Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 15 maggio 2018, n. 21521.
La massima estrapolata:
Legittimo sequestro preventivo tramite oscuramento della pagine Fb per gli indagati per diffamazione. Le forme di comunicazione telematica – blog ecc – pur rientrando nell’articolo 21 Costituzione non godono delle garanzie costituzionali previste per la stampa.
Sentenza 15 maggio 2018, n. 21521
Data udienza 13 dicembre 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente
Dott. ZAZA Carlo – Consigliere
Dott. DE GREGORIO Eduardo – rel. Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere
Dott. BORRELLI Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
nel procedimento a carico di questi ultimi;
avverso l’ordinanza del 19/07/2017 del TRIB. LIBERTA’ di GROSSETO;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. EDUARDO DE GREGORIO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dr. LIGNOLA FERDINANDO che conclude per l’inammissibilita’.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Grosseto ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo tramite oscuramento delle pagine Facebook attribuite agli indagati/ricorrenti per il delitto di cui all’articolo 595 c.p., per aver ripetutamente offeso la reputazione di piu’ persone.
1. Avverso la decisione ha proposto ricorso con unico atto la difesa, che, col primo motivo, ha lamentato la violazione dell’articolo 321 c.p.p. e la mancanza di motivazione. Ha sostenuto il ricorrente che il sequestro preventivo sarebbe emanabile solo in caso di previsione della sua potenziale conferma all’esito del giudizio di merito mentre nel caso in esame non sarebbe mai possibile la confisca, derivandone l’illegittimita’ del provvedimento.
1.1 Col secondo motivo ha dedotto la violazione degli articoli 3 e 21 Cost., in quanto il sequestro configurerebbe una vera e propria lesione del diritto di libera manifestazione del pensiero, come lo stesso Tribunale aveva riconosciuto, aggiungendo, pero’, che le pagine web non godono della stessa tutela della testata giornalistica on line ed il diverso trattamento in relazione alla possibilita’ di provvedimenti di sequestro integrerebbe una violazione del principio di uguaglianza.
All’odierna udienza il PG, Dr. Lignola, ha concluso come in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
1. Deve precisarsi “in fatto” che il provvedimento di sequestro di cui discute ha riguardato le pagine Facebook attraverso le quali i due ricorrenti avevano pubblicati messaggi o video o commenti dal contenuto reputato offensivo per le persone offese e che il Giudice per le indagini preliminari ne aveva ordinato il sequestro preventivo in relazione all’ipotizzato delitto di diffamazione, tramite l’oscuramento, prescrivendo al fornitore del servizio di renderle inaccessibili agli utenti.
1.1 Le doglianze esposte in ricorso si limitano a confutare genericamente – ma con un rapido cenno all’originale tesi per la quale il sequestro preventivo sarebbe adottabile solo nel caso in cui si possa prevedere la sua potenziale conferma a seguito del giudizio – il consolidato orientamento in proposito maturato dalla giurisprudenza di questa Corte. Da tempo, infatti e’ stata ritenuta la legittimita’, nel rispetto del principio di proporzionalita’, del sequestro preventivo di un sito web o di una pagina telematica, nel ricorrere dei presupposti del “fumus commissi delicti” e del “periculum in mora”, tramite l’imposizione al fornitore dei servizi internet, anche in via d’urgenza, dell’oscuramento di una risorsa elettronica o l’impedimento dell’accesso agli utenti ai sensi del Decreto Legislativo 9 aprile 2003, n. 70, articoli 14, 15 e 16, in quanto la equiparazione dei dati informatici alle cose in senso giuridico consente di’ inibire la disponibilita’ delle informazioni in rete e di impedire la protrazione delle conseguenze dannose del reato. Da ultimo Sez. U, Sentenza n. 31022 del 29/01/2015 Cc. (dep. 17/07/2015) Rv. 264089.
2. Per venire al secondo motivo di ricorso e’ evidente che le forme di comunicazione telematica come i blog, i social network come Facebook, le mailing list, le newsletters, sono espressione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero garantito dall’articolo 21 Cost. ma non possono godere delle garanzie costituzionali in tema di sequestro della stampa, anche nella forma on line, poiche’ rientrano nei generici siti internet che non sono soggetti agli obblighi ed alle garanzie previste dalla normativa sulla stampa. In essi, infatti, chiunque puo’ esprimere il proprio pensiero su ogni argomento, suscitando opinioni e commenti da parte dei frequentatori del mondo virtuale.
2.1 E’ agevole rispondere alla perplessita’ circa la prospettata diseguaglianza di trattamento tra siti web e testate giornalistiche on-line presente nel ricorso, semplicemente osservando che le situazioni disciplinate diversamente sono tra loro molto diverse.
Infatti, e’ evidente che un quotidiano o un periodico telematico, strutturato come un vero e proprio giornale tradizionale, con una sua organizzazione redazionale e un direttore responsabile non puo’ certo paragonarsi a uno qualunque dei siti web innanzi citati, in cui chiunque puo’ inserire dei contenuti, ma assume una sua peculiare connotazione, funzionalmente coincidente con quella dei giornale tradizionale, sicche’ appare incongruo, sul piano della ragionevolezza, ritenere che non soggiaccia alla stessa disciplina prevista per quest’ultimo. Cosi in motivazione la sentenza SU citata, Fazzo ed altri.
Alla luce delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili ed i ricorrenti condannati ciascuno al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro 2000 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, va disposto l’oscuramento delle generalita’ e degli altri dati identificativi delle parti in caso di diffusione dei presente provvedimento.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed ai versamento di Euro 2000 in favore della cassa delle ammende.
Dispone l’oscuramento delle generalita’ e degli altri dati identificativi delle parti in caso di diffusione del presente provvedimento.
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