistono dubbi in tal senso, il Collegio rileva che anche il vicolo C. Battisti possiede gli elementi per essere qualificato in questi termini. Il vicolo, infatti, per un estremo, risulta chiuso proprio dal muro divisorio, mentre, dalla parte opposta, sebbene collegato alla via Orsini, non risulta agevolmente transitabile, in quanto per accedere allo stesso da via Orsini è necessario scendere alcuni gradini.
In conclusione, il vicolo, essendo idoneo allo stazionamento pedonale e all’accesso pedonale alle altre proprietà private che da esso hanno ingresso, presenta chiaramente la natura di cortile e, di conseguenza, avendo carattere omogeneo al fondo privato presente al di là del muro, non pone ostacoli all’applicabilità del ridetto art. 881 c.c., in linea con la giurisprudenza in materia (Cass. Civ., sez. II, 10 marzo 2006, n. 5258; id., sez. II, 24 febbraio 2000, n. 2102; id., sez. II, 24 dicembre 1994, n. 11162; id., sez. II, 11 gennaio 1989, n. 78).
6.6. Peraltro, ad ulteriore conferma della proprietà comunale sul muro, va considerato che dall’accertamento della proprietà comunale del suolo su cui è stato costruito il muro discende l’applicazione del principio dell’accessione di cui all’art. 934 c.c., secondo cui qualunque costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo.
6.7. In senso contrario, deve essere ritenuta infondata, per carenza di prova, la censura volta ad affermare l’avvenuta sdemanializzazione tacita della citata porzione di suolo, risultando, per l’effetto, inusucapibile il bene medesimo.
Parte ricorrente, invero, non introduce sufficienti elementi dimostrativi della sussistenza di atti del Comune incompatibili con la volontà di conservare la destinazione della porzione di suolo ad uso pubblico, come del disuso prolungato da parte della collettività unitamente all’inerzia dell’amministrazione nella cura del bene.
Tale carenza probatoria, peraltro, va considerata alla luce della giurisprudenza limitativa sviluppatasi in materia, che, ponendosi in maniera critica verso il riconoscimento della generica ammissibilità della sdemanializzazione tacita, ritiene la stessa ravvisabile solo in presenza di atti e/o fatti che mostrino inequivocabilmente la volontà dell’amministrazione di sottrarre il bene medesimo a detta destinazione e di rinunciare definitivamente al suo ripristino (Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 138), non potendosi ciò desumere dalla pura e semplice circostanza che il bene non sia più adibito, anche da lungo tempo, all’uso pubblico (Cass. Civ., sez. un., 29 maggio 2014, n. 12062).
7. Risulta infine destituito di fondamento anche l’autonomo motivo di appello con cui il ricorrente torna a censurare l’ordinanza impugnata in quanto non supportata dal necessario interesse pubblico al ripristino del muro.
Invero, in considerazione dell’accertata proprietà comunale del muro in questione, l’interesse pubblico al ripristino sotteso all’ordinanza comunale deve in effetti essere individuato proprio nella tutela delle proprietà comunali per consentire la loro adibizione all’uso della collettività.
8. Le spese del grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante al pagamento in favore degli appellati delle spese del grado di giudizio, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Leonardo Spagnoletti – Consigliere
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore
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