La caparra penitenziale come corrispettivo del recesso per volontà unilaterale

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|9 febbraio 2023| n. 3954.

La caparra penitenziale come corrispettivo del recesso per volontà unilaterale

La caparra penitenziale (che si ha quando alla stipulazione del diritto di recesso si accompagna alla dazione di una somma di danaro o di altra quantità di cose fungibili), o la multa penitenziale (quale corrispettivo previsto per il recesso), a differenza della caparra confirmatoria funziona non già come un risarcimento del danno per la mancata esecuzione del contratto, ma come corrispettivo del recesso per volontà unilaterale; l’accertamento concreto della volontà delle parti di dar vita all’una o all’altra figura compete al giudice del merito, ed il suo apprezzamento al riguardo è incensurabile in sede di legittimità, ove sorretto da motivazione esauriente ed immune da vizi logici e giuridici

Ordinanza|9 febbraio 2023| n. 3954. La caparra penitenziale come corrispettivo del recesso per volontà unilaterale

Data udienza 6 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Azienda – Affitto – Atti negoziali – Interpretazione – Recesso – Corrispettivo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5094-2022 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.A.S. di (OMISSIS) e C., domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dell’avvocato (OMISSIS) ( (OMISSIS)), (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) S.N.C., (OMISSIS), (OMISSIS);
-intimati-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO GENOVA n. 783/2021 depositata il 6/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6/12/2022 dal Consigliere MARCO DELL’UTRI.
Rilevato che,
Con sentenza resa in data 6/7/2021, la Corte d’appello di Genova, in accoglimento dell’appello proposto dalla (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ personalmente dai soci (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e in riforma della decisione di primo grado, per quel che ancora rileva in questa sede, ha rigettato la domanda proposta dalla (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS) e C. per la condanna della (OMISSIS) s.n.c. al risarcimento dei danni subiti dalla societa’ attrice a seguito dell’inadempimento della societa’ convenuta al contratto preliminare mediante il quale la (OMISSIS) s.n.c. si era impegnata ad acquistare l’azienda gia’ in precedenza concessa in affitto dalla (OMISSIS) s.a.s. alla stessa (OMISSIS) s.n.c.;
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato come la (OMISSIS) s.a.s. non avesse fornito alcuna prova dei danni asseritamente subiti in conseguenza dell’inadempimento della controparte al contratto preliminare di compravendita di azienda, non potendo utilizzarsi, ai fini della liquidazione di tali danni, il parametro costituito dall’importo contrattualmente individuato nella clausola con la quale i contraenti avevano previsto le somme che la (OMISSIS) s.n.c., quale promittente acquirente, avrebbe dovuto corrispondere alla controparte a titolo di corrispettivo per l’eventuale recesso dal contratto preliminare, trattandosi, per l’appunto, di una clausola avente ad oggetto la disciplina di una multa penitenziale e non gia’ di una caparra confirmatoria, e non essendovi stato nella specie alcun recesso della (OMISSIS) s.n.c., ma solo la reciproca contestazione di inadempimenti tra le parti;
avverso la sentenza d’appello, la (OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS) e C. propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;
la (OMISSIS) s.n.c. di (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ personalmente i soci (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), non hanno svolto difese in questa sede;
a seguito della fissazione della camera di consiglio, la causa e’ stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c..

La caparra penitenziale come corrispettivo del recesso per volontà unilaterale

considerato che

con il motivo d’impugnazione proposto, la societa’ ricorrente censura la sentenza impugnata per error in judicando con riferimento agli articoli 1363, 1367, 1385 e 1386 c.c. (ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che le parti, nel prevedere il pagamento, da parte della societa’ promittente acquirente, dell’importo di Euro 30.000,00 in caso di recesso (ovvero, in luogo di tale pagamento, la consegna di una fideiussione bancaria a prima richiesta: entrambe le prestazioni totalmente mancate), avessero dato luogo alla previsione di una multa penitenziale e non gia’ di una caparra confirmatoria (la cui dazione ben poteva essere dalle parti differito, in tutto in parte, a un momento successivo alla conclusione del contratto), avendo peraltro, il giudice a quo, del tutto trascurato di tener conto del consolidato principio in forza del quale nessuna parte puo’ trarre giovamento da un proprio inadempimento, essendo la (OMISSIS) s.n.c. incorsa in diversi inadempimenti, ivi compresa la mancata consegna della fideiussione bancaria a prima richiesta individuata dalle parti quale alternativa al pagamento della somma di Euro 30.000,00 quale corrispettivo del recesso;
sotto altro profilo, la societa’ ricorrente censura l’errore in cui sarebbe incorso il giudice a quo nell’interpretazione della volonta’ contrattuale delle parti relativa al contenuto della clausola in esame, essendosi la corte territoriale sottratta alla corretta applicazione dei principi di cui agli articoli 1363 e 1367 c.c.;
il motivo e’ manifestamente infondato;
osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimita’, l’interpretazione degli atti negoziali deve ritenersi indefettibilmente riservata al giudice di merito ed e’ censurabile in sede di legittimita’ unicamente nei limiti consentiti dal testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, ovvero nei casi di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3;
in tale ultimo caso, peraltro, la violazione denunciata chiede d’essere necessariamente dedotta con la specifica indicazione, nel ricorso per cassazione, del modo in cui il ragionamento del giudice di merito si sia discostato dai suddetti canoni, traducendosi altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volonta’ delle parti, in una mera proposta reinterpretativa in dissenso rispetto all’interpretazione censurata; operazione, come tale, inammissibile in sede di legittimita’ (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 17427 del 18/11/2003, Rv. 568253);
nel caso di specie, l’odierna societa’ ricorrente si e’ limitata ad affermare, in modo inammissibilmente apodittico, la pretesa scorrettezza dell’interpretazione complessiva attribuita ai termini dell’atto negoziale con le quali le parti dettero vita alla previsione del corrispettivo per il recesso (ex articolo 1363 c.c.), oltre alla violazione del principio della conservazione del contratto (ex articolo 1367 c.c.), orientando l’argomentazione critica rivolta nei confronti dell’interpretazione della corte territoriale, non gia’ attraverso la prospettazione di una macroscopica irrazionalita’ o intima contraddittorieta’ dell’interpretazione complessiva dell’atto (cosi’ come dell’oggettiva impossibilita’ della conservazione dell’atto nei termini fatti propri dall’interpretazione del giudice d’appello), bensi’ condivisibilita’ della lettura interpretativa criticata rispetto a quella ritenuta preferibile, in tal modo travalicando i limiti propri del vizio della violazione di legge (ex articolo 360 c.p.c., n. 3) attraverso la sollecitazione della corte di legittimita’ alla rinnovazione di una non consentita valutazione di merito;
sul punto, e’ appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia proceduto alla lettura e all’interpretazione delle dichiarazioni negoziali in esame nel pieno rispetto dei canoni di ermeneutica fissati dal legislatore, non ricorrendo ad alcuna attribuzione di significati estranei al comune contenuto semantico delle parole, ne’ spingendosi a una ricostruzione del significato complessivo dell’atto negoziale in termini di palese irrazionalita’ o intima contraddittorieta’, per tale via giungendo alla ricognizione di un contenuto negoziale sufficientemente congruo, rispetto al testo interpretato, e del tutto scevro da residue incertezze, avendo correttamente sottolineato come, la’ dove i contraenti ebbero a prevedere il pagamento di una somma di danaro a titolo di corrispettivo per il recesso dal contratto (come espressamente avvenuto nel caso di specie), dovesse radicalmente escludersi il ricorso di una caparra confirmatoria, avendo propriamente le parti stipulato un accordo evidentemente riconducibile alla figura della multa penitenziale, destinata ad assolvere alla medesima funzione della caparra penitenziale (dalla prima distinta per l’anticipazione della corresponsione: v. Sez. 2, Sentenza n. 6558 del 18/03/2010, Rv. 611811 – 01);
a tale ultimo riguardo, e’ appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale la caparra penitenziale (che si ha quando alla stipulazione del diritto di recesso si accompagna alla dazione di una somma di danaro o di altra quantita’ di cose fungibili), o la multa penitenziale (quale corrispettivo previsto per il recesso), a differenza della caparra confirmatoria funziona non gia’ come un risarcimento del danno per la mancata esecuzione del contratto, ma come corrispettivo del recesso per volonta’ unilaterale; l’accertamento concreto della volonta’ delle parti di dar vita all’una o all’altra figura compete al giudice del merito, e il suo apprezzamento al riguardo e’ incensurabile in sede di legittimita’, ove sorretto da motivazione esauriente ed immune da vizi logici e giuridici (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 6577 del 05/12/1988, Rv. 460886 – 01);
ne deriva la piena correttezza della decisione impugnata nella parte in cui, interpretando la clausola de qua alla stregua di una multa penitenziale, ha escluso l’utilizzabilita’ di tale parametro ai fini della liquidazione dei danni rivendicati dalla societa’ odierna ricorrente come conseguenza dell’inadempimento della controparte;
sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;
non vi e’ luogo per l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimita’, non avendo le parti intimate svolto difese in questa sede;
dev’essere, infine, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della societa’ ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, comma 1-quater, dell’articolo 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, del comma 1-quater, dell’articolo 13.

 

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