Le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate
Consiglio di Stato
sezione IV
sentenza 22 febbraio 2017, n. 821
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2964 del 2009, proposto da:
Mo. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Ce. e Da. Va., con domicilio eletto presso lo studio Da. Va. in Roma, viale (…);
contro
Comune di Pescara, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Pa. Di Ma., con domicilio eletto presso lo studio Ro. Co. in Roma, viale (…);
nei confronti di
Regione Abruzzo, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per l’Abruzzo – sede staccata di Pescara – Sezione I, n. 26 del 12 gennaio 2009, resa tra le parti, concernente approvazione variante al p.r.g.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pescara;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 novembre 2016 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Te. su delega di G. Ce., e Di Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, la società Mo. s.r.l. impugna la sentenza 12 gennaio 2009 n. 26, con la quale il TAR per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara ha respinto il ricorso proposto avverso la deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 8 giugno 2007 n. 94, di approvazione della variante al PRG, nella parte in cui ha inserito l’area di proprietà della ricorrente in parte in zona (omissis) (verde pubblico – parco pubblico), in parte in zona (omissis) (attrezzature e servizi pubblici di interesse urbano-territoriale).
Tale area, della complessiva superficie di mq. 24.798, era, in precedenza, per una piccola parte classificata (omissis) (e tale classificazione è stata confermata), mentre per la quasi totalità era inserita in zona (omissis) (attrezzature e servizi turistico – ricettivi).
1.1. La sentenza impugnata afferma, in particolare:
– ai sensi dell’art. 50 NTA, le aree della zona (omissis), destinata a verde pubblico naturale o attrezzato, comprendente i parchi pubblici, non sono destinatarie di un vincolo espropriativo, bensì conformativo, con “una sia pur ridotta utilizzazione del bene da parte dei proprietari”, essendo possibile “realizzare anche manufatti che ne integrino le funzioni, quali attrezzature per il gioco e per lo sport, spogliatoi, servizi igienici, chioschi ed abitazione del custode”;
– fermo il principio secondo il quale “una particolare motivazione non è richiesta in sede di esame delle osservazioni dei privati”, nel caso di specie l’osservazione presentata dalla ricorrente è stata presa in considerazione, con un rigetto adeguatamente motivato, con riferimento a quanto evidenziato nella relazione tecnica:
– “le scelte effettuate dall’amministrazione in sede di variante ad uno strumento urbanistico non necessitano di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti per l’impostazione del piano stesso”; scelte che costituiscono apprezzamento di merito sottratto in via generale al sindacato di legittimità del giudice amministrativo a meno che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità”;
– nel caso di specie, “la scelta effettuata dal Comune, benché abbia inciso in senso peggiorativo sui terreni in questione… è in realtà sorretta da una specifica e puntuale motivazione, che ha nella sostanza effettuato una valutazione comparativa degli interessi contrapposti” e che non si presenta manifestamente illogica “in quanto la volontà di salvaguardare l’area a ridosso della pineta non contrasta con l’attuale stato dei luoghi ed è volta a soddisfare quell’esigenza, oggi particolarmente percepita, di valorizzazione e di riqualificazione degli ambienti naturali esistenti, non ancora completamente e irreversibilmente modificati, specie ove si consideri che la zona nel suo insieme è stata dichiarata di notevole interesse pubblico e sottoposta a tutela paesistica”;
– non rileva che, in precedenza, il Comune di Pescara avesse considerato l’area in sede di adesione al PRUSST (piano di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio), né che la ricorrente avesse presentato un PUE per l’attuazione del comprensorio, né che il Sindaco di Pescara, con propria nota 28 maggio 2005 n. 56729, avesse proposto un accordo di programma con cessione al Comune solo di una parte di dette aree, posto che: ai fini del PRUSST, la Regione Abruzzo non ha mai convocato la conferenza di servizi per la sottoscrizione degli accordi di programma; che il PUE è stato presentato a ridosso dell’adozione della variante (con le conseguenti misure di salvaguardia); che la nota del Sindaco proviene da un organo privo di competenza in materia.
1.2. Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (sintetizzati rispetto ai sei mezzi articolati nelle pagg. 10 – 32 del ricorso):
a) error in iudicando, poiché, ai sensi dell’art. 10, co. 5, l. reg. Abruzzo n. 18/1983, “il Consiglio comunale è tenuto a pronunciarsi espressamente e motivatamente con propria idonea deliberazione, su tutte le osservazioni presentate in ordine al Piano adottato”, laddove, nel caso di specie, risulta che “talune osservazioni siano state (tramite emendamenti e sub emendamenti) regolarmente discusse e trattate in sede consiliare, e che invece per altre tale discussione sia stata completamente pretermessa”, ovvero “l’organo consiliare si è limitato a recepire pedissequamente ed acriticamente i relativi pareri resi dall’Ufficio tecnico”; ed in ogni caso, il rigetto dell’osservazione presentata dalla società appellante “non risulta suffragato da un’idonea e congrua motivazione”, ma si è utilizzata “una formula assolutamente generica e stereotipa”;
b) error in iudicando, poiché, una volta valutata dal Comune “la complessiva compatibilità degli interventi proposti sul PRUSST”, occorre ritenere che “con la stipulazione dell’accordo quadro non fosse più possibile all’amministrazione comunale alcun potere di ripensamento, pena la violazione di ogni fondamentale principio disciplinante l’azione amministrativa” (ripensamento invece intervenuto con l’adozione della variante “eliminando addirittura qualsivoglia richiamo al PRUSST”, che aveva fatto sorgere “legittime aspettative in ordine ai privati proponenti”);
c) error in iudicando, poiché, in ordine alla natura conformativa e non espropriativa della destinazione a verde pubblico, si evince dal tenore dell’art. 50 NTA “che la destinazione a verde pubblico dei terreni compresi nella sottozona (omissis) possa essere realizzata anche da privati, ma deve comportare in ogni caso la preventiva ablazione del bene”; il che comporta la “conseguente innegabile connotazione espropriativa del vincolo ivi apposto”; laddove “la negazione della natura espropriativa del vincolo imposto… attenua sensibilmente l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione in sede di imposizione del medesimo”
d) error in iudicando, poiché il Comune non ha esaminato il PUE proposto “sin dal 1 giugno 2004, ossia ben prima dell’adozione della deliberazione di C.C. n. 164 del 26 luglio 2004″… e dunque nella piena vigenza ed in ossequio alle precedenti prescrizioni urbanistiche che avevano previsto per la zona in esame una destinazione edificatoria”;
e) error in iudicando, poiché “la società esponente vanta una legittima aspettativa alla realizzazione dei programmi presentati, anche in virtù degli impegni, regolarmente formalizzati in atti scritti” (si veda la nota del Sindaco del 28 maggio 2005, successiva alla delibera di adozione della variante).
1.3. Si è costituito in giudizio il Comune di Pescara, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
1.4. Dopo il deposito di ulteriori memorie e repliche, all’udienza pubblica di trattazione del 24 novembre 2016, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Preliminarmente il Collegio rileva che non sono ammissibili – per violazione del divieto dei nova sancito dall’art. 345 c.p.a. ratione temporis applicabile (ora art. 104 c.p.a.) nonché in considerazione della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali – le censure nuove sviluppate nella memoria difensiva depositata in data 29 ottobre 2016 dalla società ricorrente (in particolare pagine 14 ss.).
2. 1. Il Collegio deve innanzi tutto ribadire, nella presente sede, principi già espressi dalla giurisprudenza di questa Sezione (e anche di recente ribaditi: v., tra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2016 n. 2221; successivamente n. 3806 del 2016; n. 4599 del 2016), in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate
Questa Sezione, con sentenza 10 maggio 2012 n. 2710 (successivamente più volte riconfermata nelle sue motivazioni), ha già avuto modo di osservare che il potere di pianificazione urbanistica del territorio – la cui attribuzione e conformazione normativa è costituzionalmente conferita alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, ex art. 117, comma terzo, Cost. ed il cui esercizio è normalmente attribuito, pur nel contesto di ulteriori livelli ed ambiti di pianificazione, al Comune – non è limitato alla individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale, ed in particolare alla possibilità e limiti edificatori delle stesse.
Al contrario, tale potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è limitato solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico – sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati.
Tali finalità, per così dire “più complessive” dell’urbanistica, e degli strumenti che ne comportano attuazione, sono peraltro desumibili fin dalla legge 17 agosto 1942 n. 1150, laddove essa individua il contenuto della “disciplina urbanistica e dei suoi scopi” (art. 1), non solo nell'”assetto ed incremento edilizio” dell’abitato, ma anche nello “sviluppo urbanistico in genere nel territorio della Repubblica”.
In definitiva, l’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo.
Il potere di pianificazione urbanistica, dunque, non è funzionale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti.
2.2. Tanto precisato sul piano generale, occorre ricordare che, per costante giurisprudenza, le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate (cfr. ad es., da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 5 marzo 2013, n. 1323; sez. IV, 25 novembre 2013, n. 5589; sez. IV, 16 aprile 2014, n. 1871);
2.3. Quanto alla motivazione che deve sorreggere le scelte urbanistiche, occorre ricordare che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui esse incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478).
Come questa Sezione ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2011 n. 3497), con considerazioni che devono intendersi riconfermate nella presente sede,”le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorché la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute”.
Per completezza si osserva che le uniche tassative ipotesi (individuate dalla consolidata giurisprudenza sopra richiamata in base alle argomentazioni elaborate dall’Adunanza plenaria n. 24 del 1999), in cui è richiesta una motivazione rafforzata, sono le seguenti: I) superamento degli standard minimi; II) presenza di una convenzione di lottizzazione o di un accordo equivalente, valido ed efficace; III) giudicato di annullamento di diniego di permesso di costruire o di silenzio inadempimento sulla relativa istanza; IV) destinazione di un fondo totalmente intercluso a zona agricola.
2.4. Occorre ancora osservare che la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014 n. 1459). Si è affermato che:
“come accade nei casi in cui la decisione finale è rimessa dal legislatore ad un organo collegiale (a maggior ragione quando il collegio si presenta come “virtuale” e “imperfetto”), la motivazione di questa difficilmente può essere desunta da un unico “documento” sul quale si definisce e manifesta l’esercizio della potestà discrezionale dell’amministrazione (sia pure nelle forme previste per l’espressione di tale “volontà”), redatto dal medesimo organo collegiale. Al contrario, è del tutto ragionevole che tale volontà, oltre che desumersi dal dibattito in seno all’organo e da eventuali documenti (ordini del giorno, mozioni e simili, puntualmente messi in votazione ed approvati), si estrinsechi anche (e soprattutto) per il tramite di documenti tecnici redatti da organi ed uffici diversi, tuttavia sottoposti all’esame ed alla adozione del decidente, decisione a sua volta variamente integrata dall’avviso della Regione in sede di definitiva approvazione dello strumento urbanistico.
E ciò a maggior ragione laddove un organo come il consiglio comunale non si limiti a definire un generale indirizzo politico – amministrativo dell’ente cui è legato da rapporto di immedesimazione, ma debba effettuare concrete scelte di pianificazione urbanistica che, se esprimono in generale una “visione” dello sviluppo della comunità e del suo territorio, si sostanziano “a valle” in puntuali definizioni (zonizzazioni) del territorio e delle sue potenzialità, che abbisognano di una rappresentazione tecnico-giuridica e grafica, che certamente travalica le competenze dell’organo decidente”.
2.5. Infine, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico (per il quale non è prevista comunicazione di avvio del procedimento, trattandosi di atto di pianificazione, come tale escluso dall’art. 13 l. n. 241/1990), non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione (Cons. Stato, n. 2710/2012 cit.).
3. Le considerazioni innanzi esposte sono già di per sé sufficienti a sorreggere la reiezione dei primi tre motivi di appello (sub lett. a/c dell’esposizione in fatto), ma ulteriori osservazioni sorreggono il giudizio di infondatezza dei motivi di appello.
3.1. Con riferimento al primo motivo di appello (sub lett. a) – fermo restando quanto congruamente argomentato dall’amministrazione in ordine all’osservazione presentata dalla società Mo. – occorre osservare che i principi espressi dalla giurisprudenza in ordine all’esame ed all’onere di motivazione sulle osservazioni presentate, non risultano contraddetti da quanto previsto dall’art. 10, co. 5, l. reg. Abruzzo n. 18/1983, il quale, nel disporre che il Consiglio comunale si esprima con deliberazione motivata sulle osservazioni presentate al PRG adottato, non richiede tuttavia che tale esame ed onere di motivazione si riferisca ad ogni singola osservazione.
3.2. In ordine al secondo motivo di appello (sub lett. b), occorre osservare che l’amministrazione non aveva in precedenza assunto determinazioni (per essa stessa) vincolanti in ordine ad una diversa “zonizzazione” delle aree dell’attuale appellante, ovvero tali da fondare legittime aspettative della società appellante.
Ed infatti, quanto alla precedente adesione al PRUSST, è noto anche alla parte appellante come l’accordo quadro non abbia avuto alcun seguito, in tal modo lasciando piena potestà pianificatoria del proprio territorio al Comune di Pescara.
3.3. Quanto al terzo motivo di appello (sub lett. c), la destinazione impressa dall’amministrazione ai suoli della società appellante, in sede di adozione di una variante generale, risulta sufficientemente motivata – quanto alla sussistenza e corretto esercizio del potere di pianificazione urbanistica – proprio dalla considerazione di impedire forme di edificazione, per effetto della “valenza ambientale” dell’area stessa.
Si tratta di espressione di potere conformativo che – sussistendone, come è ovvio, i presupposti di fatto – non comporta né espropriazione né intollerabile compressione del diritto di proprietà corrispondente ad ablazione del medesimo.
Come questa Sezione ha già avuto modo di affermare, proprio con riferimento alla variante adottata dal Comune di Pescara (Cons. Stato, sez. IV, 28 settembre 2016 n. 4022):
“la destinazione ad attrezzature ricreative, sportive e a verde pubblico, data dal P.R.G. ad aree di proprietà privata, non comporta l’imposizione sulle stesse di un vincolo espropriativo, ma solo di un vincolo conformativo, che è funzionale all’interesse pubblico generale conseguente alla zonizzazione effettuata dallo strumento urbanistico (giurisprudenza costante: cfr. per tutte, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 9 dicembre 2015, n. 5582)”.
3.4. In ordine al quarto motivo di appello (sub lett. d), appare del tutto ragionevole che l’amministrazione non abbia esaminato il PUE (in disparte ogni considerazione sulle effettive potenzialità edilizie del suolo), presentato dall’appellante poco più di un mese prima dell’adozione della variante al PRG da parte del Consiglio comunale, in ragione del già avviato procedimento di adozione della variante.
3. 5. Con riferimento al quinto motivo di appello (sub lett. e), quanto al supposto “affidamento” ingenerato dalla nota del Sindaco di Pescara del 28 maggio 2005, non può che condividersi quanto affermato dalla sentenza impugnata, in ordine alla irrilevanza della stessa, posto che la potestà pianificatoria del territorio comunale rientra nelle competenze del Consiglio Comunale (e ciò a maggior ragione laddove si rileva che la predetta nota è intervenuta dopo l’adozione della delibera di variante, e cioè di un concreto atto di esercizio di tale potestà da parte dell’organo titolare della stessa).
4. Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
5. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, tenuto anche conto di quanto previsto dall’art. 26, co. 1, Cpa.
5.1. Al riguardo, il Collegio rileva che l’accertamento di infondatezza del gravame si basa, come dianzi illustrato, su ragioni manifeste, in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, co. 1, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr. da ultimo sez. IV, 28 giugno 2016, n. 2864; sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757, cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative e alla determinazione della misura indennitaria).
5.2. La condanna dell’originario ricorrente ai sensi dell’art. 26 cod. proc. amm. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2-quinquies, lettere a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Mo. s.r.l. (n. 2964/2009 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore del costituito Comune di Pescara, delle spese ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi Euro 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
Vito Poli – Presidente
Andrea Migliozzi – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Oberdan Forlenza – Consigliere, Estensore
Leonardo Spagnoletti –
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