E’ da escludere l’applicabilità a tutti i magistrati in servizio di un trattamento economico che trova sia la propria giustificazione sia i propri presupposti in quelle ben precise modalità che solo la legge n. 111/2007 ha previsto e che prima non esistevano, né erano desumibili da altri principi immanenti dell’ordinamento di settore
Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 24 maggio 2016, n. 2198
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2256 del 2015, proposto da:
Ministero della Giustizia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, Via (…);
contro
Ma. Ba. ed altri , rappresentati e difesi dagli avv.ti Vi. An., Ma. Ro., Lu. Fo. e Se. Va., con domicilio eletto presso Se. Va. in Roma, Via (…);
So. Be. ed altri , non costituiti;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Veneto, Sezione I, n. 1444 del 27 novembre 2014, resa tra le parti, concernente il riconoscimento del diritto ad anticipare di un anno la decorrenza dell’anzianità della base stipendiale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio e l’appello incidentale di Ma. Ba. ed altri, come innanzi indicati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 marzo 2016 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Va. e l’avvocato dello Stato Pa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il Ministero della Giustizia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell’Economia e finanze impugnano la sentenza 27 novembre 2014 n. 1444, con la quale il TAR per il Veneto, sez. I ha parzialmente accolto il ricorso proposto da alcuni magistrati ordinari.
Con tale ricorso, i magistrati chiedevano il riconoscimento del loro diritto ad anticipare di un anno la decorrenza dell’anzianità della base stipendiale già prevista per il magistrato di tribunale dopo tre anni, ed oggi prevista per il magistrato ordinario dalla prima valutazione, a favore di tutti i magistrati i quali, alla data di entrata in vigore della l. n. 111/2007, avessero più di quattro anni di anzianità.
Di conseguenza, i magistrati ricorrenti in I grado richiedevano anche che, per ogni effetto di progressione economica, anche inerente al computo di classi ed aumenti biennali nella “posizione di provenienza”, ai sensi dell’art. 5 l. n. 425/1984, si tenesse conto dell’anzianità comunque attribuita, e non solo del tempo materialmente trascorso nella qualifica o livello retributivo; e, dunque, che l’amministrazione adottasse i conseguenti provvedimenti nella ricostruzione della carriera e nell’attribuzione del trattamento economico.
1.1. La sentenza impugnata afferma, in particolare:
– per effetto della legge n. 111/2007 e della mancanza di previsioni di carattere transitorio “si è venuta a creare una sperequazione tale per cui, a parità di anzianità di carriera (e di positive valutazioni di professionalità), alcuni magistrati (quelli assunti dopo l’entrata in vigore della l. n. 111/2007), godono di uno stipendio superiore e la differenza retributiva rispetto ai colleghi più anziani si riassorbirà soltanto dopo venti anni dall’inizio della carriera, e cioè al conseguimento della qualifica di magistrato ordinario alla quinta valutazione di professionalità”;
– in particolare, “i magistrati che al 31 luglio 2007 avevano già maturato la qualifica di consigliere di Corte d’Appello hanno parimenti subito un effetto deteriore rispetto a quello dei magistrati con qualifica inferiore, avendo percepito lo scatto stipendiale connesso alla qualifica di magistrato di tribunale dopo tre anni di servizio, con un anno di ritardo rispetto ai magistrati alla prima valutazione di professionalità (cinque anni dalla nomina, in luogo di quattro)”.
Di conseguenza, la sentenza ha riconosciuto il “diritto dei ricorrenti ad anticipare di un anno la progressione economica delle classi stipendiali in base alle fasce di anzianità, salvi e riservati gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione nella ricostruzione della carriera e nell’attribuzione del trattamento economico a ciascuno dei magistrati ricorrenti”.
Allo stesso tempo, la sentenza ha rigettato la domanda volta al riconoscimento di cinque, anziché quattro classi biennali, conseguente alla anticipazione di un anno, rispetto all’ordinamento previgente, nell’attribuzione della qualifica di magistrato ordinario alla prima valutazione di professionalità.
1.2. Avverso tale sentenza, vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Economia e delle Finanze e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
b) violazione e falsa applicazione artt. 2 e 5 l. n. 111/2007, nonché della allegata Tabella A; degli artt. 11 e 51 l. n. 160/2006, della l. n. 425/1984; dell’art. 50, co. 4, l. n. 388/2000; dell’art. 24, co. 1 e 4 l.n. 448/1998; della l. n. 97/1979 e della l. n. 27/1981; ciò in quanto: b1) il riconoscimento effettuato dalla sentenza impugnata si traduce in una applicazione retroattiva della l. n. 111/2007, negata dagli artt. 5, co. 2, e 51della legge stessa; b2) non vi è alcuna disparità di trattamento tra magistrati già disciplinati dal vecchio regime e dal nuovo, poiché la legge n. 111/2007 non si è limitata ad incidere solo sui tempi di conseguimento delle qualifiche, ma ha innovato profondamente il sistema di progressione economica dei magistrati ordinari, abolendo l’automatismo in precedenza vigente.
1.3. Si sono costituiti in giudizio 14 dei 51 magistrati ordinari già ricorrenti (e parte vittoriosa) in I grado, i quali hanno innanzi tutto concluso per il rigetto dell’appello dell’amministrazione, ed hanno altresì proposto appello incidentale.
Con tale appello, si impugna la sentenza n. 1444/2014 del TAR Veneto nella parte in cui la stessa non ha accolto il secondo motivo del ricorso instaurativo del giudizio di I grado, con il quale si richiedeva il riconoscimento ai fini economici (così come avviene per i magistrati entrati nella vigenza della nuova disciplina) di cinque, anziché quattro classi biennali (v. pagg. 26 – 36 app. inc.).
1.4. Con ordinanza 6 maggio 2015 n. 1975, questa Sezione ha accolto la domanda di misure cautelari proposta dall’amministrazione e, per l’effetto, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata, alla luce della “chiara differenziazione di disciplina legislativa delle posizioni”.
Dopo il deposito di memorie e repliche, all’udienza pubblica di trattazione del 31 marzo 2016 la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. L’appello principale è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.
Le questioni sottoposte al vaglio del Collegio, per il tramite dell’appello principale, sono state dallo stesso già esaminate, in particolare con sentenze 14 maggio 2015 n. 2451 e, di recente, 11 febbraio 2016 n. 603, con considerazioni che il Collegio condivide e che devono intendersi integralmente riconfermate nella presente sede.
Deve, innanzi tutto, essere accolto il primo motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto), con il quale si evidenzia il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell’economia e finanze, in relazione al ricorso instaurativo del giudizio di I grado. Ed infatti, tali amministrazioni, evocate in giudizio insieme al Ministero della Giustizia, non assumono veste di “controparte” rispetto alla domanda di riconoscimento del diritto ad una diversa ricostruzione giuridica ed economica della “carriera” dei magistrati ordinari e di adozione dei provvedimenti amministrativi a tale riconoscimento conseguenti.
Pertanto, in accoglimento del primo motivo di appello, la sentenza impugnata deve essere, sul punto, riformata e, per l’effetto,il ricorso instaurativo del giudizio di I grado deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto avverso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell’Economia e Finanze, stante il difetto di legittimazione passiva degli stessi.
3. Anche il secondo motivo di appello (sub lett. b) dell’esposizione in fatto) è fondato e deve essere, pertanto, accolto.
Come questa Sezione ha già avuto modo di affermare (sent. n. 603/2016 cit.), non sussistono ragionevoli dubbi di legittimità per il sol fatto che la legge n. 111/2007 non prevede una norma transitoria per meglio agevolare il passaggio dei magistrati, che alla data d’entrata in vigore di essa avessero più di cinque anni d’anzianità, dal vecchio al nuovo regime.
Al riguardo, rettamente la parte appellante si duole dell’omessa considerazione, da parte della sentenza impugnata, del fatto che il nuovo sistema delle carriere e delle retribuzioni dei magistrati ordinari è oggidì conformato, specie nelle qualifiche iniziali, dai giudizi di professionalità.
Sicché l’appellata sentenza finisce con il riconoscere la retrodatazione, per un malinteso senso di parificazione del nuovo al vecchio regime, dei soli aspetti retributivi, laddove, al contempo, non è possibile disporre (ora per allora) una pari efficacia espansiva pure ai criteri valutativi che supportano la più alta qualifica e la retribuzione corrispondente.
Pertanto, contrariamente a quanto si evince dalla sentenza impugnata, non si determina una qualsivoglia disparità di trattamento a svantaggio degli appellati i quali, come magistrati in servizio da più di quattro anni al momento dell’introduzione del nuovo regime, non furono sottoposti al meccanismo valutativo da esso recato e, dunque, non possono invocarne i soli benefici retributivi connessi.
L’omessa previsione d’un regime intertemporale, dunque, non costituisce un “mero arbitrio” del legislatore, ma sua scelta ragionevole, e non solo o non tanto in base al principio generale per cui il fluire del tempo già di per sé costituisce un idoneo criterio discretivo tra le situazioni soggettive, la cui differente disciplina ratione temporis non determina un’ingiustificata disparità costituzionalmente rilevante. Infatti, nella specie, la progressione nella qualifica e nella correlata retribuzione è in linea di massima variabile dipendente del parallelo sistema di giudizio sulla professionalità del magistrato. Tale stretta interrelazione rappresenta una ragionevole scelta, fatta dal legislatore per marcare il passaggio di sistema e per impedire che, anche nel nuovo regime, si possa ricreare, per effetto di non corrette o di meccanicistiche interpretazioni, un identico effetto di automatismo retributivo, che, al contrario, si è voluto abbandonare.
In definitiva, come già affermato dalla giurisprudenza di questa Sezione (sent. n. 2451/2015 cit.), è da escludere l’applicabilità a tutti i magistrati in servizio di un trattamento economico che trova sia la propria giustificazione sia i propri presupposti in quelle ben precise modalità che solo la legge n. 111/2007 ha previsto e che prima non esistevano, né erano desumibili da altri principi immanenti dell’ordinamento di settore.
In conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere rigettato il ricorso instaurativo del giudizio di I grado.
4. Le considerazioni sin qui esposte sono già ex se sufficienti a sorreggere – sul piano generale – il rigetto dell’appello incidentale, stante la sua infondatezza.
A quanto sin qui esposto, occorre aggiungere (in conformità alla giurisprudenza della Sezione: v. sent. n. 2451/2015 cit.), che il Collegio ritiene di condividere quanto affermato sul punto dalla sentenza impugnata.
Ed infatti, mentre l’art. 4 della l. n. 425 del 1984 è teso a raccordare il nuovo meccanismo di determinazione degli stipendi, con l’anzianità maturata precedentemente al 1 luglio 1983, l’art. 5 “stabilisce poi, a regime, che al personale promosso nella qualifica o pervenuto al livello retributivo superiore successivamente al 1° luglio 1983 compete lo stipendio iniziale previsto per la nuova posizione, maggiorato dell’importo corrispondente alle classi o aumenti biennali maturati nella posizione di provenienza”.
Tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con l’art. 1 co. 4 della l. n. 265 del 1991, secondo cui “Per importo corrispondente alle classi o aumenti biennali maturati nella posizione di provenienza, di cui all’articolo 5 della legge 6 agosto 1984, n. 425, deve intendersi l’incremento acquisito per classi ed aumenti periodici derivanti dalla progressione economica relativa alla sola anzianità di servizio effettivamente prestato nella posizione di provenienza”.
Dalla lettura congiunta delle due norme menzionate, deriva l’impossibilità di riconoscere cinque classi stipendiali biennali (corrispondenti, secondo il computo fornito dagli appellanti incidentali, a dieci anni e cinque mesi) al periodo intercorrente tra la qualifica di “magistrato ordinario alla prima valutazione di professionalità” e quella di “magistrato ordinario dopo un anno dalla terza valutazione di professionalità”.
In effetti, il citato art. 1 co. 4 della l. n. 265 del 1991 elimina qualsiasi dubbio in ordine alla necessità di considerare esclusivamente la sola anzianità di servizio effettivamente prestato, senza alcuna possibilità di valorizzare eventuali anzianità convenzionalmente attribuite al magistrato (Cons. St., Sez. IV, 2 aprile 2002, n. 1820; id. 3 giugno 1996 n. 705).
Infine, in adesione alla giurisprudenza amministrativa, l’applicazione del meccanismo della “temporizzazione”, previsto dall’art. 4 della l. n. 425 del 1984 non può essere estesa al caso di specie, in quanto tale disposizione “si configura quale norma transitoria, recante esclusivamente le modalità di valutazione dell’anzianità maturata al 30 giugno 1983” (cfr. Cons. St., sez. IV, 19 marzo 2015 n. 1447).
Pertanto, poiché le argomentazioni fornite non possono essere condivise, l’appello incidentale deve essere respinto.
5. Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello principale deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso instaurativo del giudizio di I grado deve essere in parte dichiarato inammissibile, in quanto proposto avverso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell’Economia e finanze, in parte deve essere rigettato, stante la sua infondatezza.
Deve essere, inoltre, respinto l’appello incidentale, in quanto infondato.
Stante la natura e novità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero della Giustizia ed altri, come in epigrafe (n. 2256/2015 r.g.):
a) accoglie l’appello principale;
b) rigetta l’appello incidentale;
c) per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara in parte inammissibile, nei sensi di cui in motivazione, e rigetta nel resto il ricorso instaurativo del giudizio di I grado;
d) compensa tra le parti spese ed onorari di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2016 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Fabio Taormina – Consigliere
Andrea Migliozzi – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 24 maggio 2016
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