Palazzo-Spada
Consiglio di Stato
sezione III
sentenza 13 maggio 2015, n. 2400

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL CONSIGLIO DI STATO

IN SEDE GIURISDIZIONALE

SEZIONE TERZA

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3972 del 2014, proposto da:

Co.,

in proprio e quale mandataria dell’ATI con IN. spa,

in persona del Presidente del Consiglio di gestione p.t.,

rappresentato e difeso dagli avv.ti Ra.Iz. ed altri ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi, in Roma, via (…),

contro

– I. Spa,

in proprio e quale mandataria dell’ATI costituenda con I. spa,

in persona del legale rappresentante p.t.;

– I. spa,

in persona del legale rappresentante p.t.,

costituitesi in giudizio, rappresentate e difese dall’avv.to Fa.Ca. ed elettivamente domiciliate presso lo studio dello stesso, in Roma, viale (…)

nei confronti di

– ASL Viterbo,

in persona del legale rappresentante p.t.,

costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.to Ro.Ru.Va. ed elettivamente domiciliata presso lo studio della stessa, in Roma, piazza (…);

– Società per Azioni Co.,

in persona dell’Amministratore delegato p.t.,

costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.to Al.Fe. ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, in Roma, (…),

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA – SEZIONE III QUATER n. 03850/2014, resa tra le parti, concernente affidamento progettazione esecutiva ed esecuzione lavori di completamento del corpo a3 dell’ospedale di Belcolle.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle imprese appellate, dell’ASL e di Società per Azioni Commercio Combustibili Industria Riscaldamento;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive domande e difese;

Vista l’Ordinanza n. 2362/2014, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 5 giugno 2014, di accoglimento della domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata;

Vista l’Ordinanza n. 6183/2014, recante ordine di integrazione del contraddittorio;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla pubblica udienza del 23 aprile 2015, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;

Uditi, alla stessa udienza, l’avv. Ra.Iz. ed altri;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

1. – Con ricorso R.G. n. 855 del 2013 proposto avanti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, come integrato con successivi motivi aggiunti, le odierne appellate, avendo partecipato rispettivamente quale mandataria e mandante di costituenda A.T.I. alla gara indetta dall’Azienda USL di Viterbo per l’affidamento dell’appalto per la progettazione definitiva, per la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori di completamento del Corpo A3 dell’Ospedale di Belcolle in Viterbo ed essendosi in tale veste classificate al secondo posto della relativa graduatoria di merito ( che vedeva al primo posto l’A.T.I. di cui risulta mandataria l’odierna appellante ), impugnavano l’ésito della gara, risultato a loro dire “condizionato dall’ammissione dell’offerta della SACCIR s.p.a. che per l’esecuzione della progettazione ha offerto un prezzo pari a zero; nonché dalla circostanza che la Commissione, del tutto illegittimamente, ha attribuito a tale offerta ECONOMICA per la progettazione il punteggio massimo dieci e invece il punteggio zero alle ricorrenti” ( pag. 4 ric. orig. ).

Il T.A.R. si pronunciava accogliendo il ricorso con la sentenza indicata in epigrafe, condannando conseguentemente l’Amministrazione e le controinteressate aggiudicatarie alla refusione delle spese processuali.

Invero, il Giudice di prime cure, rilevato preliminarmente che “con l’eventuale esclusione della offerta Saccir e con la conseguente applicazione della formula prevista per l’assegnazione del punteggio relativamente alla voce prezzo offerto per la progettazione alle rimanenti offerte, l’ATI ricorrente otterrebbe un punteggio che le consentirebbe di collocarsi al primo posto della graduatoria” ( pag. 7 sent. ), riteneva fondata la tesi sostenuta dalle ricorrenti, secondo cui la Commissione di gara avrebbe “errato nell’applicazione della formula di cui al prezzo B.2 relativo al costo della progettazione per il quale era prevista l’attribuzione di max 10 punti” ( pag. 6 ric. orig. ); in particolare, il Giudice di primo grado ha sottolineato “la palese illegittimità dell’operato dell’intimata amministrazione che ha attribuito alla Saccir il punteggio massimo non utilizzando la formula matematica a tal fine prevista, mentre, l’ha utilizzata tout court per altre offerte con le aberranti conseguenza sopra indicate e venendo quindi a determinare una palese violazione del fondamentale principio della par condicio dei concorrenti” (pag. 9 sent.).

Con ricorso R.G. n. 3972 del 2014 ha proposto appello l’impresa mandataria dell’A.T.I. originaria aggiudicataria, deducendo l’erroneità e l’ingiustizia della sentenza e chiedendone la riforma, con conseguente reiezione del ricorso di primo grado.

Eccepisce, in particolare, l’appellante l’inammissibilità del ricorso originario e dei successivi motivi aggiunti sotto diversi profili, nonché, nel mérito, la correttezza dell’operato della commissione di gara ( che non avrebbe fatto altro che “seguire pedissequamente la regola contenuta nella lex specialis” ) e, comunque, il verificarsi dell’effetto distorsivo di offerte economiche puramente simboliche ( quale quella delle originarie ricorrenti ) anche nell’ipotesi della pretesa esclusione dell’offerta pari a zero.

Resistono le ricorrenti in primo grado, svolgendo argomenti a sostegno della sentenza impugnata.

Si è pure costituita in giudizio, per condividere le censure di cui ai motivi di appello, l’Azienda USL di Viterbo.

Con Ordinanza n. 2362/2014, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 5 giugno 2014, è stata accolta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.

Tutte le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive tesi.

Le controinteressate appellate hanno altresì prodotto memoria di replica in data 27 novembre 2014, con la quale hanno ribadito le loro tesi all’ésito delle memorie dell’appellante e della stazione appaltante.

All’ésito della chiamata e passaggio in decisione della causa alla udienza pubblica dell’11 dicembre 2014, la Sezione, con Ordinanza n. 6183/2014, verificata d’ufficio l’integrità del contraddittorio in grado di appello e rilevato “che il gravame in questione non risulta esser stato notificato a tutte le parti del procedimento tenutosi in primo grado, in quanto l’appellante ha omesso di notificarlo alla Co., soggetto destinatario della notifica degli atti del procedimento stesso, ch’è parte necessaria del presente giudizio, nel quale si discute della ammissibilità della sua offerta nella gara de qua e dunque della sua possibile esclusione dalla gara stessa”, ordinava “l’integrazione del contraddittorio nei confronti della anzidetta società, con onere per l’appellante di notificare ad essa l’atto di appello entro il termine decadenziale di giorni trenta dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa ( o, se anteriore, dalla data di notifica ) della presente Ordinanza e di depositare presso la Segreteria della Sezione, a pena di decadenza, in sei copie cartacee ed in formato telematico, prova dell’avvenuta notifica entro il termine di giorni quindici dalla data di perfezionamento della notifica stessa per il destinatario”, riservando al definitivo ogni ulteriore decisione in rito, sul mérito e sulle spese.

In data 16 e 21 gennaio 2015 l’appellante ha depositato presso la Segreteria della Sezione prova dell’avvenuto adempimento al predetto ordine di integrazione del contraddittorio.

All’ésito dell’intervenuta notifica dell’atto di appello anche nei suoi confronti, si è costituita in giudizio l’intimata Commercio Co., aderendo integralmente, anche con successiva memoria, all’appello stesso.

Come stabilito nella citata ordinanza n. 6183/2014, la trattazione della causa è proseguita alla udienza pubblica del 23 aprile 2015, in vista della quale l’appellante ha depositato memoria in data 3 aprile 2015, con la quale si riporta integralmente all’appello ed alla successiva memoria del 25 novembre 2014.

La causa è stata alfine chiamata e trattenuta in decisione all’indicata udienza.

DIRITTO

1. – In via preliminare, va evidenziato che l’Azienda USL di Viterbo, soccombente in primo grado, è presente in grado di appello con mera memoria di costituzione in data 29 maggio 2014, seguita da memorie difensive del 3 giugno e del 21 novembre 2014, le cui deduzioni non sono in questa sede valutabili, in quanto, ai sensi dell’art. 92 del codice del processo amministrativo, la parte soccombente nel giudizio di primo grado, che abbia interesse all’annullamento della relativa sentenza, deve impugnarla ritualmente, in via autonoma od in via incidentale dopo l’altrui impugnazione proposta per prima, non potendo eludere tale onere mediante la mera costituzione, per di più con memoria non notificata, nel giudizio promosso da altro soccombente, con la conseguenza che sono inammissibili le censure dedotte sia con il suo atto di costituzione in giudizio che con i successivi scritti difensivi ( da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 28 ottobre 2013, n. 5174 e Cons. St., IV, 12 marzo 2015, n. 1318 ).

2. – Sempre preliminarmente, va esaminata l’eccezione, proposta con l’atto di appello, secondo cui il ricorso originario sarebbe inammissibile in quanto all’epoca della sua notificazione non erano ancora intervenute né l’aggiudicazione provvisoria, né quella definitiva.

L’eccezione è infondata.

Fermi invero i principii, secondo cui il provvedimento di aggiudicazione provvisoria essendo atto procedimentale non definitivo non obbliga chi se ne ritenga leso ad impugnarlo (Cons. St., V, 25 luglio 2014, n. 3960) e che peraltro la parte può avvalersi della facoltà d’insorgere avverso gli atti della procedura già a partire dall’aggiudicazione provvisoria ( salva, poi, a pena d’improcedibilità, la necessità di una distinta impugnativa avverso l’aggiudicazione definitiva eventualmente mediante lo strumento dei motivi aggiunti nell’ambito del medesimo giudizio, come avvenuto nel caso all’esame ), in fatto, le parti ricorrenti (odierne appellate) con il ricorso introduttivo hanno effettivamente impugnato l’aggiudicazione provvisoria, avendo rivolto le loro censure avverso il “verbale di aggiudicazione a seduta aperta” della Commissione di Gara, specificamente gravato, qualificabile come provvedimento di aggiudicazione provvisoria sia sulla base della veduta intitolazione dello stesso, sia sulla base del suo contenuto di determinazione della graduatoria definitiva dei concorrenti, sia infine sulla base delle disposizioni di cui all’art. 20 “Procedura di aggiudicazione” del Disciplinare di gara.

Esse hanno poi ritualmente impugnato l’aggiudicazione definitiva con motivi aggiunti, che sfuggono alla ulteriore eccezione di inammissibilità per mancata integrale riproposizione delle censure prospettate con l’atto introduttivo, dal momento che il richiamo, ivi contenuto, agli originarii motivi di impugnazione, accompagnato dalla trascrizione integrale della rubrica degli stessi e da una sintesi chiara ed esaustiva delle doglianze originariamente avanzate ( v. pagg. 6 – 8 mott. agg. ), assolve pienamente all’onere di specificità dei motivi di cui all’art. 40 c.p.a. ( concernente anche i motivi aggiunti di cui all’art. 43 c.p.a. ), tenuto conto della dichiarata (e non confutata) ricollegabilità dei vizii dedotti con le nuove domande alle argomentazioni espresse nel ricorso introduttivo e del loro materiale inserimento nello stesso processo, per ragioni di connessione oggettiva e di concentrazione della decisione, che non possono non rilevare anche nel senso di consentire al Giudice, come efficacemente controdedotto dalle appellate, di attingere dal ricorso originario i motivi di doglianza estesi ai provvedimenti impugnati coi motivi aggiunti, nella misura in cui questi producono lo stesso esito lesivo di quelli originariamente impugnati.

3. – Con riferimento, poi, alla eccezione di inammissibilità del gravame originario per difetto di interesse a ricorrere in quanto secondo l’appellante “il prezzo offerto dalla ricorrente di Euro 0,01 … impedisce, esattamente come quello della Saccir, qualsiasi comparazione aritmetica con i prezzi indicati dagli altri offerenti” (pag. 21 app. ), la stessa da un lato va dichiarata inammissibile, in quanto non risultano sottoposte a specifica critica le puntuali, inerenti, osservazioni formulate dal primo Giudice, secondo cui, come s’è visto, “con l’eventuale esclusione della offerta Saccir e con la conseguente applicazione della formula prevista per l’assegnazione del punteggio relativamente alla voce prezzo offerto per la progettazione alle rimanenti offerte, l’ATI ricorrente otterrebbe un punteggio che le consentirebbe di collocarsi al primo posto della graduatoria” (pag. 7 sent. ); dall’altro è infondata, in quanto le ricorrenti originarie hanno semplicemente lamentato col ricorso introduttivo la mancata applicazione, da parte della Commissione di gara, della formula di cui al prezzo B.2 relativo al costo della progettazione, per il quale era prevista l’attribuzione di max 10 punti.

Esse hanno dunque preteso, col gravame introduttivo e coi successivi motivi aggiunti, la puntuale applicazione della disciplina di gara ( con conseguenti esclusione dalla stessa della concorrente che per tale voce s’era visto attribuire il maggior punteggio e riedizione delle relative operazioni di valutazione dell’elemento prezzo della progettazione di cui hanno puntualmente dimostrato l’ésito ad esse favorevole ), laddove, invece, l’appellante, nell’invocare “gli effetti distorsivi che impediscono un’effettiva comparazione” dell’offerta delle ricorrenti con quella delle altre partecipanti, lamenta in sostanza la mancata previsione di tali effetti da parte della lex specialis (nella misura in cui la formula matematica dalla stessa prevista non consente di tener conto di tener conto delle conseguenze che su detta comparazione è in grado di determinare un’offerta “talmente bassa”) e conseguentemente la mancata esclusione delle stesse dalla gara: domande, queste, che l’odierna appellante avrebbe dovuto far valere con apposito ricorso incidentale di primo grado, vòlto a far dichiarare appunto l’illegittimità di tale disciplina e dell’ammissione alla gara delle controinteressate; il che invece non ha proposto, non essendo allo stesso in alcun modo assimilabile, per difetto dei requisiti di forma ma ancor più di sostanza ( v. artt. 40 e 42 c.p.a. ), la memoria, pur notificata, del 7 febbraio 2013, che non reca siffatte domande, né nelle sue argomentazioni, né nelle conclusioni .

4. – Venendo all’esame delle censure di mérito, non risulta fondato il primo motivo di appello, rivolto avverso la statuizione del T.A.R. di illegittimità dell’operato dell’Amministrazione, che “una volta accertata l’inoperatività della formula prescelta a causa dell’offerta presentata dalla Saccir … doveva escludere l’offerta di quest’ultima, in quanto in palese contrasto con il disciplinare di gara, anche se non era stata prevista da una clausola espressa del bando l’esclusione delle offerte pari a zero” ( pag. 9 sent. ).

Le conclusioni raggiunte dal primo Giudice méritano adesione.

Non è infatti dubitabile che il disciplinare di gara, nel prevedere che “le offerte economiche saranno esaminate dalla Commissione Giudicatrice in seduta pubblica attribuendo il relativo punteggio sulla base delle seguenti formule: … X=Pi x 10/Po dove: X= punteggio da attribuire alla società concorrente; Pi= prezzo più basso offerto; 10= punteggio massimo attribuibile; Po= prezzo offerto dalla società concorrente”, rende la formula indicata vincolante per la valutazione di tutte le offerte, anche di quella “col prezzo più basso offerto”, che proprio in virtù della formula stessa si vede attribuire il punteggio massimo, in forza della uguaglianza del valore Pi ( al numeratore ) col valore Po posto al denominatore.

Né è accettabile la tesi dell’appellante, secondo cui ai fini dell’attribuzione del punteggio massimo si prescinderebbe dalla formula stessa ( che si applicherebbe dunque solo alle offerte diverse da quella recante il prezzo più basso ), atteso che l’invocata clausola di disciplinare relativa ad entrambi i parametri dell’offerta economica oggetto di valutazione ( “il punteggio massimo di 30 punti sarà attribuito all’offerta con il prezzo globale più basso …” ) è, in disparte la sua oscurità, espressamente riferita al “prezzo globale più basso” e non al prezzo offerto per ciascuna delle voci BI.) e B.2); in ogni caso, anche sotto questo profilo, deve rilevarsi la mancata impugnazione incidentale del pertinente verbale della Commissione di gara, nella parte in cui, in presunta violazione della veduta clausola, non ha attribuito 30 punti all’offerta recante il “prezzo globale più basso”.

Il Collegio non può dunque che condividere le argomentazioni del primo Giudice circa l’inutilizzabilità della formula sopra indicata in caso di migliore offerta pari a zero, che equivale a mancata offerta economica e che, pur in mancanza di preclusione espressa nella lex specialis di gara, in conformità al disposto dell’art. 46, co. 1-bis, del codice dei contratti ( introdotto dall’art. 4, co. 2, lett. d, del d.l. 13 maggio 2011 n. 70 conv. con l. n. 106 del 2011 ), realizza il difetto non già di una voce di prezzo, ma di un elemento essenziale dell’offerta economica per come strutturata dalla stazione appaltante, la cui essenzialità è resa specificamente manifesta proprio dall’approntamento della formula matematica di valutazione ( Cons. St., III, 15 gennaio 2013, n. 177 ), rimasto anch’esso in oppugnato in primo grado con eventuale ricorso incidentale, che avrebbe potuto far valere l’illegittimità della formula stessa , nella misura in cui esclude la ammissibilità e la valutazione di un’offerta pari a zero.

Quanto, poi, alla pretesa configurabilità di un incombente dovere dell’Amministrazione di “correggere” il valore nullo in applicazione del principio di conservazione degli atti di gara, rilevato che risulta passata in giudicato la statuizione del T.A.R. secondo cui “tale ultimo correttivo non è stato utilizzato dalla Commissione” ( pag. 10 sent. ), occorre anche qui constatare la mancata proposizione in primo grado di ricorso incidentale volto a far constare l’eventuale illogicità del mancato esercizio, da parte della Commissione di gara, del potere di ricerca di una soluzione “correttiva”, che evitasse l’estromissione dalla gara di un’offerta che potesse considerarsi come non vietata dalla lex specialis.

Ciò posto, va respinto il primo motivo di appello concernente gli aspetti sopra esaminati, mentre non residua all’appellante alcun interesse alla eccezione di inammissibilità del secondo motivo aggiunto di primo grado ( recante l’impugnazione degli atti concernenti la procedura di approvazione dei progetti definitivo ed esecutivo oggetto della gara in relazione alle necessità di finanziamento dell’opera ), atteso che, da una parte, una volta accertata l’illegittimità della aggiudicazione disposta in suo favore, essa non ha alcun interesse alla conservazione degli atti stessi, che costituiscono atti meramente consequenziali dell’aggiudicazione stessa; dall’altra, comunque, questi, in quanto fondati unicamente su detta aggiudicazione, si devono considerare travolti dal suo annullamento, a prescindere dall’espressa impugnazione fattane dalle originarie ricorrenti.

5. – L’appello va in definitiva respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese del presente grado di giudizio séguono, come di regola, la soccombenza quanto al rapporto tra appellante ed appellate, mentre possono essere integralmente compensate nei riguardi delle altre parti del processo.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante alla rifusione di spese ed onorarii del presente grado in favore delle appellate, liquidandoli in complessivi Euro 5.000,00=, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.

Spese compensate nei confronti delle altre parti.

Cessano gli effetti dell’ Ordinanza n. 2362/2014, pronunciata nella Camera di Consiglio del giorno 5 giugno 2014, di accoglimento della domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 23 aprile 2015, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati:

Giuseppe Romeo – Presidente

Carlo Deodato – Consigliere

Salvatore Cacace – Consigliere, Estensore

Bruno Rosario Polito – Consigliere

Angelica Dell’Utri – Consigliere

Depositata In Segreteria il 13 maggio 2015.

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