Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 11357.
Azione revocatoria fallimentare e lo stato di insolvenza del debitore nel cd. periodo sospetto
In tema di azione revocatoria fallimentare, lo stato di insolvenza del debitore nel cd. “periodo sospetto” anteriore alla dichiarazione di fallimento è oggetto di una presunzione “iuris et de iure” derivante dalla stessa apertura della procedura concorsuale, con la conseguenza che, da un lato, la procedura attrice non è tenuta a fornire alcuna dimostrazione positiva del ricorrere di detto stato al momento dell’esecuzione dell’atto revocando, mentre il convenuto, dall’altro, non è ammesso a provare che il debitore versava in una mera situazione di temporanea difficoltà ad adempiere, né siffatto accertamento può essere compiuto d’ufficio dal giudice del merito.
Ordinanza|| n. 11357. Azione revocatoria fallimentare e lo stato di insolvenza del debitore nel cd. periodo sospetto
Data udienza 15 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Azione revocatoria fallimentare ex art. 67 co 2 l. fall. – Rimesse solutorie – Revoca – Eventus damni – Scientia decoctionis – Stato di insolvenza – Periodo sospetto – Presunzione iure et de iure – Deriva dall’apertura della procedura concorsuale – Sintomi del dissesto percepiti dall’accipiens – Termini d’uso ex art. 67 co 3 lett. a l. fall.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. ABETE Luigi – Consigliere
Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35831-2018 R.G. proposto da:
(OMISSIS) s.p.a., con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3894-2018 depositata in data 8/6/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/3/2023 dal Consigliere Alberto Pazzi.
Azione revocatoria fallimentare e lo stato di insolvenza del debitore nel cd. periodo sospetto
Rilevato che:
1. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 16469-2014, rigettava la domanda proposta da (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria (d’ora innanzi, per brevita’, (OMISSIS) in a.s. o l'(OMISSIS)) perche’ fossero revocate le rimesse (per complessivi Euro 2.208.621,76) effettuate dalla compagnia in favore di (OMISSIS) s.p.a. a saldo di numerose fatture relative a diritti e servizi aeroportuali afferenti all’aeroporto (OMISSIS), gestito dalla convenuta.
2. Il gravame proposto da (OMISSIS) in a.s. contro la decisione veniva parzialmente accolto dalla Corte d’appello di Roma.
La corte del merito condivideva la decisione del primo giudice quanto alle rimesse per Euro 1.308.103,88, effettuate in favore di (OMISSIS) a decorrere dal 24 aprile 2008, non essendo le stesse revocabili in virtu’ dell’esenzione prevista dalla l. 80 del 2008, articolo 1, comma 3.
Riteneva invece, rispetto alle rimesse avvenute in epoca antecedente, che la prassi di un costante ritardo nei pagamenti non potesse costituire un valido elemento di valutazione al fine di sottrarre al regime della revocatoria fallimentare quelli eseguiti nel periodo sospetto.
Aggiungeva che l’eventus damni risultava intrinseco, in considerazione della lesione cosi’ provocata alla par condicio creditorum.
Reputava, infine, che l’ampio clamore giornalistico che aveva accompagnato le vicende di (OMISSIS) fosse sufficiente a dimostrare la scientia decoctionis in capo a un operatore qualificato come (OMISSIS). Dichiarava, pertanto, revocabili i pagamenti effettuati da (OMISSIS) in periodo sospetto fino al 23 aprile 2008, per complessivi Euro 689.323,49, e condannava (OMISSIS) alla restituzione alla procedura appellante di tale somma.
3. Per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 18 giugno 2018, ha proposto ricorso (OMISSIS) s.p.a. prospettando sei motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso (OMISSIS) in a.s..
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis.1 c.p.c..
Azione revocatoria fallimentare e lo stato di insolvenza del debitore nel cd. periodo sospetto
Considerato che:
4. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., 2697, 2727 e 2729 c.c., 67, comma 2, e 5 l. fall., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poiche’ la corte d’appello ha erroneamente fatto applicazione dell’articolo 67, comma 2, l. fall. ritenendo dimostrata la sussistenza del requisito della scientia decoctionis in capo all’accipiens sulla base delle sole notizie di stampa che all’epoca si erano diffuse in ordine alla situazione di (OMISSIS).
In questo modo la corte di merito, da un lato, ha trascurato – in tesi – di considerare che la procedura appellante non aveva provato che all’epoca dei pagamenti la compagnia versasse in stato di effettiva insolvenza piuttosto che di mera crisi, dall’altro ha omesso di indicare le ragioni per le quali un singolo elemento presuntivo, pur in assenza di altri, fosse stato ritenuto sufficiente a fondare la valutazione di effettiva conoscenza compiuta.
5. Il motivo risulta in parte infondato, in parte inammissibile.
5.1 Lo stato di insolvenza del debitore nel cd. periodo sospetto anteriore alla dichiarazione di fallimento e’ oggetto di una presunzione iuris et de iure derivante dalla stessa apertura della procedura concorsuale, sicche’ il giudice del merito, ai fini della prova in questione, deve soltanto verificare se, nel medesimo periodo e con riguardo al tempo degli atti revocandi, si siano manifestati all’esterno i sintomi del dissesto e come tali siano stati percepiti dall’accipiens (Cass. 6575/2018); cosicche’ ne’ il convenuto con l’azione revocatoria fallimentare puo’ essere ammesso a provare che il debitore, nel cosiddetto periodo sospetto anteriore alla dichiarazione di fallimento, non versava in stato di insolvenza, ma solo in una situazione di temporanea difficolta’ ad adempiere, ne’, tanto meno, la procedura attrice deve fornire alcuna dimostrazione positiva del ricorrere dello stato di insolvenza al momento dell’esecuzione dell’atto revocando, ne’ siffatto accertamento puo’ essere compiuto d’ufficio dal giudice del merito (Cass. 4559/2011).
Si deve percio’ escludere che la procedura appellante fosse tenuta a provare che (OMISSIS) versasse in stato di effettiva insolvenza all’epoca dei pagamenti di cui era stata chiesta la revoca.
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5.2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte la conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo contraente deve essere effettiva, ma puo’ essere provata anche con indizi e fondata su elementi di fatto, purche’ idonei a fornire la prova per presunzioni di tale effettivita’ (Cass. 3854/2019, Cass. 3336/2015).
Nell’operare la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione il giudice ben puo’ valorizzare le fonti di conoscenza rappresentate da una campagna di stampa nei confronti dell’imprenditore insolvente, con una valutazione in concreto delle sue caratteristiche, ovvero del numero delle notizie, della rilevanza nazionale e della dovizia di particolari narrati (Cass. 23650/2021).
La decisione impugnata, facendo puntuale applicazione di questi principi, ha messo in risalto – attraverso argomentazioni logiche ed obiettivamente idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal collegio di appello per la formazione del proprio convincimento – la generalita’ dei mezzi di informazione che si erano occupati delle vicende di (OMISSIS) (stampa specializzata e non, italiana ed estera), l’estensione grafica riservata al dissesto della compagnia aerea (intere pagine), il contenuto delle informazioni offerte (concernenti il dissesto, il suo continuo aggravamento e i tentativi di salvataggio) ed il protrarsi “per lunghissimo periodo” di una simile campagna di stampa al fine di evincerne la prova in via presuntiva della conoscenza dello stato di insolvenza da parte del soggetto convenuto in revocatoria fallimentare.
Risulta inammissibile in questa sede una censura che proponga una diversa lettura degli elementi presi in esame dal giudice del merito al fine di valutarne la pregnanza in termini di prova presuntiva e lamenti la mancata inclusione nel novero degli elementi valutati di talune circostanze, in quanto l’individuazione degli elementi rilevanti a tal fine e l’apprezzamento della loro gravita’, precisione e concordanza e’ rimessa all’apprezzamento di fatto del giudice di merito, a cui il disposto dell’articolo 116 c.p.c. attribuisce il compito di valutare le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, non rivedibile in questa sede di legittimita’ ove – come nel caso di specie – adeguatamente motivato; peraltro, la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non puo’ limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicita’ e contraddittorieta’ del ragionamento decisorio, restando escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (v. Cass. 8023/2009, Cass. 10847/2007, Cass. 1404/2001).
6. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., 2697, 2727 e 2729 c.c. e 67, commi 2 e 3, l. fall., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la corte d’appello, sulla base di un’erronea interpretazione di tali norme di legge e con un processo motivazionale viziato, ha riconosciuto la revocabilita’ di alcuni pagamenti effettuati, invece, nei cd. termini d’uso, cioe’ con le modalita’ utilizzate abitualmente nei rapporti commerciali fra i contraenti.
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7. Il motivo e’ fondato.
Il rinvio dell’articolo 67, comma 3, lettera a), l. fall. ai “termini d’uso”, ai fini dell’esenzione dalla revocatoria fallimentare per i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attivita’ d’impresa, attiene alle modalita’ di pagamento proprie del rapporto tra le parti e non gia’ alla prassi del settore economico di riferimento (Cass. 25162/2016).
Questa Corte (cfr. Cass. 7580/2019) ha gia’ avuto modo di chiarire che l’esenzione in parola attiene “non gia’ al contenuto del contratto, ma all’ambito “fattuale” dell’andamento del rapporto e della esecuzione del negozio avuto riguardo alle concrete modalita’ di adempimento della prestazione, piuttosto che al contenuto delle clausole negoziali, dovendo attribuirsi rilevanza al “mutamento dei termini”, da intendersi come modifica delle modalita’ di pagamento invalse tra le parti. Deve infatti ritenersi che seppure la fonte dell’uso vada ricercata in primo luogo nella convenzione, se gli accordi originari sono stati nella prassi contrattuale tacitamente modificati, come accertato nel caso di specie, debba farsi riferimento al concreto atteggiarsi dell’esecuzione del rapporto. Di conseguenza, se il ritardo rispetto alla scadenza pattiziamente convenuta sia divenuto una consuetudine, senza determinare una specifica reazione della controparte, a parte l’intimazione di solleciti, tale prassi deve ritenersi prevalente rispetto al regolamento negoziale. Poiche’ dunque, ai sensi dell’articolo 67 comma 3 lett a) l.f. occorre fare riferimento alla prassi, sia pure fondata sulla tolleranza, cio’ che rileva e’ l’eventuale difformita’ dei tempi e dei modi dei pagamenti non gia’ rispetto a quanto pattuito ma a quanto verificatosi in precedenza tra le parti”.
Dunque, il giudice di merito e’ tenuto a verificare anche l’eventuale sistematica tolleranza del creditore di ritardi nei pagamenti rispetto alle scadenze pattiziamente convenute, perche’ l’articolo 67, comma 3, lettera a), l. fall. deve essere interpretato nel senso che non sono revocabili quei pagamenti che siano stati eseguiti ed accettati in termini diversi rispetto a quelli contrattualmente previsti, quando l’accipiens dimostri che, anche mediante comportamenti di fatto, i plurimi adempimenti con le nuove caratteristiche non possono piu’ considerarsi eseguiti “in ritardo”, essendo ormai divenuti esatti adempimenti (cfr. Cass. 27939/2020).
La decisione impugnata confligge, patentemente, con simili principi la’ dove, invece, ha ritenuto – peraltro con una motivazione inidonea a rappresentare l’iter logico-intellettivo seguito dal giudicante per arrivare alla decisione – che “la prassi del ritardo costante nei pagamenti… non puo’ costituire valido elemento di valutazione al fine di sottrarre al regime ordinario della revoca fallimentare le rimesse eseguite in periodo sospetto e lesive delle ragioni della massa” (pag. 5 della decisione impugnata).
8. L’accoglimento della seconda censura comporta l’assorbimento del quarto mezzo (con cui la ricorrente ha lamentato che la Corte d’appello non si sia in alcun modo pronunziata in ordine all’applicabilita’, al caso in esame, del criterio del massimo scoperto previsto dall’articolo 70, comma 3, l. fall., ritenendo la questione apoditticamente assorbita), perche’ quanto in precedenza statuito esclude la necessita’ di provvedere anche su tale questione.
9. Il terzo motivo assume la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., 2697, 2727 e 2729 c.c., 1022 e 1023 c.n., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perche’ la Corte d’appello non ha in alcun modo pronunziato con riferimento alla mancata prova della sussistenza dell’eventus damni.
10. Il motivo e’ infondato.
In vero, ai fini della revoca dei pagamenti effettuati dall’imprenditore nel periodo sospetto, ex articolo 67, comma 2, l. fall., l’eventus damni e’ in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all’uscita della somma di denaro utilizzata dalla massa in conseguenza all’atto di disposizione.
Non assume poi rilievo la circostanza che il pagamento sia stato effettuato in favore di un creditore privilegiato: questa circostanza, infatti, non esclude la possibile lesione della par condicio, meno l’interesse all’azione da parte della procedura concorsuale, poiche’ e’ solo in seguito alla ripartizione dell’attivo che potra’ verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che successivamente all’esercizio dell’azione revocatoria potrebbero eventualmente insinuarsi (Cass. 2218/2022, Cass. 16565/2018).
La decisione impugnata non erra percio’ nel rilevare (a pag. 5) che “l’eventus damni risulta(va) intrinseco in considerazione della lesione della par condicio creditorum”.
11. Il quinto motivo di impugnazione adduce la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., 2697, 2727 e 2729 c.c. e 67 l. fall., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della controversia, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perche’ la Corte d’appello non ha in alcun modo pronunziato con riferimento all’irrevocabilita’ dei pagamenti in ragione della natura di servizio pubblico essenziale dell’attivita’ svolta da (OMISSIS) in favore di (OMISSIS).
Una simile natura impediva a (OMISSIS) di interrompere l’erogazione delle proprie prestazioni, rendendo di conseguenza irrevocabili – in tesi – i pagamenti ricevuti.
12. Il motivo e’ inammissibile.
La sentenza impugnata non fa il minimo cenno alla questione prospettata con la censura in esame, che dalla lettura della decisione non risulta fosse stata posta dall’appellante incidentale; ne’ dalla narrativa del ricorso per cassazione, come pure dallo svolgimento dei motivi, risulta che (OMISSIS), nel corso del giudizio di appello, avesse allegato di aver ricevuto pagamenti non revocabili perche’ remunerativi di prestazioni che erano state funzionali allo svolgimento di un servizio pubblico essenziale.
Sicche’ trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, e’ onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’ per novita’ della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (si vedano in questo senso, per tutte, Cass. 6089/2018, Cass. 23675/2013).
13. L’accoglimento, nei limiti sopra indicati, del ricorso determina gli effetti previsti dall’articolo 336, comma 2, c.p.c. e comporta, conseguentemente, l’assorbimento anche del sesto motivo di ricorso, relativo alla disciplina delle spese di lite.
14. All’accoglimento del secondo motivo di ricorso conseguono la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, la quale, nel procedere a nuovo esame, si atterra’ ai principi sopra illustrati e avra’ cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e il terzo motivo, dichiara assorbiti il quarto e il sesto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
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