Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 18050.
Azione personale di restituzione oppure azione di rivendicazione
La domanda con cui l’attore chieda di dichiarare abusiva ed illegittima l’occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene ed al risarcimento dei danni da essa derivanti, senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico, che avesse giustificato la consegna della cosa e la relazione di fatto sussistente tra questa ed il medesimo convenuto, non dà luogo ad un’azione personale di restituzione, e deve qualificarsi come azione di rivendicazione. Al riguardo, inoltre, non può ritenersi che detta domanda sia qualificabile come di restituzione, in quanto tendente al risarcimento in forma specifica della situazione possessoria esistente in capo all’attore prima del verificarsi dell’abusiva occupazione, non potendo il rimedio ripristinatorio ex articolo 2058 Cc surrogare, al di fuori dei limiti in cui il possesso è tutelato dal nostro ordinamento, un’azione di spoglio ormai impraticabile.
Ordinanza|| n. 18050. Azione personale di restituzione oppure azione di rivendicazione
Data udienza 29 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Proprietà – Impianto di trasmissione e diffusione radio/televisiva – Occupazione senza titolo – Usucapione – Onere della prova – Ripartizione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere
Dott. GIANNITTI Pasquale – Consigliere
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. TASSONE Stefania – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 4745/2020 proposto da:
Comune di (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) e rappresentato e difeso
dall’avv (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) in proprio nonche’ quale legale rappresentante della (OMISSIS) Srl (gia’ ditta individuale (OMISSIS)) nonche’ della (OMISSIS) Srl, elettivamente domiciliati in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 7071/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/03/2023 dal consigliere ENRICO SCODITTI.
Azione personale di restituzione oppure azione di rivendicazione
Rilevato che
il Comune di (OMISSIS), premessa la propria qualita’ di proprietario di un terreno sito in (OMISSIS) – localita’ (OMISSIS) alla p.lla (OMISSIS) fg. (OMISSIS), abusivamente occupato con opere e impianti di trasmissione e diffusione radio e/o televisiva, convenne in giudizio con distinti atti di citazione innanzi al Tribunale di Cassino (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) quale titolare di omonima ditta individuale chiedendo l’ordine di cessazione della detta occupazione senza titolo e la condanna al risarcimento del danno. Si costituirono le societa’ convenute, alcune delle quali chiamando in causa (OMISSIS) a fini di manleva. Riuniti i giudizi, il Tribunale adito accolse la domanda e, previa dichiarazione che il Comune era proprietario dell’area, condanno’ le societa’ convenute alla rimozione degli impianti ed al rilascio dell’area nonche’ al risarcimento del danno nella misura di Euro 500,00 mensili a decorrere dal 14 marzo 2002 fino al rilascio; condanno’ altresi’ il (OMISSIS) a tenere indenni (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l., (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.p.a. degli importi corrisposti. Avverso detta sentenza propose appello (OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante di (OMISSIS) s.r.l.. il Comune propose appello incidentale. Con sentenza di data 18 novembre 2019 la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello, rigetto’ la domanda e rigetto’ l’appello incidentale.
Osservo’ la corte territoriale che la domanda proposta aveva natura di rivendica ai sensi dell’articolo 948 c.c., essendo fondata sul diritto di proprieta’, e che il Comune non aveva assolto l’onere della prova del titolo originario d’acquisto, sino al primo acquisto, o dell’acquisto per usucapione. Aggiunse che il Tribunale si era erroneamente uniformato alle risultanze catastali, come pure alla mera presunzione derivante dall’appartenenza al Comune di un fondo limitrofo a quello in questione. Osservo’ infine che dall’accoglimento dell’appello ed il rigetto della domanda discendeva anche il rigetto dell’appello incidentale.
Ha proposto ricorso per cassazione il Comune di (OMISSIS) sulla base di sette motivi e resiste con controricorso (OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante di (OMISSIS) s.r.l. (gia’ ditta individuale (OMISSIS)) e di (OMISSIS) s.r.l.. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.
Azione personale di restituzione oppure azione di rivendicazione
Considerato che
con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 342, 163 e 345 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che, come eccepito nella comparsa di costituzione, l’atto di appello era inammissibile ai sensi dell’articolo 342, anche quanto all’impugnazione proposta dal (OMISSIS), poiche’ non si comprendeva se da costui proposta quale convenuto o terzo chiamato. Aggiunge che l’atto di appello era anche inammissibile in quanto, nonostante che sia il (OMISSIS) che (OMISSIS) – sia nella comparsa di costituzione che nell’interrogatorio formale – avessero “offerto di pagare un giusto canone per l’occupazione del suolo comunale”, con cio’ riconoscendo la proprieta’ comunale dell’area, con l’impugnazione era stata proposta la nuova impugnazione della carenza di proprieta’ da parte del Comune.
Il motivo e’ infondato.
Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per la mancata notificazione del medesimo alle altre parti del giudizio di appello. In disparte il rilievo che l’eccezione, ove fondata, avrebbe imposto l’integrazione del contraddittorio e non la pronuncia di inammissibilita’ del ricorso, le cause promosse dal Comune con i diversi soggetti occupanti senza titolo l’immobile comunale, secondo la prospettazione attorea, attengono a rapporti scindibili in quanto integranti una fattispecie di litisconsorzio facoltativo. Quanto poi ad (OMISSIS), la sua qualita’ di litisconsorte processuale in relazione alle chiamate in garanzia rileva nel rapporto interno al singolo rapporto processuale fra il Comune ed il convenuto litisconsorte facoltativo, per cui il rapporto scisso reca con se’ anche la chiamata in garanzia.
La censura per violazione dell’articolo 342 e’ inammissibile. La deduzione della questione dell’inammissibilita’ dell’appello, a norma dell’articolo 342 c.p.c., integrante “error in procedendo”, che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimita’, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilita’ del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificita’ di cui all’articolo 366, comma 1, n. 4 e n, 6, c.p.c., che deve essere modulato, in conformita’ alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticita’ e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attivita’ del giudice di legittimita’ e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza” (da ultimo Cass. n. 3612 del 2022). La censura non rispetta l’onere processuale poiche’ manca del tutto della specifica indicazione, anche mediante essenziale trascrizione, della parte rilevante dell’atto di appello ai fini della verifica del rispetto di quanto disposto dall’articolo 342.
La censura per violazione dell’articolo 345 e’ invece infondata. Il divieto di nuove eccezioni attiene a quelle che non siano anche rilevabili d’ufficio. La carenza del diritto di proprieta’ attiene all’esistenza del fatto costitutivo ed e’ dunque rilevabile d’ufficio. Sul punto e’ stato impugnato il riconoscimento da parte del Tribunale dell’esistenza del fatto costitutivo rappresentato dalla titolarita’ del diritto di proprieta’.
Azione personale di restituzione oppure azione di rivendicazione
Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 948 c.c. e 112 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che l’azione proposta ha natura personale e non reale poiche’ non risulta dedotta la negazione da parte degli occupanti della proprieta’ comunale dell’area, tant’e’ che in giudizio essi hanno chiesto al Comune il rilascio di un titolo per l’occupazione, ma solo l’installazione sulla predetta area di opere e impianti, nonche’ il possesso da parte del Comune, ed e’ pertanto azione volta alla cessazione di tale condotta.
Il motivo e’ infondato. Non e’ ravvisabile una azione personale di tipo risarcitorio anche in forma specifica, come sarebbe quella diretta alla cessazione di immissioni ai sensi dell’articolo 844 c.c., ove all’azione di natura reale esperita dal proprietario del fondo puo’ cumularsi quella personale di tipo risarcitorio (cfr. Cass. Sez. U. n. 4848 del 2013). L’azione e’ stata proposta dal proprietario in relazione all’occupazione senza titolo dell’immobile. La domanda con cui l’attore chieda di dichiarare abusiva ed illegittima l’occupazione di un immobile di sua proprieta’ da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene ed al risarcimento dei danni da essa derivanti, senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico, che avesse giustificato la consegna della cosa e la relazione di fatto sussistente tra questa ed il medesimo convenuto, non da’ luogo ad un’azione personale di restituzione, e deve qualificarsi come azione di rivendicazione; ne’ puo’ ritenersi che detta domanda sia qualificabile come di restituzione, in quanto tendente al risarcimento in forma specifica della situazione possessoria esistente in capo all’attore prima del verificarsi dell’abusiva occupazione, non potendo il rimedio ripristinatorio ex articolo 2058 c.c. surrogare, al di fuori dei limiti in cui il possesso e’ tutelato dal nostro ordinamento, un’azione di spoglio ormai impraticabile (Cass. n. 705 del 2013).
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2727, 2729 e 2730 c.c., 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che sia il (OMISSIS) che (OMISSIS) – sia nella comparsa di costituzione che nell’interrogatorio formale – hanno affermato di avere “offerto di pagare un giusto canone per l’occupazione del suolo comunale” e di avere chiesto al Comune il rilascio di un titolo per l’utilizzazione dell’area, cosi’ riconoscendo la proprieta’ in capo al medesimo Comune dell’area in questione.
Il motivo e’ fondato. E’ principio risalente della giurisprudenza di legittimita’ quello secondo cui in tema di rivendicazione il rigoroso onere probatorio cui e’ soggetto l’attore (cosiddetta probatio diabolica) – che consiste nella prova della proprieta’ del bene, risalendo, anche attraverso i propri danti causa, sino ad un acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il compimento dell’usucapione, mediante il cumulo dei successivi possessi uti dominus – si attenua in relazione al comportamento ed alla linea difensiva della controparte (cfr. ad esempio Cass. n. 8394 del 1990). Il Comune ricorrente ha dedotto nel motivo di ricorso circostanze, relative al comportamento ed alla linea difensiva della controparte, che il giudice del merito ha omesso di valutare ai fini dell’attenuazione dell’onere probatorio incombente sul rivendicante. Tale valutazione dovra’ essere svolta dal giudice in sede di rinvio.
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 948, 922, 1158, 2727, 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che il Comune ha provato la titolarita’ della proprieta’ dell’area mediante la documentazione in atti (il registro dell’Archivio di Stato, l’estratto catastale, il P.R.G. e l’elenco dei beni del Comune) e che la prova della proprieta’ e’ stata offerta anche con riferimento all’acquisto per usucapione, come si evince dai dati risultanti dal registro dell’Archivio di Stato, dalla circostanza che sul terreno de quo e’ stato realizzato il cimitero, nonche’ dalla testimonianza del responsabile dell’ufficio tecnico comunale.
Il quarto motivo e’ parzialmente fondato. Con riferimento all’acquisto derivativo la censura e’ assorbita dall’accoglimento del precedente motivo. Quanto all’acquisto per usucapione la censura puo’ essere riqualificata, avuto riguardo allo scopo della critica della decisione, come denuncia di motivazione apparente. Nella decisione impugnata non vi e’ un rilievo di carenza del fatto costitutivo della domanda in relazione alla dedotta usucapione, il che presuppone che dei fatti in tal senso fossero stati allegati anche in via documentale (come del resto si desume dall’articolazione del motivo). Vi e’ tuttavia la mera asserzione di un mancato assolvimento dell’onere probatorio in ordine all’assenza di un acquisto per usucapione, senza alcuna indicazione delle ragioni per le quali l’onere in discorso non sarebbe stato assolto. La motivazione, alla luce di questo tono assertivo, e’ pertanto meramente apparente e al di sotto della soglia del minimo costituzionale.
Azione personale di restituzione oppure azione di rivendicazione
Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 948, 822, 823, 824, 817 e 818 c.c., 338 Testo unico delle leggi sanitarie, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. nonche’ omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la parte ricorrente che con l’atto di appello era stata dedotta in linea subordinata, in mancanza di riconoscimento del diritto di proprieta’, la natura di bene demaniale dell’area in questione, essendo stato allegato in giudizio, anche con la memoria ai sensi dell’articolo 183 c.p.c., che il sito presenta una fortezza naturale, ha sempre ospitato fortezze e vi sono le vestigia di un antico (OMISSIS) e che pertanto il sito rientra fra gli immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia (peraltro con deliberazione del Consiglio comunale n. 17 del 2015 e’ stata istituita la “Riserva archeologica dell’antico (OMISSIS) di (OMISSIS)”). Aggiunge che la natura demaniale deriva dal fatto che trattasi di area pertinente al cimitero comunale. Osserva ancora che nell’atto di appello e’ stata evidenziata l’infondatezza di quanto affermato dal Tribunale circa il mancato inserimento dell’area nel registro di cui all’articolo 4 L. n. 1098 del 1939 o di un atto della competente Soprintendenza, avendo il detto inserimento natura meramente dichiarativa. Aggiunge infine che l’esistenza del (OMISSIS) risulta documentata in pubblicazione prodotta in primo grado ed e’ stata confermata dai testimoni.
Il motivo e’ inammissibile. La censura ha ad oggetto il mancato esame del fatto costituito dalla sottoposizione del bene di cui e’ stata lamentata l’occupazione senza titolo al regime del demanio pubblico ai sensi degli articoli 824 e 822 c.c., sia sotto il profilo del riconoscimento dell’interesse storico e archeologico a norma delle leggi in materia, sia sotto il profilo della presenza del cimitero. Il demanio pubblico appartiene alla disciplina dei beni e non della proprieta’ e dunque integra un fatto costitutivo autonomo e indipendente da quello relativo al diritto di proprieta’. Il ricorrente ha indicato nel motivo di avere fin dal primo grado dedotto la presenza nell’area delle vestigia di un antico (OMISSIS) e che l’area sarebbe pertinente al cimitero, ma, in disparte l’imprecisione della nozione di pertinenza al cimitero posto che in base all’articolo 824 solo quest’ultimo e’ soggetto al regime del demanio pubblico per cui resta non chiarito in cosa consisterebbe la pertinenza in questione, in violazione dell’onere di cui all’articolo 366 comma 1 n. 6 c.p.c. il Comune ricorrente non ha specificatamente indicato se la demanialita’ del bene sia stata allegata quale specifico fatto costitutivo della domanda, in aggiunta a quello del diritto di proprieta’, o la presenza del (OMISSIS) e del cimitero sia stata indicata come mera circostanza di fatto nell’ambito del fatto costitutivo proprietario.
Azione personale di restituzione oppure azione di rivendicazione
Nel motivo di ricorso si trascrive inoltre una parte della comparsa di costituzione in appello, nella quale si da’ atto di una valutazione che sarebbe stata fatta dal Tribunale circa la rilevanza archeologica del bene e si muovono critiche a tale valutazione. Sempre in violazione dell’articolo 366 n. 6 non vi e’ alcuna esposizione del contenuto della motivazione della sentenza di primo grado, anche con riferimento all’aspetto in esame, e non e’ possibile apprendere dal ricorso se sul punto sia stato proposto un appello incidentale (che, come sembra evincersi dai motivi successivi e dalla motivazione della sentenza impugnata, sarebbe stato proposto solo con riferimento al mancato accoglimento della domanda anche nei confronti di (OMISSIS) quale titolare della ditta individuale ed all’epoca di risalenza del pregiudizio riconosciuto). Stanti tali lacune del ricorso, non e’ possibile accertare se sull’eventuale assenza di demanialita’ si sia formato un giudicato interno.
Con il sesto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 922, 1158, 948, 823, 824, 2043 e 2041 c.c., 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. nonche’ omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la parte ricorrente che la domanda era stata proposta anche nei confronti di (OMISSIS) quale titolare della omonima ditta individuale e che con l’appello incidentale era stata censurata l’omessa pronuncia su tale domanda, essendosi limitato il Tribunale a provvedere sulla chiamata in garanzia del (OMISSIS).
Con il settimo (indicato come sesto) motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2730 c.c., 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. nonche’ omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la parte ricorrente che con l’appello incidentale era stato lamentato che nei confronti di (OMISSIS) il risarcimento era stato disposto a partire dal 14 marzo 2002 anziche’ dall’anno 1990, o in via subordinata dal 1995.
Il sesto ed il settimo motivo, da trattare congiuntamente, sono parzialmente fondati. Il giudice di appello, in luogo di pronunciare l’assorbimento una volta ritenuta l’insussistenza del titolo proprietario, ha rigettato l’appello incidentale. Alla luce del rigetto i motivi in esame non possono essere dichiarati assorbiti, ma vanno accolti nei limiti della fondatezza del terzo e quarto motivo, e cioe’ con riferimento alla questione proprietaria su cui ha statuito la corte territoriale. Per il resto vanno dichiarati assorbiti.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo e parzialmente il quarto, il sesto ed il settimo motivo, per il residuo assorbiti, rigettando per il resto il ricorso; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimita’.
Azione personale di restituzione oppure azione di rivendicazione
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