Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 15 novembre 2018, n. 6442.

La massima estrapolata:

L’art. 16, comma 2, L. n. 68 del 1999 non può essere inteso nel senso che la riserva di cui all’art. 8, l. n. 68 del 1999 possa essere considerata come scissa dallo stato di disoccupazione (il quale risulta sempre necessario), ma vada vista come disposizione di carattere generale la quale consente, in definitiva e con previsione di favore, l’assunzione del disabile non più disoccupato, purché in possesso del suddetto requisito all’atto della partecipazione al concorso.

Sentenza 15 novembre 2018, n. 6442

Data udienza 8 novembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale

Sezione Sesta

ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1002 del 2013, proposto da
An. Ve., rappresentato e difeso dagli avvocati An. Bo. e Gi. De Vi., domiciliato presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza (…);
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca ed altri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Gi. Sa. e Fr. Ga. non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, n. 1250/2012.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Ufficio Scolastico Regionale della Campania;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2018 il Cons. Giordano Lamberti e udito l’avvocato Ma. St. Me. dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – Con decreto del Direttore Generale – Direzione Generale per il personale della scuola – del 02 febbraio 2004, pubblicato sulla G.U. n. 10, 4^ Serie Speciale, del 06 febbraio 2004, era indetto un concorso per un certo numero di posti d’insegnante di religione cattolica nella scuola di I° e II°, compresi nell’ambito territoriale di ciascuna diocesi.
2 – L’appellante, Ve. An., partecipava al concorso, collocandosi al 57° posto della graduatoria, con il punteggio di 36,40.
3 – Avverso tale graduatoria, Ve. An. ha proposto ricorso (n. 1336/2005) avanti il T.A.R. per la Campania, Sezione di Salerno, lamentando che non gli era stato riconosciuto il titolo di riserva, quale invalido civile di cui alla lettera “N” dell’allegato 2 del bando di concorso; e che non era stata riconosciuta, quale titolo aggiuntivo, la laurea in Giurisprudenza.
3 – Il T.A.R. per la Campania, con la sentenza n. 1250 del 2012, ha respinto il ricorso.
4 – Con il primo motivo di appello nei confronti di tale pronuncia, si ripropone la censura del ricorso originario con la quale il ricorrente aveva dedotto la violazione del D.D.G. del 02 febbraio 2004 in riferimento all’allegato 5 capo B2) lett. h, inerente i titoli di qualificazione professionale, dal momento che non gli era stato attribuito il punteggio aggiuntivo di 0,50 punti per essere in possesso della laurea in giurisprudenza.
A questo riguardo, il T.A.R. ha ritenuto infondata la doglianza, rilevando che “ogni titolo aggiuntivo valutabile avrebbe dovuto avere grado accademico superiore ed avrebbe dovuto essere rilasciato da autorità ecclesiastica”.
Secondo l’appellante tale conclusione sarebbe errata e non conforme al dettato delle disposizioni del bando di concorso. In particolare, l’appellante sostiene che sarebbe improbabile che il bando abbia voluto includere, nei titoli di derivazione ecclesiale, quelli conseguiti in discipline diverse, dovendosi invece interpretare le disposizioni nel senso che, sarebbe valutabile anche la laurea in giurisprudenza, in quanto conseguita in disciplina diversa rispetto a quella ecclesiale.
5.1 – La prospettazione dell’appellante non può essere condivisa, ponendosi in contrasto con la chiaro tenore della disposizione del bando citata.
Infatti, come già argomentato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 settembre 2017, n. 4307), la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni operazione intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti e la par condicio dei concorrenti.
5.2 – La disposizione del bando in questione, relativa ai titoli validi per l’accesso all’IRC nelle scuole secondarie di primo e secondo grado, alla lettera h), dispone che, per coloro che sono in possesso dei titoli di accesso di cui alla lettera d) ed e), i titoli valutabili in aggiunta a quello di accesso devono essere di grado accademico superiore ad esso e comunque rilasciati da autorità ecclesiastiche.
Alla luce della corretta interpretazione di tale disposizione, da effettuarsi alla stregua degli artt. 1362 ss. c.c., e dunque privilegiando il suo tenore letterale, non può che confermarsi la valutazione effettuata dal T.A.R.
Infatti, il Veneri ha utilizzato, come titolo di accesso al concorso, il diploma di magistero in scienze religiose rilasciato da un istituto superiore (Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Istituto Superiore di Scienze Religiose “Sa. Ma. M. Ko. ” di Vallo della Lucania); ne consegue che ogni titolo aggiuntivo valutabile avrebbe dovuto avere grado accademico superiore ed avrebbe dovuto essere rilasciato da un’autorità ecclesiastica, situazione questa non riscontrabile nel diploma di laurea in giurisprudenza prodotto dal ricorrente, conseguito presso l’Università degli Studi di Salerno.
6 – Con la seconda censura proposta, l’appellante contesta il mancato riconoscimento della riserva in tema di tutela del diritto al lavoro dei disabili, ai sensi della legge n. 68 del 12 marzo 1999.
Il T.A.R. ha osservato che il ricorrente per invocare l’applicazione delle disposizioni della legge n. 68/1999 avrebbe dovuto comprovare tale qualità, attraverso la presentazione del certificato di iscrizione nell’elenco dei disabili presso l’Ufficio Provinciale e della Massima Occupazione di cui all’art. 8 della medesima legge.
6.1 – La sentenza impugnata deve essere integralmente confermata anche su tale punto.
L’art. 16 comma 2 della legge n. 68/1999 prevede che: “i disabili che abbiano conseguito le idoneità nei concorsi pubblici possono essere assunti, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui all’articolo 3, anche se non versino in stato di disoccupazione e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso”.
La norma citata consente effettivamente l’assunzione del disabile non più disoccupato, ma non esclude la necessità che quest’ultimo requisito debba sussistere al momento della partecipazione al concorso.
Non può infatti prestarsi adesione alla diversa interpretazione secondo la quale le assunzioni privilegiate del personale disabile sarebbero ormai consentite a prescindere dal possesso dello stato di disoccupazione, sia al momento iniziale della procedura, sia al momento dell’approvazione della graduatoria e della successiva chiamata per l’assunzione.
Il Collegio ritiene, invero, di dare continuità al proprio consolidato orientamento (cfr. Cons. St., Sez. VI, 5 febbraio 2010, n. 525) secondo cui: “l’art. 16 comma 2, l. n. 68 del 1999, cit. non può essere inteso nel senso che la riserva di cui all’art. 8, l. n. 68 del 1999 possa essere considerata come scissa dallo stato di disoccupazione (il quale risulta sempre necessario), ma vada vista come disposizione di carattere generale la quale consente, in definitiva e con previsione di favore, l’assunzione del disabile non più disoccupato, purché in possesso del suddetto requisito all’atto della partecipazione al concorso (in tal senso: Cons. Stato, Sez. VI, sent. 23 maggio 2008, n. 2490; id., Sez. VI, sent. 29 aprile 2008, n. 1910)”.
La richiamata interpretazione appare l’unica sistematicamente possibile in base al dato testuale di cui all’art. 7 della citata legge la quale, nell’indicare le modalità delle assunzioni obbligatorie, dispone che, per le assunzioni concorsuali, i lavoratori disabili debbano essere iscritti negli elenchi menzionati all’art. 8 comma 2, per poter beneficiare della riserva dei posti (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sent. 27 luglio 2007, n. 4181).
6.2 – In punto di fatto, come già rilevato anche dal T.A.R., deve osservarsi che l’appellante si è limitato a produrre, a comprova dello status di invalido civile, i verbali delle Commissioni medico-legali della ASL.
In applicazione delle disposizioni della legge n. 68 citata, egli avrebbe dovuto, invece, in sede di partecipazione, documentare la invocata qualità attraverso la presentazione di certificato di iscrizione nell’elenco dei disabili di cui all’art. 8 della legge.
9 – Per le ragioni esposte l’appello non può trovare accoglimento. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono poste a carico di parte appellante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, rigetta l’appello e condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite che si liquidano in Euro1.500, oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere, Estensore
Italo Volpe – Consigliere

Avv. Renato D’Isa

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