Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 6 marzo 2015, n. 1139
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE QUARTA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7953 del 2012, proposto da:
Ag. s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Fa.Gu. e dall’Avv. An.Bu., con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Fa.Gu. in Roma, Via (…);
contro
Comune di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avv. Enrico Maggiore, domiciliata in Roma, Via (…);
Regione Lazio, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avv. St.Ri., domiciliata in Roma, Via (…);
I. s.p.a., in persona del rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Al.De., con domicilio eletto presso l’Avv. Ni.Al.Sa. in Roma, Via (…);
nei confronti di
Ma. s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Em.Ri., con domicilio eletto presso lo stesso Avv. Em.Ri. in Roma, Via (…);
Ministero dell’Economia e delle Finanze, appellato non costituito;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE I TER n. 05124/2012, resa tra le parti, concernente l’espropriazione del terreno – risarcimento dei danni
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Roma e della Regione Lazio e di Intermetro s.p.a. e di Ma. s.r.l. in liquidazione;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2015 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per le parti l’Avv. Gu. ed altri;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Ag. s.r.l. in liquidazione, sull’assunto di essere proprietaria effettiva, tra gli altri, del bene sito in Roma, via (…), località Osteria, identificato al foglio xxx, part. xxx (all. 1 al fascicolo di primo grado) e poi espropriato dalla Regione Lazio, per il potenziamento del servizio della linea “A” della metropolitana di Roma, con decreto definitivo n. 1075 del 14.6.1996, non notificatole perché notificato solo a Ma. s.r.l., ha domandato al T.A.R. Lazio la restituzione del terreno illegittimamente ablato senza che ne avesse notizia alcuna o, in subordine, il risarcimento del danno, pari al valore venale del bene appreso dalla p.a., oltre ai danni non patrimoniali per l’illegittima attività dell’espropriante.
2. Si sono costituite nel primo grado di giudizio la Regione Lazio, il Comune di Roma ed I. s.p.a. in liquidazione, resistendo al ricorso.
3. Con sentenza n. 5124 del 6.6.2012 il T.A.R. ha respinto le domande della ricorrente, ritenendo infondata la prima, per la mancata (tempestiva) impugnazione degli atti espropriativi, e la seconda, per la ritenuta prescrizione quinquennale del credito risarcitorio.
4. Avverso tale sentenza ha proposto appello Ag. s.r.l. in liquidazione, lamentandone l’erroneità, sotto diversi profili, e chiedendone la riforma, con conseguente accoglimento delle domande in primo grado proposte e nella loro rispettiva articolazione.
5. Si sono costituite la Regione Lazio, il Comune di Roma, I. s.p.a. in liquidazione e Ma. s.r.l. in liquidazione, per chiedere di respingere il gravame avversario.
6. Nella pubblica udienza del 10.2.2015 il Collegio, uditi i difensori delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.
7. L’appello, seppure con le precisazioni che seguono, deve essere respinto.
8. Ag. s.r.l. in liquidazione, odierna appellante, lamenta che erroneamente il T.A.R. avrebbe respinto la sua domanda restitutoria del bene espropriato sul rilievo che il decreto di esproprio n. 1075/1996 non sarebbe stato oggetto di impugnazione e che altrettanto erroneamente avrebbe rigettato la domanda risarcitoria conseguente all’illecita espropriazione del bene per la ritenuta prescrizione quinquennale del relativo diritto.
9. Le censure dell’appellante colgono nel segno, seppure per le ragioni che ora si esporranno, ma la loro parziale correttezza, nondimeno, non conduce all’accoglimento delle domande respinte dal primo giudice e qui riproposte.
10. L’appellante, occorre qui osservare, sull’assunto di essere proprietaria effettiva del bene ablato non doveva né poteva impugnare il decreto di esproprio, non notificatole, come essa correttamente osserva, ma la mancata notifica di tale decreto non comporta le conseguenze, restitutorie e risarcitorie, che l’appellante stessa invoca e intende far valere avanti al giudice amministrativo.
11. Costituisce infatti ius receptum che la mancata notifica del decreto di esproprio al proprietario effettivo, che non risulti tale dalla documentazione catastale, impedisce il decorso del termine di decadenza per l’opposizione alla stima, ma non costituisce motivo di carenza del potere espropriativo, che legittimi il proprietario a chiedere il risarcimento del danno corrispondente al valore del bene, producendosi viceversa l’effetto traslativo della proprietà alla mano pubblica (Cass., Sez. Un., 27.5.1999, n. 311).
12. In altri termini la notifica del decreto di esproprio a chi, non essendo proprietario effettivo del bene, risulti tale dai registri catastali, se non incide infatti sulla validità ed efficacia del provvedimento ablativo, impedisce tuttavia il decorso del termine di decadenza per l’opposizione alla stima nei confronti del proprietario effettivo ed abilita quest’ultimo, ove l’omissione o il ritardo della notificazione nei suoi confronti sia ascrivibile ad un difetto di diligenza dell’espropriante nell’accertamento del titolare del bene sottoposto ad espropriazione, a chiedere il risarcimento del danno derivato dalla ritardata riscossione dell’indennità (Cass., sez. I, 12.5.2014, n. 10289).
13. Anche dall’attuale formulazione dell’art. 3 del d.P.R. 327/2001 si evince che, in linea generale, non possono essere prospettate violazioni delle norme afferenti alla comunicazione degli atti espropriativi e, quindi, violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo, una volta che l’amministrazione abbia effettivamente disposto le comunicazioni in favore dei proprietari risultanti dai registri catastali (Cons. St., sez. IV, 26.2.2008 n. 677), salvo che l’Amministrazione non abbia “notizia dell’eventuale diverso proprietario effettivo”.
13.1. Riguardo a tale “notizia” – che, ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.P.R. 327/2001, ove sussistente, impone all’Amministrazione di procedere alla comunicazione non già al proprietario “catastale” (secondo la regola generale) ma a quello “effettivo”, essendo quest’ultimo da essa conosciuto – occorre osservare che essa non può essere rappresentata, o essere comunque desunta, da un qualsivoglia atto che, in tempi ed in procedimenti diversi, sia comunque pervenuto alla pubblica amministrazione, ma deve essere correttamente intesa come una notizia recante l’emersione del “vero” proprietario, acquisita dalla pubblica amministrazione nell’ambito della medesima o in diversa procedura espropriativa o nel corso delle attività a questa propedeutiche.
13.2. È necessaria, quindi, una conoscenza dell’effettivo proprietario che sia certa, incombendo l’onere della prova della conoscenza su chi eccepisce l’illegittimità delle comunicazioni effettuate al proprietario “catastale”), e non solo astrattamente desumibile dalla presenza di un qualsivoglia atto, prodotto o acquisito in tempi e procedimenti diversi da quello espropriativo, al quale l’obbligo di comunicazione degli atti afferisce (v., ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 16.9.2011, n. 5233).
14. Il proprietario effettivo, dunque, non può né deve impugnare gli atti espropriativi emessi nei confronti del proprietario catastale, atti che restano validi ed efficaci, diversamente da quanto ha ritenuto il T.A.R., ma può proporre opposizione alla stima dell’indennità, avanti al giudice ordinario, e richiedere, se del caso, l’eventuale risarcimento del danno per la sua ritardata liquidazione in ipotesi di colpa dell’espropriante.
15. Ciò non determina una cripto-espropriazione in danno del proprietario effettivo, come suggestivamente afferma l’appellante (p. 17 del ricorso), né una privazione del suo diritto di proprietà in violazione dell’art. 1, all. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, poiché la legittimità della procedura espropriativa non viene meno né è contestabile laddove il decreto di esproprio sia stato notificato al proprietario catastale e non risultino elementi tali da lasciar ritenere all’Amministrazione che esso fosse diverso da quello effettivo, elementi che devono essere allegati e provati, rigorosamente, da quest’ultimo, il quale può comunque chiedere ed ottenere il serio ristoro costituito dall’indennità di esproprio, oltre all’eventuale risarcimento del danno per la sua ritardata corresponsione.
16. Ag. s.r.l. in liquidazione sostiene nel proprio atto di gravame che il nominativo di Ma. s.r.l. non fosse conoscibile in base alla risultanze catastali, ma solo attraverso la conservatoria dei registri immobiliari che, evidentemente, “l’Ente espropriante aveva ritenuto doverosamente di consultare, essendo gli unici registri da cui risulta legalmente la proprietà del bene” ed osserva, altresì, che “da quegli stessi registri risultava con tutta evidenza come la Ma. sarebbe divenuta proprietaria se il Ministero dei Beni Culturali non avesse operato la prelazione, che invece era stata disposta (e trascritta)” (p. 9 del ricorso in appello).
16.1. Ma la vicenda inerente alla titolarità del bene era tutt’altro che chiara, lineare e pacifica, tanto che, come ricorda la stessa appellante, essa è origine e oggetto, a fasi alterne, di lunghe trattative tra essa e la Ma. e, infine, di un difficile contenzioso avanti al giudice civile, conclusosi, in primo grado e all’esito della disposta consulenza tecnica d’ufficio, con la sentenza del Tribunale di Roma n. 1587 del 26.1.2009, la quale ha accertato la titolarità del terreno in capo all’odierna appellante, benché tale sentenza sia oggetto di gravame e, dunque, non abbia ancora autorità di giudicato.
16.2. Né l’appellante, per altro verso, ha smentito o contraddetto l’affermazione del Comune, contenuta nella memoria difensiva (p. 10), che al momento della notifica del decreto risultava proprietaria, nei registri catastali, la società Sogene, come si evince dalla documentazione depositata dalla I. s.p.a., né ha prodotto documentazione atta a confutare tale assunto.
16.3. In ogni caso l’eventuale errore o, come sembra prospettare l’appellante (p. 10), addirittura la mala fede dell’ente espropriante nel non comunicarle il decreto, nonostante l’affermata effettiva conoscenza della titolarità del bene in capo ad Ag. s.r.l., ben potrà essere oggetto di apprezzamento, da parte del giudice civile, laddove essa lamenti la colpa dell’Amministrazione nella ritardata corresponsione della indennità da esproprio.
16.4. In questa sede non risulta e non è stato efficacemente provato che l’Amministrazione abbia disatteso le risultanze catastali e, se è vero che essa ha consultato anche i registri immobiliari, non le si può imputare di non aver notificato il decreto almeno (e anche) a quella che risultava essere, sulla base dei registri catastali, la proprietaria (Sogene), oltre che a Ma. s.r.l., in presenza, peraltro, di una condizione – il mancato esercizio della prelazione da parte del Ministero – che, per quanto trascritta, richiedeva un accertamento non agevole, come poi non agevole si è dimostrato per il giudice civile nel relativo giudizio, da parte dell’autorità espropriante.
17. Resta comunque fermo il principio che lo svolgimento dell’espropriazione nei confronti del proprietario catastale e la mancata notifica del decreto di esproprio al proprietario effettivo comportano soltanto, in conclusione, che quest’ultimo non sia soggetto al termine di decadenza per l’opposizione alla stima (venendone impedito, così, il decorso), ma non costituiscono motivo di carenza del potere espropriativo che legittimi il proprietario stesso ad invocare l’illiceità dell’occupazione del fondo, al fine di ottenere il risarcimento del danno corrispondente al valore del bene, producendosi viceversa l’effetto traslativo della proprietà alla mano pubblica alla data della pronuncia del decreto anzidetto, indipendentemente dalla successiva notificazione del provvedimento la quale, rispetto al decreto medesimo, avente natura di atto non recettizio, non è né elemento integrativo, né requisito di validità, né condizione di efficacia, avendo solo la funzione di far appunto decorrere il termine di opposizione alla stima.
17.1. La relativa mancanza della notifica non impedisce che tale proprietario, nel termine di prescrizione decennale dalla effettiva conoscenza della pronuncia dell’indicato decreto, non trovando applicazione le disposizioni di cui agli artt. 19 della legge n. 865 del 1971 e 51 della legge n. 2359 del 1865, contenenti previsioni di più brevi termini per l’opposizione medesima che postulano l’esistenza di una rituale notificazione del provvedimento ablatorio, “possa autonomamente agire per la determinazione dell’indennità afferente alla proprietà acquisita e successivamente espropriata” (Cass., sez. I, 15.11.2004, n. 21622).
17.2. E del resto la documentazione stessa prodotta dall’appellante dimostra che diverse interlocuzioni si siano svolte ed esistano con l’Amministrazione, ormai da tempo, circa la corresponsione dell’indennità e lo svincolo di questa, depositata presso la Cassa Depositi e Prestiti, anche e soprattutto dopo la sentenza, sopra citata, del Tribunale di Roma.
18. Se dunque Ag. s.r.l. in liquidazione è – o risulterà essere all’esito definitivo del contenzioso civile – proprietaria effettiva del bene, oggetto del provvedimento ablatorio, essa ben potrà proporre -ottenere lo svincolo dell’indennità o, ricorrendone i presupposti, proporre opposizione alla stima per conseguire l’indennità di espropriazione e il risarcimento del danno per l’eventuale colpevole ritardo dell’Amministrazione nella sua corresponsione in favore, appunto, di quella che l’Amministrazione stessa avrebbe dovuto prontamente e diligentemente identificare quale proprietaria effettiva del bene.
19. Ne consegue che anche la domanda risarcitoria, volta ad ottenere il ristoro per equivalente dell’asserita illecita espropriazione del bene, non può trovare accoglimento in questa sede, poiché, per le ragioni menzionate, la notifica del decreto di esproprio al proprietario catastale non incide sulla regolarità della procedura ablatoria e, quindi, difetta il presupposto indefettibile dell’azione risarcitoria, consistente nell’illegittimità del procedimento o del provvedimento amministrativo.
20. Eguale ragionamento vale, per le medesime ragioni, anche per il ristoro del danno non patrimoniale qui lamentato.
21. Tutte le censure proposte dall’appellante circa la sua estromissione dal procedimento espropriativo, per le ragioni esposte, devono essere disattese.
22. In questi sensi e in questi limiti la domanda restitutoria e la domanda risarcitoria, proposte in questa sede, devono essere respinte, non precludendo la loro reiezione, per le ragioni sin qui esposte, la proposizione dell’opposizione alla stima avanti al giudice ordinario per conseguire l’indennità, laddove il relativo diritto non si sia prescritto nell’ordinario termine decennale (art. 2946 c.c.).
23. appaiono Non convincono le considerazioni del primo giudice in ordine alla prescrizione quinquennale del credito risarcitorio in questa sede azionato, credito infondato per la radicale insussistenza di un agire illegittimo, per le ragioni sopra indicate, da parte della pubblica amministrazione, fermo restando l’accertamento dell’eventuale colpa della stessa, da parte del giudice civile, nella ritardata corresponsione dell’indennità.
24. La sentenza impugnata, seppure per le peculiari ragioni esposte, merita conferma nella sua statuizione reiettiva delle domande azionate in questa sede.
25. Le spese del presente grado di giudizio, attesa la complessità giuridica della vicenda e la diversità delle ragioni che qui inducono alla reiezione della domanda, possono essere interamente compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando la sentenza impugnata ai sensi e nei limiti di cui in motivazione.
Compensa interamente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Goffredo Zaccardi – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Diego Sabatino – Consigliere
Massimiliano Noccelli – Consigliere, Estensore
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Depositata in Segreteria il 6 marzo 2015
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