Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 30 gennaio 2017, n. 367

Ai fini della decisione sulla legittimità del provvedimento amministrativo, la norma secondaria di regolamento, qualora essa contrasti in termini di palese contrapposizione con il disposto legislativo primario

Consiglio di Stato

sezione III

sentenza 30 gennaio 2017, n. 367

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Terza

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1479 del 2016, proposto dal sig. Za. Re. Vi., in proprio e quale componente della Fondazione Es. Ba. Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Gi. Gi. (C.F. (omissis)), Ca. Gi. Sa. (C.F. (omissis)), Ge. Te. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso quest’ultimo, in Roma, piazza (…); nonché i sigg.ri Co. Ro. in proprio e quale componente della Fondazione Es. Ba. Onlus, Mo. An. in proprio e quale componente della Fondazione Es. Ba. Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Ge. Te., Gi. C. Sa., con domicilio eletto presso il primo, in Roma, piazza (…);

contro

Regione Lombardia, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Pi. Da. Vi. (C.F. (omissis)), Ma. Em. Mo. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso Cr. Bo. in Roma, viale (…);

ASL della Provincia di Milano 2, ora ATS Milano Città Metropolitana, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Al. Ca. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza (…);

nei confronti di

U.T.G. – Prefettura di Milano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);

Commissario Straordinario della Fondazione Es. Ba. Onlus, non costituito in giudizio;

Si. Bo., Bo. Da., rappresentati e difesi dall’avvocato Gi. Fr. Fe. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);

Fondazione Es. Ba. Onlus, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Ga. Pa. (C.F. (omissis)), Ro. Ma. (C.F. (omissis)), con domicilio eletto presso Ga. Pa. in Roma, viale (…);

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lombardia – Milano – Sezione III n. 02510/2015, resa tra le parti, concernente nomina commissario straordinario della Fondazione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dellla Regione Lombardia, dell’ATS Milano Città Metropolitana, dell’U.T.G. – Prefettura di Milano, di Si. Bo., Bo. Da. e della Fondazione Es. Ba. Onlus;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 dicembre 2016 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Ge. Te., Cr. Bo. su delega di Ma. Em. Mo., Gi. Fr. Fe., Ro. Ma. e l’avvocato dello Stato Ma. La Gr.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Gli odierni appellanti hanno impugnato in primo grado, a mezzo del ricorso introduttivo e di successivi motivi aggiunti, i provvedimenti di commissariamento della Fondazione Es. Ba., gli atti di revoca degli amministratori in carica (gli odierni appellanti), gli atti di nomina dei nuovi membri del Consiglio di amministrazione e i provvedimenti regionali di mancata approvazione delle proposte modifiche allo Statuto della Fondazione.

In estrema sintesi, i ricorrenti hanno sostenuto dinanzi al TAR di essere regolarmente in carica, non potendo il ritardo regionale nell’approvazione delle modifiche statutarie inibire la volontà della fondatrice e l’efficacia delle sue volontà espresse con atto notarile. Hanno altresì dedotto una serie di vizi relativi allo scioglimento degli organi e dal commissariamento (tra i quali l’incompetenza dell’ASL a procedere allo scioglimento).

Il TAR ha respinto il ricorso ritenendo che i ricorrenti, in mancanza di una tempestiva impugnazione del diniego regionale sull’istanza di approvazione delle modifiche statutarie, una volta deceduta la fondatrice dovevano considerarsi decaduti e quindi privi anche di legittimazione a ricorrere. Ha invece declinato la giurisdizione per una frazione della controversia (la nomina dei nuovi amministratori).

I ricorrenti hanno proposto appello.

Si sono costituiti nel giudizio d’appello, la Fondazione Ba. in persona del presidente in carica, i sigg.ri Si. Bo. e Da. Bo., quali eredi universali della fondatrice, Es. Ba., la Regione Lombardia e l’Agenzia di tutela della salute della Città metropolitana di Milano (A.T.S.), subentrata all’ASL della provincia di Milano n. 2, la Prefettura di Milano.

La Regione Lombardia ha eccepito l’inammissibilità del gravame per difetto di notificazione nei confronti dell’A.T.S., succeduta in tutti i rapporti già facenti capo all’ASL. I sigg.ri Si. Bo. e Da. Bo. hanno eccepito l’inammissibilità dell’appello per difetto di legittimazione degli appellanti, Tutte le parti resistenti hanno invocato l’integrale reiezione del gravame in quanto infondato.

DIRITTO

A.1.E’ utile premettere i passaggi salienti della sentenza gravata: secondo il TAR Lombardia, il diniego regionale, espresso o tacito, di approvazione delle proposte di modifica statutaria anteriori all’anno 2014 (che avevano previsto un incarico a vita dei ricorrenti quali amministratori, a modifica delle previsioni originarie che invece prevedevano, alla morte della fondatrice, la nominare di sette membri del Consiglio di amministrazione da parte delle principali istituzioni), “impedisce di ritenere legittima l’assunzione della carica di amministratore, o il permanere della stessa, in capo agli odierni ricorrenti che, di conseguenza, non risultavano più legittimamente in carica dal giorno della morte della fondatrice, ossia il 16 maggio 2013 (art. 8 dello Statuto). Pertanto, nessuna valida proposta di modifica statutaria poteva essere formulata da soggetti non legittimati a ricoprire la carica, come evidenziato dagli uffici regionali nella corrispondenza intercorsa con la Fondazione (cfr. all. 2-10 della Regione).

2.2. La tardiva impugnazione dei citati dinieghi regionali di approvazione delle modifiche statutarie determina anche l’inammissibilità dei ricorsi avverso gli atti di commissariamento della Fondazione adottati dall’A.S.L. della Provincia di Milano 2, attesa la carenza di legittimazione ad agire dei ricorrenti che, non ricoprendo legalmente la carica di amministratori, non hanno nessuna posizione differenziata rispetto al quisque de populo per contestare gli atti relativi alla gestione della Fondazione o alla sua amministrazione; è consolidato in giurisprudenza l’orientamento secondo il quale il mero esercizio (di fatto) di un ufficio non è sufficiente per attribuire la legittimazione al ricorso, atteso che la situazione legittimante deriva da una qualificazione di carattere normativo, che postula il positivo esito della verifica in ordine alla piena e legittima titolarità del predetto munus.

Pertanto, l’accertamento, anche incidentale, legato alla verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione, della non legittimità dell’investitura impedisce di riconoscere, in capo ai soggetti de quibus, la titolarità di una situazione sostanziale che li abiliti ad impugnare gli atti relativi alla governance dell’ente amministrato (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4; V, 2 aprile 2014, n. 1572).

2.3. Da quanto evidenziato in precedenza discende che sia il ricorso introduttivo che quelli per motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili per difetto di legittimazione ad agire dei ricorrenti che, non avendo tempestivamente gravato gli atti regionali di diniego – anche tacito – di approvazione delle modifiche statutarie inizialmente proposte, non risultano attualmente titolari di una posizione giuridica protetta dall’ordinamento, che consentirebbe loro di mettere in discussione gli atti di diniego di approvazione delle modifiche statutarie e di commissariamento della Fondazione”

B- I MOTIVI DELL’APPELLO

Di seguito i motivi spiegati dagli appellanti.

1. In punto di giurisdizione: il TAR avrebbe errato nel declinare in parte qua la giurisdizione. La nomina del commissario e dei nuovi consiglieri trovano titolo nel provvedimento di commissariamento, sicchè la loro sorte sarebbe strettamente correlata all’annullamento di quest’ultimo;

2. Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui statuisce che la sussistenza e la misura del potere di agire dei consiglieri e della stessa Fondazione (i.e. capacità di stare in giudizio) andavano verificate unicamente con riferimento allo Statuto del 2005, senza attribuire rilievo alcuno alle modiche statutarie in seguito disposte nel 2010 – Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui dichiara l’ammissibilità dell’intervento ad opponendum spiegato dalla Fondazione in persona del Presidente attualmente in carica. Il Giudice di prime cure, in particolare, avrebbe totalmente omesso di considerare che in forza dello Statuto originario (art. 4), la Fondatrice era facoltizzata a modificare “in ogni momento” le previsioni statutarie; cosa che sarebbe avvenuta con deliberazione del CdA adottata nella seduta del 23/12/2010, modifiche non approvate dalla Regione per causa ad essa asseritamente imputabile. Gli appellanti avrebbero amministrato la Fondazione fino al commissariamento, con l’effetto che, nell’ipotesi di accoglimento del ricorso essi avrebbero titolo per tornare ad amministrarla, sicché la ritenuta carenza di legittimazione sarebbe “un effetto conseguente al commissariamento, non già la sua causa”, come invece erroneamente ritenuto dal Giudice di primo grado. Né potrebbe opporsi la mancata impugnazione del silenzio diniego tacitamente formatosi ai sensi dell’art. 1 comma 6 del dPR 10 febbraio 2000, n. 361, in primis perché sarebbe mancato qualsiasi contraddittorio, e poi perché la fonte regolamentare stessa sarebbe illegittima atteso che l’istituto del silenzio diniego è sottoposto a riserva di legge dall’art. 20 della legge 241/90 ed esso non figurava tra i principi direttivi contenuti all’art. 20 della legge delega 15 marzo 1997, n. 59.

3. Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui statuisce l’intempestività dell’impugnazione proposta avverso gli atti regionali di diniego di approvazione delle modifiche statutarie. Il provvedimento espresso di diniego di approvazione delle modifiche statutarie apportate nel 2014 sarebbe motivato per relationem in ragione dell’intervenuto commissariamento, ed il commissariamento sarebbe motivato in ragione di presunte irregolarità statutarie, sicchè, se fosse fondata la tesi che le irregolarità, in realtà, non sussistevano, i provvedimenti citati, posti in essere successivamente all’illegittimo silenzio diniego, sarebbero viziati da invalidità in via derivata ad effetto caducante.

4. Gli appellanti ripropongono poi i motivi assorbiti in primo grado in forza della ritenuta pregiudiziale in rito, e deducono:

a) difetto di competenza dell’autorità procedente, ossia dell’ASL.. Premesso che il riconoscimento delle persone giuridiche private che operano nelle materie attribuite alla competenza regionale e le cui finalità statutarie si esauriscono nell’ambito di una sola regione è effettuato dalla Regione, e assodato che con la L.R. 5 gennaio 2000, n. 1, la Regione Lombardia ha delegato alle ASL l’esercizio delle “funzioni amministrative di vigilanza e controllo previste dagli articoli 23 e 25 del codice civile sulle persone giuridiche di diritto privato di cui al Libro PRIMO, Titolo II, del codice civile che operano in ambito socio-sanitario e socio-assistenziale”, sarebbe dirimente per il caso di specie – l’ulteriore precisazione pure contenuta nella disposizione citata, a mente della quale “sono altresì adottati con Delib.G.R. i provvedimenti attribuiti all’autorità di Governo dall’articolo 25, ad esclusione delle funzioni di vigilanza di cui alla LR. n. 31/1997, e dagli articoli 26, 27 e 28 del codice civile riguardo agli enti morali muniti di personalità giuridica riconosciuta che esauriscono le proprie finalità nell’ambito territoriale della Regione”. Una corretta esegesi della norma indurrebbe a ritenere che il secondo periodo cit., disciplini una ipotesi speciale, nella quale, pur venendo parimenti in rilievo persone giuridiche private riconosciute, queste operino a livello regionale, sicché l’amministrazione di riferimento non potrebbe che essere quella regionale;

b) difetto assoluto di attribuzione. Il R.R. 2 aprile 2001, n. 2, all’art. 10, co. 1 prevede che “i provvedimenti relativi alle funzioni di controllo e vigilanza sulle fondazioni ai sensi degli articoli 25, 26 e 28 del codice civile sono adottati con deliberazione della Giunta regionale, su proposta congiunta del Presidente e dell’Assessore competente”. In altri termini, una volta esercitata ex art. 4, co. 33 della legge regionale la funzione di vigilanza e di controllo sulla Fondazione da parte della competente ASL della Provincia di Milano 2, le determinazioni definitive finali ad esito della verifica e/o del controllo ex art. 10, co. 1 del regolamento regionale (vale a dire i provvedimenti relativi alle funzioni di controllo e vigilanza sulle fondazioni ai sensi degli articoli 25, 26 e 28 del codice civile) avrebbero dovuto essere assunti non già dal Direttore Generale della ASL, bensì con deliberazione della Giunta regionale, su proposta congiunta del Presidente e dell’Assessore competente.

c) Violazione e/o falsa applicazione delle norme di legge per difetto dei presupposti contemplati dall’art. 25 c.c. ai fini di disporre il commissariamento della Fondazione. La deliberazione di commissariamento sarebbe in ogni caso illegittima per difetto di quei tassativi presupposti che l’art. 25 c.c. richiede per l’esercizio del potere di commissariamento, ossia la violazione da parte degli amministratori, dello statuto o dello scopo della fondazione o della legge”. L’autorità vigilante non potrebbe cioè imporre alle Fondazioni, modalità di tipo organizzativo differenti da quelle scelte dagli organi di governo delle stesse, potendo agire attraverso il commissariamento solo nel caso in cui siano ravvisabili situazioni di violazioni, da parte degli amministratori, dei doveri che derivano loro dalla legge o dallo statuto della fondazione, che siano tali da integrare ad esempio l’ipotesi di indebita utilizzazione del patrimonio affidato per il raggiungimento di scopi diversi da quelli della fondazione o tali da poter essere sussunti in ipotesi di abuso o di eccesso di potere.

d) Ancora sulla violazione e/ o falsa applicazione delle norme di legge e per eccesso di potere per difetto dei presupposti contemplati dall’art. 25 c.c. ai fini di disporre il commissariamento della Fondazione. La deliberazione n. 275/2014 del Direttore Generale della ASL della Provincia di Milano 2 che ha disposto il commissariamento non contesterebbe né potrebbe contestare la validità e l’efficacia delle deliberazioni assunte dal CdA della Fondazione Ba. per operare le modificazioni statutarie, per il semplice fatto che sarebbe la Regione Lombardia che ha omesso di approvare o di definitivamente pronunciarsi sulle modificazioni allo Statuto apportate nel rispetto del diritto civile dal competente Consiglio di Amministrazione della Fondazione.

e) Illegittimità del provvedimento del 17 /10/2014 con cui il Direttore Generale della Direzione Generale Salute di Regione Lombardia ha comunicato il rigetto dell’istanza di approvazione delle modificazioni statutarie approvate dal CdA della Fondazione. Nella tesi degli appellanti, se la Regione Lombardia ha omesso di approvare le modificazioni statutarie apportate dal CdA ai sensi degli artt. 16-25 del codice civile, sarebbe manifestamente illogico e contraddittorio il fatto che la medesima, anziché superare la propria inerzia amministrativa provvedendo ad esercitare esplicitamente il proprio potere-dovere di approvare ex art. 4, co. 1, RR n. 2/2001, abbia addotto il pretesto che la Fondazione Ba. è commissariata per continuare a rifiutarsi di approvare le modificazioni statutarie -e, quindi, per continuare a rimanere inerte e inadempiente ai propri doveri funzionali-.

f) Illegittimità del provvedimento del 17/10/ 2014 con cui il Direttore Generale della Direzione Generale Salute ha comunicato il rigetto dell’istanza di approvazione delle modificazioni statutarie approvate dal CdA della Fondazione. Il provvedimento suindicato sarebbe stato emesso in assenza della preventiva comunicazione ex art. 10-bis della L. 7 agosto 1990, n. 241, prevista anche (quale “motivata comunicazione”) dall’art. 4, co. 1, che richiama le puntuali previsioni dell’art. 3 (tra cui, quindi, il co. 8 dell’art. 3) del RR 2 aprile 2001, n. 2.

g) Ancora sulla illegittimità del provvedimento del 17 /10/ 2014 con cui il Direttore Generale della Direzione Generale Salute di Regione Lombardia ha comunicato il rigetto dell’istanza di approvazione delle modificazioni statutarie approvate dal CdA della Fondazione. L’amministrazione avrebbe, decorso il termine di 90 giorni di cui all’art. 4, co. 1, RR n. 2/2001, dapprima sospeso la “disamina della pratica, nelle more del completamento delle attività di vigilanza da parte della competente Ari di Milano 2”; poi, una volta disposto il commissariamento comunicato che l’istanza di approvazione delle modifiche statutarie doveva intendersi respinta in ragione del disposto commissariamento senza che sia mai stata revocata la sospensione del procedimento di approvazione.

h) Illegittimità dell’atto soprassessorio con cui la Regione Lombardia sospendeva l’approvazione delle modifiche statutarie e del relativo provvedimento espresso di diniego. Il provvedimento soprassessorio della Regione di sospensione del procedimento di approvazione, oltre a costituire un indice sintomatico del cattivo esercizio del potere straordinario di sostituzione degli amministratori, sarebbe illegittimo in quanto, trattandosi di un procedimento avviato ad iniziativa della Fondazione, doveva concludersi con un provvedimento espresso, di talché l’Amministrazione, all’evidenza, ha violato le norme sul procedimento amministrativo. Allo stesso modo, il diniego espresso all’approvazione delle modifiche, motivato per relationem, sarebbe privo di motivazione in quanto fondato unicamente sul presupposto che nel frattempo era intervenuto il commissariamento.

i) Inammissibilità dell’intervento in giudizio della Fondazione, in persona del presidente in carica, atteso che il ricorso non sarebbe a tutela degli organi ma dell’integrità soggettiva della fondazione;

l) inammissibilità, infine, degli intervenienti del Prof. Si. Bo. e della Prof.ssa Da. Bo.. La posizione soggettiva prospettata dagli intervenienti, eredi della fondatrice, potrebbe riguardare, tutt’al più, la fondatrice come persona fisica, ma non certo la Fondazione, essendo questa un soggetto distinto ed autonomo rispetto alla prima. Essi quindi non possiederebbero un interesse diretto, personale, concreto e qualificato, con conseguente inammissibilità del loro intervento in giudizio.

C – LE VALUTAZIONI DEL COLLEGIO.

1. Nessun dubbio può porsi circa la legittimazione a stare in giudizio della Fondazione in persona del rappresentante in carica, atteso che quest’ultima ha interesse a tutelare l’assetto gestorio così come previsto e regolato dallo statuto vigente al momento dell’iscrizione.

2.Nondimeno hanno titolo a stare in giudizio gli eredi della fondatrice, poiché essi sono dichiaratamente attributari, mortis causa, di tutti i poteri per l’ingrandimento della Fondazione, poteri che implicano quanto meno l’interesse a partecipare, anche in sede processuale, alle vicende che riguardano la gestione della Fondazione.

3. Occorre poi, in ordine logico, vagliare l’eccezione di inammissibilità del gravame (della quale si è fatto cenno in premessa) proposta dalla Regione Lombardia in ragione della mancata notificazione dell’atto di appello all’Agenzia di tutela della salute della Città metropolitana di Milano (A.T.S.), subentrata nelle more del giudizio, all’ASL della provincia di Milano n. 2.

3.1.L’eccezione è infondata dovendo trovare applicazione al caso di specie il principio secondo cui il collegamento funzionale tra la persona del difensore costituito per la società incorporata e la società incorporante, che ad essa è subentrata tramite un fenomeno di successione universale, senza costituirsi nel giudizio tramite un nuovo difensore, impedisce di considerare inesistente la notificazione, che deve invece ritenersi semplicemente nulla e, quindi, sanabile o tramite la rinnovazione dell’atto o, come qui accade, tramite la spontanea costituzione della parte (Cass., sez. III, 20.3.2015, n. 5598).

4. Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità del gravame per difetto di legittimazione ad agire degli appellanti. L’eccezione ripropone, avverso l’atto di appello, la stessa tematica che ha indotto il giudice di prime cure a dichiarare inammissibile il ricorso introduttivo, e che, in forza e nei limiti dei motivi d’appello, costituisce il nucleo fondamentale dell’odierno giudizio, ragion per cui essa è priva di quel carattere di reale pregiudizialità che possa imporre un esame autonomo e preliminare.

5.Può dunque passarsi all’esame dei singoli motivi d’appello.

6. Non del tutto perspicuo è il motivo relativo al difetto di giurisdizione. La contestazione sembra cadere sul nesso di presupposizione che legherebbe le vicende societarie post commissariamento agli atti amministrativi pregressi. In realtà il giudice di prime cure è stato molto chiaro nel delineare il confine fra vicende pubblicistiche e vicende puramente societarie, individuando queste ultime, soltanto nella finale nomina dei componenti del consiglio di amministrazione. Le considerazioni che fa l’appellante impingono sugli eventuali effetti vizianti delle vicende pubblicistiche, ma non sono in grado di incidere sulle lucide considerazioni del giudice di prime cure in punto di necessaria cognizione da parte del giudice ordinario, unico ad essere dotato di giurisdizione.

7.I successivi motivi riguardano invece il merito della decisione.

8. A tal fine giova una sintetica ricostruzione delle vicende genetiche della Fondazione, e di quelle che si sono succedute, secondo quanto documentalmente evincibile dagli atti versati nel giudizio.

La Fondazione Es. Ba. è iscritta nel Registro regionale delle persone giuridiche private dal 2005.

Lo Statuto della Fondazione prevedeva, all’epoca dell’iscrizione in detto registro, che dal giorno in cui sarebbe venuta a mancare la fondatrice, si sarebbe dovuto procedere a nominare i sette membri del Consiglio di amministrazione, come segue: uno dall’Arcivescovo di Milano; uno dal Prefetto di Milano; uno dal Presidente di Co.; uno dal Presidente della Fondazione Centro Sa. Ra. del Monte Ta. di Milano; uno dal Consiglio di Amministrazione della Associazione Monte Ta. di Milano; uno dal Rettore della Università Vita Salute San Raffaele; uno dal Presidente della Associazione Si. di Milano (cfr. art. 8 dello Statuto).

Tuttavia, in applicazione dell’art. 4 dello Statuto che prevedeva la possibilità di sua modifica in ogni momento su richiesta della Fondatrice, con delibera del Consiglio di Amministrazione assunta con il benestare della fondatrice e dalla maggioranza del 60% dei suoi componenti e sottoposta all’approvazione della Autorità competente, lo stesso è stato modificato in data 18.11.2008 e 30.11.2010 nel senso di prevedere l’affidamento della legale rappresentanza al vice presidente e la successiva nomina su suo impulso dei membri del consiglio d’amministrazione, a vita.

Tali nuovi organi si sono successivamente insediati, con contestuali dimissioni della fondatrice, avvenute in data 23/10/2012, senza che fosse intervenuta, nè chiesta, l’approvazione delle modifiche all’autorità competente.

Solo in data 2.08.2012, il dott. Za. ha trasmesso alla Regione le modifiche che il CdA, in data 18.11.2008 e 30.11.2010, aveva apportato allo Statuto.

La Regione, conseguentemente, con nota del 30.10.2012, ha avviato l’istruttoria sulle modifiche predette, richiedendo alla Fondazione di fornire chiarimenti e documenti.

Nelle more, in data 16 maggio 2013, la fondatrice, Es. Ba., è venuta mancare.

Successivamente, nel sollecitare l’adempimento di cui alla nota istruttoria del 30.10.2012, con successiva nota del 14 giugno 2013 la Regione ha precisato che, ove entro 30 giorni non si fosse dato seguito alle richieste istruttorie, “l’istanza di approvazione di modifiche statutarie si intende negata”.

Dopo la morte della fondatrice, la Regione Lombardia ha ordinato all’ASL, con nota del 10/12/2013, di effettuare un controllo sulla fondazione.

L’attività di verifica è stata avviata nel gennaio 2014 e si è conclusa il 22/05/2014 con la constatazione che la composizione del Consiglio era difforme dalle regole statutarie approvate dalla Regione Lombardia all’atto del riconoscimento della personalità giuridica, avvenuto nel 2005.

Il CdA e il suo Presidente nel frattempo hanno apportato ulteriori variazioni allo Statuto e contestualmente ne hanno richiesto alla Regione l’approvazione; poiché, tuttavia, era stato avviato il procedimento di commissariamento, la Regione Lombardia con comunicazione prot. H1.2014.0023704 ha avvisato la Fondazione della “avvenuta sospensione della disamina della pratica nelle more del completamento delle attività di vigilanza da parte della competente ASL di Milano 2”.

Ha fatto seguito il provvedimento della ASL, del 16/07/2014, di commissariamento degli organi di governo della Fondazione.

In data 17/10/2014 -tre mesi dopo il commissariamento della Fondazione- il Direttore Generale della Direzione Generale Salute ha infine comunicato il rigetto dell’istanza di approvazione delle modificazioni statutarie, approvate dal CdA della Fondazione in data 07/04/2014, in ragione dell’intervenuto commissariamento.

9. Ciò chiarito, risulta maggiormente agevole la valutazione dei primi tre motivi d’appello, che per comodità possono esaminarsi congiuntamente. Con le censure in essi contenute si contesta la ricostruzione del primo giudice nella parte in cui egli afferma che v’è stato un silenzio dell’autorità competente sulla proposta di modifica statutaria legittimante la posizione dei nuovi amministratori, equivalente a tacito diniego di approvazione. Diniego che avrebbe la conseguenza di privare gli amministratori della legittimazione sostanziale e quindi anche di quella processuale.

9.1.Secondo gli appellanti, invece, l’unico parametro rispetto al quale vagliare la sussistenza delle condizioni dell’azione è lo Statuto approvato nel 2005. Gli appellanti avrebbero amministrato la Fondazione fino al commissariamento, con l’effetto che nell’ipotesi di accoglimento del ricorso essi avrebbero titolo per tornare ad amministrarla, sicché la ritenuta carenza di legittimazione è un effetto conseguente al commissariamento, non già la sua causa, come invece erroneamente ritenuto dal Giudice di primo grado.

9.2.In questo gli appellanti hanno ragione. In effetti il giudice di prime cure ha traslato sul versante della legittimazione soggettiva attiva degli amministratori, considerazioni che attenevano ad una domanda di annullamento avente ad oggetto proprio quei provvedimenti amministrativi che hanno considerato privi di titolo gli stessi amministratori insediatisi nel 2010; con ciò errando poiché la sussistenza o meno del titolo, collegata rispettivamente alla condizione di illegittimità/legittimità del provvedimento amministrativo che di esso si occupa è oggetto del giudizio, non condizione dell’azione processuale, non essendo revocabile in dubbio che i ricorrenti abbiano una posizione qualificata e differenziata in ordine ad un bene della vita (la carica di amministratori) messo in discussione e negato dall’amministrazione.

10. La sussistenza del dovere di giudicare sulle singole censure, senza arrestarsi ad una pronuncia in rito, non conduce però all’accoglimento della domanda degli appellanti, dovendo la stessa essere comunque respinta per mancanza di fondamento, per le stesse ragioni già delineate dal giudice di prime cure, che di seguito si esplicitano ulteriormente anche in risposta alle specifiche considerazioni degli appellanti.

11. E’ pacifico che le modifiche statutarie allo statuto della Fondazione siano inefficaci in assenza di espressa approvazione da parte dell’autorità competente. Nemmeno l’appellante, che si sofferma piuttosto nell’illegittima e colpevole compromissione della volontà della fondatrice, giunge a negarlo.

12. E’ pertanto dirimente stabilire se vi sia stato un diniego di approvazione. La risposta è senz’altro affermativa sol che si consideri il disposto dell’art. 1 comma 6 del dPR 10 febbraio 2000, n. 361 in punto di equiparazione del silenzio al diniego, e l’evoluzione del procedimento così come documentata in atti (istanza del 2.08.2012 del dott. Za.; nota istruttoria della Regione del 30.10.2012, e successiva nota interlocutoria del 14 giugno 2013 in cui è precisato che, ove entro 30 giorni non si fosse dato seguito alle richieste istruttorie, “l’istanza di approvazione di modifiche statutarie si intende negata”).

Il provvedimento tacitamente formatosi avrebbe dovuto essere impugnato per tempo dagli amministratori, poiché oltre che presuntivamente valido esso era anche concretamente lesivo per coloro che al tempo si erano insediati confidano in un’approvazione delle modifiche statutarie in precedenza deliberate. Ma ciò non è stato.

13. Gli appellanti invocano sul punto la disapplicazione dell’art. 1 comma 6 del dPR 10 febbraio 2000, n. 361, in quanto fonte normativa in contrasto con la legge 15 marzo 1997, n. 59 e con l’art. 20 della legge 241/90.

13.1.E’ pur vero che secondo la giurisprudenza prevalente del Consiglio di Stato, al Giudice Amministrativo è consentito disapplicare, ai fini della decisione sulla legittimità del provvedimento amministrativo, la norma secondaria di regolamento, qualora essa contrasti in termini di palese contrapposizione con il disposto legislativo primario (da ultimo Cons. Stato Sez. V, 28-09-2016, n. 4009; Cons. Stato Sez. IV, 08-02-2016, n. 475). Tuttavia nel caso di specie tale palese contraddizione non sussiste.

13.2. L’art 1 comma 6 citato prevede che “qualora la prefettura ravvisi ragioni ostative all’iscrizione ovvero la necessità di integrare la documentazione presentata, entro il termine di cui al comma 5, ne dà motivata comunicazione ai richiedenti, i quali, nei successivi trenta giorni, possono presentare memorie e documenti. Se, nell’ulteriore termine di trenta giorni, il prefetto non comunica ai richiedenti il motivato diniego ovvero non provvede all’iscrizione, questa si intende negata”. La disposizione deve leggersi unitamente all’art. 2 comma1 il quale prevede che “Le modificazioni dello statuto e dell’atto costitutivo sono approvate con le modalità e nei termini previsti per l’acquisto della personalità giuridica dall’articolo 1…”

13.3.La fonte che contiene le disposizioni citate è un regolamento di cui all’art. 17 comma 2 della legge 400/88 “per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari”, che quindi è abilitato a dettare norme procedimentali, ivi compreso quelle relative alla valenza da assegnare all’inerzia, in assenza di norme legislative regolatrici della specifica materia dettate dalla fonte primaria delegificante che lo vietino.

13.4. Né può avere rilievo l’art. 20 della legge 241/90 che nel prevedere l’applicazione generalizzata del “silenzio assenso” fa comunque salvi casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, dovendosi per legge intendersi una fonte abilitata ad innovare l’ordinamento primario, qual è appunto, il regolamento delegato.

E’ evidente che la mancata impugnazione del provvedimento di diniego di approvazione delle modifiche statutarie ha comportato la definitiva inefficacia delle modifiche statutarie e con essa l’insussistenza del titolo ad insediarsi degli odierni appellanti, quali amministratori della Fondazione.

14. Tanto si ripercuote inevitabilmente sulla sorte delle modifiche statutarie successive, radicalmente invalide poiché operate su deliberato di organi privi di legittimazione.

15.Rimane da verificare il resto delle censure, assorbite in primo grado, e riproposte in questa sede dagli appellanti.

16.In realtà può dubitarsi dell’interesse degli appellanti a coltivarle ulteriormente alla luce di quanto sopra chiarito, non potendo l’accoglimento delle stesse revocare in dubbio l’assunto fondamentale che li ritiene soggettivamente privi di titolo efficace.

17. In ogni caso, per esaustività, può dirsi:

17.1. Quanto al dedotto difetto di competenza, l’art. 4 comma 33 della legge regionale 1/2000 come successivamente modificato, non pone dubbi esegetici, prevedendo che: “le ASL esercitano le funzioni amministrative di vigilanza e controllo previste dagli articoli 23 e 25 del codice civile sulle persone giuridiche di diritto privato di cui al Libro PRIMO, Titolo II, del codice civile che operano in ambito socio-sanitario e socio-assistenziale. Sono conferite alle province le funzioni amministrative di vigilanza e controllo previste dagli articoli 23 e 25 del codice civile sulle persone giuridiche di diritto privato di cui al Libro PRIMO, Titolo II, del codice civile che operano in tutti gli altri ambiti. Per le persone giuridiche il cui ambito di operatività è sovraprovinciale, le funzioni amministrative di vigilanza e controllo sono esercitate dall’ASL o dalla provincia in cui l’ente ha la sede legale”. Dunque la disposizione attribuisce la competenza all’ASL, sia che si tratti di fondazioni con operatività circoscritta alla provincia o sovraprovinciale.

17.2. Quanto al dedotto difetto di attribuzione, invece, può osservarsi che l’art. 10 comma 1 del RR 1/2001, che prevedeva la deliberazione di Giunta regionale citata dagli appellanti, è stato abrogato dall’art. 6 comma 3 lett. b) della legge regionale n. 6/2005.

17.3. Le rimanenti censure, che invece si appuntano su violazione delle norme e dei principi di garanzia procedimentale, sono smentite dalla corrispondenza intercorsa tra le parti e comunque depotenziate dalla constatazione che l’esito delle determinazioni, avuto riguardo a quanto chiarito in punto di mancata approvazione delle originarie modifiche statutarie, non poteva che essere quello deciso dall’amministrazione. In ogni caso le stesse, in quanto afferenti profili di asserita illegittimità riguardanti atti successivi al diniego di approvazione delle modifiche statutarie, sono inammissibili per difetto di interesse, giusto quanto innanzi osservato.

18. Le conclusioni raggiunte determinano la sostanziale reiezione dell’appello, atteso che la riconosciuta legittimazione ad agire non ha condotto al riconoscimento di nessuna delle ragioni poste a fondamento della domanda di annullamento proposta in primo grado, ma ad una mera riforma delle motivazioni a base del rigetto del ricorso introduttivo.

19. Di tale peculiare esito appare opportuno tenere conto ai fini della regolazione delle spese della presente fase d’appello. Le stesse, anche in ragione della complessità della vicenda, possono pertanto compensarsi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, respinge il ricorso introduttivo in quanto infondato per le ragioni di cui in motivazione.

Spese della fase d’appello compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2016 con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani – Presidente

Manfredo Atzeni – Consigliere

Lydia Ada Orsola Spiezia – Consigliere

Giulio Veltri – Consigliere, Estensore

Massimiliano Noccelli – Consigliere

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