La commissione
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art. 1731 c.c. nozione: il contratto di commissione è un mandato (senza rappresentanza) che ha per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente e in nome del commissario (imprenditore che esercita l’attività ausiliare prevista al n. 5 dell’art. 2195).
La commissione è un sottotipo qualificato di mandato[1], ma l’autonomia di questo contratto non appare pienamente giustificata, perché esso, in realtà, non è altro che un comune mandato avente per oggetto quel contratto che, nella pratica, più di frequente ricorre: vale a dire la compravendita.
Per la S.C.[2] tenuto conto che il contratto di commissione, che costituisce una sottospecie del mandato senza rappresentanza, è caratterizzato dal fatto che la prestazione del mandatario è limitata alla stipulazione di un contratto di compravendita nell’interesse di un soggetto (committente) il quale, peraltro, resta estraneo al negozio concluso dal commissionario, con la conseguente necessità di un ulteriore atto giuridico per riversarne gli effetti nel patrimonio del committente, non concreta tale figura giuridica — bensì una compravendita — il contratto con il quale una delle parti si impegna a fornire all’altra un certo quantitativo di merce, entro un determinato termine e dietro pagamento del prezzo, stabilito al momento della stipula, senza che assuma rilievo la mancata disponibilità, in tale momento, della merce da parte del venditore, attenendo la consegna della cosa venduta all’esecuzione dell’obbligazione principale posta a carico del venditore.
La commissione, che si distingue dal mandato solo per la specificità dell’oggetto, è un contratto unilaterale, pur se talvolta oneroso, in quanto gli eventuali obblighi del committente — al quale, almeno sotto il profilo dell’incidenza economica e della titolarità dell’interesse, sono riferibili i contratti stipulati a proprio nome dal commissionario — hanno carattere secondario e non sinallagmatico[3].
Inoltre, sempre per la ma medesima Corte di Cassazione, si distingue dal mandato con rappresentanza per l’assenza della «contemplatio domini» (cioè della spendita del nome del mandante), cosicché mentre il negozio concluso dal mandatario con rappresentanza produce i suoi effetti direttamente in capo al mandante, quello posto in essere dal commissionario produce i suoi effetti giuridici nel patrimonio dello stesso commissionario, occorrendo un ulteriore atto giuridico per riversarli nel patrimonio del committente. Inoltre, quando la commissione abbia ad oggetto il mandato ad alienare, il contratto si atteggia in modo che l’effetto traslativo reale del bene, derivante dal consenso manifestato, non si verifica immediatamente, ma è sospensivamente condizionato al compimento dell’alienazione gestoria del bene medesimo da parte del mandatario o commissionario[4].
Il requisito della professionalità
a) la tesi negatrice[5] si basa soprattutto sulla lettera dell’art. 1731 c.c., dalla quale non risulta questa qualificazione e sull’ulteriore considerazione che la normativa del codice è di tale natura da non richiedere necessariamente un commissionario professionista;
b) la tesi affermatrice[6], seguita dalla dottrina prevalente e della S.C.[7], si basa
– su argomenti storici (l’origine mercantile),
– su argomenti logici (altrimenti nessuna distinzione ci sarebbe tra mandato e commissione)
– e, infine, su argomenti testuali (gli usi più volte richiamati, si riferiscono a categorie professionali e non a mandatari occasionali)
art. 2195 c.c. imprenditori soggetti a registrazione: sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione, nel registro delle imprese gli imprenditori che esercitano:
1) un’attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;
2) un’attività intermediaria nella circolazione dei beni;
3) un’attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;
4) un’attività bancaria o assicurativa;
5) altre attività ausiliarie delle precedenti.
Le disposizioni della legge che fanno riferimento alle attività e alle imprese commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate in questo articolo e alle imprese che le esercitano.
art. 2196 c.c. iscrizione dell’impresa: entro trenta giorni dall’inizio dell’impresa l’imprenditore che esercita un’attività commerciale deve chiedere
l’iscrizione all’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione stabilisce la sede, indicando:
1) il cognome e il nome, il nome del padre, la cittadinanza;
2) la ditta;
3) l’oggetto dell’impresa;
4) la sede dell’impresa;
5) il cognome e il nome degli institori e procuratori.
L’imprenditore deve inoltre chiedere l’iscrizione delle modificazioni relative agli elementi suindicati e della cessazione dell’impresa entro trenta giorni da quello in cui le modificazioni o la cessazione si verificano.
Con l’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 59/2010 (art. 76) dall’ 8 maggio 2010 è stato soppresso l’elenco degli spedizionieri rimanendo, però, invariate le singole legislazioni di riferimento.
Con l’art.49 comma 4 bis della Legge n.122 del 31 luglio 2010, la D.I.A è stata sostituita dalla SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività).
La S.C.I.A., corredata di tutte le autocertificazioni in merito al possesso dei requisiti personali, morali e professionali previsti dalle rispettive normative tuttora vigenti, deve essere presentata, in allegato alla domanda telematica di Comunicazione Unica presentata al Registro delle Imprese
L’attività oggetto della SCIA può essere iniziata immediatamente. Pertanto, la data di inizio attività deve coincidere con la data di presentazione della domanda al Registro delle Imprese.
La presentazione della S.C.I.A. presso il Registro delle Imprese, non innoverà la procedura di iscrizione provvisoria prevista nei corrispondenti Elenchi e Ruoli soppressi dal Decreto legislativo n. 59/2010 (art. 76).
Pertanto, l’ufficio Albi e Ruoli competente della Camera continuerà ad effettuare l’accertamento d’ufficio dei requisiti personali, morali e professionali autocertificati nella S.C.I.A. e l’annotazione nel relativo ruolo.
Commissione e contratto estimatorio
la differenza tra i due istituti è evidente:
– nella commissione, la vendita avviene per conto e nell’interesse del committente, che non perde la disponibilità delle cose e può revocare l’incarico;
il commissario deve riversare al committente lo stesso prezzo ottenuto dal terzo, salvo il suo diritto alla provvigione.
– nel contratto estimatorio la vendita avviene anche nell’interesse dell’accipiens, che ha la disponibilità delle cose.
Inoltre l’accipiens lucra la differenza tra il prezzo di vendita al cliente ed il prezzo che deve pagare al suo fornitore.
Commissione ed agenzia
Per una sentenza datata della S.C.[9] nel caso in cui l’agente sia obbligato a tenere in deposito nei propri locali la merce prodotta dal preponente e ad eseguirne la vendita, secondo le condizioni convenute, nonché ad incassare le fatture emesse nei confronti della clientela dal preponente sulla base delle bolle di consegna settimanalmente trasmessegli dall’agente, è configurabile, non un contratto di agenzia (nel quale l’attività dell’agente non si estende, di norma, all’esazione dei corrispettivi dovuti dai clienti), ma una convenzione assimilabile al contratto di commissione. Ne consegue che a tale contratto (art. 1731 cod. civ.), che è un mandato senza rappresentanza avente per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per conto del committente ed in nome del commissionario, sono direttamente applicabili le norme generali sul mandato (peraltro estensibili, in via analogica, anche al contratto di agenzia) ed in particolare le regole poste dagli artt. 1710, 1712 e 1713 cod. civ.
Va qualificato come contratto di commissione e non di agenzia quello con cui un soggetto non si limiti a promuovere ovvero anche a concludere la vendita di autovetture in nome e per conto della casa produttrice, bensì dopo aver acquistato dette vetture, provveda, con autonoma organizzazione, alla loro rivendita a terzi in nome proprio, ma per conto della casa costruttrice. Né è incompatibile con tale qualificazione del contratto l’eventuale previsione dell’obbligo del commissionario di vendere esclusivamente veicoli della committente, di attenersi ai suoi programmi di vendita e di uniformarsi ai suoi indirizzi tecnici, pubblicitari e commerciali, poiché tali adempimenti sono volti a realizzare una più ampia tutela dell’interesse del committente, sul quale correlativamente può gravare, (nell’ambito dello stesso rapporto sinallagmatico) l’onere patrimoniale di premi di incentivazione e sconti sul prezzo di vendita delle vetture[10].
La disciplina
art. 1733 c.c. misura della provvigione: la misura della provvigione (nonostante qualche opinione contraria essa non è essenziale, potendo il commissionario rinunciarvi) spettante al commissionari, se non è stabilita dalle parti, si determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l’affare. In mancanza degli usi provvede il giudice secondo equità.
art. 1732 c.c. operazioni a fido: il commissionario si presume autorizzato a concedere dilazioni di pagamento in conformità degli usi del luogo in cui compie l’operazione, se il committente non ha disposto altrimenti.
Se il commissionario concede dilazioni di pagamento, malgrado il divieto del committente o quando non è autorizzato dagli usi, il committente può esigere da lui il pagamento immediato, salvo il diritto del commissionario di far propri i vantaggi che derivano dalla concessa dilazione.
Il commissionario che ha concesso dilazioni di pagamento deve indicare al committente la persona del contraente e il termine concesso; altrimenti l’operazione si considera fatta senza dilazione e si applica il disposto del comma precedente.
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Forma
È a forma libera – le parti, quindi, possono concluderlo anche oralmente, manifestando la volontà in modo espresso o tacito.
Mentre sarà necessaria la forma scritta qualora l’atto successivo, per il noto principio della relationem tra gi atti giuridici, necessità per la validità la forma ad substantiam.
Difatti, la commissione immobiliare richiede la forma scritta ad substantiam, e la mancanza di tale forma importa la nullità della stessa, di carattere assoluto, e incidente nei rapporti interni ed esterni. Pertanto, nel difetto di forma scritta dell’assunta commissione, il trasferimento degli immobili acquistati in nome proprio dal presunto mandatario all’asserito mandante dà luogo a una seconda vendita, del tutto diversa dalla prima, anche se ad essa concatenata, per la quale il venditore può richiedere ed ottenere un prezzo diverso e anche superiore rispetto a quello da lui pagato per il proprio precedente acquisto. In tale ipotesi, l’asserito mandante non ha titolo per conseguire la restituzione della differenza di prezzo, né sotto il profilo contrattuale, stante la nullità del mandato, né sotto il profilo dell’indebito, non costituendo la predetta differenza, derivante da libera pattuizione, indebito né soggettivo né oggettivo[11].
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Obbligo di custodia
In una pronuncia della S.C.[12] è stato previsto che nel contratto di commissione avente ad oggetto cose mobili, l’eventuale consegna di queste al commissionario per il compimento della sua attività fa nascere in capo allo stesso un obbligo di custodia, strumentale rispetto a quello di compiere l’attività giuridica necessaria per la loro vendita in nome proprio e nell’interesse del committente — nel che si realizza la causa tipica del contratto di cui all’art. 1731 cod. civ. — con la conseguenza che, per determinare il grado di diligenza nella custodia del commissionario, e la conseguente responsabilità per perdita ed avaria della cosa, non devono adoperarsi i criteri validi per il contratto di deposito — del quale la custodia costituisce l’oggetto della prestazione del depositario, la cui diligenza deve essere adeguata alla funzione tipica, caratterizzante tale contratto — ma occorre commisurare quella diligenza alla funzione precipua del contratto di commissione, sicché i modi di conservazione delle cose ricevute sono solo quelli necessari per l’adempimento dell’obbligazione principale di vendita di esse, con conseguente applicabilità non dell’art. 1768, o degli artt. 1787 e 1789 (deposito nei magazzini generali), bensì della norma generale dell’art. 1176 cod. civ.
Principio ripreso da altra pronuncia[13] secondo la quale il mandato (o la commissione) a vendere, con deposito della cosa presso il mandatario (o il commissionario), comporta per quest’ultimo l’obbligo della custodia ai sensi dell’art. 1177 cod. civ., concorrendo in tal caso la causa del mandato (o della commissione) con quella del depositario, ancorché gli elementi di quest’ultimo contratto siano prevalenti, dovendo la disciplina della responsabilità del depositario in caso di perdita non imputabile della detenzione della cosa ex art. 1780 cod. civ. contemperarsi con quella del mandato. Ne consegue che la diligenza è quella del buon padre di famiglia e, in esplicazione del c.d. dovere di protezione, il custode è tenuto a predisporre tutto quanto necessario anche per prevenire fatti «esterni», quali il furto, che possano determinare la perdita della cosa.
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Compenso
Rispetto al mandato la commissione presenta il vantaggio della naturale onerosità, ma il compenso è rapportato al volume degli affari con tutti i conseguenti rischi, in particolare quando sia stato pattuito lo star del credere.
art. 1736 c.c. star del credere: il commissionario che in virtù di un patto o di uso, è tenuto allo star del credere risponde nei confronti del committente per l’esecuzione dell’affare. In tal caso ha diritto, oltre che alla provvigione, a uncompenso o ad una maggiore provvigione, la quale in mancanza di patto si determina secondo gli usi del luogo in cui è compiuto l’affare. In mancanza di usi provvede il giudice secondo equità.
Il contratto di commissione ha natura onerosa e pertanto le somme versate dal committente al commissionario si presumono imputate a titolo di provvigione, nella misura in cui questa è stabilita dalle parti, dagli usi o dalle tariffe; sicché, spetta al commissionario che sostenga che le somme percepite in misura maggiore rispetto alla percentuale stabilita siano da attribuirsi a spese sostenute, fornire la prova delle singole voci di spesa[14].
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Revoca
art. 1734 c.c. revoca della commissione: il committente può revocare l’ordine di concludere l’affare fino a che il commissionario non l’abbia concluso. In tal caso spetta al commissionario una parte della provvigione, che si determina tenendo conto delle spese sostenute e dell’opera prestata.
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Commissionario contraente in proprio
art. 1735 c.c. commissionario contraente in proprio : nella commissione di compera o di vendita di titoli, divise o merci aventi un prezzo corrente che risulti nei modi indicati dal terzo comma dell’art. 1515, se il committente non ha diversamente disposto, il commissionario può fornire al prezzo suddetto le cose che deve comperare, o può acquistare per se le cose che deve vendere, salvo, in ogni caso, il suo diritto alla provvigione (1395).
Anche quando il committente ha fissato il prezzo, il commissionario che acquista per sé non può praticare un prezzo inferiore a quello corrente nel giorno in cui compie l’operazione, se questo è superiore al prezzo fissato dal committente; e il commissionario che fornisce le cose che deve comprare non può praticare un prezzo superiore a quello corrente, se questo è inferiore al prezzo fissato dal committente
Questa norma costituisce applicazione di un principio generale proprio di ogni mandato, secondo il quale il mandatario, nei casi in cui manca un conflitto di interessi ad esempio perché vi è un prezzo predisposto, può, secondo la formula operata da dottrina e giurisprudenza, <entrare nel contratto>.
Natura giuridica della fonte da cui opera il trasferimento del bene dal mandante al mandatario –
Essa non è lo stesso contratto di mandato, perché, in tale modo si arriverebbe a stravolgere completamente il profilo operativo e causale del mandato al quale verrebbero assegnati funzioni ed effetti che sono, invece, tipici del rapporto di compravendita.
La fonte, invece, secondo la dottrina prevalente è un autonomo atta traslativo ideato in un autentico contratto di compravendita che si aggiunge alla commissione.
Per la S.C.[15], il contratto di commissione presuppone che, al momento della stipula, il commissionario non sia proprietario della merce, perché in tal caso il negozio andrebbe qualificato come compravendita. Unica eccezione deve farsi nell’ipotesi di commissionario contraente in proprio, che configura un tipico esempio di contratto con sé stesso; nella quale ipotesi il commissionario fornisce egli stesso al committente le cose che deve comprare.
Note
[1] Per una maggiore consultazione sul contratto di mandato aprire il seguente collegamento on-line Il mandato
[2] Corte di Cassazione sentenza del 8-4-81, n. 1996. l contratto di commissione ha il contenuto sostanziale di un mandato senza rappresentanza, avente per oggetto l’acquisto e la vendita di beni nell’interesse di una parte (committente) ed in nome dell’altra (commissionario). Al detto contratto si applicano le regole generali sul mandato senza rappresentanza, salve le disposizioni speciali per esso stabilite. Corte di Cassazione sentenza del 26-8-71, n. 2580
[3] Corte di Cassazione sentenza del 26-9-79, n. 4961. Nella specie, la S.C., confermando sul punto la decisione impugnata, ha ritenuto che non fosse qualificabile come commissione, bensì come contratto misto, che riuniva — con prevalenza dei primi rispetto ai secondi anche quanto alla disciplina applicabile — gli elementi della vendita e del mandato, il contratto in forza del quale una società italiana, obbligandosi allo svolgimento di un’attività promozionale per la diffusione del prodotto, otteneva l’esclusiva per l’Italia della vendita di cartoline postali e pubblicitarie tridimensionali prodotte da una ditta estera, in quanto la precisa previsione di un corrispettivo delle forniture, le pattuizioni concernenti luogo e modalità di consegna della merce nonché il pagamento della stessa e, infine, la garanzia personale pretesa dalla fornitrice evidenziavano l’autonomia e la contrapposizione d’interessi di un contraente rispetto all’altro, proprie dei contratti sinallagmatici
[4] Corte di Cassazione sentenza del 5-5-2004, n. 8512. Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale, con riferimento ad un commissionario per la vendita di autovetture legato da un accordo con società di leasing, aveva escluso che fosse da ritenere provato attraverso una fattura di cessione di un autoveicolo da una concessionaria d’auto all’acquirente che la vendita fosse avvenuta per il tramite del commissionario
[5] Minervini – Mirabelli – Luminoso
[6] Capozzi – Formaggini – Bile – Russo – Squillante
[7] La caratteristica normale del contratto di commissione, che lo distingue dal mandato senza rappresentanza, consiste nella professionalità del commissionario, nel senso che tale contratto è, di solito, concluso da soggetti che svolgono abitualmente attività commissionaria. Pertanto, pur non potendosi escludere che anche un commissionario occasionale può concludere un isolato affare di commissione, deve presumersi che tale atto costituisca piuttosto un mandato senza rappresentanza. Corte di Cassazione sentenza del 18-3-66, n. 773.
[8] Per una maggiore consultazione sul contratto estimatorio aprire il seguente collegamento on-line Il contratto estimatorio
[9] Corte di Cassazione sentenza del 29-1-88, n. 773
[10] Corte di Cassazione sentenza del 11-7-87, n. 6061
[11] Corte di Cassazione sentenza del 24-7-65, n. 1759.
[12] Corte di Cassazione sentenza del 19-2-81, n. 1025
[13] Corte di Cassazione sentenza del 24-5-2007, n. 12089
[14] Corte di Cassazione sentenza del III, sent. 986 del 17-1-2007
[15] Corte di Cassazione sentenza del 12-10-64
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