Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 4 giugno 2019, n. 24799.
La massima estrapolata:
In tema di associazione per delinquere il ruolo di promotore è attribuibile non solo a chi sia stato l’iniziatore dell’associazione, coagulando attorno a sé le prime adesioni e consensi partecipativi, ma anche a colui che contribuisce alla potenzialità pericolosa del gruppo già costituito, provocando l’adesione di terzi all’associazione e ai suoi scopi attraverso un’attività di diffusione del programma.
Sentenza 4 giugno 2019, n. 24799
Data udienza 13 marzo 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SARNO Giulio – Presidente
Dott. SOCCI Angelo M. – Consigliere
Dott. SCARCELLA Aless – rel. Consigliere
Dott. REYNAUD Gianni F. – Consigliere
Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 26/10/2018 del TRIB. LIBERTA’ di ANCONA;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. ALESSIO SCARCELLA;
sentite le conclusioni del PG, Dott. SECCIA DOMENICO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il difensore presente, Avv. (OMISSIS), che, al termine del proprio intervento, ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza 26.10.2018, il tribunale del riesame di Ancona rigettava il ricorso proposto nell’interesse dell’indagato (OMISSIS) avverso l’ordinanza del GIP del tribunale di Macerata 22.09.2018 che aveva applicato al medesimo la misura degli arresti domiciliari in relazione ai reati di associazione per delinquere, per essersi in particolare associato unitamente ad altri sodali allo scopo di commettere una pluralita’ di delitti tributari, segnatamente quelli di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e indebita compensazione (capi 2 e 3 della rubrica).
2. Contro la ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, iscritto all’Albo speciale previsto dall’articolo 613 c.p.p., articolando tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Deduce, con il primo motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 273 c.p.p. e articolo 416 c.p., comma 1 e correlato vizio di motivazione nella parte in cui l’ordinanza, pur attribuendo all’indagato unicamente il ruolo di associato al sodalizio, non avrebbe inspiegabilmente escluso nel dispositivo l’aggravante contestata all’indagato di essere il promotore e l’organizzatore dell’associazione; in subordine, contesta il difetto assoluto di motivazione circa la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del (OMISSIS) in merito alla suddetta aggravante di partecipazione qualificata.
Si censura l’ordinanza impugnata per aver attribuito all’indagato la qualifica di intraneus al sodalizio, incorrendo in una lettura non corretta delle risultanze probatorie, fermo restando il dato giuridico di una motivazione accusatoria distonica rispetto alla costruzione dogmatica che la motivazione avrebbe dovuto proteggere e confermare. In particolare, si osserva, nella descrizione dei ruoli all’interno del sodalizio, si intravede l’idea portante dell’accusa, ossia se l’intelligenza criminale e’ il reato di cui il (OMISSIS) si e’ macchiato, e’ sufficiente evidenziare come il comportamento dell’indagato sarebbe quello di uno sprovveduto, essendosi fatto pagare con crediti fiscali falsi, utilizzandoli nella propria dichiarazione fiscale, come ancora, per aver venduto i crediti fiscali della societa’ (OMISSIS) ad una societa’ foggiana in concordato, costruendo un percorso definito folle di accredito delle fiches fiscali, sottoposto a controllo dell’Agenzia delle Entrate, all’approvazione da parte del curatore e del giudice delegato del tribunale foggia, peraltro emettendo due fatture per l’attivita’ di mediazione professionale svolta nell’interesse della (OMISSIS), cio’ che denoterebbe stupidita’ piuttosto che genialita’. Diversamente da quanto contestato, invece, si sostiene nel primo motivo che l’indagato non avrebbe assunto il ruolo di promotore/organizzatore del sodalizio, essendosi esaurita la sua attivita’ nella ricerca di clienti cui cedere crediti esistenti/inesistenti, svolgendo egli questo tipo di attivita’ professionale, peraltro solo per una posizione creditoria della (OMISSIS) s.r.l. rimanendo estraneo alle compensazioni che hanno riguardato altre societa’. Diversamente, la promozione e la direzione avrebbero dovuto richiedere una ben diversa partecipazione, laddove invece e’ emerso che egli avrebbe partecipato solo a due riunioni del (OMISSIS) e del (OMISSIS), restando invece estraneo alle precedenti ed alle successive. Non vi sarebbe in atti alcuna telefonata, alcun contatto mail, salvo quelli con il (OMISSIS), cio’ che sarebbe insolito per un leader del sodalizio. In definitiva, in atti non vi sarebbero elementi per ritenere che il (OMISSIS) svolgesse il ruolo di promotore ne’ di organizzatore del sodalizio, senza peraltro che il tribunale sia riuscito a spiegare se egli sia, come e perche’, il promotore od organizzatore del sodalizio.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, violazione di legge in relazione all’articolo 273 c.p.p., comma 1 e articolo 416 c.p., comma 2 e correlato vizio motivazionale nella parte in cui l’ordinanza ha ritenuto sussistere gravi indizi di colpevolezza a carico del (OMISSIS) in ordine alla qualifica di partecipe del presunto sodalizio criminoso.
Si sostiene che dal fascicolo processuale emergerebbe una verita’ diversa, nel senso che (OMISSIS) e (OMISSIS) sarebbero due diverse entita’, distinte ed autonome, ossia un’associazione di due professionisti che lavora con il gruppo dei marchigiani cui appartiene anche il foggiano (OMISSIS) in frequente attrito con il collega foggiano (OMISSIS). In sostanza il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) avrebbero fatto gruppo a se’, cio’ spiegando le ragioni delle richieste di essere retribuiti, nonche’ le prestazioni ed i compensi indipendenti dalle vicende degli accollati, i rapporti conflittuali nella gestione del cliente, le incomprensioni con il (OMISSIS), il contenuto di alcune intercettazioni, tra cui in ricorso ne vengono richiamate alle pagg. 4/5 tre, ossia quella del (OMISSIS), quella del (OMISSIS) e quella del (OMISSIS). Secondo la prospettazione difensiva, i marchigiani si contrapporrebbero ai due foggiani (OMISSIS) e (OMISSIS), in una collaborazione circoscritta peraltro solo ad alcune operazioni riguardanti la societa’ (OMISSIS) e non altre societa’, peraltro nella convinzione del (OMISSIS) della felice ma regolare intuizione che l’operazione sottintende. Il programma sarebbe dunque assolutamente determinato, ossia quello di piazzare in compensazione quel credito fiscale, laddove nessun altro credito e’ affidato alla cura dell’avv. (OMISSIS), come dimostrato anche dai rapporti non idilliaci con gli altri componenti del sodalizio, che non avrebbe scelto i prestanome della societa’ (OMISSIS), e che non ha mai conosciuto alcuni di essi. Egli, in sostanza, sarebbe solo un professionista che ha intravisto nelle compensazioni fiscali una fonte di guadagno, guadagnando solo se trova clienti cui proporre l’operazione, esattamente come farebbe qualsiasi altro professionista officiato per un’opera di mediazione. Si aggiunge, poi, che a pag. 386 dell’ordinanza gli inquirenti sarebbero incorsi in una vera e propria svista accreditando al (OMISSIS) l’individuazione del prestanome, avendo invece i medesimi inquirenti prova esattamente del contrario. Non si tratterebbe peraltro della sola incongruenza logica e motivazionale, richiamandosi a tal proposito (pag. 6 del ricorso) una conversazione del (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS) che sarebbe stata interpretata in maniera non corretta dai giudici della cautela, fornendo il ricorrente una spiegazione del suo significato diversa da quella offerta dai giudici della frase “noi abbiamo il controllo totale in (OMISSIS)”. In sostanza, prosegue il ricorso, il quadro probatorio conforterebbe la sensazione che non si tratti di un sodalizio, o meglio che al medesimo sarebbero estranei il (OMISSIS) ed il (OMISSIS). I giudici, conclusivamente, sarebbero incorsi nella medesima erronea valutazione, confondendo il concorso con la partecipazione, ancora tutta da dimostrare, ma pur sempre limitata a due soggetti, in quanto tale non sussumibile nello schema del reato associativo.
2.3. Deduce, con il terzo motivo, violazione di legge in relazione ai capi 2) e 3) della rubrica, con cui sono stati ascritti i reati tributari per la fittizia esposizione di crediti IVA, in relazione all’articolo 273 c.p.p., comma 1 e Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 3 e articolo 2639 c.c., e correlato vizio di motivazione nella parte in cui l’ordinanza ha ritenuto sussistere i gravi indizi di colpevolezza in ordine alla qualifica di amministratore di fatto del (OMISSIS) della (OMISSIS) s.r.l. negli anni (OMISSIS), (OMISSIS), nella parte in cui ha ritenuto sussistere gravi indizi di colpevolezza in ordine alla consapevolezza dell’indagato della genesi illecita dei crediti IVA della (OMISSIS) s.r.l. e nella parte in cui ha ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza circa la natura artificiosa dei crediti IVA della (OMISSIS) s.r.l..
Si censura il fatto che il tribunale del riesame avrebbe attribuito al (OMISSIS) la qualifica di amministratore di fatto della (OMISSIS) s.r.l. in relazione al capo 3) della rubrica, il che, nella prospettazione della difesa, significherebbe che i giudici avrebbero ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza solo per il capo 3) e non gia’ per il capo 2). I giudici del riesame quindi avrebbero dovuto escludere l’aggravante di promotore od organizzatore in capo all’indagato cui viene attribuito il ruolo di associato al sodalizio. Si ravvisa quindi un profilo di contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione dell’ordinanza, laddove il provvedimento, pur riconoscendo che vi sarebbero unicamente gravi indizi di colpevolezza rispetto al capo 3) non avrebbe in dispositivo escluso la sussistenza di gravi indizi rispetto al delitto sub 2), commesso il (OMISSIS) in relazione al periodo di imposta 2015. Quanto, poi, al capo 3), riferito al periodo di imposta successivo, la qualifica di amministratore di fatto del (OMISSIS) sarebbe stata individuata sulla base di due telefonate, avvenuta entrambe il (OMISSIS), la prima alle (OMISSIS) e l’altra alle (OMISSIS). Si sarebbe tuttavia verificato un travisamento probatorio da parte del tribunale del riesame, avendo attribuito erroneamente al (OMISSIS) la veste di amministratore di diritto della societa’, laddove invece egli era l’unico quotista, travisamento che avrebbe indubbi effetti sulla posizione dell’indagato, in quanto non sarebbe corretto qualificare il (OMISSIS) come prestanome o testa di paglia del (OMISSIS), con la conseguenza che se quest’ultimo non ha mai nominato il (OMISSIS) quale amministratore, non sarebbe possibile imputare all’indagato la titolarita’ di quei poteri effettivi e gestori prescritti dall’articolo 2639 c.c.. Si censura poi la manifesta illogicita’ del ragionamento che ha condotto il tribunale ad inferire dalle predette due telefonate che risalgono al (OMISSIS) il ruolo di amministratore del (OMISSIS) nel (OMISSIS), non spiegando il tribunale le ragioni per cui quella preoccupazione manifestata dal (OMISSIS) nel (OMISSIS) dovuta alla mancata apertura del c/c dovrebbe indurre a ritenere ragionevolmente che l’indagato fosse l’amministratore di fatto nel (OMISSIS) della (OMISSIS) s.r.l., e, allo stesso modo, la circostanza che il (OMISSIS) abbia regalato al (OMISSIS) una vettura non si comprende come possa disvelare il ruolo di amministratore di fatto del (OMISSIS) nei medesimi anni di imposta. A cio’ si aggiunge il fatto che, fatta eccezione per le due riunioni del (OMISSIS) e del (OMISSIS), il (OMISSIS) non avrebbe piu’ preso parte ad alcun incontro con i professionisti marchigiani. Quanto sopra riguarderebbe non solo il (OMISSIS) ma anche il (OMISSIS), assumendosi la manifesta contraddittorieta’ del ragionamento del tribunale laddove imputa a (OMISSIS) la qualifica di amministratore di fatto della (OMISSIS) anche nel (OMISSIS), sebbene affermi alle pag. 4 e 5 che l’indagato non avrebbe avuto nulla a che fare con l’operazione (OMISSIS) di cessione del ramo di azienda dalla (OMISSIS) s.r.l. alla (OMISSIS) s.r.l., operazione curata dal (OMISSIS) e perfezionatasi in un periodo in cui la (OMISSIS) s.r.l. e’ gestita da tale (OMISSIS), e non dal (OMISSIS) presunto prestanome del (OMISSIS). In sostanza si ravviserebbe il vizio motivazionale per aver affermato l’ordinanza che il (OMISSIS) avrebbe gestito la (OMISSIS) s.r.l. nel (OMISSIS), laddove invece nel commentare l’operazione (OMISSIS) lo stesso tribunale da atto che alla stessa il (OMISSIS) non vi avrebbe preso parte. Ancora, nel richiamare a pag. 9 gli elementi dai quali il tribunale del riesame avrebbe tratto argomenti per ritenere che il (OMISSIS) fosse consapevole dell’inesistenza dei crediti IVA – amicizia fraterna tra (OMISSIS) e (OMISSIS); telefonata (OMISSIS) (OMISSIS)/ (OMISSIS); telefonata (OMISSIS) (OMISSIS)/ (OMISSIS) – si sostiene che tutti e tre gli elementi sarebbero inficiati da profili di manifesta illogicita’ non potendosi dagli stessi trarre argomenti di prova per ritenere che il (OMISSIS) fosse consapevole dell’inesistenza dei crediti IVA (v. pagg. 9/10), peraltro in epoca antecedente al dato temporale sicuro, rappresentato dal (OMISSIS) (data in cui e’ registrata la captazione ambientale valorizzata quale quarto elemento a carico dagli inquirenti), prima del quale non vi sarebbe alcuna consapevolezza su tale profilo. Ancora, si censura in quanto contraddittorio e palesemente illogico il ragionamento del tribunale che attribuisce all’apposizione del visto di conformita’ il c.d. crisma formale che potrebbe indurre le autorita’ giudiziarie in errore mentre i medesimi visti non sarebbero sufficienti a supportare la tesi della buona fede in capo al (OMISSIS) con riguardo alla genesi illecita dei crediti IVA, giungendo sinanco ad affermare che l’utilizzo del credito IVA (OMISSIS) da parte del (OMISSIS) per compensare un suo debito fiscale sarebbe la riprova della condotta spregiudicata dell’indagato, cio’ stridendo con la superficialita’ e mitezza umana dell’indagato medesimo. Sarebbe, infine, affetta dal vizio motivazionale l’ordinanza laddove ritiene sussistere i gravi indizi di colpevolezza desumendola dall’enormita’ dei ricavi dichiarati dalla (OMISSIS) in quanto priva di capacita’ aziendali effettive, negli anni (OMISSIS), immediatamente dopo anni di stasi economica. I giudici non avrebbero indicato da quale atto investigativo hanno tratto tale convincimento, dovendosi piuttosto rilevare che la semplice abnormita’ dei ricavi anche se rapportata ai ricavi piu’ modesti degli anni precedenti, non costituirebbe grave indizio di artificiosita’ del credito IVA, almeno fino a quando non vi sia una analisi da parte della GdF o del Fisco con una puntuale verifica fiscale che accerti l’entita’ delle operazioni attive e passive. Sul punto, tuttavia, si osserva che proprio la difesa, quanto alle operazioni attive, si sarebbe lungamente soffermata nei motivi di riesame, censurando l’operato della GdF, richiamando le tre doglianze sollevate in sede di riesame (riportate per sintesi alle pagg. 11/12 del ricorso). In sostanza, il tribunale avrebbe preferito adagiarsi su una semplice presunzione, ossia l’abnormita’ dei ricavi dichiarati dalla soc. (OMISSIS) nel (OMISSIS) e nel (OMISSIS), o comunque sul dato indimostrato dell’asserita assenza di capacita’ aziendali della societa’. Infine, si sostiene che l’ordinanza avrebbe operato un grave travisamento laddove afferma che la GdF avrebbe eseguito una serie di riscontri che avrebbero dimostrato l’artificiosita’ del credito IVA, in quanto non derivante da alcuna cessione intracomunitaria eseguita da parte della (OMISSIS) nel (OMISSIS) e nel (OMISSIS), omettendo pero’ di citare tali riscontri, che non sarebbero mai stati effettuati, se non quelli non significativi legati alla consultazione del sistema VIES.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ inammissibile per genericita’ e manifesta infondatezza.
4. E’ anzitutto affetto da genericita’ per aspecificita’, in quanto non si confronta con le argomentazioni svolte nella ordinanza impugnata che confutano in maniera puntuale e con considerazioni del tutto immuni dai denunciati vizi motivazionali le identiche doglianze difensive svolte nei motivi di riesame (che, vengono, per cosi’ dire “replicate” in questa sede di legittimita’ senza alcun apprezzabile elementi di novita’ critica), esponendosi quindi al giudizio di inammissibilita’. Ed invero, e’ pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che e’ inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni gia’ esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (v., tra le tante: Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).
5. Lo stesso e’ inoltre da ritenersi manifestamente infondato, atteso che il tribunale del riesame ha, con argomentazioni del tutto corrette in diritto, illustrato le ragioni per le quali ha disatteso le identiche doglianze difensive esposte nei motivi di riesame.
6. Ed invero, quanto al primo ed al secondo motivo – che, attesa l’omogeneita’ dei profili di doglianza mossi e l’intima connessione tra essi esistente, meritano congiunto esame – con cui viene eccepito un vizio motivazionale e di violazione di legge nella parte in cui l’ordinanza, pur attribuendo all’indagato unicamente il ruolo di associato al sodalizio, non avrebbe inspiegabilmente escluso nel dispositivo l’aggravante contestata all’indagato di essere il promotore e l’organizzatore dell’associazione, in subordine, contestando il difetto assoluto di motivazione circa la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del (OMISSIS) in merito alla suddetta aggravante di partecipazione qualificata financo giungendo a contestare (specificamente con il secondo motivo) la stessa qualifica di partecipe del presunto sodalizio criminoso, la censura sollevata dal ricorrente mostra all’evidenza di non confrontarsi con le argomentazioni sviluppate nell’ordinanza.
I giudici del riesame, in particolare, dedicano al ruolo dell’Avv. (OMISSIS) ampio spazio evidenziando, per quanto qui di interesse in relazione alla specifica censura mossa, come il pieno coinvolgimento dell’indagato nell’attivita’ del gruppo emergesse in maniera chiara ed anzitutto, dal tenore dei colloqui da questi intrattenuti con l’amico (OMISSIS), ricoprendo segnatamente la gestione di fatto dei crediti inesistenti della (OMISSIS) s.r.l., mostrando particolare disinvoltura ed esperienza nell’individuazione di strategie utili al raggiungimento del fine fraudolento del gruppo e nell’occultamento dei proventi illeciti ricavati. Che, in particolare, il ruolo del (OMISSIS) non possa essere qualificato come marginale, a dispetto di quanto sostenuto dalla difesa gia’ davanti ai giudici del riesame, risulta dalla impugnata ordinanza che, nel valorizzare in particolare alcune delle conversazioni intercettate (il richiamo e’, segnatamente alle conversazioni del (OMISSIS), del (OMISSIS), del (OMISSIS) e del (OMISSIS), riportate a pag. 7 dell’ordinanza), evidenzia come il (OMISSIS) e il (OMISSIS), nella fase finale delle indagini, avessero interesse ad acquisire il controllo della (OMISSIS) s.r.l. proprio in ragione dei profitti che potevano conseguire dalla cessione del credito IVA ancora ascritto alla societa’ predetta, meditando di staccarsi dal sodalizio con gli altri componenti del gruppo marchigiano con cui erano stati in affari sino a quel momento, mostrando piena capacita’ di azione e volonta’ di cominciare a muoversi in autonomia per perseguire profitti maggiori. In tale contesto, che il ruolo del (OMISSIS) non possa essere ridotto a quello di un mero partecipe, ma fosse quantomeno paritetico a quello del (OMISSIS), e’ reso evidente dal tenore sia delle predette conversazioni (dalle quali traspare in maniera autoevidente l’esistenza stessa del sodalizio, come quando i due colloquiando affermano di avere il controllo totale sulla (OMISSIS) s.r.l. lasciando intendere un loro coinvolgimento complessivo nell’operazione, come reso palese dall’affermazione che il (OMISSIS) rivolge al (OMISSIS) “quelli delle Marche devono continuare a stare con noi fino alla fine capito-” nella conversazione del (OMISSIS); ancora, laddove nella conversazione del (OMISSIS), colloquiando i due sulla possibilita’ di mettersi in proprio, lasciando chiaramente intendere l’esistenza di accordi con gli altri componenti del sodalizio, essendo proprio il (OMISSIS) a raccomandare al (OMISSIS) che “..pero’ (OMISSIS) noi non dobbiamo allontanarlo perche’ comunque co dara’ delle opportunita’ in Toscana capito- E noi quello e’ lavoro quindi ce l’andiamo a prendere sto lavoro..”) che dalle ulteriori conversazioni richiamate alle pagg. 7/8 dell’ordinanza (quella del (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS); quella del (OMISSIS) tra (OMISSIS) e (OMISSIS); quella del (OMISSIS), tra il (OMISSIS) ed un commercialista di una ditta individuale, potenziale acquirente dei crediti inesistenti della (OMISSIS) s.r.l., tale (OMISSIS); quella del (OMISSIS) di straordinaria significativita’, intercorsa tra il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), da cui emerge con evidenza la piena conoscenza dell’inesistenza dei crediti IVA della (OMISSIS) s.r.l. e dell’inconsistenza della certificazione apposta con il visto di conformita’ dai professionisti; quella del (OMISSIS) intercorsa tra il (OMISSIS) e tale (OMISSIS), sempre riguardante l’operazione di cessione dei crediti IVA inesistenti della (OMISSIS) s.r.l.).
Da tali conversazioni intercettate, in particolare, emerge come l’intervento del (OMISSIS) e del (OMISSIS), con cui il primo condivide ogni progetto ed attivita’ e per il quale non ha segreti, viene attuato su crediti societari che gli stessi seguono “sin dall’inizio”, cio’ che spinge i giudici del riesame, con motivazione certo non manifestamente illogica ne’ censurabile sotto diverso profilo, ad affermare che quanto sopra non consentiva di ritenere che i predetti ignorassero le reali modalita’ di formazione dei crediti che si proponevano di cedere, modalita’ talmente anomale e chiaramente fraudolente che non potevano sfuggire a persone, come il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), dotati delle conoscenze tecnico giuridiche ed economiche per comprenderle e che avevano condiviso i loro programmi criminosi con soggetti di cui conoscevano la scarsa moralita’ e le modalita’ operative scorrette, decidendo tuttavia di collaborarvi inizialmente insieme per il raggiungimento dell’obiettivo comune di trarre profitto dalle operazioni tributarie fraudolente, salvo poi tentare di distaccarsene in corso d’opera per il sopraggiungere di dissidi personali, come reso palese dalla conversazione del (OMISSIS) in cui e’ lo stesso (OMISSIS) ad affermare che il (OMISSIS) “e’ il massimo della depravazione proprio e’ un depravato mentale lui proprio si senza pudore”.
Non meno rilevanti, sempre nell’ottica della qualificazione partecipata del (OMISSIS) al sodalizio criminoso, sono le conversazioni ambientali captate presso lo studio del (OMISSIS) valorizzate dai giudici del riesame alla pag. 9 (ossia quelle del (OMISSIS), del (OMISSIS) dell'(OMISSIS) e del (OMISSIS)), da cui: a) emerge in maniera inequivocabile come le sorti del sodalizio e della complessa e lucrosa operazione illecita sottostante architettate mediante la cessione dei crediti IVA inesistenti, stesse a cuore di tutti e degli stessi (OMISSIS) e (OMISSIS) che non solo erano a conoscenza della natura fraudolenta delle operazioni tributarie, ma soprattutto avessero agito al fine precipuo di trarre profitto personale collaborando alle attivita’ del gruppo, facendo stabile riferimento allo stesso e con cui coltivavano prospettive di collaborazione criminosa anche in futuro, come attestato dalla rassicurazione del (OMISSIS) circa il fatto che l’anno successivo avrebbero potuto comunque disporre di “roba” migliore di quella che invitava loro ad abbandonare, l’affare (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) s.r.l., per non incappare nei controlli della GdF e nelle conseguenze dell’accertamento in corso dopo le rivelazioni operate dal (OMISSIS); b) risulta che in un secondo momento i due, (OMISSIS) e (OMISSIS), iniziano ad intavolare trattative, nell’ottica di mettersi in proprio, con gli altri sodali per la sparizione dei guadagni sino a quel momento tratti dalle loro attivita’ illecite, come reso palese dalla conversazione ambientale presso lo studio del (OMISSIS) del (OMISSIS) in cui e’ proprio il (OMISSIS) a domandare al (OMISSIS) se l’intenzione e’ quella di “formare due compagini” di cui una costituita da “(OMISSIS)” (ossia il (OMISSIS)) e il (OMISSIS) medesimo, sentendosi chiaramente il (OMISSIS) rispondere “noi siamo in sei”, cio’ a dimostrazione dell’esistenza originaria di un gruppo di cui facevano parte anche il (OMISSIS) ed il (OMISSIS), intenzionati a separarsi dal sodalizio di cui il (OMISSIS) costituiva il punto di riferimento principale; c) infine, che il (OMISSIS) ed il (OMISSIS) avessero un ruolo di rilievo all’interno del sodalizio e’ poi provato dalle conversazioni del l'(OMISSIS) e del (OMISSIS) nonche’ nella conversazione del (OMISSIS), da cui emerge che per rendere piu’ semplice la prosecuzione dell’operazione fraudolenta, il (OMISSIS) aveva ideato di portare all’estero mediante l’apertura di un c/c a (OMISSIS) o a (OMISSIS) i crediti della (OMISSIS) s.r.l., per meglio eludere i controlli delle forze dell’ordine, come avvenuto gia’ in passato con il beneplacito del (OMISSIS).
Appare quindi dal complesso degli elementi indicati dai giudici del riesame assolutamente inequivoco non solo il pieno coinvolgimento nel sodalizio del (OMISSIS), ma anche il ruolo al medesimo attribuito di promotore del medesimo, avendo svolto la gestione di fatto dei crediti inesistenti della (OMISSIS) s.r.l., mostrando particolare disinvoltura ed esperienza nell’individuazione di strategie utili al raggiungimento del fine fraudolento del gruppo e nell’occultamento dei proventi illeciti ricavati e contribuendo al reperimento di potenziali acquirenti cui cedere i crediti inesistenti fraudolentemente formati, anche ideando modalita’ di “smaltimento” di tali crediti inesistenti all’estero, come dimostrato dalla sua intenzione di estendere l’attivita’ anche all’estero.
Ne discende che le doglianze difensive secondo cui il (OMISSIS) all’interno del gruppo marchigiano fosse stato del tutto marginale, avendo avuto rapporti con il sodalizio solo alla fine del (OMISSIS), con la conseguenza che egli non avrebbe potuto essere considerato “promotore” dell’organizzazione, oltre che ad essere smentite dalle conversazioni intercettate, non tengono conto della consolidata giurisprudenza di questa Corte per cui in tema di reato associativo, riveste il ruolo di promotore non solo chi sia stato l’iniziatore dell’associazione, coagulando attorno a se’ le prime adesioni e consensi partecipativi, ma anche colui che contribuisce alla potenzialita’ pericolosa del gruppo gia’ costituito, provocando l’adesione di terzi all’associazione ed ai suoi scopi attraverso un’attivita’ di diffusione del programma (Sez. 2, n. 52316 del 27/09/2016 – dep. 09/12/2016, Riva e altri, Rv. 268962 che, in motivazione, ha precisato che il ruolo del promotore non richiede la partecipazione alla complessiva attivita’ di gestione dell’associazione, ne’ l’assunzione di funzioni decisionali, trattandosi di condotte che connotano le diverse figure dell’organizzatore e del capo).
Il (OMISSIS), a dispetto di quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, ha dimostrato di svolgere all’interno del sodalizio un ruolo di rilievo al fine di “piazzare” i crediti inesistenti della (OMISSIS) s.r.l., operazione fraudolenta resa possibile anche grazie alle conoscenze tecnico giuridiche del medesimo che, quale avvocato, unitamente all’amico (OMISSIS), anch’egli professionista, avevano realizzato l’operazione criminosa mediante il ricorso a strumenti di per se’ legali, in particolare procedendo, come nel caso della (OMISSIS) s.r.l., ad operazioni straordinarie su un’impresa in realta’ in fase di decozione ed inattiva, allo scopo precipuo di creare dei volumi di affari ragguardevoli, non commisurati alle reali potenzialita’ aziendali cosi’ da determinare la formazione di crediti IVA da portare in compensazione.
Proprio il ruolo di professionista nella vicenda risulta aver assunto una importanza fondamentale per la riuscita dell’operazione al fine di “piazzare” i crediti inesistenti Iva mediante reperimento di acquirenti. Ed allora, al fine di evidenziarne il ruolo non certo marginale, e’ opportuno ricordare come gia’ questa stessa Corte ha avuto modo di affermare che in tema di associazione per delinquere, anche la normale attivita’ professionale (di regola quella di commercialista, ma, nella specie, quella di avvocato, peraltro esperto nella materia), qualora realizzata, pur nella sua formale aderenza ai canoni della professione, con il conclamato scopo di concorrere alla realizzazione di un’associazione per delinquere, configura condotta penalmente rilevante per la sussistenza dell’articolo 416 c.p., trattandosi di reato che per la sua realizzazione comporta una condotta a forma libera sottoposta alle sole condizioni che l’agente intenda aderire all’accordo associativo e che il suo comportamento sia, anche se parzialmente, funzionale alla realizzazione del progetto criminoso perseguito dai consociati. Tale condotta, se essenziale per l’organizzazione della struttura associativa, qualifica detta partecipazione come quella di organizzatore dell’organismo criminoso (Sez. 1, n. 2897 del 17/12/1993 – dep. 10/03/1994, Di Brisco, Rv. 197921).
Ne discende pertanto che, allo stato, gli elementi oggetto di valutazione da parte dei giudici del riesame, e sviluppati nelle argomentazioni svolte nell’ordinanza impugnata, consentono di escludere radicalmente qualsiasi vizio, sia di diritto che motivazionale, con riferimento al ruolo non certo marginale assunto dal (OMISSIS) nel sodalizio.
8. Parimenti inammissibili le doglianze esposte in ricorso con il terzo motivo, incentrato prevalentemente a contestare il coinvolgimento del (OMISSIS) nei reati tributari di cui ai capi 2) e 3) della rubrica per la fittizia esposizione di crediti IVA, nella parte in cui l’ordinanza ha ritenuto sussistere i gravi indizi di colpevolezza in ordine alla qualifica di amministratore di fatto del (OMISSIS) della (OMISSIS) s.r.l. negli anni (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e nella parte in cui ha ritenuto sussistere gravi indizi di colpevolezza in ordine alla consapevolezza dell’indagato della genesi illecita dei crediti IVA della (OMISSIS) s.r.l. e nella parte in cui ha ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza circa la natura artificiosa dei crediti IVA della (OMISSIS) s.r.l..
Trattasi di doglianze difensive del tutto prive di pregio, che, oltre a non confrontarsi minimamente con la minuziosa ed argomentata motivazione dell’ordinanza impugnata, tentano – come gia’ vanamente operato in relazione ai primi due motivi – di coinvolgere la Cassazione in un’operazione inibita in questa sede di legittimita’, ossia quella di far sostituire al giudizio di merito svolto dai giudici del riesame, quello richiesto alla Corte di Cassazione, mostrando di non tener conto del granitico orientamento di questa Corte (gia’ consacrato nella celeberrima sentenza delle Sez. U, n. 11 del 22/03/2000 – dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828) e poi riaffermato successivamente, secondo cui in tema di misure cautelari personali, allorche’ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimita’ e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita’ del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013 – dep. 20/06/2013, P.M. in proc. Tiana, Rv. 255460).
9. Tanto premesso, quanto alla censura difensiva secondo cui i giudici del riesame avrebbero omesso di pronunciarsi favorevolmente al (OMISSIS) escludendone qualsiasi profilo di reita’ con riferimento alla contestazione sub 2), semplicemente per aver affermato a pag. 10 dell’ordinanza che questi poteva essere qualificato come amministratore di fatto “perlomeno” con riferimento al capo 3), giungendo sinanco ad evocare la violazione dell’articolo 2639 c.c., laddove vi sarebbe stato un grave travisamento conseguente alla individuazione quale amministratore del (OMISSIS) che in realta’ era solo il titolare delle quote, detta censura appare in realta’ essa stessa frutto di travisamento da parte della difesa, laddove gli stessi giudici del riesame, riferendosi al capo 3), richiamano il periodo “in cui la proprieta’ della societa’, a far data dal (OMISSIS), era stata interamente assunta da (OMISSIS)”.
L’aver quindi attribuito al tribunale del riesame l’affermazione per cui il (OMISSIS) sarebbe stato amministratore di diritto della societa’ (OMISSIS) s.r.l. e’ quindi frutto di errore da parte della difesa del ricorrente, avendo i giudici del riesame correttamente parlato di “proprieta’” riferendola alla figura del (OMISSIS), cio’ che risponde alla realta’ essendo questi proprietario del 100% delle quote della societa’ in questione, donde il ragionamento condotto dalla difesa circa la pretesa violazione dell’articolo 2639 c.c. non ha pregio, atteso che non puo’ certo essere esclusa la corresponsabilita’ dell’indagato nei reati tributari contestati sub 2) e sub 3), afferenti alla societa’ (OMISSIS) s.r.l., rispetto alla quale si e’ dimostrato un ruolo centrale del (OMISSIS) nella gestione dell’operazione illecita.
10. Quanto, poi, alle doglianze relative all’asserito difetto di consapevolezza dell’indagato della genesi illecita dei crediti IVA della (OMISSIS) s.r.l. e del correlato difetto di colpevolezza circa la natura artificiosa dei crediti IVA della (OMISSIS) s.r.l., le argomentazioni svolte dai giudici del riesame non lasciano alcun adito a dubbi. I giudici del riesame, infatti, non solo evidenziano (pag. 10) come non abbia alcun fondamento la tesi dell’asserita buona fede del (OMISSIS) il fatto che questi avesse impiegato una parte del credito inesistente IVA della (OMISSIS) s.r.l. per procedere a delle compensazioni fiscali relative a posizioni personali, concludendo poi una cessione del credito in favore di procedure concorsuali, cio’ in quanto, osservano i giudici del riesame, l’apposizione del visto di conformita’ richiesto ai fini della predetta operazione di cessione poteva rappresentare per le autorita’ giudiziarie un crisma formale idoneo e sufficiente per concludere l’acquisto del credito, impregiudicata ogni eventuale responsabilita’ dei professionisti che avevano concorso alla formazione dello stesso, successivamente rivelatosi inesistente.
I giudici del riesame, poi, al fine di illustrare le ragioni della consapevolezza del (OMISSIS) circa l’origine fraudolenta del credito IVA della (OMISSIS) s.r.l., valorizzano una nutrita serie di intercettazioni telefoniche ed ambientali (gia’ supra illustrate nell’esame dei primi due motivi, qui da intendersi integralmente richiamate) sottolineando proprio come l’utilizzo disinvolto del credito Iva in questione costituisse ulteriore dimostrazione della spregiudicatezza con cui l’indagato agiva per il conseguimento di un tornaconto economico personale, confidando nell’abilita’ dei sodali appartenenti al sodalizio criminoso, tutti dotati di conoscenze tecniche nel campo giuridico ed economico, di saper occultare con perizia l’illiceita’ delle operazioni societarie e tributarie, tutte sapientemente rivestite da un apparente schermo di legalita’. Se a cio’, poi, si aggiunge la circostanza che fu proprio il (OMISSIS) a pensare di portare all’estero, in Bulgaria precisamente, mediante l’apertura di un c/c, il credito IVA inesistente della (OMISSIS) s.r.l., oltre all’altro formidabile elemento – tratto da una conversazione intercettata in data (OMISSIS) – in cui il (OMISSIS) discute con tale (OMISSIS) dell’affare economico correlato alla cessione dei crediti IVA dichiarando di averne a disposizione dieci milioni tutti certificati, di cui tre comprati dai tribunali e sette da societa’ che ha seguito “fin dall’inizio” affermando di venderli a non meno del 40%, si trae ulteriore conferma di come il (OMISSIS) non potesse certo ritenersi un ingenuo del tutto all’oscuro della creazione artificiosa di tali crediti IVA, donde le censure difensive capziosamente finalizzate ad una sterile critica dell’ordinanza impugnata (che avrebbe valorizzato, a sostegno della consapevolezza in ordine alla provenienza del credito, l’evidente discrasia tra le capacita’ aziendali effettive della (OMISSIS) s.r.l. e l’enormita’ dei ricavi e del fatturato dichiarati negli anni (OMISSIS), immediatamente dopo anni di stasi economica), collidono con gli elementi indiziari emergenti dagli atti e illustrati puntualmente nell’ordinanza impugnata.
Da questi ultimi, infatti, traspare con immediata evidenza la sussistenza della piena consapevolezza, e dunque il dolo normativamente richiesto, sia della genesi illecita dei crediti IVA della (OMISSIS) s.r.l. che della natura artificiosa dei crediti IVA della societa’ (OMISSIS), consapevolezza che trova del resto un suggello cristallino nella preoccupazione del (OMISSIS), che dimostra cosi’ di essere perfettamente a conoscenza dell’artificiosita’ delle dichiarazioni rese dai consulenti contabili, che le scritture contabili della (OMISSIS) s.r.l. (ossia proprio di quella societa’ coinvolta nell’operazione del (OMISSIS) di cessione del ramo di azienda alla (OMISSIS) s.r.l., operazione rispetto alla quale il (OMISSIS) si professa estraneo) fossero state distrutte proprio per rendere meno agevole la ricostruzione della frode fiscale, elemento, questo, che non solo denota quella piena consapevolezza invece negata inutilmente dalla difesa del ricorrente, ma nel contempo connota il pieno coinvolgimento del medesimo (OMISSIS) nelle operazioni illecite poste in essere negli anni di imposta oggetto di contestazione ai capi 2) e 3), oltre che, come supra specificato, nel sodalizio criminoso, con conseguente integrale declaratoria di inammissibilita’ anche di tale terzo motivo.
11. Ne discende, pertanto, l’assoluta inconsistenza delle doglianze difensive, che determina la radicale inammissibilita’ del ricorso.
12. Alla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila Euro in favore della Cassa delle ammende.
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