Ai fini dell’esclusione dei concorrenti

Consiglio di Stato, Sentenza|8 gennaio 2021| n. 307.

Nel dare concreta ed effettiva applicazione al regime giuridico (cfr., art. 80, comma 5, lett. c) – ora c-bis-, del Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs. 50 del 2016) stabilito ai fini dell’esclusione dei concorrenti nel caso in cui «la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità», l’amministrazione è chiamata ad esaminare ed indagare il fatto oggetto della (distinta) vicenda giudiziale penale, in relazione alla quale l’omissione, reticenza o falsità dichiarativa endoprocedurale s’è manifestata. In tale ambito, ai fini della valutazione dell’affidabilità ed integrità dell’impresa concorrente, il giudizio dell’amministrazione non può che investire il fatto in sé, in tutti i suoi profili sostanziali, e non la sola valutazione ed il trattamento ricevuto in sede penale, atteso che siffatto apprezzamento deve rimanere distinto, in quanto diverse sono le finalità istituzionali della valutazione e gli inerenti parametri normativi. In particolare, è sul pregresso fatto, nel suo effettivo portato sostanziale e storico, che la stazione appaltante è tenuta ad esprimersi, dovendo apprezzarlo compiutamente in una alla condotta reticente tenuta dall’operatore, senza arrestarsi alla attribuita qualificazione in sede penale ed alle sue inerenti conseguenze (Nel caso di specie, relativo ad una procedura di gara per l’affidamento in concessione del servizio pubblico di gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati nel bacino territoriale piacentino, il giudice amministrativo, facendo applicazione degli enunciati principi, è prevenuto alla conclusione che la determinazione di ammissione dell’altra unica impresa concorrente alla predetta procedura di gara, si rivelasse, a fronte delle omissioni o reticenze informative a questa imputabili, illegittima).

Sentenza|8 gennaio 2021| n. 307

Data udienza 11 novembre 2020

Integrale

Tag – parola chiave: Appalti pubblici – Obblighi dichiarativi – Omesse o false dichiarazioni – Fatto penalmente rilevante – Valutazione – Criteri applicabili – Esclusione dalla gara – Art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 (codice dei contratti pubblici)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 8821 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Ir. Am. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Da. An., Fi. Pa. e Al. Bo., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fi. Pa. in Roma, via (…);
contro
Agenzia Territoriale dell’Emilia Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti – Atersir, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fr. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, piazza (…);
nei confronti
De Vi. Tr. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati An. Cl. e Ge. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato An. Cl. in Roma, via (…);
Ur. s.a., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma Sezione Prima, n. 00233/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia Territoriale dell’Emilia Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti – Atersir e della De Vi. Tr. s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza del giorno 11 novembre 2020 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti, con modalità da remoto, gli avvocati Be. per delega di An., Pa., Ma., Cl. e Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con bando pubblicato sulla GUUE il 15 febbraio 2018 e sulla GURI il 23 febbraio 2018 l’Agenzia Territoriale dell’Emilia Romagna per i Servizi Idrici e Rifiuti – Atersir indiceva procedura di gara per l’affidamento in concessione del servizio pubblico di gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati nel bacino territoriale di Piacenza per la durata di quindici anni.
2. La concorrente Ir. Am. s.p.a. proponeva ricorso ex art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm. avverso il provvedimento di ammissione alla gara dell’unica altra concorrente De Vi. Tr. s.p.a. formulando diverse censure, relative in particolare a omissioni informative in sede di gara in relazione a precedenti gravi illeciti professionali, imputabili dalla De Vi., oggetto di altrettanti procedimenti penali.
3. Nelle more del giudizio, a seguito della sentenza n. 310 del 2018 pronunciata dal Tribunale amministrativo per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, di annullamento di provvedimento d’ammissione in relazione all’analoga gara bandita per il bacino Parma, l’Atersir, con determinazione n. 7 del 25 gennaio 2019, annullava in autotutela le ammissioni di tutte le concorrenti riservando la più approfondita valutazione dei relativi requisiti.
La Ir. impugnava con motivi aggiunti anche tale determinazione, per non aver disposto l’esclusione della De Vi. sulla base dei motivi addotti dalla ricorrente.
4. La stessa Ir. proponeva successivi motivi aggiunti formulando ulteriori censure ad integrazione di quelle già proposte con ricorso, mentre con ulteriori (terzi) motivi aggiunti impugnava la sopraggiunta determinazione n. 95 del 13 giugno 2019 con la quale la Atersir, a seguito del riesame della posizione delle concorrenti, ammetteva definitivamente in gara la De Vi..
5. Il Tribunale amministrativo adì to, nella resistenza dell’Atersir e della De Vi., dichiarava improcedibile il ricorso e i secondi motivi aggiunti in quanto relativi all’originario provvedimento d’ammissione ormai superato dalla determinazione d’annullamento n. 25 del 2019 e dalla successiva ammissione delle concorrenti giusta provvedimento n. 95 del 2019, mentre respingeva i primi e i terzi motivi aggiunti.
6. Avverso la sentenza, in relazione alla sola reiezione dei terzi motivi aggiunti, ha proposto appello la Ir. formulando i seguenti motivi di gravame:
I) sulla mancata valutazione delle singole posizioni che interessano i vertici di De Vi.: violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 ratione temporis vigente, dell’art. 57, par. 4, lettere c) e g) della direttiva 2014/24/UE e delle Linee guida Anac n. 6; eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche ed in particolare per difetto di istruttoria e di motivazione, falsa causa, illogicità manifesta, contraddittorietà e sviamento;
II) sulla mancata valutazione complessiva della posizione di De Vi.: violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 ratione temporis vigente, dell’art. 57, par. 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE e delle Linee guida Anac n. 6, nonché eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche ed in particolare per difetto di istruttoria e di motivazione, falsa causa, illogicità manifesta, contraddittorietà e sviamento.
7. Con due successivi ricorsi per motivi aggiunti depositati in giudizio, rispettivamente, il 14 gennaio 2020 e il 21 febbraio 2020, l’appellante ha invocato ulteriori ragioni escludenti a carico della De Vi. in termini di omissione informativa su altri illeciti frattanto appresi dalla Ir.; ha inoltre e avanzato coi primi motivi aggiunti domanda di risarcimento del danno.
8. Resistono all’appello e ai motivi aggiunti l’Atersir e la De Vi. Tr., chiedendone la reiezione.
9. Sulla discussione delle parti all’udienza dell’11 novembre 2020, tenuta con modalità da remoto come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Va esaminata anzitutto la questione sollevata dalle parti sull’improcedibilità dell’appello per carenza d’interesse, essendo frattanto intervenuta l’aggiudicazione della gara in favore della Ir..
1.1. Ritiene il Collegio che non ricorrano, nella specie, elementi tali da incidere sulla procedibilità dell’appello sotto il profilo dell’interesse ad agire, dal momento che non consta in atti – né l’amministrazione dà conto, o la De Vi. dimostra – che sia stato adottato, al tempo (qui rilevante) dell’introduzione della causa in decisione, il provvedimento di effettiva e definitiva aggiudicazione della gara in favore dell’appellante.
La Ir. riferisce infatti al riguardo che la concessione risulta “provvisoriamente aggiudicata all’odierna appellante ed è in corso il procedimento di verifica dell’anomalia”, il quale verte sì sulla “offerta che ha conseguito il punteggio complessivo più elevato”, ma precede il provvedimento di vera e propria aggiudicazione (cfr. bando integrale, spec. punto R.9).
La stessa amministrazione s’è limitata a dar conto al riguardo che la procedura “è prossima alla conclusione”, essendo attualmente “in corso la verifica di congruità delle offerte, ai sensi della lettera R, punto 9, del Bando integrale di gara”, ma non ha riferito dell’adozione del provvedimento di aggiudicazione finale, ciò di cui neppure la De Vi. ha fornito evidenza.
Per questo, non constano elementi fattuali tali da escludere, allo stato, la sussistenza d’un interesse ad impugnare della Ir., non risultando completato in senso favorevole alla stessa il procedimento volto all’affidamento della concessione, e dunque permanendo le ragioni d’utilità sottese all’appello.
2. Inammissibile è invece l’eccezione d’improcedibilità dell’appello per carenza d’interesse sollevata dall’Atersir a fronte dell’intervenuta abrogazione dell’art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm. e della conseguente possibilità di far valere eventualmente le ragioni escludenti invocate dall’appellante nell’ambito del giudizio avverso l’aggiudicazione.
Analoga eccezione era stata proposta infatti dall’Atersir con memoria in primo grado, venendo espressamente respinta dalla sentenza “in considerazione dell’introduzione del presente giudizio in data antecedente all’abrogazione formale dell’art. 120 comma 2-bis del d.lgs. n. 50/2016 [recte, del Cod. proc. amm.] che dunque continua ad applicarsi, per espressa previsione di legge, e sotto il profilo procedurale, alla fattispecie in esame”.
Sul punto la Atersir non ha proposto appello incidentale c.d. “proprio”, non potendo dunque qui riproporre l’eccezione respinta dal giudice di primo grado.
2.1. Può prescindersi invece dall’esame della medesima eccezione in relazione ai motivi aggiunti proposti dalla Ir. nel presente grado, stante la reiezione degli stessi.
3. È infondata, ancora, l’eccezione d’inammissibilità dell’appello sollevata dalla De Vi. per l’omessa impugnazione della relazione conclusiva del procedimento istruttorio sull’esistenza delle cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) e f-bis), d.lgs. n. 50 del 2016 allegata alla determinazione del 13 giugno 2019: detta relazione costituisce infatti allegato e parte integrante del provvedimento valendo a sostanziarne la motivazione, la quale l’appellante ha chiaramente censurato.
3.1. Parimenti infondata è l’eccezione d’inammissibilità del secondo motivo di gravame, che non conterrebbe secondo la De Vi. specifiche censure nei confronti della sentenza.
In senso inverso, è sufficiente rilevare come l’appellante ben indichi i profili di doglianza formulati, deducendo in particolare la necessità che l’apprezzamento sull’affidabilità dell’operatore sia eseguito con valutazione globale e unitaria, che l’amministrazione avrebbe in specie omesso e che la stessa sentenza avrebbe trascurato non soffermandosi sulla corrispondente censura articolata dalla Ir..
3.2. Può prescindersi infine dall’esame dell’eccezione formulata dall’amministrazione circa l’inammissibilità dell’istanza d’esibizione ex art. 210 Cod. proc. civ., essendo quest’ultima ormai superata e irrilevante ai fini del decidere, dal momento che sono stati frattanto acquisiti e prodotti in giudizio i documenti invocati dall’appellante relativi alla gara indetta dal Comune di Imperia.
4. Col primo motivo di gravame la Ir. si duole dell’omesso accoglimento della censura con cui aveva dedotto in primo grado la carenza di un’adeguata motivazione e istruttoria sui fatti oggetto di omissione o reticenza comunicativa in sede di gara da parte della De Vi.: a tal fine non sarebbe sufficiente il mero richiamo allo stato della relativa vicenda penale – con riguardo in particolare all’assenza d’una condanna definitiva – occorrendo piuttosto un autonomo e specifico apprezzamento da parte dell’amministrazione sui fatti non correttamente dichiarati dalla concorrente.
4.1. Col secondo motivo l’appellante censura la sentenza per aver trascurato che la valutazione dell’amministrazione concedente sull’affidabilità dell’operatore deve essere eseguita in termini necessariamente globali, non potendo essere frammentata in relazione ai singoli, distinti fatti emersi a carico dello stesso; nel caso di specie, una valutazione sintetica e globale sulla condizione della De Vi. avrebbe dovuto senz’altro condurre a ravvisarne l’inaffidabilità, inducendo a cogliere al contempo la strumentale reticenza tenuta dalla concorrente in sede di gara.
4.2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per connessione, sono parzialmente fondati, nei termini e per le ragioni che seguono.
4.2.1. Circa le condotte dichiarative dei concorrenti valgono i principi di diritto di cui alla sentenza dell’Adunanza plenaria, 28 agosto 2020, n. 16 di questo Consiglio di Stato.
Per quanto di rilievo nella presente sede, occorre muovere dalla distinzione fra le omesse, reticenti e false dichiarazioni ai sensi dell’art. 80, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, rilevando che “v’è omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come grave illecito professionale ; v’è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero” (Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407; 22 luglio 2019, n. 5171; 28 ottobre 2019, n. 7387; 13 dicembre 2019, n. 8480; 17 marzo 2020, n. 1906; 12 maggio 2020, n. 2976).
L’indicata decisione dell’Adunanza plenaria ha chiarito, in proposito, che “la falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50”, e che essa soggiace a un regime in forza del quale “la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo”.
Il medesimo regime vale poi per “l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 16 del 2020, cit.).
Vale dunque il principio per cui la condotta omissiva, reticente o mendace tenuta dal concorrente in relazione a circostanze potenzialmente rilevanti ai fini dell’ammissione alla gara, della selezione delle offerte e dell’aggiudicazione non determina come conseguenza automatica l’esclusione. Occorre piuttosto una valutazione da effettuare in concreto, ad opera della stazione appaltante, circa l’effettiva rilevanza di una tale condotta dichiarativa, per le sue concrete caratteristiche, rispetto al contratto di cui si verte, nonché degli episodi sottostanti non adeguatamente comunicati (da ultimo, cfr. Cons. Stato, VI, 2 novembre 2020, n. 6734). Si tratta, in sostanza, di una duplice valutazione: dapprima se si tratti, in ogni aspetto, di un effettivo caso di pregresso “grave illecito professionale”, poi in che termini il fatto che lo integra risulti incongruo rispetto all’affidabilità dell’impresa in vista del particolare contratto per il quale è gara.
Per le stesse ragioni, ravvisata una condotta dichiarativa a carattere omissivo, reticente o falso, ex art. 80, comma 5, lett. c) [ora c-bis], d.lgs. n. 50 del 2016 non rilevata dall’amministrazione in corso di gara, il giudice non può statuire sic et simpliciter l’esclusione del concorrente, ma deve rimettere piuttosto la relativa valutazione alla stazione appaltante (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142).
4.2.2. Proprio rispetto a tale specifico tratto o segmento dell’azione amministrativa ricadono le doglianze qui formulate dell’appellante: non alla luce d’un precedente annullamento giudiziale in relazione alla medesima procedura, con conseguente necessaria riedizione dell’apprezzamento amministrativo; bensì a fronte della spontanea rivalutazione eseguita dalla stazione appaltante a seguito della pronuncia di primo grado – confermata da questa V Sezione del Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 2407 del 2019 – che prevedeva una nuova valutazione dell’amministrazione nell’ambito della distinta gara relativa al bacino di Parma.
In specie, la questione che si pone e della quale qui il Collegio è investito riguarda le modalità mediante le quali la valutazione dell’omissione dichiarativa e dei fatti alla stessa sottostanti debba essere eseguita da parte dell’amministrazione.
In particolare, il tema verte su quali debbano essere i requisiti dell’istruttoria e, dunque, della motivazione riguardo a siffatta valutazione, e quale ne debba essere il grado d’autonomia rispetto alle correlate vicende giudiziali (in particolare: penali) da cui la circostanza potenzialmente lesiva per l’affidabilità e integrità del concorrente sia emersa. In questa prospettiva, la questione si specifica in quali termini l’amministrazione sia chiamata a esaminare e indagare il fatto oggetto della (distinta) vicenda giudiziale penale, in relazione alla quale l’omissione, reticenza o falsità dichiarativa endoprocedurale s’è manifestata.
4.2.3. L’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione ratione temporis applicabile alla presente fattispecie, prevede l’esclusione dei concorrenti nel caso in cui “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità . Tra questi rientrano […] il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” (cfr. il suddetto art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 nella versione anteriore al d.-l. n. 135 del 2018, conv. dalla l. n. 12 del 2019; v. oggi la lett. c-bis) del medesimo art. 80, comma 5).
Come già posto in risalto, la valutazione sulla sussistenza di “gravi illeciti professionali” desumibili da “mezzi adeguati” compete all’amministrazione, la quale è chiamata all’uopo – in caso di illecito comunicativo – ad apprezzare senz’altro quella condotta dichiarativa (in termini di omissione, reticenza o mendacio) del concorrente; ma “nel far ciò, non potrà esimersi dal soppesare nel merito i singoli, pregressi episodi, dei quali l’operatore si è reso protagonista, e da essi dedurre, in via definitiva, la possibilità di riporre fiducia nell’operatore economico ove si renda aggiudicatario del contratto d’appalto” (Cons. Stato, V, n. 2407 del 2019, cit.).
Il canone alla cui stregua la stazione appaltante deve esprimere il proprio motivato giudizio sull’ammissione del concorrente è quello della “integrità o affidabilità ” dell’operatore: per questo, non solo i profili della condotta dichiarativa endoprocedurale in sé, ma anche quelli inerenti al fatto non adeguatamente dichiarato rientrano nell’oggetto dell’apprezzamento di competenza dell’amministrazione.
4.2.4. A tale proposito, va osservato che, seppur riguardo alla diversa fattispecie delle pregresse risoluzioni contrattuali disposte in danno dell’operatore, la Corte di Giustizia UE ha affermato che “l’articolo 57, paragrafo 4, lettere c) e g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce” (Corte di Giustizia UE, 19 giugno 2019, causa C-41/18).
Se ne desume, da un lato, che non occorre un giudicato sulla vicenda addebitata al concorrente per poterne trarre ragioni d’inaffidabilità o non integrità giustificanti la sua esclusione; dall’altro – al contempo – che l’amministrazione è investita d’un autonomo e distinto apprezzamento in funzione dell’adozione dei provvedimenti d’ammissione ed esclusione dalla gara (cfr., oggi, l’art. 80, comma 10-bis, ultimo periodo, d.lgs. n. 50 del 2016).
Il che è stato del resto espressamente affermato da precedenti di questo Consiglio di Stato in relazione ai provvedimenti d’esclusione che si fondino su fatti oggetto di procedimento penale: gli elementi idonei a sorreggere il giudizio d’inaffidabilità o non integrità dell’impresa possono infatti “anche essere desunti dall’amministrazione […] da fatti penalmente rilevanti oggetto di appositi procedimenti. Ma a tale fine è necessario che l’amministrazione individui con precisione quali siano le condotte esecutive rilevanti che hanno integrato gli estremi del grave errore professionale e determinato la interruzione del rapporto fiduciario” (Cons. Stato, VI, 2 gennaio 2017, n. 1).
In tale prospettiva occorre – per poter apprezzare in chiave escludente la pregressa condotta oggetto di procedimento penale – che l’amministrazione “dia adeguato conto: a) di aver effettuato una autonoma valutazione delle idonee fonti di prova; b) di aver considerato le emergenti circostanze di fatto sotto il profilo della loro pertinenza e rilevanza in ordine all’apprezzamento di integrità morale e affidabilità professionale del concorrente” (Cons. Stato, V, 17 settembre 2018, n. 5424; 21 gennaio 2020, n. 474, 475, 477-479 e 481; 9 gennaio 2020, n. 158, maturate sull’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006, ma espressive di principi che permangono validi anche per l’attuale disciplina; in termini generali rispetto alla valutazione dei pregressi illeciti, cfr. Cons. Stato, V, 6 aprile 2020, n. 2260). Allo stesso modo, non occorre ai fini dell’adozione del provvedimento d’esclusione che il fatto sia accertato in sede penale con sentenza definitiva (Cons. Stato, n. 158 del 2020, cit.; V, 20 novembre 2015, n. 5299; v. anche Id., 27 febbraio 2019, n. 1367).
4.2.5. Si ricavano dai principi e dai precedenti suesposti due rilevanti corollari, connessi fra di loro: ai fini della valutazione dell’affidabilità e integrità dell’impresa il giudizio dell’amministrazione non può che investire il fatto in sé, in tutti i suoi profili sostanziali, e non la sola valutazione e il trattamento datogli in sede penale; d’altro canto, l’apprezzamento del medesimo fatto in sede penale e da parte dell’amministrazione ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 è ben distinto, proprio perché diverse sono le finalità istituzionali della valutazione e gli inerenti parametri normativi.
Questo, deve ritenersi, parimenti vale quando del fatto l’amministrazione sia venuta a conoscenza in ragione della vicenda penale, e in specie per l’omessa o inadeguata comunicazione di questa, con la conseguente necessità che la stazione appaltante effettui la valutazione delle circostanze omesse: anche in un tale caso, gli atti del procedimento penale rimangono il veicolo attraverso il quale l’amministrazione ha avuto conoscenza del fatto; ma ciò non basta, perché la normativa sulla formazione dei contratti pubblici ha la sua funzione istituzionale nella selezione del concorrente (più ) affidabile per un certo stipulando contratto, e in vista di ciò non si arresta al rimettere l’affidabilità a un pregresso dato formale, per quanto connesso possa essere alla moralità dell’aspirante contraente e a tali fini rilevante: diversa infatti è la funzione e diversa è la finalità .
È dunque sul pregresso fatto, nel suo effettivo portato sostanziale e storico, che la stazione appaltante è tenuta ad esprimersi, dovendo apprezzarlo compiutamente in una alla condotta reticente tenuta dall’operatore, senza arrestarsi alla attribuita qualificazione in sede penale e alle sue inerenti conseguenze.
Per questo, pur potendo trarre elementi valutativi dal procedimento penale e dalle sue vicende, è sul fatto in sé e sulle relative omissioni comunicative che l’amministrazione è chiamata ad esprimersi, stante il canone funzionale posto a fondamento del suo giudizio incentrato sulla “integrità o affidabilità ” dell’operatore. Detto altrimenti, l’amministrazione ha l’onere di una sua espressa e distinta valutazione della condotta: dove l’attribuito rilievo penale è solo uno degli elementi di apprezzamento; e dove ciò che soprattutto conta, per l’immanente finalità di selezione di un potenziale contraente affidabile in relazione al contratto da stipulare e alle sue caratteristiche, è il fatto storico nella sua completezza.
Nell’apprezzare tale fatto l’amministrazione è chiamata a svolgere un sillogismo giuridico complesso che si articola su due livelli, dalla cui integrazione discende la complessiva verifica del grave illecito professionale a effetto escludente: da un lato occorre che il comportamento pregresso assuma la qualificazione oggettiva di comportamento in grado d’incrinare l’affidabilità e integrità dell’operatore nei rapporti con l’amministrazione; dall’altro, il fatto così qualificato va messo in relazione con il contratto oggetto dell’affidamento, così da poter declinare in termini relativi e concreti la nozione d’inaffidabilità e assenza d’integrità, ai fini della specifica procedura di gara interessata.
4.3. Declinando i principi sin qui esposti rispetto alla specifica problematica in rilievo, occorre evidenziare che, proprio in quanto autonomo e proiettato verso finalità proprie, nonché incentrato su distinti parametri valutativi, il giudizio demandato all’amministrazione sul fatto potenzialmente pregiudizievole per l’affidabilità od integrità dell’operatore non può risolversi nel mero rilievo dell’assenza di un giudicato penale di condanna, con conseguente esclusione ipso facto dell’insussistenza d’un “grave illecito professionale”.
Per quanto osservato, infatti, ciò varrebbe a obliterare l’autonomia di valutazione spettante all’amministrazione (e su questa incombente) e la stessa precipua finalità – e base normativa – del giudizio richiesto alla stazione appaltante.
Inoltre, siffatta impostazione finirebbe per immutare lo stesso oggetto dello scrutinio rimesso all’amministrazione: non più il fatto sostanziale, come potenzialmente espressivo d’un illecito professionale, bensì il procedimento penale in sé : ciò che non può trovare condivisione, alterando la prospettiva o il punto d’osservazione affidato all’amministrazione, che si vede chiamata, a ben vedere, a eseguire pur sempre una valutazione sull’affidabilità e integrità dell’impresa – e dunque un vaglio sull’eventuale comportamento “illecito” di questa – non già uno scrutinio sul relativo procedimento penale. Da quest’ultimo è infatti sì possibile trarre eventuali elementi per il giudizio, oltreché di conoscenza del fatto, ma senza mai dimenticare quale dev’essere l’oggetto della valutazione – che rimane la pregressa condotta dell’impresa e i correlati profili comunicativi – né distorcerne la finalità e i parametri.
In tale prospettiva, questa V Sezione ha già precisato, in relazione alla previgente disciplina interna ed europea, la nozione di “errore grave” nell’esercizio dell’attività professionale (art. 45, par. 2, lett. d), direttiva 2004/18/CE, da cui l’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006) anche alla luce della comparazione fra le versioni nelle diverse lingue del testo della direttiva europea (cfr. Cons. Stato, V, n. 474, 475, 477-479 e 481 del 2020, citt.).
A tale riguardo, a fronte dell’utilizzo del sostantivo “errore” nel testo italiano, s’è posto in risalto come non si volesse far riferimento nella fonte europea “né ad un’ipotesi di ignoranza o falsa rappresentazione della realtà, né ad un’ipotesi di fallo o sbaglio (come il termine errore – evidentemente frutto di un’improprietà lessicale del servizio di traduzione – lascerebbe intendere), bensì ad un concetto, più chiaro nelle dette espressioni non italiane, che potrebbe essere indicato come grave mancanza o grave cattiva condotta nello svolgimento dell’attività professionale”.
Il che è ben utile a orientare, sul piano metodologico e sostanziale, anche la lettura del testo in vigore.
In particolare, l’art. 57, par. 4, dell’attuale direttiva 2014/24/UE, prevede:
“Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni: […]
c) se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità […]”.
La locuzione “gravi illeciti professionali”, che si sostituisce a quella precedente di “errore grave” “nell’esercizio della propria attività professionale”, corrisponde nelle altre lingue alle espressioni – pressoché analoghe a quelle utilizzate nella previgente direttiva 2004/18/CE – di “grave professional misconduct” nel testo inglese, “faute professionnelle grave” in quello francese, “schwere Verfehlung” nella traduzione tedesca, e “falta profesional grave” in quella spagnola.
In tale contesto, così come “errore” non voleva significare “falsa rappresentazione della realtà “, né “fallo” o “sbaglio”, allo stesso modo la nozione di “illecito” non coincide né si esaurisce con il concetto di “contrarietà alla legge” in altro settore dell’ordinamento, quasi che l’esclusione rivestisse la natura di sanzione di comportamenti aliunde illeciti tenuti dall’operatore.
Al contrario, pur a fronte della diversa locuzione utilizzata nella lingua italiana, rimane fermo l’orizzonte funzionale (e concettuale) di riferimento: l’illecito professionale “può assumere varie qualificazioni giuridiche di dettaglio”, “quel che conta però per la scelta del contraente di un nuovo contratto è la pregressa presenza di omissioni, mancanze o scorrettezze nell’adempimento dei doveri nascenti dagli impegni nella propria attività economica, tali che possono adeguatamente portare a qualificare l’operatore come non affidabile per ulteriori contratti pubblici” (Cons. Stato, V, n. 474 del 2020, cit.; sulla nozione essenzialmente atipica di grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, cfr. Cons. Stato, V, 29 ottobre 2020, n. 6615; 14 aprile 2020, n. 2389; 24 gennaio 2019, n. 586 e 591; IV, 8 ottobre 2020, n. 5967).
La normativa di matrice europea sui contratti pubblici, infatti, nel valorizzare e coltivare il valore della concorrenza e i correlati principi di trasparenza, pubblicità e parità di trattamento nell’affidamento delle pubbliche commesse, non oblitera – anzi concilia, in una sintesi unitaria – l’obiettivo della scelta del miglior contraente per la pubblica amministrazione, cui la disciplina rimane pur sempre orientata.
Alla luce di ciò, l'”illecito professionale” rileva non come tale, cioè nella (distinta) dimensione in cui viene accertato ed eventualmente sanzionato per la sua intrinseca offensività, bensì se e nella misura in cui risulti rilevante sul piano della affidabilità e integrità dell’operatore, e quindi funzionalmente a un apprezzamento – in termini negativi, e cioè ostativi – dell’operatore ai fini dell’affidamento del contratto pubblico.
Di qui la non diretta né esclusiva rilevanza, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 della vicenda procedimentale penale in sé, quanto piuttosto dei fatti che ne costituiscono l’oggetto.
Il che parimenti vale nel caso in cui l’illecito origini nella dimensione dichiarativa, cioè in relazione all’omessa, reticente o mendace comunicazione di pregressi “illeciti professionali”: anche in questo caso, nell’apprezzare – al fianco della condotta dichiarativa – il fatto storico, l’amministrazione dovrà osservarlo nel prisma dell’affidabilità e integrità dell’impresa a fini contrattuali, non già guardando alla (sola, distinta) vicenda penale, ovvero all’offensività del medesimo fatto al di fuori della dimensione contrattuale-pubblicistica.
4.3.1. Facendo applicazione di tali principi al caso in esame, si perviene alla conclusione che la determinazione di ammissione della De Vi. alla procedura di gara a fronte delle omissioni o reticenze informative a questa imputabili è allo stato illegittima.
In particolare, non può essere apprezzato in termini di adeguatezza istruttoria e motivazionale il giudizio di assenza di “grave illecito professionale” espresso in ragione della mera assenza di una sentenza definitiva di condanna nell’ambito del procedimento penale avviato in relazione ai fatti emersi.
4.3.1.1. Alla luce di ciò, la censura va accolta, anzitutto, in relazione ai fatti di presunta frode nelle pubbliche forniture e truffa nell’esecuzione del contratto d’appalto stipulato con il Comune di Ponza, rispetto ai quali l’amministrazione giustifica l’irrilevanza della fattispecie sulla base della sola considerazione che “il fatto oggetto della vicenda processuale [davanti al Tribunale penale di Latina] non è stato oggetto di alcuna pronuncia di merito, neppure endoprocedimentale in cui un’autorità giudiziaria abbia stabilito la responsabilità dell’imputato all’esito di un processo, caratterizzato dalla garanzia dei diritti di difesa di quest’ultimo, e risulta essersi invece conclusa con una sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione”; il che, sulla base dei principi sopra enunciati, non soddisfa l’onere istruttorio e motivazionale gravante in capo all’amministrazione in relazione al fatto astrattamente idoneo a integrare grave illecito professionale, sul quale peraltro non risulterebbe mai eseguito alcun apprezzamento in termini d’incidenza sull’affidabilità e integrità dell’impresa se fosse sufficiente la rilevata prescrizione penale a escluderne sic et simpliciter il valore.
Non rileva di per sé l’assunto che, nel caso di specie, non è dato desumere “dalla genericità della dichiarazione presentata [in gara] la mala fede del dichiarante, al punto da considerare la reticenza come illecito professionale di tale gravità da determinare l’esclusione del concorrente ai sensi dell’art. 80, comma 5 lett. c)”: ciò incide evidentemente sul solo profilo dichiarativo – per il quale non è peraltro dubbia l’integrazione d’una reticenza della De Vi. (cfr., proprio sul medesimo fatto, Cons. Stato, V, n. 2407 del 2019, cit., richiamata a tal fine anche dalla determina n. 95 del 2019, e Cons. Stato, V, n. 5142 del 2018, cit.) – senza con ciò soddisfare gli oneri istruttori sul fatto in sé, che incombono sull’amministrazione e da questa vanno assolti.
Quanto ai profili temporali della fattispecie richiamati dalla De Vi. (che ne escluderebbero di per sé la rilevanza, così come quella della sua reticente comunicazione), al di là delle vicende del giudizio civile, va qui osservato che l’elemento rientra allo stato anch’esso nel perimetro degli accertamenti – anche fattuali – spettanti all’amministrazione, che su ciò non s’è soffermata né vi ha fondato argomenti motivazionali nella determina n. 95 del 2019, dove ha viceversa espressamente reputato di dover riesaminare la fattispecie a seguito delle indicazioni fornite dalla detta sentenza n. 310 del Tribunale amministrativo, oltreché dalle sentenze n. 2407 e 2511 del 2019 di questa V Sezione del Consiglio di Stato.
4.3.1.2. Lo stesso è a dirsi in relazione ai fatti di riciclaggio oggetto di rinvio a giudizio davanti al Tribunale di Avellino, espressamente presi in esame dall’amministrazione ma poi superati sul (solo) presupposto che “nel caso di specie tuttavia il fatto ascritto non è stato oggetto di una pronuncia di condanna del giudice, seppure non definitiva, pertanto la Stazione Appaltante ritiene di dover applicare il principio costituzionale di presunzione di innocenza (art. 27, co. 2, Cost.) che preclude un giudizio negativo sulla condotta attribuita all’operatore economico per fatti che non hanno ricevuto alcun accertamento neppure parziale da parte di un’autorità giudiziaria”, così di fatto abdicando alla valutazione in ragione di una presunta “preclusione” derivante dall’assenza d’un giudicato penale di condanna, quasi che dovesse trovare applicazione al riguardo un principio di c.d. “pregiudizialità penale” rispetto all’azione amministrativa ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, non essendo, del resto, la vicenda penale a quanto consta ancora definitivamente conclusa.
4.3.1.3. Questo similmente vale per il rinvio a giudizio davanti al Tribunale di Nola per il reato di omicidio colposo in relazione alla contestata violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, sul quale pure l’amministrazione – presa in considerazione la vicenda – si limita a invocare che “il fatto ascritto non è stato oggetto di una pronuncia di condanna del giudice, seppure non definitiva”; né rilevano i profili richiamati dalla De Vi. in ordine all’omessa notifica di siffatto rinvio a giudizio al tempo in cui l’appellata rendeva le dichiarazioni di gara, dal momento che la determina n. 95 del 13 giugno 2019, oggetto del presente giudizio, espressamente prende a esame tale fatto seppur incorrendo nel vizio suindicato, sicché assume ormai rilievo l’apprezzamento della vicenda in sé da parte dell’amministrazione, come (già ) attratta nel contenuto provvedimentale.
Anche qui, del resto, il procedimento penale non risulta ancora pervenuto a definitiva conclusione.
4.3.1.4. Rispetto a tutti i fatti suindicati, è ravvisabile la presenza di potenziali “gravi illeciti professionali”, stante la potenziale rilevanza penale delle condotte, la pertinenza delle stesse rispetto all’oggetto dell’affidamento, il coinvolgimento dei vertici aziendali (cfr., rispetto al primo fatto, le considerazioni espresse da Cons. Stato, V, n. 2407 del 2019 e n. 5142 del 2018, citt.), ovvero l’esplicito riconoscimento in tal senso dell’amministrazione, secondo la quale tali condotte “certamente rilevano, ove accertate, quali potenziali cause di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c)” (cfr. la stessa determinazione n. 95 del 2019 in relazione alla seconda e terza fattispecie; anche sulla prima vicenda, l’Atersir afferma che i fatti debbano essere ritenuti “certamente gravi e rilevanti, laddove accertati dalle autorità competenti”, e ne esclude il rilievo solo in ragione della mancanza d’un accertamento giudiziale di merito).
Su queste basi, nell’ambito della valutazione spettante all’amministrazione, occorre considerare la necessità che il loro scrutinio – specificamente finalizzato, attraverso valutazione concreta dei profili sostanziali e comunicativi, alla verifica di affidabilità e integrità ex art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 – avvenga nell’effettivo rispetto della ratio normativa e con adeguato supporto istruttorio e motivazionale, salvi gli eventuali accertamenti in fatto utili alla valutazione dell’amministrazione.
Non ricorrono per converso elementi, neppure alla luce della valutazione globale sulla condizione della De Vi., per poter ritenere che la stessa vada sic et simpliciter esclusa dalla gara, spettando siffatta valutazione e decisione all’amministrazione concedente (cfr., ancora, Cons. Stato, Ad. plen., n. 16 del 2020).
4.3.2. Va invece respinta la medesima doglianza in relazione alla condanna del Tribunale di Ariano Irpino per omissione di atti d’ufficio sulla gestione di un impianto da parte della società AS. Ec. s.r.l.: al riguardo la stazione appaltante indica infatti autonome e ulteriori ragioni giustificative dell’irrilevanza della vicenda, incentrate sulle circostanze che i fatti – peraltro “non enumerati all’art. 80 comma 1 D.Lgs. 50/2016 tra quelli cui consegua l’esclusione automatica del concorrente” – sono addebitati a un soggetto che “non risulta […] sia rappresentante della De Vi. Tr. S.p.A.” e inoltre “appaiono riferibili all’operato di una diversa società non partecipata dalla stessa De Vi. Tr. S.p.A.”.
Sul piano motivazionale, l’apprezzamento dell’amministrazione può ritenersi dunque effettivo e autosufficiente – benché il provvedimento menzioni anche la circostanza che “il processo [penale] non è ancora chiuso” – mentre nel merito, al di là delle questioni dibattute fra le parti in ordine alla riconoscibilità in capo al soggetto coinvolto della qualità di procuratore della De Vi. Tr., è assorbente rilevare come la stazione appaltante motivi anche in ragione della ritenuta riferibilità dei fatti contestati “all’operato di una diversa società non partecipata dalla stessa De Vi. Tr. S.p.A.”, ciò su cui l’appellante non muove specifiche censure.
Si rileva poi per mera completezza che v’e evidenza in atti di una (successiva) sentenza assolutoria della Corte di appello di Napoli in relazione al fatto suindicato.
4.3.2.1. Quanto sopra vale anche per i fatti di frode nelle pubbliche forniture e truffa nei confronti del Comune di (omissis), il cui procedimento penale davanti al Tribunale di Latina è stato archiviato per prescrizione.
Anche in questo caso l’amministrazione fornisce un’autonoma motivazione sulla ritenuta irrilevanza di tali fatti, fondata sull’intervenuta transazione con il Comune di (omissis) in relazione alla vicenda, nonché – ciò che più rileva – sulla circostanza che “non vi sono evidenze del fatto che il Comune di (omissis) abbia disposto una risoluzione/rescissione contrattuale ai danni di De Vi. Tr. S.p.A. che appare diversamente aver portato a termine il contratto senza contestazioni”.
In tale contesto, non è condivisibile la censura formulata dalla Ir. in ordine al mancato apprezzamento dei profili penali della condotta contestata, atteso che – proprio alla luce degli stessi suesposti principi – il giudizio dell’amministrazione è pur sempre orientato al vaglio di affidabilità e integrità dell’impresa, rispetto al quale le motivazioni addotte dall’Atersir si manifestano qui sufficienti e non irragionevoli, incentrandosi sull’assenza di evidenze di gravi criticità esecutive nell’ambito dell’affidamento contestato (cfr., per le fattispecie di cui al presente e al precedente paragrafo, Cons. Stato, n. 2407 del 2019, che proprio in ragione dei peculiari profili materiali delle vicende ne rimetteva completamente l’apprezzamento alla valutazione dell’amministrazione).
4.3.2.2. Infondata è altresì la censura incentrata sul dedotto procedimento penale aperto dalla Procura della Repubblica di Padova sulla presunta illecita proroga di taluni appalti per il servizio di gestione dei rifiuti da parte di ETRA, atteso che l’appellante fornisce al riguardo mere notizie di stampa, nelle quali neppure emerge chiaramente se vi sia un addebito penale a carico di esponenti della De Vi., sicché la deduzione non basta a far ravvisare omissioni informative rilevanti, e dunque a fondare un giudizio d’illegittimità del provvedimento della stazione appaltante che non prende a esame siffatta vicenda.
4.4. In conclusione, per le esposte ragioni il ricorso in appello risulta fondato nei termini suindicati, con conseguente riforma della sentenza, accoglimento dei terzi motivi aggiunti in primo grado e annullamento del provvedimento impugnato limitatamente ai profili sopra specificati.
Per effetto di tale annullamento, sono rimesse all’amministrazione – essendo stata peraltro la determina n. 95 del 2019 adottata dall’Atersir spontaneamente, e non già in attuazione d’un precedente giudicato sulla gara qui controversa – le determinazioni e valutazioni sui fatti suindicati nel quadro d’un loro apprezzamento ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 secondo quanto sopra esposto.
5. Con i primi motivi aggiunti l’appellante deduce un’ulteriore illecito dichiarativo commesso dalla De Vi., in relazione all’omessa comunicazione di procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Salerno per fatti di turbata libertà degli incanti nella gestione di rifiuti fra il 2011 e il 2017.
Di qui la contestata “violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) e f-bis) del d.lgs. 50/2016 (nella versione ratione temporis vigente) e dell’art. 75 del D.P.R. 445/2000. Violazione e falsa applicazione delle Linee Guida ANAC n. 6 del 16 novembre 2016. Eccesso di potere sotto tutti i profili sintomatici, in particolare per violazione del principio di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale in relazione al principio di onnicomprensività della dichiarazione da rendere ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c); e per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, carenza di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta e sviamento, violazione del principio di par condicio”.
5.1. La doglianza è infondata.
5.1.1. È assorbente rilevare al riguardo che il rinvio a giudizio invocato dall’appellante si collocherebbe – a quanto risulta dagli articoli di stampa prodotti – alla fine del novembre 2019, ben dopo, dunque, rispetto alle dichiarazioni di gara presentate dalla De Vi., risalenti al 10 luglio 2018, e alla stessa determina qui impugnata, del 13 giugno 2019, né la Ir. fornisce altri riferimenti temporali utili a un diverso inquadramento della fattispecie.
Per questo, nessun illecito comunicativo può essere nella specie contestato alla De Vi. in relazione a tale vicenda, né l’appellante invoca quest’ultima sotto altra e diversa prospettiva.
6. Con secondi motivi aggiunti l’appellante articola censure in termini similari, dolendosi di ulteriori omissioni comunicative in cui la De Vi. sarebbe incorsa in ordine a fatti dei quali l’appellante è venuta a conoscenza in corso di giudizio; deduce perciò “Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. a), c) e f-bis), e comma 6 del d.lgs. 50/2016 (nella versione ratione temporis vigente) e dell’art. 75 del D.P.R. 445/2000. Violazione e falsa applicazione delle Linee Guida ANAC n. 6 del 16 novembre 2016. Eccesso di potere sotto tutti i profili sintomatici, in particolare per violazione del principio di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale in relazione al principio di onnicomprensività della dichiarazione da rendere ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c); e per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, carenza di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta e sviamento, violazione del principio di par condicio”.
6.1. Tali motivi aggiunti sono in parte inammissibili e in parte infondati, nei termini che seguono.
6.1.1. Sotto il primo profilo, si osserva che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha posto in risalto come “i motivi aggiunti in appello, di cui all’art. 104, co. 3, Cpa […] devono senz’altro riguardare ‘atti o provvedimenti amministrativi impugnatà, e non possono essere desunti né da atti endoprocedimentali e/o di procedimenti collegati che avrebbero dovuto essere impugnati (e che eventualmente possono ancora formare oggetto di autonoma impugnazione in I grado), né da documenti non solo conosciuti, in quanto prodotti dalle parti in giudizio, ma anche conoscibili, per il tramite dell’esercizio degli ordinari mezzi di prova che il codice riconosce alle parti, ed in specie, al ricorrente” (Cons. Stato, IV, 26 novembre 2018, n. 6663; 3 agosto 2016, n. 3509; 8 maggio 2015, n. 2328; V, 27 aprile 2015, n. 2063; recentemente, Cons. Stato, V, 26 ottobre 2020, n. 6534; cfr. anche Cons. Stato, IV, 29 agosto 2013, n. 4315, in cui si pone in risalto che, diversamente, si finirebbe “per svuotare di senso sia la stessa natura del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale, sia il senso stesso del decisum proprio della sentenza di I grado, ben potendo ipotizzarsi una sorta di istruttoria successiva ed extra iudicium, in pendenza di termine per l’appello ed anche dopo la scadenza di questo, venendo in tal modo a prodursi una sorta di ‘giudizio a formazione progressivà, che prescinde dal rispetto dei gradi di giudizio previsti per legge”).
Il che s’inscrive del resto nella cornice del più ampio principio che afferma il carattere eccezionale della previsione di cui all’art. 104, comma 3, Cod. proc. amm., con conseguente necessità d’una limitata e cauta applicazione dell’istituto dei motivi aggiunti in appello (Cons. Stato, IV, 22 novembre 2013, n. 5542).
Nel caso di specie, nessun utile elemento la Ir. adduce a spiegazione della proposizione della doglianza solo in appello, in particolare rispetto all’invocata condanna inflitta dal Tribunale di Cagliari con sentenza n. 1440 del 2017 per violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro, e alla dedotta condanna da parte del Tribunale di Treviso – Sez. dist. Castelfranco Veneto per altrettante violazioni.
Non rilevano, a tal fine, le notizie di stampa prodotte, che di loro non danno conto di tali vicende, né la documentazione acquisita a seguito di accesso agli atti in relazione alla procedura di gara indetta dal Comune di Imperia richiamata dall’appellante, trattandosi di documentazione ottenuta successivamente alla notifica di siffatti motivi aggiunti – e che dunque non può valere a giustificarne la proposizione – e che peraltro non riporta neppure la dedotta sentenza di condanna del Tribunale di Treviso – Sez. dist. Castelfranco Veneto (cfr. il Dgue presentato dalla De Vi. in relazione a detta gara, sub doc. 14 prodotto dall’appellante).
Neppure può invocarsi a tal fine il sopraggiunto provvedimento d’esclusione disposto dal Comune di Monza, dal quale non emerge traccia di tali dedotti pregiudizi penali.
Non risulta perciò giustificata l’introduzione da parte della Ir. delle ragioni di censura ex novo solo in appello, non emergendo nella specie i motivi che avrebbero reso non conoscibili in primo grado le siffatte circostanze e documenti – che la stessa appellante indica peraltro quali “atti pubblici” – di cui non sono state rese note neanche le esatte modalità e tempistiche di acquisizione, non potendo valere a tal fine, per quanto osservato, i richiami alle notizie di stampa e alla documentazione ottenuta dal Comune di Imperia.
Segue da quanto sopra l’inammissibilità dei motivi aggiunti in relazione alle suddette doglianze, in parziale accoglimento della corrispondente eccezione sollevata dalla De Vi..
6.1.2. È invece infondata la doglianza incentrata sull’omessa comunicazione di illeciti professionali in materia di sicurezza sul lavoro accertati con ordinanze n. 17132 e 26025 del 2019 della Corte di cassazione, in relazione alla fattispecie di grave errore professionale ex art. 80, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 50 del 2016, oltreché di illecito dichiarativo.
Al riguardo, basta rilevare, da un lato, come le pronunce riguardino un mero contenzioso giuslavoristico ad oggetto risarcitorio in relazione ai “danni da inadempimento di lavaggio e manutenzione dei dispositivi di protezione individuale (D.P.I.)”, e l’appellante non fornisce al riguardo elementi atti a qualificare le condotte in termini di “gravi infrazioni debitamente accertate” alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro; dall’altro, in ogni caso, che le stesse ordinanze della Corte di cassazione di accoglimento dei ricorsi dei lavoratori sono posteriori alle dichiarazioni di gara rese dalla De Vi. – che non poteva dunque all’epoca fornirne evidenza – nonché alla stessa determinazione ammissiva n. 95 del 13 giugno 2019, su cui perciò esse non possono sic et simpliciter incidere in termini d’illegittimità .
6.1.3. Parimenti infondate sono le censure con le quali l’appellante invoca a fini escludenti l’intervenuta estromissione della De Vi. dalle procedure di gara indette dal Covar 14 e dal Comune di Monza, trattandosi di vicende sopraggiunte, che da un lato non potevano formare oggetto di comunicazione da parte dell’impresa in sede di gara, dall’altro non incidono di per sé, sic et simpliciter, sui (precedenti) provvedimenti amministrativi adottati dalla Atersir.
Nemmeno, d’altra parte, possono rilevare altri potenziali illeciti emergenti dal Dgue acquisito dal Comune di Imperia che non siano stati fatti valere con rituali motivi aggiunti, essendo inammissibile – come eccepito dalla De Vi. – qualsivoglia doglianza al riguardo.
7. In conclusione, per le suesposte ragioni va parzialmente accolto l’appello, nei termini suindicati, e – in riforma della sentenza – vanno conseguentemente accolti in parte i terzi motivi aggiunti in primo grado con annullamento della determina impugnata nei limiti suesposti, mentre i due ricorsi per motivi aggiunti qui proposti vanno in parte dichiarati inammissibili (i.e., parte dei secondi motivi aggiunti) e per la restante parte respinti, come suesposto.
7.1. Non può trovare accoglimento poi la domanda risarcitoria avanzata dalla Ir. con primi motivi aggiunti, atteso che – in via assorbente – non v’è evidenza allo stato di un pregiudizio subito dall’appellante in relazione ai profili d’illegittimità del provvedimento impugnato, tanto più che l’annullamento di questo determina la riapertura della valutazione amministrativa sull’ammissione alla gara della De Vi. nei termini suindicati.
7.2. La complessità della fattispecie e la parziale novità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello integrato da motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, provvede come segue:
– accoglie parzialmente l’appello nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte i terzi motivi aggiunti in primo grado annullando il provvedimento gravato, nei limiti di cui in motivazione;
– dichiara in parte inammissibili i motivi aggiunti respingendoli per la restante parte;
– compensa integralmente le spese di lite fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2020, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 d.-l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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