Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 11041.
Colui che agisce in giudizio con azione di risarcimento nei confronti degli amministratori di una società dopo il verificarsi di una causa di scioglimento
Colui (società o terzi) che agisce in giudizio con azione di risarcimento nei confronti degli amministratori di una società di capitali che abbiano compiuto, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, attività gestoria non avente finalità meramente conservativa del patrimonio sociale, ai sensi dell’art. 2486 cod. civ., ha l’onere di allegare e provare l’esistenza dei fatti costitutivi della domanda, cioè la ricorrenza delle condizioni per lo scioglimento della società ed il successivo compimento di atti negoziali da parte degli amministratori, ma non è tenuto a dimostrare che tali atti siano anche espressione della normale attività d’impresa e non abbiano una finalità liquidatoria; spetta, infatti, agli amministratori convenuti di dimostrare che tali atti, benché effettuati in epoca successiva allo scioglimento, non comportino un nuovo rischio d’impresa (come tale idoneo a pregiudicare il diritto dei creditori e dei soci) e siano giustificati dalla finalità liquidatoria o necessari
Ordinanza|| n. 11041. Colui che agisce in giudizio con azione di risarcimento nei confronti degli amministratori di una società dopo il verificarsi di una causa di scioglimento
Data udienza 13 aprile 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Società – Perdita del capitale sociale – Condotta dell’amministratore – Legame con il danno subito dalla società – Responsabilità
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. VALENTINO Daniela – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dagli Avv.ti Prof. (OMISSIS) e (OMISSIS) elettivamente domiciliati presso lo studio (OMISSIS) in (OMISSIS);
– ricorrente –
Contro
(OMISSIS) s.p.a., in amministrazione straordinaria, in persona del suo Commissario Straordinario pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio (OMISSIS) in (OMISSIS);
-controricorrente-
Nonche’
(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)
-intimati-
Nonche’
(OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS) s.p.a., (OMISSIS), (OMISSIS) s.p.a.;
-Terzi chiamati in giudizio-
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 2513-2019 del 20.3-10.6.2019, emessa nel giudizio r.g. n. 852-2017, notificata l’11.6.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13.4.2023 dal Consigliere Daniela Valentino.
FATTI DI CAUSA
La (OMISSIS) s.p.a. proponeva azione di responsabilita’ nei confronti degli amministratori e sindaci – succedutisi nei relativi incarichi a partire dall’esercizio 2002 – in relazione all’esercizio delle funzioni di amministrazione e controllo, nonche’ nei confronti della societa’ di revisione (OMISSIS) s.p.a. Parte attrice riteneva le parti convenute responsabili della perdita integrale del capitale sociale sin dalla chiusura dell’esercizio 2001 e chiedeva – in via principale – la loro condanna, in via solidale, al risarcimento del danno per l’importo complessivo di Euro 75.064.000,00 (poi ridotto, in sede di precisazione delle conclusioni, ad Euro 47.048.000,00), corrispondente all’incremento del deficit patrimoniale della societa’ a decorrere dall’1 gennaio 2002. In via subordinata, parte attrice aveva chiesto la condanna degli amministratori e dei sindaci pro tempore alla rifusione del danno subito in relazione all’incremento del deficit patrimoniale patito dalla societa’, rapportato ai rispettivi periodi di carica; e, nei confronti della societa’ di revisione (OMISSIS), la rifusione dei danni derivanti dall’aggravio del dissesto verificatosi negli anni 2001-2003: anni soggetti alla revisione di bilancio da parte di quest’ultima. I convenuti si erano costituiti in giudizio formulando in via subordinata domanda di accertamento delle rispettive quote di responsabilita’ Il contraddittorio veniva esteso anche alle rispettive societa’ di assicurazione e ad ulteriori terzi chiamati in garanzia.
Il convenuto (OMISSIS) aveva, dal canto suo, proposto domande riconvenzionali nei confronti di (OMISSIS), in qualita’ di commissario straordinario di (OMISSIS), per asseriti danni subiti in conseguenza della (dedotta) estinzione per prescrizione dei crediti risarcitori della fallita nei confronti degli amministratori e dei sindaci decaduti o dimessisi dall’incarico alla data del 30.06.2004; nei confronti di (OMISSIS) s.p.a. per il pagamento di spese professionali e nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) per l’accertamento della nullita’ del contratto di cessione del complesso aziendale del gruppo (OMISSIS) in corso di amministrazione straordinaria.
Nel corso del giudizio parte attrice aveva trasferito in sede penale – ex articolo 75 c.p.p. – l’azione civile inizialmente proposta nei confronti dei convenuti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Veniva, infine, raggiunto un accordo transattivo con il convenuto (OMISSIS) con conseguente rinuncia agli atti.
Con sentenza n. 786-2017, il Tribunale di Milano, sezione specializzata imprese, espletata CTU, dichiarava l’estinzione del rapporto processuale fra l’attrice e il convenuto (OMISSIS) per rinuncia agli atti del giudizio da parte dell’attore, ritualmente accettata dal convenuto. Accertava la responsabilita’ del convenuto (OMISSIS) in relazione alle vicende accertate nel giudizio e condannava lo stesso al pagamento in favore dell’attrice dell’importo complessivo di Euro 1.000.000,00 oltre interessi e rivalutazione monetaria. Rigettava per il resto le domande formulate nei confronti dei convenuti rimasti in causa, all’esito del trasferimento in sede penale dell’azione civile originariamente proposta nei confronti dei convenuti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
I sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano appello. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano rigettava i primi due motivi di appello di (OMISSIS) e accoglieva parzialmente il terzo riliquidando le spese di primo grado; accoglieva l’appello di (OMISSIS) e condannava (OMISSIS) al pagamento di un indennizzo di Euro 37.440 per spese di CTP detraendosi da tale importi la somma di Euro 70.000, ove corrisposta in ottemperanza della sentenza di primo grado oltre le spese legali del giudizio di secondo grado. La Corte, per quanto di interesse in questo giudizio, pur accogliendo la censura relativa all’arco temporale nel quale il (OMISSIS) era stato amministratore riteneva la correzione irrilevante rispetto a quanto accertato dal CTU circa l’assenza della diligenza professionale richiesta nell’accertare la situazione di perdita del capitale, quanto meno entro il mese successivo alla sua nomina. Riteneva non fondata la censura sulla CTU ribadendo la sufficienza dei documenti, posti a suo fondamento. Riteneva irrilevante l’assenza di continuita’ dei periodi nei quali il (OMISSIS) era stato amministratore, che in ogni caso proprio per la precedente gestione della societa’ non poteva considerarsi nuovo e non consapevole della situazione economico contabile della societa’. Valutava anche l’eccezione relativa all’assenza di deleghe gestorie, precisando che in ogni caso l’amministratore risponde ai sensi dell’articolo 2392, comma 2, c.c. La motivazione su questi aspetti era supportata da ampia valutazione dei principi espressi da questa Corte in altri giudizi sulle medesime questioni. La sentenza esaminava anche il collegamento di causalita’ tra le omissioni del (OMISSIS) ed il verificarsi del danno, attribuendo ad esso una natura controfattuale cosi’ come proposto dal CTU, criterio mai contestato dallo stesso attuale ricorrente. La Corte riteneva, infine che la quantificazione del danno era stata individuata sul criterio dei “netti patrimoniali” pur assumendo connotazioni equitative.
Il Dott. (OMISSIS) ha presentato ricorso per cassazione con due motivi.
Si e’ costituita con controricorso nei soli confronti del Dott. (OMISSIS), la (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria ed ha anche presentato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente censura la sentenza a quo, per violazione e falsa applicazione degli articoli 99, 112 e 163 c.p.c., letti in combinato disposto con gli articoli 2485 e 2486 c.c. Violazione e falsa applicazione dei principi in materia di riparto dell’onere di allegazione e prova dei fatti controversi. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 115 c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui la Corte ha inteso accertare un supposto illecito del dottor (OMISSIS) per l’illegittima prosecuzione della gestione societaria dopo il verificarsi della causa di scioglimento, senza che la societa’ istante avesse allegato (e, a fortiori, provato) che lo stesso dottor (OMISSIS) avesse posto in essere, in quello specifico frangente, alcun comportamento commissivo o omissivo contrastante con l’obbligazione di gestione della societa’ ai fini della conservazione dell’integrita’ e del valore del patrimonio sociale, ai sensi dell’articolo 2486 c.c..
1.1 Il motivo e’ fondato. Il ricorrente rileva che la mera prosecuzione dell’attivita’ sociale – peraltro consentita dall’articolo 2486, comma 1, c.c., “ai soli fini della conservazione dell’integrita’ e del valore del patrimonio sociale” – dopo il verificarsi di una causa di scioglimento della societa’, non avrebbe potuto fondare una sua responsabilita’, in difetto dell’allegazione, e quindi della prova, da parte della societa’ attrice in primo grado di un comportamento commissivo od omissivo contrastante, ai sensi del comma 2 dell’articolo 2486 c.c., con l’obbligo di gestione della societa’ ai fini della conservazione dell’integrita’ e del valore del patrimonio sociale. L’unica responsabilita’ ravvisata dalla Corte territoriale sarebbe consistita nell’omessa sollecitazione del compimento, da parte degli amministratori delegati, in presenza di una causa di scioglimento, degli incombenti di cui all’articolo 2484, comma 3, c.c., ossia l’iscrizione nel registro delle imprese.
La doglianza va accolta. Ai sensi del combinato disposto degli articoli 2484, comma 3 e 2485, comma 1, c.c. gli amministratori devono accertare, senza indugio, il verificarsi di una causa di scioglimento e procedere agli adempimento di cui all’articolo 2484, comma 3, c.c., ossia all’iscrizione della dichiarazione di accertamento di tale causa di scioglimento nel registro delle imprese, derivandone, in caso di ritardo od omissione, una loro responsabilita’ verso la societa’, i soci ed i creditori per i danni che ne siano derivati. Nel caso di specie, la sentenza impugnata non individua alcun danno per la omessa o tardiva segnalazione agli amministratori delegati dell’obbligo di effettuare siffatto incombente. La previsione di un risarcimento ex articolo 2485 c.c. e’, peraltro, di improbabile applicazione, essendo difficile che l’omissione o il ritardo di iscrizione nel registro dell’impresa possano, di per se’, essere produttive di danno, ne’ – come detto – la Corte d’appello, nel caso concreto, lo sostiene.
Il danno potrebbe, in effetti, derivare esclusivamente dal compimento, da parte degli amministratori, di atti di gestione incompatibili con i vincoli di cui all’articolo 2486, comma 1, c.c., ossia eccedenti la finalita’ di conservazione dell’integrita’ e del valore del patrimonio sociale. Ebbene, colui (societa’ o terzi) che agisce in giudizio con azione di risarcimento nei confronti degli amministratori di una societa’ di capitali che abbiano compiuto, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, attivita’ gestoria non avente finalita’ meramente conservativa del patrimonio sociale, ai sensi dell’articolo 2486 c.c., ha l’onere di allegare e provare l’esistenza dei fatti costitutivi della domanda, cioe’ la ricorrenza delle condizioni per lo scioglimento della societa’ e il successivo compimento di atti negoziali da parte degli amministratori, ma non e’ tenuto a dimostrare che tali atti siano anche espressione della normale attivita’ d’impresa e non abbiano una finalita’ liquidatoria; spetta, infatti, agli amministratori convenuti di dimostrare che tali atti, benche’ effettuati in epoca successiva allo scioglimento, non comportino un nuovo rischio d’impresa (come tale idoneo a pregiudicare il diritto dei creditori e dei soci) e siano giustificati dalla finalita’ liquidatoria o necessari (Cass. 2156/2015; Cass. 198/2022). In tale prospettiva e’ evidente che l’omissione, ascritta al (OMISSIS), non puo’ essere individuata – come ha fatto la Corte d’appello – nell’omessa segnalazione della necessita’ di effettuare gli incombenti di cui ai succitati articoli 2484, comma 3, e 2485 c.c., di per se’ neutri sul piano del danno sociale, ma si sarebbe dovuta concretare in una omissione produttiva di un pregiudizio al patrimonio sociale, ex articolo 2486, commi 1 e 2, c.c. Ma sul punto – come detto – le statuizioni della Corte sono del tutto generiche ed irrilevanti, non essendo siffatto pregiudizio ancorabile ne’ alla prosecuzione tout court dell’attivita’ dopo il verificarsi di una causa di scioglimento – consentita, nei limiti suindicati, dall’articolo 2486, comma 1, c.c. – ne’ all’omissione della segnalazione della necessita’ di effettuare gli incombenti suindicati.
2. Con il secondo motivo, si censurano violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 1226, 2392, 2486 e 2697 c.c. nei quali e’ incorsa la pronuncia impugnata, nella parte in cui si e’ inteso accertare un danno risarcibile quantificato equitativamente nell’importo forfettario di un milione di Euro e condannare il dottor (OMISSIS) a ristorare la societa’ per un ammontare equivalente: (i) in contrasto con le norme relative all’accertamento del nesso di causalita’ che deve legare la condotta dell’amministratore al danno subito dalla societa’ e (ii) mediante quantificazione del danno e del conseguente risarcimento dovuto dall’allora appellante in via equitativa, senza che ricorressero i presupposti all’uopo previsti dalla legge.
2.1 Il secondo motivo (criterio di liquidazione del danno) e’ assorbito, dovendo il giudice di rinvio verificare anzitutto se sussista, o meno un titolo di responsabilita’ del ricorrente, ai sensi dell’articolo 2486 c.c..
3. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterra’ al principio di diritto sopra indicato e provvedera’ anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.
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