Costituisce ambito di ampia discrezionalità il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione generale, o da una sua variante, che rispecchia non soltanto scelte strettamente inerenti all’organizzazione edilizia del territorio, bensì afferenti anche al più vasto e comprensivo quadro delle possibili opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico; tali scelte non sono condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d’uso edificatorie diverse e più favorevoli rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico o una sua variante, con il solo limite dell’esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione quando quelle indicazioni avevano assunto una prima concretizzazione in uno strumento urbanistico esecutivo (piano di lottizzazione, piano particolareggiato, piano attuativo) approvato o convenzionato, o quantomeno adottato, e tale quindi da aver ingenerato un’aspettativa qualificata alla conservazione della precedente destinazione.
Sentenza 25 agosto 2017, n. 4063
Data udienza 12 gennaio 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2648 del 2011, proposto da:
Fr. Ie., rappresentato e difeso dall’avv. Ga. Ia., e presso lo studio di questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via (…), per mandato a margine dell’appello;
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, non costituito nel giudizio di primo grado e nel giudizio d’appello;
Provincia di Napoli, e per essa la sottentrata Città Metropolitana di Napoli, in persona del Sindaco metropolitano pro-tempore, già costituita nel giudizio di primo grado e non costituita nel giudizio di appello;
Regione Campania, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta Regionale, rappresentata e difesa dall’avv. Ma. La., ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via (…), per mandato in calce alla copia notificata del ricorso;
e con l’intervento di
Cl. Ie. e Or. Ie., interventori ad adiuvandum in appello, rappresentati e difesi dall’avv. Al. Ia. per mandato a margine dell’atto di intervento e domiciliati in Roma, alla piazza (…), presso la Segreteria del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 25 c.p.a.
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione II, n. 2034 del 20 aprile 2010, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n. r. 3372/2008, integrato con motivi aggiunti, proposto per l’annullamento degli atti di adozione e approvazione della variante al P.R.G. del Comune di (omissis), nella parte in cui al suolo di cui a fg. (omissis) particelle n, (omissis), già classificato come zona “C1 espansione densa”, è stata attribuita destinazione a zona “F4 parco urbano”
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2017 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi per l’avv. G. Ia. per l’appellante Fr. Ie. e l’avv. M. In., per delega dell’avv. M. La., per l’appellata Regione Campania;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) La cooperativa “La Ma.”, proprietaria di un suolo distinto in catasto terreni al fg. (omissis) particelle n. (omissis), già tipizzato zona “C1 espansione densa” dal P.R.G. del Comune di (omissis), dopo aver vanamente perseguito la formazione di un piano di lottizzazione a iniziativa privata, chiese all’Amministrazione comunale di provvedere alla formazione di un piano di lottizzazione di iniziativa pubblica, che peraltro per varie vicende politico-amministrative non è stato mai formalizzato.
Con decreto del Presidente della Provincia di Napoli n. 392 del 6 agosto 2008 è stata poi approvata una variante al P.R.G., adottata con deliberazione della commissione straordinaria n. 29 del 29 settembre 2008, dopo conformazione alle prescrizioni di cui al decreto dirigenziale n. 5 del 20 febbraio 2008 di ammissione condizionata al visto di conformità, che esclude l’edificabilità del suolo, attribuendogli destinazione zona “F4 parco urbano”.
Con il ricorso in primo grado n. r. 3372/2008, integrato con motivi aggiunti, gli atti di adozione e approvazione della variante sono stati impugnati dalla cooperativa “La Ma.”, in persona del suo presidente Pa. Ie., deducendone l’illegittimità sotto vari profili, come si seguito sintetizzati:
1) Violazione degli artt. 42 e 97 Cost. e del principio di imparzialità e di buona amministrazione
La variante ha inopinatamente sacrificato l’edificabilità del suolo dell’interessata, ubicato in prossimità di aree già destinate ad attrezzature pubbliche, individuando altre zone residenziali anche lontane dal centro cittadino, prive di infrastrutture primarie e secondarie.
2) Violazione del principio di proporzionalità e legittimo affidamento
L’interessata riponeva legittimo affidamento sulla precedente destinazione urbanistica in contesto già attrezzato, laddove la conservazione della medesima e l’adozione del piano di lottizzazione avrebbe consentito un equo riparto di benefici e oneri.
3) Eccesso di potere per disparità di trattamento
A suoli limitrofi è stata conservata la destinazione residenziale.
4) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990
E’ carente la motivazione della scelta urbanistica, che non poteva provvedere prescindendo dalle risultanze istruttorie.
5) Eccesso di potere per inopportunità del provvedimento amministrativo
La nuova destinazione non risponde al canone di congruità e logicità dell’azione amministrativa.
Nel giudizio si sono costituiti la Provincia di Napoli e la Regione Campania che hanno dedotto l’infondatezza del ricorso.
2.) Con sentenza n. 2034 del 20 aprile 2010, il T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione II, ha rigettato il ricorso, ritenendo in sintesi che, a fronte di una variante allo strumento urbanistico, non sussiste obbligo specifico di motivazione in ordine alla scelta modificativa della precedente destinazione edificatoria, in ragione dell’ampia discrezionalità sindacabile solo per manifesti profili di travisamento e illogicità, nella specie non riscontrabili, con il solo limite dell’esistenza di aspettative qualificate, quali costituite dalla preesistenza di piani di lottizzazione convenzionata o accordi di diritto privato tra comune e proprietari delle aree, o da giudicati di annullamento di dinieghi o silenzio-rifiuto su istanze di concessione edilizia.
3.) Con appello notificato il 14-16 marzo 2011 e depositato il 4 aprile 2011, Fr. Ie., nella qualità di acquirente del suolo per atto di compravendita a rogito del notaio Gi. La. di No. in data 29 dicembre 2010 (n. 84824 di repertorio n. 12693 di raccolta), ha impugnato la predetta sentenza, deducendo, in sintesi, i seguenti motivi:
1) Error in procedendo et in iudicando. Violazione degli artt. 42 e 97 Cost. Violazione del principio di imparzialità e buona amministrazione
Il giudice amministrativo napoletano non ha esaminato “in profondità i singoli motivi”, laddove non si tratterebbe di variante generale, sebbene di variante specifica, avente ad oggetto “…solo determinate aree territoriali, e più precisamente quelle di proprietà dell’appellante”, onde occorreva precipua motivazione.
Si censura altresì che la Regione, in sede di visto condizionato abbia introdotto modifiche d’ufficio, recepite dal Comune, che “…hanno sostanzialmente sconvolto l’originario disegno urbanistico…circostanza che imponeva la riformulazione del piano…”, in ciò violando anche il principio di sussidiarietà.
Si ribadisce che, a fronte della possibilità di conservare la destinazione edificatoria e provvedete all’urbanizzazione mediante convenzione di lottizzazione, peraltro trovandosi il suolo “…in prossimità di aree già destinate a pubbliche attrezzature ed oltre la casa comunale, con una piazza con un ampissimo parcheggio…scuola media, attrezzature sportive, verde pubblico…”, sono state individuate altre zone residenziali in parti anche lontane dal centro cittadino e prive di opere urbanizzative primarie e secondarie.
2) Violazione del principio di proporzionalità
Il T.A.R. non ha motivato sulla dedotta violazione del principio di proporzionalità, connesso all’esclusione dell’edificabilità del suolo laddove nel territorio comunale vi sono “ampie zone libere” e peraltro “l’accesso al terreno in oggetto non consente nel modo più assoluto l’utilizzo per uso collettivo essendo accessibile solo ai pedoni e non con automezzi”.
3) Violazione del principio di legittimo affidamento
La cooperativa aveva “per circa dieci anni” cercato di formare e far approvare un piano di lottizzazione, e la stessa amministrazione aveva demandato a tecnici la redazione di un piano di lottizzazione d’iniziativa pubblica, che fu anche depositato, con la conseguenza della sussistenza di una aspettativa qualificata in ordine alla conservazione della destinazione edificatoria, e il correlato obbligo di motivazione specifica della scelta di una diversa destinazione.
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere. Erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria
Si ribadisce il difetto di motivazione in relazione all’esistenza di “…preesistenti lottizzazioni, ancorché non perfezionate”, laddove dopo il deposito del piano a iniziativa pubblica, la sua omessa adozione e approvazione, dovuta a “…sopraggiunte difficoltà politico-amministrative”, non può “… cadere a danno del privato cittadino…”.
Si insiste sul rilievo che la zona è già “urbanisticamente attrezzata” e che il completamento delle opere urbanizzative poteva essere garantito attraverso la convenzione di lottizzazione.
Si evidenzia che la nuova destinazione configura vincolo espropriativo senza previsione di indennizzo (richiamando la giurisprudenza costituzionale sull’illegittima reiterazione dei vincoli espropriativi).
Si deduce che “…sono state omesse previsioni essenziali, come quelle sull’abusivismo, con conseguente erroneità dei calcoli sugli standard urbanistici, e nelle more tra l’adozione della variante e la sua approvazione le opere pubbliche sono state realizzate in modo difforme sia dall’originario P.R.G. che dalla variante stessa”.
Nel giudizio si è costituita la Regione Campania che, con memoria difensiva depositata il 10 marzo 2016, ha dedotto l’infondatezza dell’appello, quanto alle censure specificamente relative il visto condizionato di conformità di cui al decreto dirigenziale n. 5 del 20 febbraio 2008, perché il principio di sussidiarietà non esclude che la Regione possa operare un controllo sugli strumenti urbanistici e sulla coerenza delle scelte pianificatorie comunali rispetto a quelle regionali, introducendo modifiche obbligatorie e modifiche concordate, oltre quelle facoltative, e nella specie trattandosi appunto di modifiche obbligatorie.
Con memoria difensiva depositata il 21 marzo 2016 l’appellante ha ulteriormente illustrato le proprie censure.
Con ordinanza collegiale istruttoria n. 1925 del 12 maggio 2016 è stata disposta verificazione tecnica “…intesa a conseguire una completa rappresentazione dello stato dei luoghi, del suolo e delle sue caratteristiche vegetazionali, della sua posizione rispetto alle opere urbanizzative primarie e secondarie, dello stato di edificazione e urbanizzazione della maglia in cui ricade, della posizione e delle condizioni di urbanizzazione delle altre zone cui è stata impressa destinazione edificatoria con la variante”.
La verificazione è stata affidata “…al Signor Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Salerno, con facoltà di delegare altro docente titolare del Dipartimento”.
Con ordinanza collegiale n. 4052 del 3 ottobre 2016 è stata concessa proroga del termine per il deposito della relazione di verificazione.
All’esito del deposito della relazione di verificazione in data 3 novembre 2016, con atto spedito per la notificazione in data 9 dicembre 2016 e depositato il 12 dicembre 2016, hanno proposto intervento ad adiuvandum Cl. Ie. e Or. Ie., nella dedotta qualità di donatari del suolo, ricevuto dal donante genitore Fr. Ie. per atto pubblico notarile n. 178136 di repertorio e n. 35838 di raccolta in data 28 novembre 2011, riportandosi all’appello, integralmente trascritto e chiedendone l’accoglimento.
Con memoria difensiva depositata il 12 dicembre 2016 l’appellante ha insistito per l’accoglimento del gravame anche alla luce della relazione di verificazione.
All’udienza pubblica del 12 gennaio 2017 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata.
4.1) In linea generale deve rammentarsi che costituisce ambito di ampia discrezionalità il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione generale, o da una sua variante, che rispecchia non soltanto scelte strettamente inerenti all’organizzazione edilizia del territorio, bensì afferenti anche al più vasto e comprensivo quadro delle possibili opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico.
Tali scelte non sono condizionate dalla pregressa indicazione, nel precedente piano regolatore, di destinazioni d’uso edificatorie diverse e più favorevoli rispetto a quelle impresse con il nuovo strumento urbanistico o una sua variante, con il solo limite dell’esigenza di una specifica motivazione a sostegno della nuova destinazione quando quelle indicazioni avevano assunto una prima concretizzazione in uno strumento urbanistico esecutivo (piano di lottizzazione, piano particolareggiato, piano attuativo) approvato o convenzionato, secondo giurisprudenza univoca (cfr. tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 8 settembre 2015, n. 4168), o quantomeno adottato, e tale quindi da aver ingenerato un’aspettativaqualificata alla conservazione della precedente destinazione.
Al contrario la pregressa destinazione di piano, in se e per se, non comporta alcun obbligo motivazionale specifico, dovendosi rinvenire il fondamento della nuova proprio nel disegno generale delineato dal nuovo strumento generale o dalla variante di quello precedente (cfr. tra le tante Cons. Stato, Sez. IV, 23 giugno 2015, n. 3142 e 26 marzo 2014 n. 1459, e tra le più risalenti, sia pure relativamente recenti, 1 aprile 2011, n. 2071 e 15 settembre 2010, n. 6911).
Nel caso di specie, come già anticipato nella narrativa in fatto, non è mai giunto nemmeno alla fase di adozione il piano di lottizzazione a iniziativa della cooperativa “La Ma.”, dante causa dell’odierno appellante, e neanche il piano particolareggiato la cui adozione, in via alternativa, era stata sollecitata dalla parte privata interessata.
4.2) Dai rilievi che precedono consegue anzitutto l’infondatezza delle censure incentrate sulla pretesa violazione del principio di affidamento in relazione a aspettativa qualificata (terzo motivo d’appello) e sul preteso difetto di motivazione della variazione di destinazione urbanistica sul presupposto dell’esigenza di una motivazione puntuale in relazione a “…preesistenti lottizzazioni, ancorché non perfezionate”, o al deposito, non seguito da adozione e approvazione, di un piano a iniziativa pubblica (quarto motivo d’appello).
4.3) Non ha maggior pregio giuridico il primo motivo che sostiene che non si tratterebbe di variante generale, e quindi sostanzialmente non assoggettata all’obbligo di specifica motivazione, sebbene di variante più puntuale avente ad oggetto “…solo determinate aree territoriali, e più precisamente quelle di proprietà dell’appellante”.
La relazione di verificazione ha chiarito, in modo ampio e documentato, la portata della variante, la cui genesi, giova rammentare, è da ricondurre all’iniziativa della Commissione straordinaria nominata a seguito dello scioglimento del Consiglio Comunale di (omissis), disposta con d.P.R. 6 novembre 2001 ai sensi dell’art. 143 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in relazione a “collegamenti diretti ed indiretti tra parte dei componenti del civico consesso e la criminalità organizzata, rilevati dai competenti organi investigativi”.
La Commissione straordinaria ritenne di avviare l’iter di una variante generale al P.R.G. del 1994, sia in relazione agli elementi emersi dalla relazione ministeriale posta a fondamento del decreto di scioglimento (che avevano evidenziato proprio nel settore dell’edilizia privata “una situazione patologica”, sia per l’esigenza di un aggiornamento dello strumento urbanistico.
Sotto quest’ultimo aspetto, la relazione generale alla variante, poi definitivamente approvata nel 2008, evidenziava un sovradimensionamento della dinamica demografica (da 11.136 abitanti assunti come insediati al 1994 la popolazione censita al 2002 era pari a 10.100 unità), la conseguente esigenza di ridimensionare il numero dei nuovi vani da realizzare e di operare nel senso della riqualificazione del tessuto urbano esistente (con “…interventi di recupero urbano, con particolare attenzione alla formulazione di progetti per gli spazi aperti socio-aggreganti…”) e la riorganizzazione delle aree industriali.
E’ in relazione a tale disegno generale, quindi, che trova razionale spiegazione e giustificazione la scelta di superare le previsioni di cui al P.R.G. del 1994, che individuava due zone di espansione residenziale C1 – espansione densa e C2 – espansione rada, con relative sottozone, tra le quali il suolo dell’interessato, classificato come sottozona C.2.7.
La variante ha individuato e confermato un’unica zona di espansione C1 e assegnato la residua potenzialità edificatoria alla zona territoriale omogenea B2 – parzialmente edificata a intervento diretto.
Non può quindi sostenersi che essa abbia contenuto circoscritto, e tantomeno che abbia riguardato il solo suolo dell’interessato.
Questi d’altro canto ha presentato osservazioni sia alla variante adottata, sia a quella ripubblicata a seguito delle osservazioni del C.T.R., in ordine alla nuova destinazione impressa “F4 parco urbano”, che sono state esaminate e disattese sul rilievo che “…la dotazione di un Parco Urbano è operazione legittima e irrinunciabile ed il comune di (omissis) ne ha assoluta necessità…; (tale destinazione) è oramai riconosciuta quale presenza assolutamente necessaria in ogni agglomerato urbano; essa vale la riqualificazione dello spazio pubblico delle città, sia in termini di ritrovo che in termini di socializzazione”; essa costituisce “il vero polmone di verde che realizza la presenza del verde nelle città ed è il disinquinante naturale per eccellenza” ed è “ubicato in adiacenza ad un’altra area destinata a parcheggio che sarebbe stata servita da nuova viabilità con la quale accedervi e lasciare con facilità l’automobile, consentendo, in tal modo, di liberare la Piazza (omissis) dalla funzione di parcheggio”.
In altri termini, la destinazione specifica a zona “F4 parco urbano” ha trovato, nelle controdeduzioni alle osservazioni dell’interessato, ulteriore specifica giustificazione, e peraltro trova riscontro pieno nelle caratteristiche del suolo.
Tale suolo, come precisato al punto 3.2) della relazione di verificazione è “ubicato nella porzione centrale del comune di (omissis), nelle immediate vicinanze del municipio comunale, alle spalle della cortina edilizia che fronteggia l’incrocio tra via (omissis) e via (omissis). Esso è raggiungibile percorrendo una strada privata sterrata, imboccabile da via (omissis) e lunga circa 150 metri, che costeggia lungo il suo tracciato il convento francescano dei frati minori… misura circa 9.420 m2 e presenta una forma rettangolare allungata con una giacitura pressoché orizzontale”.
L’ampiezza, la posizione centrale, l’assenza di manufatti edilizi (tranne in un angolo una “piccola struttura provvisoria utilizzata come pollaio”), le condizioni agronomiche (parte incolto, parte noccioleto, parte colture ortive) asseverano l’assoluta ragionevolezza della scelta di farne una zona verde a parco urbano.
4.4) Alla stregua dei rilievi che precedono, quindi, risultano altresì infondate le censure dedotte con il secondo motivo di appello, non sussistendo alcuna violazione del principio di proporzionalità, a fronte di un disegno pianificatorio che ha eliminato tutte le zone C2, restando invece confinato al merito, inattingibile dal sindacato generale d’inedificabilità, il rilievo generico dell’esistenza di “ampie zone libere”, delle quali non è peraltro indicata l’eguale idoneità a soddisfare l’esigenza di creare una zona verde in posizione centrale dell’abitato, e perciò particolarmente qualificata.
Del pari infondato, e comunque inidoneo a infirmare la legittimità della destinazione urbanistica impressa, è il rilievo, contenuto nella parte finale del quarto motivo di appello, secondo cui sarebbe stato imposto vincolo espropriativo senza indennizzo.
In effetti, come rilevato dal verificatore, la variante generale non ha previsto che la zona “F4 parco urbano” sia assoggettata a strumento attuativo di esclusiva iniziativa pubblica, e quindi non ha strutturato il vincolo quale espropriativo piuttosto che conformativo.
Sono infine generici, e privi di ogni correlazione con l’interesse azionato, i residuali rilievi con cui si lamenta che “…sono state omesse previsioni essenziali, come quelle sull’abusivismo, con conseguente erroneità dei calcoli sugli standard urbanistici, e nelle more tra l’adozione della variante e la sua approvazione le opere pubbliche sono state realizzate in modo difforme sia dall’originario P.R.G. che dalla variante stessa”.
5.) In conclusione l’appello in epigrafe deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata, avendo il Collegio esaminato e toccato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.
6.) Sussistono comunque giusti motivi per dichiarare compensate le spese del giudizio d’appello, ponendo a carico dell’appellante e degli interventori ad adiuvandum, in solido, il compenso omnicomprensivo dovuto al verificatore, liquidato in complessivi € 8.000,00 (ottomila/00), da cui andrà detratta se già corrisposta la somma indicata nell’ordinanza collegiale istruttoria n. 1925 del 12 maggio 2016.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, così provvede sull’appello in epigrafe n. r. 2648 del 2011:
1) rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione II, n. 2034 del 20 aprile 2010;
2) dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio d’appello;
3) pone a carico dell’appellante Fr. Ie. e degli interventori ad adiuvandum Cl. Ie. e Or. Ie., in solido tra loro, il pagamento del compenso omnicomprensivo dovuto al verificatore ing. Ro. Ge., liquidata in complessivi € 8.000,00 (ottomila/00), oltre IVA e contributo previdenziale, da cui andrà detratta, se già corrisposta, la somma indicata nell’ordinanza collegiale istruttoria n. 1925 del 12 maggio 2016.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore
Luca Lamberti – Consigliere
Nicola D’Angelo – Consigliere
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