Corte di Cassazione, sezione sesta penale, Sentenza 1 agosto 2019, n. 35431.
Massima estrapolata:
Pur nella consapevolezza dell’esistenza di un contrario indirizzo interpretativo della Cassazione, secondo cui il provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 34-bis, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, sarebbe impugnabile con ricorso per cassazione ex articolo 127, comma 7, del codice di procedura penale, è da ritenere che l’assenza di una norma che preveda espressamente la ricorribilità deponga, invece, per l’inammissibilità dell’impugnazione ex articolo 568 del codice di procedura penale, in ossequio al principio di tassatività delle ipotesi di impugnazione dei provvedimenti emessi in materia di misure di prevenzione, tra l’altro ribadito dalla “novella“ della legge 17 ottobre 2017 n. 161, che ha ampliato il “catalogo” dei provvedimenti impugnabili ex articolo 27 del decreto legislativo n. 159 del 2011, con l’esplicita ammissibilità dell’appello avverso i provvedimenti con cui è stato applicato, negato o revocato il sequestro, ma nulla ha ritenuto di prevedere in ordine all’istituto di coeva introduzione disciplinato dall’articolo 34-bis del controllo giudiziario.
Sentenza 1 agosto 2019, n. 35431
Data udienza 9 maggio 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente
Dott. APRILE Ercole – Consigliere
Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere
Dott. COSTANTINI Anton – rel. Consigliere
Dott. ROSATI Martino – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 21/09/2018 del Tribunale di Reggio Calabria;
udita la relazione svolta dal Consigliere Antonio Costantini;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. FILIPPI Paola, che ha concluso per la inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto in data 28 marzo 2018 il Tribunale di Reggio Calabria, ritenendo insussistenti i presupposti di legge, ha rigettato la richiesta Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ex articolo 34 bis, comma 6, presentata da (OMISSIS) s.r.l. tesa ad ottenere, nelle more dell’impugnativa presso il Giudice amministrativo della “informazione antimafia interdittiva” emessa dal prefetto, il controllo giudiziario di cui al comma 2, lettera b), stesso articolo Decreto Legislativo cit..
Con ordinanza in data 21 settembre 2018, la Corte di appello di Reggio Calabria, sulla ritenuta inappellabilita’ del provvedimento, ha convertito ex articolo 568 c.p.p., comma 5, l’appello in ricorso trasmettendo il gravame a questa Suprema Corte di cassazione.
I ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), rispettivamente amministratore e socio unico della (OMISSIS) s.r.l., a mezzo dei difensori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), ricorrono, in virtu’ della operata conversione a mente dell’articolo 568 c.p.p., della Corte di appello di Reggio Calabria, avverso il decreto emesso in data 28 marzo 2018 dal Tribunale di Reggio Calabria deducendo i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo si contesta l’erronea applicazione ed interpretazione dell’articolo 34 bis, comma 6, Decreto Legislativo cit..
Nello specifico si osserva come risulterebbe errata l’interpretazione assegnata dal Tribunale alla normativa che disciplina l’istituto di nuovo conio introdotto dalla L. 17 ottobre 2017, n. 161, articolo 12, che avrebbe quale finalita’ quella di promuovere la legalizzazione delle attivita’ economiche dall’infiltrazione mafiosa, con contestuale salvaguardia della continuita’ produttiva e gestionale delle imprese.
Ne discenderebbe, quindi, che non rileverebbe il solo interesse pubblico al disinquinamento mafioso, dovendosi apprezzare altresi’ l’interesse del privato al mantenimento dell’attivita’ economica al fine di salvaguardare sia gli interessi produttivi dell’impresa che il regime occupazionale.
Il ricorrente osserva che il Tribunale avrebbe dovuto fermarsi all’analisi della sola sussistenza del presupposto della interposta impugnazione dinanzi all’autorita’ giudiziaria amministrativa avverso la “informativa antimafia”, essendo invece estranea all’ambito del giudizio la verifica della “occasionalita’” della agevolazione di cui all’articolo 34, comma 1, dato non richiamato da parte dell’articolo 34 bis, comma 6, Decreto Legislativo cit..
Con il secondo motivo si censura, inoltre, il contenuto del provvedimento reiettivo nella parte in cui sarebbe stata rilevata la mancata allegazione delle concrete ricadute negative per la collettivita’, tenuto conto che il provvedimento interdittivo aveva determinato la perdita della occupazione per dodici dipendenti.
Il provvedimento risulta, altresi’, contraddittorio allorche’ dichiara di non poter entrare nel merito della questione per poi invece procedere ad esaminarlo, omettendo di prendere in esame i riscontri positivi del Magistrato di sorveglianza in ordine al recupero sociale di (OMISSIS).
Si rileva, infine, l’illegittimita’ della mancata concessione del controllo giudiziario di cui all’articolo 34 bis, comma 6, Decreto Legislativo cit. per motivi astrattamente connessi alla sola parentela tra il socio unico e i vertici della cosca (OMISSIS).
RITENUTO IN DIRITTO
1. In via preliminare deve rilevarsi l’inammissibilita’ del ricorso avverso il provvedimento con il quale e’ stata negata dal Tribunale di Reggio Calabria la misura del controllo giudiziario sulla societa’ “(OMISSIS)”, su richiesta della parte privata Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ex articolo 34 bis, profilo che fa ritenere assorbito ogni ulteriore deduzione contenuta nei motivi di ricorso.
2. Anche al fine di valutare come si atteggi il provvedimento con il quale il tribunale delle misure di prevenzione nega il controllo giudiziario Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, ex articolo 34 bis, deve premettersi che l’istituto ha la palese finalita’ di costituire, insieme all’articolo 34, Decreto Legislativo che disciplina l’amministrazione giudiziaria dei beni, un sistema che, ove possibile, realizzi un contrasto alla pericolosita’ economico/patrimoniale graduale e potenzialmente alternativo rispetto agli strumenti del sequestro e della confisca dei beni del soggetto portatore di pericolosita’.
Il legislatore ha inteso diversificare la risposta giudiziaria in materia di misure di prevenzione onde risolvere i problemi connessi alla “contaminazione” dell’attivita’ di impresa ad opera della criminalita’ organizzata, ipotizzando un’alternativa rispetto agli ordinari strumenti ablativi, la cui modulazione viene affidata al prudente apprezzamento del giudice della prevenzione, che dovra’ effettuare una adeguata ponderazione dei rimedi a disposizione, funzionale al “recupero” del compendio economico, cosi’ salvaguardando l’impresa che dovrebbe essere consegnata alla lecita operativita’, con complessivo giovamento del sistema produttivo ed occupazionale.
3. Cio’ premesso, pur nella consapevolezza dell’esistenza di un contrario non consolidato indirizzo di questa Suprema Corte, secondo cui il provvedimento di rigetto della richiesta di controllo giudiziario formulata dall’impresa destinataria dell’informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 34 bis, comma 6, Decreto Legislativo cit., sarebbe impugnabile con ricorso per cassazione ex articolo 127 c.p.p., comma 7, (Sez. 5, n. 34526 del 02/07/2018, Eurostrade S.r.l., Rv. 273646), il Collegio ritiene che l’assenza di una norma che preveda espressamente la ricorribilita’ deponga per l’inammissibilita’ dell’impugnazione ex articolo 568 c.p.p.; principio di tassativita’ delle ipotesi di impugnazione dei provvedimenti emessi in materia di misure di prevenzione, quello espresso, ribadito dal consolidato orientamento di legittimita’ con riferimento alle impugnazioni disciplinate dagli articoli 10, 27 e 28, Decreto Legislativo cit..
4. Questa Corte ha gia’ ritenuto che il rigetto della richiesta di revoca del sequestro di prevenzione non e’ impugnabile a cagione dell’assenza di esplicita disposizione in merito, ed ha individuato quale strumento privilegiato a tutela del soggetto che si sente leso da tali provvedimenti, l’opposizione ex articolo 667 c.p.p., comma 4, da proporsi davanti allo stesso giudice della prevenzione (Sez. 2, n. 4729 del 16/01/2018, Parra, Rv. 272084).
Tale interpretazione risulta avvalorata dalla novella del 17 ottobre del 2017, n. 161 che ha ampliato il “catalogo” dei provvedimenti impugnabili ex articolo 27, Decreto Legislativo cit., con l’esplicita ammissibilita’ dell’appello avverso i provvedimenti con cui e’ stato applicato, negato o revocato il sequestro, ma nulla ha ritenuto di prevedere in ordine all’istituto di coeva introduzione disciplinato dall’articolo 34-bis cit. del controllo giudiziario.
Ad analoga conclusione si perviene se si valuta la rilevanza dell’intervenuta riforma dell’articolo 34, Decreto Legislativo cit., che solo per mezzo dell’ulteriore previsione inserita nel comma 7 (attuale comma 6 per come riformulato dal Decreto Legislativo n. 161 del 2017), dal Decreto Legislativo 13 ottobre 2014, n. 153, articolo 5, comma 1, lettera a), ha previsto l’impugnazione dei provvedimenti di revoca con controllo giudiziario e dell’alternativa confisca qualora, al termine del periodo di durata dell’amministrazione giudiziaria, il tribunale, non disponendo il rinnovo del provvedimento, deliberi la revoca con applicazione delle alternative soluzioni indicate.
Prima di detta modifica, proprio in forza del principio di tassativita’ in materia di impugnazioni, il provvedimento di revoca della misura dell’amministrazione giudiziaria emesso nell’ambito del procedimento delineato dal Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 34, e’ stato ritenuto inoppugnabile in quanto non espressamente richiamato dall’articolo 27, Decreto Legislativo cit. (Sez. 6, n. 49550 del 04/11/2014, Nigro, Rv. 261257).
5. A fronte, quindi, del complessivo quadro normativo che involge l’intera materia delle misure di prevenzione, esplicito nel limitare sia le ipotesi soggette ad impugnazione, che gli stessi motivi circoscritti alle ipotesi di violazione di legge (con esclusione dei vizi della motivazione che non comportino anche la sua assenza o apparenza), non risulta condivisibile il difforme orientamento che vorrebbe fondare la ricorribilita’ del provvedimento di diniego del controllo giudiziario ex articolo 34 bis, comma 6, Decreto Legislativo cit. sul solo richiamo alle forme di cui all’articolo 127 c.p.p. (in tal senso, Sez. 2, n. 18564 del 13/02/2019, Consorzio Sociale Coin Societa’ Cooperativa Sociale, Rv. 275419; Sez. 5, n. 34526 del 02/07/2018, Eurostrade S.r.l., cit.); norma che non autorizza a ritenere sussistente un efficace rinvio anche alla possibile impugnazione del provvedimento con cui viene definita la procedura camerale ex articolo 127 c.p.p., comma 7.
Si estenderebbe, altrimenti, il ricorso anche ai vizi di motivazione, certamente esclusi dai mezzi di impugnazione previsti per le altre misure di prevenzione, non potendosi ammettere un’estensione parziale della previsione normativa di cui all’articolo 127 c.p.p., comma 7.
In tal senso si e’ gia’ espressa questa Corte che, oltre ad affermare l’inoppugnabilita’ del provvedimento in questione, ha ritenuto inadeguato il solo rinvio alle forme dell’articolo 127 c.p.p., alla ricezione del modello procedimentale ivi descritto, compreso il ricorso in sede di legittimita’, ed ha valutato irrilevante il richiamo all’articolo 111 Cost., in quanto afferente a provvedimento non incidente sulla liberta’ personale (Sez. 6, n. 22889 del 04/04/2019, Consorzio Go Service Scarl in liquidazione, Rv. 275531).
Deve, infatti, osservarsi che se il legislatore avesse inteso prevedere l’impugnazione di detto provvedimento, cio’ avrebbe certamente effettuato per mezzo del pur ampliato “catalogo” dei provvedimenti appellabili ex articolo 27, Decreto Legislativo cit. che ha, invece, espressamente limitato l’impugnazione ai soli provvedimenti inerenti il solo sequestro di prevenzione.
Ma, soprattutto, incoerente risulterebbe un sistema delle impugnazioni delle misure di prevenzione che, a fronte dell’inoppugnabilita’ dei provvedimenti che dispongono o rigettano la richiesta di applicazione della misura dell’amministrazione giudiziaria di cui all’articolo 34, Decreto Legislativo cit. preveda poi l’impugnabilita’ del solo provvedimento che rigetta o accoglie la richiesta di applicazione del controllo giudiziario (v. motivazione Sez. 6, n. 26342, emessa in pari data 09/05/2019, Luciano’ ed altri, non massimata). Ed invero, mentre l’amministrazione giudiziaria e’ caratterizzata da effetti piu’ penetranti, potendo giungere sino alla sostituzione degli amministratori dell’azienda interessata, la disciplina del controllo giudiziario, nella sua forma piu’ grave, puo’ al piu’ comportare, per lo meno nella fase iniziale, la nomina di un amministratore giudiziario con funzioni di mero controllo del compendio economico.
6. Non pertinente risulta, poi, il riferimento al necessario controllo di legittimita’ previsto dall’articolo 111 Cost., di cui si reclama la rilevanza a cagione dell’ipotizzata interferenza con diritti soggettivi costituzionalmente garantiti, quale e’ quello relativo alla liberta’ d’impresa.
Deve premettersi che le “informazioni antimafia”, invero, disciplinate dall’articolo 84, Decreto Legislativo cit., inserite nell’ambito del piu’ ampio contesto della documentazione antimafia, costituiscono delle misure di prevenzione di natura meramente amministrativa e consistono nell’attestazione dell’esistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto quale conseguenza di un provvedimento di prevenzione definitivo, nonche’ nell’attestazione della sussistenza, o meno, di possibili infiltrazioni mafiose idonee a condizionare le societa’ o le imprese. Il provvedimento ha natura discrezionale dovendo aversi riguardo alla verifica degli elementi tipizzati dall’articolo 84, comma 4, Decreto Legislativo cit., o dai provvedimenti di condanna, anche non definitiva, per reati c.d. “spia” delle attivita’ delle organizzazioni criminali ovvero a concreti elementi da cui risulti che l’attivita’ di impresa possa agevolare le attivita’ criminose o esserne condizionata.
La “informativa antimafia” inibisce l’instaurazione dei rapporti d’impresa con la pubblica amministrazione (contratti, concessioni o sovvenzioni pubblici) e con i privati nella parte in cui fa venir meno le autorizzazioni che consentono alla compagine economica di operare; liberta’ che anche l’elaborazione del giudice amministrativo ha ritenuto non illimitata, essendo anche il diritto alla libera iniziativa economica comprimibile da parte dell’autorita’ amministrativa allorche’ l’attivita’ economica sia stata condizionata, controllata ed eterodiretta da associazioni mafiose (Cons. St., sez. 3, 9 febbraio 2017, n. 565).
Sotto altro profilo, invece, la richiesta del privato ex articolo 34 bis, comma 6, Decreto Legislativo cit., e’ a tutti gli effetti una misura di prevenzione a carattere patrimoniale che si instaura in mancanza di una pregressa procedura di prevenzione.
Attraverso la previsione dell’articolo 34 bis, comma 6, Decreto Legislativo cit. “le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 84, comma 4, che abbiano proposto l’impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario” di cui al precedente comma 2, lettera b) che l’organo giudicante, previa interlocuzione con il procuratore distrettuale competente ed eventuali altri soggetti interessati, accoglie ove ne ricorrano i presupposti; determinante risulta la possibilita’, sulla base della relazione dell’amministratore giudiziario, di disporre le altre misure di prevenzione patrimoniali con la revoca del provvedimento di controllo giudiziario.
Risulta, quindi, evidente che attraverso tale richiesta i soggetti titolari e/o responsabili del compendio economico, che sino a quel momento hanno potuto operare liberamente ed in autonomia sul mercato, allorche’ interessati dalla notifica dell’interdittiva antimafia del prefetto, possono decidere di affidare l’ambito di liberta’ collegato alla propria attivita’ imprenditoriale al tribunale della prevenzione, consapevoli della possibilita’ di rimuovere in tal modo gli impedimenti alla prosecuzione della attivita’ ex articolo 34 bis, comma 7, Decreto Legislativo cit. che risultano automaticamente riconosciuti dalla norma, ma di fatto consegnano l’azienda alla gestione controllata dell’amministratore nominato dal tribunale o del giudice delegato, cui vengono riconosciuti penetranti poteri di ricostruzione e controllo dell’intero assetto economico-finanziario; potere di controllo che puo’ giungere all’applicazione di una piu’ gravosa misura di prevenzione quale l’amministrazione giudiziaria che, a sua volta, puo’ altresi’ condurre al sequestro ed alla confisca del compendio ex articolo 34, comma 6, Decreto Legislativo cit. (v. in tal senso anche, Sez. 1, n. 29487 del 07/05/2019, contrasto tra Tribunale di Catanzaro e Tribunale di Trento, non massimata, in ordine alla natura di autorichiesta di misura di prevenzione dell’istituto di cui all’articolo 34 bis, comma 6, Decreto Legislativo cit.).
Irrilevante, ai fini dell’ipotizzata limitazione alla liberta’ di impresa, risulta la circostanza che all’accoglimento consegua la sospensione degli effetti della misura interdittiva antimafia emessa dal prefetto, misura che opera in distinto e ben separato ambito amministrativo, per resistere alla quale sono previsti specifici rimedi dinanzi a quell’autorita’.
L’effetto sospensivo di quanto previsto dall’articolo 94, Decreto Legislativo cit., promana ex lege direttamente dal chiaro tenore dell’articolo 34 bis, comma 7, Decreto Legislativo e non potrebbe in alcun modo essere determinato dalla diretta decisione del giudice ordinario. Ne’ puo’ ipotizzarsi che l’ordinamento abbia concesso al Giudice ordinario un concorrente potere di sospensione (rispetto a quello ordinariamente riconosciuto al giudice amministrativo) del provvedimento amministrativo non soggetto ad alcuna impugnazione, evenienza che risulterebbe eccentrica tenuto conto dei criteri posti a presidio del riparto e dell’autonomia delle distinte sfere afferenti alla giurisdizione ordinaria ed amministrativa secondo la previsione di cui agli articoli 102 e 103 Cost..
7. All’inammissibilita’ dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si stima adeguata, di Euro duemilaciascuno in favore della Cassa delle Ammende, secondo quanto previsto dall’articolo 616 c.p.p., comma 1.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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