Consiglio di Stato
sezione III
sentenza 4 febbraio 2015, n. 540
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO
IN SEDE GIURISDIZIONALE
SEZIONE TERZA
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5526 del 2012, proposto da:
Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via (…);
contro
Fa. S.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. Pa.St.Ri., con domicilio eletto presso Pa.St.Ri. in Roma, viale (…);
nei confronti di
Te. S.p.a., rappresentata e difesa dagli avv. Fr.Ca., Fi.La., con domicilio eletto presso Fr.Ca. in Roma, Via (…) – anche appellante incidentale;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I-TER, n. 04997/2012, resa tra le parti, concernente aggiudicazione dei servizi di comunicazione elettronica a favore del Dipartimento di P.S. e dell’Arma dei Carabinieri;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Fa. S.p.a. e di Te. S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati St.Ri. ed altri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Torna all’esame della Sezione la controversia originata dalla stipulazione, in data 31 dicembre 2011, tra Ministero dell’interno e Te. S.p.a., di una convenzione per l’esecuzione dei servizi di comunicazione elettronica (fonia vocale, fonia mobile, trasmissione dati) a favore del Dipartimento di pubblica sicurezza e dell’Arma dei Carabinieri, per i successivi sette anni.
E’ utile ricordare che:
(a) – in vista della scadenza, prevista per detta data, della precedente convenzione stipulata con Te. nel 2003, il Ministero aveva ritenuto di poter applicare l’art. 28, paragrafo 1., lettera e), della direttiva 2009/81/CE, e l’art. 57, comma 2, lettera b), del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 163/2006, in quanto un solo operatore (quello uscente), per ragioni tecniche e per la titolarità di alcuni diritti esclusivi, era in grado di eseguire il nuovo appalto.
(b) – dopo aver acquisito un parere dell’Avvocatura Generale dello Stato in data 20 dicembre 2011, lo stesso giorno aveva pubblicato sulla G.U.C.E. l’avviso volontario per la trasparenza ai sensi dell’art. 79-bis, del Codice, ed il 22 dicembre aveva invitato Te. a partecipare alla negoziazione fissata per il giorno successivo; in esito alla negoziazione, in data 31 dicembre 2011, le parti avevano stipulato la nuova Convenzione quadro.
(c) – l’aggiudicazione, su impugnazione della Fa. S.p.a. (la quale aveva in precedenza manifestato il proprio interesse a competere per l’affidamento dei servizi), è stata annullata dal TAR del Lazio, con sentenza della Sezione I-ter, n. 4997/2012, non ritenendosi dimostrata la sussistenza dei presupposti, di cui all’art. 57, cit., per la procedura negoziata senza pubblicazione del bando.
(d) – quanto alla domanda di dichiarazione di inefficacia della Convenzione, il TAR, ha ritenuto che non fosse possibile pronunciare l’inefficacia del contratto ai sensi dell’art. 121, comma 5, cod. proc. amm. (avendo il Ministero fatto precedere l’affidamento dalla pubblicazione di un avviso per la trasparenza ex art. 79-bis, cit.), ma che l’inefficacia del contratto dovesse essere dichiarata ai sensi dell’art. 122, cod. proc. amm., ricorrendone in concreto le condizioni, ed in tal senso ha statuito (anche se, per evitare al servizio soluzioni di continuità pregiudizievoli, con decorrenza dal 31 dicembre 2013).
2. La sentenza è stata impugnata:
(a) – dal Ministero dell’interno, il quale ha lamentato l’erronea applicazione dell’art. 57, comma 2, lettera b), cit., con particolare riferimento alla ritenuta insussistenza del requisito delle “ragioni tecniche”; ed ha sostenuto, quanto all’inefficacia del contratto, che non potesse applicarsi l’art. 122, ma soltanto l’art. 121, comma 5, citt.
(b) – in via incidentale, da Te., la quale ha lamentato la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e l’inadeguata considerazione della relazione istruttoria concernente le ragioni tecniche poste a fondamento della scelta compiuta dal Ministero; nonché, l’erronea applicazione dell’art. 2-quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66/CE, che impedirebbe comunque di dichiarare l’inefficacia della convenzione.
Fa. ha controdedotto puntualmente, ribadendo le ragioni per le quali la convenzione dovesse effettivamente ritenersi inefficace ai sensi dell’art. 122, cit.
3. Questa Sezione, con sentenza parziale n. 36/2013, ha ritenuto che “non vi fossero – o, per meglio dire, che non fossero state sufficientemente dimostrate – le condizioni per ricorrere ad una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando. (…)” e che “dall’insieme delle allegazioni svolte e della documentazione prodotta (…)emergesse non già un’oggettiva impossibilità di affidare i medesimi servizi ad operatori economici in ipotesi diversi quanto, piuttosto, l’asserita inopportunità di una tale soluzione, essenzialmente perché, a giudizio del Ministero, questo comporterebbe dei cambiamenti, dei costi e dei tempi necessari di adeguamento” (così, nell’ordinanza di questa Sezione n. 25/2014, appresso più ampiamente descritta, viene riassunto l’esito della disamina analitica dell’insussistenza dei presupposti per una procedura negoziata senza pubblicazione del bando, che risulta dai punti 7.-7.7. della sentenza n. 36/2013).
Ha conseguentemente respinto, per quanto concerne l’annullamento dell’aggiudicazione, gli appelli principale ed incidentale, confermando per tale capo la sentenza di primo grado.
Quanto alla sorte del contratto, ha ritenuto di sospendere il giudizio per acquisire una pronuncia pregiudiziale della Corte di Giustizia, ex art. 267 TFUE, in ordine alla esatta portata applicativa della Direttiva 2007/66/CE riguardo alle ipotesi in cui è consentito al giudice nazionale di dichiarare l’inefficacia del contratto.
4. Con ordinanza n. 25/2013, questa Sezione ha pertanto rivolto alla Corte di Giustizia due domande pregiudiziali sull’interpretazione e sulla validità dell’art. 2-quinquies, par. 4, della Direttiva 89/665/CEE, come modificata dalla Direttiva 2007/66/CE, di cui l’art. 121, comma 5, cit., rappresenta la trasposizione nell’ordinamento italiano:
(a) – in via principale, se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che “…qualora un’amministrazione aggiudicatrice, prima di affidare il contratto direttamente ad un operatore economico determinato, scelto senza previa pubblicazione del bando, abbia pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso di trasparenza preventiva ed abbia atteso almeno dieci giorni per la stipulazione del contratto, sia automaticamente precluso – sempre e comunque – al giudice nazionale di pronunciare la privazione di effetti del contratto, anche se ravvisi la violazione delle norme che consentono, a determinate condizioni, di affidare il contratto senza l’espletamento di una gara. ”.
(b) – in via subordinata, se detta disposizione, ove interpretata nel senso di escludere che nella predetta ipotesi sia pronunciata l’inefficacia del contratto “ … sia conforme ai principi di parità delle parti, di non discriminazione e di tutela della concorrenza, nonché assicuri il diritto ad un ricorso effettivo sancito dall’art. 47 della Carta dei diritti dell’Unione europea”.
Nell’ordinanza si sottolinea che gli stessi quesiti possono essere riferiti all’art. 60, par. 4, della direttiva 2009/81/CE, relativa ai settori della difesa e sicurezza, vista l’identità tra le disposizioni.
5. Nelle more della pronuncia della Corte, questa Sezione, con ordinanza n. 4506/2013, ha accolto la domanda cautelare di Te. sospendendo l’esecuzione della sentenza del TAR, nella parte in cui ha disposto l’inefficacia dell’appalto, a condizione che il Ministero e Te. prestassero in favore di Fa. una cauzione, mediante fideiussione bancaria, per un importo pari al 5% del valore dell’appalto.
Con ordinanza n. 5093/2013, ha dichiarato inammissibile l’istanza di Te. volta alla revoca della precedente ordinanza, fornendo chiarimenti in ordine alla natura ed alla portata applicativa della misura cautelare.
6. La Corte di Giustizia si è pronunciata sulle questioni pregiudiziali con sentenza della V Sezione in data 11 settembre 2014 (C- 19/13), affermando, conclusivamente, che:
(a) – l’art. 2-quinquies, par. 4, prevede un’eccezione alla regola – contenuta nel par. 1, lettera a) – della privazione di effetti di un contratto stipulato a seguito di un affidamento diretto illegittimo (punto 39); l’art. 2-quinquies, par. 4, deve essere interpretato nel senso che, qualora un appalto pubblico sia aggiudicato senza previa pubblicazione di un bando di gara nella GUCE quando ciò non era consentito a norma della direttiva 2004/18/CE, tale disposizione “esclude che il corrispondente contratto sia dichiarato privo di effetti laddove ricorrano le condizioni che essa stessa pone, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.
(b) – “dall’esame della seconda questione non sono emersi elementi atti ad inficiare la validità dell’articolo 2 quinquies, paragrafo 4, della direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 2007/66.”.
7. Il giudizio di appello è stato riassunto e la causa è passata in decisione all’udienza del 20 novembre 2014.
8. Il Collegio rileva come l’interpretazione della disciplina vigente fornita dalla Corte di Giustizia risulti coerente con la tesi al riguardo prospettata da Te..
In base alla pronuncia, l’esito della controversia (nella parte concernente la sorte del contratto, che residua dopo la sentenza parziale di questa Sezione n. 26/2013) dipende ormai da quanto sia stato o debba essere accertato, in ordine al rispetto o meno, in concreto, delle condizioni di cui all’art. 2-quinquies, paragrafo 4; posto che, in caso di risposta affermativa, si applica l’eccezione e il contratto non può essere privato di effetti, mentre in caso di risposta negativa si ricade sotto la regola generale ed il contratto deve essere dichiarato inefficace (cfr. in particolare, i punti 52 e 53 della sentenza della CGE).
9. Le parti hanno ampiamente argomentato sul rispetto o meno delle predette condizioni, alla luce del comportamento tenuto dal Ministero in occasione dell’affidamento annullato, ed in particolare con riguardo:
(a) – all’aver o meno “aver agito con diligenza”, all’aver o meno potuto “ritenere che ricorressero effettivamente” le circostanze in presenza delle quali si può derogare alla procedura di gara (punto 50 della sentenza della CGE);
(b) – all’essere o meno la motivazione dell’avviso di trasparenza idonea a “far risultare in modo chiaro e inequivocabile” le ragioni che hanno indotto l’amministrazione a ritenere di poter legittimamente derogare dalla gara, “così da consentire agli interessati di decidere con piena cognizione di causa” se adire il giudice e ad esso di svolgere un “controllo effettivo” (punto 48).
Fa. ha puntualizzato le circostanze rilevanti, già focalizzate nell’impugnazione originaria (soprattutto: omissione di una puntuale indagine conoscitiva anche in ambito europeo; omessa considerazione del contenuto complessivo del parere dell’Avvocatura dello Stato; tempistica attraverso la quale il Ministero è giunto all’affidamento del contratto; coincidenza della motivazione dell’avviso di trasparenza con il 52° “considerando” della direttiva 2009/81/CE; mancanza nell’avviso di trasparenza di informazioni oggettivamente rilevanti per consentire ai potenziali concorrenti di Te. di decidere se ricorrere in giudizio), che escluderebbero in concreto il rispetto delle suddette condizioni.
Il Ministero e Te. hanno dato di esse una diversa interpretazione che, insieme alla considerazione di ulteriori elementi, condurrebbe viceversa a ritenere rispettate le condizioni di cui all’art. 121, comma 5, cit.
10. Come conseguenze dell’accoglimento della domanda di inefficacia, Fa. ha domandato:
(a) – l’assegnazione di un termine breve per la pubblicazione del bando di gara per l’affidamento dei servizi in questione, e la nomina fin d’ora di un commissario ad acta che, in caso di infruttuoso decorso del termine, provveda alla pubblicazione in via sostitutiva.
(b) – l’autorizzazione ad escutere la fideiussione “previo eventuale accertamento della responsabilità del Ministero dell’interno e di Te. S.p.a. in via solidale e condanna per la maggior somma di euro 96.000.000,00 o di quella diversa somma che sarà determinata …”; in via subordinata, la proroga della fideiussione sino ai 60 giorni successivi alla pubblicazione della sentenza che il TAR del Lazio pronuncerà sul ricorso n. 4317/2013 (attualmente pendente e concernente il risarcimento dei danni subiti nella vicenda).
(c) – la condanna delle parti resistenti alle spese ed all’ulteriore risarcimento da liquidare d’ufficio ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.c., richiamato dall’art. 26, comma 1, cod. proc. amm..
11. In ordine alle eventuali sanzioni alternative, ai sensi dell’art. 123 del Codice, il Ministero chiede in via subordinata, per esigenze tecniche, che la decorrenza dell’inefficacia della Convenzione venga spostata al quinto anno dalla sottoscrizione. Chiede anche, nell’eventualità di un’applicazione della sanzione pecuniaria, che questa sia commisurata al minimo previsto.
12. Te., e, meno esplicitamente, il Ministero, hanno tuttavia pregiudizialmente prospettato che la verifica della ricorrenza di tutte le condizioni previste dall’art. 2-quinquies, par. 4, della direttiva 89/665, è stata già positivamente effettuata dal TAR nel respingere l’unico motivo dedotto da Fa. a sostegno della violazione dell’art. 79-bis, del Codice dei contratti pubblici, e dunque dell’inapplicabilità al contratto dell’art. 121, comma 5, cod. proc. amm.; e che detto capo della sentenza non è stato appellato ed è passato in giudicato.
Hanno pertanto chiesto che vengano accolti (parzialmente) gli appelli, imponendosi la conservazione degli effetti del contratto.
Te. ha chiesto anche che sia autorizzato lo svincolo della fidejussione prestata.
13. Il Collegio ritiene condivisibile tale prospettazione.
Secondo la Corte di Giustizia, ai fini della dichiarazione di inefficacia, si deve applicare solo l’art. 2-quinquies, par. 4, della Direttiva ricorsi (vale a dire, l’art. 121, comma 5, cod. proc. amm.).
Tuttavia, ogni ulteriore valutazione sulla sussistenza o meno delle condizioni previste da dette disposizioni sembra effettivamente precluso da un giudicato interno derivante dalla sentenza di primo grado.
Infatti, l’unico motivo del ricorso proposto in primo grado da Fa. basato sull’inapplicabilità dell’art. 121, cit., per mancanza dei relativi presupposti, era quello (dedotto col primo dei ricorsi per motivi aggiunti, pagg. 4-5) di violazione dell’art. 79-bis, del Codice dei contratti (che recepisce l’art. 3 della Direttiva), per omessa indicazione dell’aggiudicatario nell’avviso preventivo di trasparenza, ed il TAR l’ha respinto, ritenendo non necessaria detta indicazione (punto 6., pagg. 33-34 della sentenza appellata).
Detto capo della sentenza non è stato appellato da Fa. ed è pertanto passato in giudicato.
14. Del resto, nell’ordinanza n. 25/2013, questa Sezione ha espresso (ai sensi del par. 23 delle Istruzioni della Corte di Giustizia 160/01 del 2011) il punto di vista che “dovrebbe essere privilegiata un’interpretazione che permetta, nel diritto nazionale, di ricomprendere nel novero delle violazioni “minori”, ovvero degli “altri casi” di cui all’art. 122 del codice del processo amministrativo, l’ipotesi in cui l’affidamento diretto del contratto senza previa pubblicazione del bando sia preceduta dalla pubblicazione dell’avviso di trasparenza preventiva. Detto in altri termini, l’impossibilità di dichiarare il contratto inefficace ai sensi dell’art. 121 non dovrebbe impedire di disporne l’inefficacia ai sensi dell’art. 122, ove ne ricorrano le condizioni” (primo quesito); e che “si possa dubitare che l’art. 2-quinquies, par. 4, della direttiva 2007/66 – ove interpretato nel senso di un divieto assoluto e indistinto di privare di effetti il contratto frutto di un illegittimo affidamento senza gara – sia conforme ai principi di parità delle parti, non discriminazione e concorrenza …” (secondo quesito).
Tale impostazione si spiega logicamente solo con il convincimento che non fosse concretamente in discussione l’impossibilità di dichiarare l’inefficacia del contratto in applicazione dell’art. 121, e che dunque si ponesse ormai soltanto la questione dell’eventuale illegittimità comunitaria di una norma nazionale, l’art. 122, la quale riconduca anche la fattispecie esaminata tra le violazioni “minori” egualmente suscettibili di giustificare la privazione di effetti del contratto. Dubbio che, come esposto, è stato risolto dalla Corte nel senso di escludere qualsiasi margine di discrezionalità in capo agli Stati membri nel disciplinare le sorti del contratto in modo difforme da quanto previsto dalla Direttiva.
15. Né la pronuncia della Corte potrebbe consentire la valutazione dei vizi concernenti l’insussistenza delle condizioni previste dalla disposizione comunitaria per la procedura negoziata senza pubblicazione di bando, nonostante la loro omessa deduzione, dovendo comunque l’applicazione della disposizione comunitaria rispettare le norme processuali dello Stato membro poste a tutela del principio di certezza del diritto. Peraltro, anche la Corte di giustizia ritiene che lo Stato membro non ha l’obbligo di disapplicare norme che prevedano l’intangibilità del giudicato interno persino nel caso in cui questo fosse contrario al diritto comunitario come interpretato da una sopravvenuta decisione della Corte (cfr. CGE, 10 luglio 2014, in C-213/13).
16. A tale prospettazione, Fa. eccepisce che il giudicato non riguarda la norma applicabile e in genere il ragionamento svolto dal giudice per affermare la volontà della legge nel caso concreto, ma invece si crea sulla pretesa sostanziale, sul bene della vita; e che, avendo ottenuto dal TAR la dichiarazione di inefficacia ex art. 122, l’unico capo rispetto al quale Fa. era risultata soccombente, ed avrebbe pertanto potuto appellare, era quello concernente la decorrenza non immediata dell’inefficacia del contratto.
Il Collegio osserva tuttavia che gli effetti della sentenza, su cui si forma il giudicato amministrativo, vanno determinati sulla base del petitum e della causa petendi, e quindi il giudicato non si forma soltanto sulla spettanza del bene della vita domandato, ma anche sull’applicabilità della norma che disciplina l’agire dell’amministrazione e che costituisce accertamento necessario (quale componente della causa petendi sottesa al ricorso) ai fini del soddisfacimento della pretesa.
Questo vale anche quando la domanda ha ad oggetto la dichiarazione di inefficacia del contratto, che è sì una prerogativa del giudice e non una pronuncia sui vizi del provvedimento, ma comunque presuppone una valutazione della legittimità di atti e comportamenti della stazione appaltante, di modo che risulta condizionata dall’accertamento intervenuto in ordine ad essi.
Per cui, se in primo grado la insussistenza delle condizioni di cui all’art. 121, comma 5, è stata dedotta limitatamente ad un profilo, se tale censura è stata respinta, se la sentenza del TAR ha statuito la insussistenza di dette condizioni (tanto da dover ricorrere, per dichiarare l’inefficacia del contratto, all’applicazione dell’art. 122, ed ai diversi presupposti ivi considerati) e se sul punto non è stato proposto appello – circostanze tutte che non appaiono contestate – deve ritenersi che l’accertamento della sussistenza delle condizioni di cui all’art. 121, comma 5, non possa più essere rimesso in discussione.
Fa. eccepisce anche che, seguendo l’impostazione qui accolta, la questione pregiudiziale sarebbe stata inutile, così come l’invito rivolto dalla Corte di giustizia al giudice nazionale a verificare la sussistenza delle condizioni di cui all’art. 2-quinquies, par. 4.
Sembra invece evidente al Collegio che la questione pregiudiziale sia stata posta proprio per superare dubbi sulla legittimità dell’art. 122, la cui applicazione (soltanto) avrebbe consentito di confermare la pronuncia di inefficacia del contratto; e che la precisazione dell’obbligo del giudice nazionale di verificare in concreto la sussistenza delle condizioni preclusive della pronuncia di inefficacia, peraltro formulata come corollario della soluzione data alla questione di principio, risulta conseguenza della prospettazione delle questioni pregiudiziali, che, pur indicando (implicitamente, come esposto), l’impossibilità di applicare l’art. 121, comma 5, non ne precisava i motivi.
17. Per quanto esposto, gli appelli meritano di essere parzialmente accolti, riguardo alla pronuncia di inefficacia del contratto, con conseguente riforma sul punto della sentenza appellata.
18. Ne consegue il venir meno delle misure cautelari adottate nel corso del giudizio.
19. Le ulteriori pretese risarcitorie di Fa., in conseguenza dell’accertata illegittimità dell’affidamento a Te., ormai da valutare per equivalente, sono affidate all’autonomo giudizio instaurato presso il TAR del Lazio.
20. Considerata la complessità e relativa novità delle questioni affrontate, che hanno richiesto anche una decisione pregiudiziale della Corte di Giustizia, si ravvisano i presupposti per disporre la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio (ivi comprese quelle sostenute da Te. per la prestazione della cauzione).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li accoglie parzialmente e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata, respinge la domanda di inefficacia del contratto proposta in primo grado.
Spese del grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 novembre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani – Presidente
Salvatore Cacace – Consigliere
Bruno Rosario Polito – Consigliere
Vittorio Stelo – Consigliere
Pierfrancesco Ungari – Consigliere, Estensore
Depositata in Segreteria il 4 febbraio 2015
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