Corte di Cassazione, civile, |Ordinanza|| n. 21896.

Ai fini dell’attribuzione di un bene comune in proprietà esclusiva ad un condomino

Ai fini dell’attribuzione di un bene comune in proprietà esclusiva ad un condomino è necessaria un’espressa deliberazione dell’assemblea, assunta all’unanimità, posto che tale deliberazione, per sortire l’effetto traslativo della proprietà, deve assumere un valore contrattuale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva negato che tale effetto potesse conseguire alla mera annotazione a penna del nominativo di un condomino accanto al cespite in questione, all’interno di una tabella millesimale).

|Ordinanza|| n. 21896. Ai fini dell’attribuzione di un bene comune in proprietà esclusiva ad un condomino

Data udienza  18 maggio 2023

Integrale

Tag/parola chiave: Comunione dei diritti reali – Condominio negli edifici (nozione, distinzioni) .

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

Dott. CHIECA Danilo – Consigliere

Dott. TRAPUZZANO Cesare – Consigliere

Dott. POLETTI Dianora – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8534/2018 R.G. proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (in qualita’ di Amministratore del Condominio di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura speciale in atti;

-controricorrenti-

nonche’ contro

(OMISSIS), (OMISSIS);

-intimati-

avverso la SENTENZA della CORTE DI APPELLO DI GENOVA n. 1635/2017 depositata il 20/12/2017;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/05/2023 dal Consigliere DIANORA POLETTI.

Ai fini dell’attribuzione di un bene comune in proprietà esclusiva ad un condomino

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione del 07/04/2004 l’amministratore del Condominio di via (OMISSIS), con i condomini (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), proponeva avanti al Tribunale di La Spezia un’azione di rivendica ex articolo 948 c.c. nei confronti di (OMISSIS) per la restituzione di un piccolo locale situato nell’androne dell’edificio, in possesso di quest’ultima a seguito dell’acquisto della proprieta’ di un immobile sito nello stesso stabile da (OMISSIS), con scrittura privata autenticata del giorno 1.3.95. L’azione di rivendicazione veniva esercitata sull’assunto della presunzione di comunione stabilita dall’articolo 1117 c.c., in quanto il locale era originariamente destinato a guardiola del portiere dello stabile.

2. La convenuta (OMISSIS) si costituiva in giudizio contestando la domanda ed eccependo l’onere degli attori in rivendicazione di provare la proprieta’ condominiale. Eccepiva in via riconvenzionale l’avvenuto acquisto per usucapione. Chiedeva ed otteneva la chiamata in causa per garanzia e manleva della propria dante causa (OMISSIS), la quale si costituiva in giudizio contestando a sua volta la fondatezza della domanda attorea.

3. Con sentenza n. 884/13, il Tribunale di La Spezia accertava la natura condominiale del locale, dichiarava l’inopponibilita’ al Condominio dell’atto di vendita tra la (OMISSIS) e la (OMISSIS) e condannava quest’ultima a riconsegnare il locale al Condominio. Rigettava l’eccezione riconvenzionale di usucapione e accoglieva la domanda di manleva, condannando la (OMISSIS) al risarcimento del danno del liquidarsi in separato giudizio.

4. Avverso tale decisione proponeva appello (OMISSIS). Proponeva appello incidentale (OMISSIS). Si costituivano nel secondo grado di giudizio anche il Condominio e i condomini appellati.

5. Con sentenza n. 1635/2017 la Corte d’appello di Genova respingeva l’appello principale e quello incidentale.

Piu’ in particolare, quanto all’appello principale, la sentenza:

i) respingeva il primo motivo di censura avverso la decisione del Tribunale, nella parte in cui la stessa ha attribuito efficacia probatoria alla copia fotostatica di una copia dattiloscritta non conforme all’originale di un atto pubblico, in quanto l’atto di divisione a rogito notaio (OMISSIS) in data 31 dicembre 1934, prodotto in copia fotostatica, non e’ stato contestato dalle altre parti per cui costituisce valida prova documentale della originaria condominialita’ del bene di cui e’ causa;

ii) rigettava il secondo motivo di gravame, volto a censurare la decisione di prime cure nella parte in cui ha escluso che una deliberazione assunta all’unanimita’ da tutti i partecipanti al condominio possa costituire titolo valido per attribuire in proprieta’ esclusiva di uno di essi un bene immobile gia’ incluso tra le parti comuni dell’edificio, ritenendo la delibera assembleare nel caso di specie inidonea a produrre tale effetto traslativo;

iii) respingeva il terzo motivo di appello, ritenendo infondata l’eccezione di usucapione ex articolo 1159 c.c., in quanto non risultano provati ne’ il possesso ultradecennale ne’ la buona fede dell’acquirente.

6. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione, articolato in tre motivi, (OMISSIS).

7. Il Condominio di (OMISSIS) e i signori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (queste ultime quali eredi di (OMISSIS)) hanno resistito con controricorso.

8. I sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto difese in questa sede.

9. In prossimita’ dell’udienza i controricorrenti hanno depositato memoria.

Ai fini dell’attribuzione di un bene comune in proprietà esclusiva ad un condomino

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo del ricorso la ricorrente deduce la violazione degli articoli 2714, 2719 e 2697 comma 1 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Riproponendo il motivo di appello, la ricorrente sostiene che l’atto di divisione a rogito notaio (OMISSIS) del 31 dicembre 1934, che costituisce l’atto costitutivo del Condominio di (OMISSIS), e’ stato prodotto in giudizio dalla terza chiamata (OMISSIS) in copia fotostatica di una copia dattiloscritta della quale non e’ stata attestata la conformita’ all’originale. In carenza di tale prova documentale e dunque in carenza di prova della proprieta’ condominiale la domanda di rivendica avrebbe dovuto essere respinta.

1.1.- Il motivo e’ infondato.

Secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, in caso di produzione in giudizio di una copia fotografica di scrittura, cosi’ come – piu’ in generale – di una riproduzione meccanica, il disconoscimento di conformita’ previsto rispettivamente dagli articoli 2719 e 2712 c.c. deve aver luogo nella prima udienza o nella prima risposta successiva alla produzione, valendo il medesimo onere di tempestivita’ previsto dall’articolo 157, comma 2, c.p.c. con riferimento al rilievo del difetto di un requisito di forma-contenuto dell’atto processuale stabilito nell’interesse della parte (Cass. n. 5755/2023; Cass. n. 18074/2019; Cass. n. 3540/2019; Cass. 22709/2017, in motivo).

Decidendo in modo conforme a questi principi, la Corte distrettuale ha accertato che nella specie la produzione in giudizio ad opera della terza chiamata della copia fotostatica dell’atto di divisione Notaio del 31.12.1934 non era stata contestata, per cui appare corretta la conclusione in ordine alla validita’ di tale “prova documentale della originaria condominialita’ del bene di cui e’ causa, come tale soggetto alla disciplina dell’articolo 1117 c.c.”.

2.- Con il secondo mezzo parte ricorrente contesta la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1102, 1117 e 1136 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Afferma la ricorrente che la Corte d’appello genovese ha errato nel negare l’idoneita’ della delibera assembleare (assunta all’unanimita’ dall’assemblea dei condomini il 30 gennaio 1977 per approvare il regolamento condominiale e la tabella millesimale) a trasformare il locale gia’ adibito a guardiola del portiere in bene di proprieta’ esclusiva di uno dei condomini (nella specie, (OMISSIS), che ne ha potuto validamente disporre in favore di essa istante).

2.1.- Anche questo motivo e’ destituito di fondamento.

Come evidenziato dai controricorrenti, la ricorrente ha affermato che l’assegnazione del piccolo locale (dell’estensione pari a 5 mq.) sarebbe avvenuta in occasione dell’assemblea del 30.1.77, non gia’ a mezzo della delibera, bensi’ mediante l’indicazione a penna a margine delle tabelle millesimali del nome della venditrice (OMISSIS). In altri termini, la mancanza del carattere di condominialita’ del bene per successiva assegnazione in titolarita’ esclusiva sarebbe contenuta in una tabella millesimale, redatta in epoca imprecisata ma sicuramente successiva (quando i condomini erano 18, mentre quelli presenti in assemblea del 30.01.77 erano solo cinque), nella quale accanto all’unita’ immobiliare e’ stato aggiunto a mano il nome “Dott. A.M. (OMISSIS)”.

La ricorrente invoca al riguardo il principio, contenuto in precedenti di questa Corte proprio in tema di locale destinato a portineria e di alloggio del portiere (Cass. n. 17397/2004 e anche Cass. n. 7459/2015) secondo il quale, in tema di condominio, la trasformazione in tutto o in parte di un bene comune in bene di proprieta’ esclusiva di uno dei condomini puo’ essere validamente deliberata da tutti i condomini, “in mancanza di un valido titolo contrario alla presunzione di titolarita’ condominiale ex articolo 1117 c.c.”.

Occorre pero’ una espressa deliberazione, assunta all’unanimita’, di assegnazione di un bene o di una porzione in proprieta’ esclusiva ad uno dei condomini, posto che tale deliberazione, per sortire l’effetto traslativo della proprieta’, deve assumere un valore contrattuale.

Tale effetto non puo’ certamente essere attribuito a una mera annotazione a penna del nominativo di un condomino apposta accanto al cespite, considerando che questo Giudice ha ritenuto comunque insufficiente, ad escludere la natura condominiale del bene, anche la sola inclusione dello stesso nelle tabelle millesimali relative ad un singolo condomino (Cass. n. 6175/2009).

Si puo’ aggiungere che la stessa sentenza in ogni caso esclude anche la mera possibilita’ di ritenere che l’acquisto della proprieta’ del locale possa essere avvenuto in occasione della assemblea condominiale del 30.01.1977, perche’ la stessa (OMISSIS) nella scrittura privata in data 1.3.1995 dichiarava di avere acquisito la proprieta’ per acquisto con titolo anteriore al 1963, come tale precedente agli atti invocati.

3.- Il terzo motivo del ricorso censura la decisione impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1159 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con esso la sentenza impugnata e’ tacciata di non avere riconosciuto in capo all’odierna ricorrente il requisito della buona fede, necessario per integrare l’acquisto a non domino in forza di un titolo astrattamente valido ex articolo 1159 c.c..

Sostiene l’istante che nella fattispecie in esame e’ da escludersi la sussistenza di elementi di fatto idonei ad avvalorare il convincimento che l’acquirente (OMISSIS) avrebbe dovuto nutrire dubbi circa la legittimazione negoziale dell’alienante (OMISSIS).

3.1.- Il motivo e’ infondato.

La sentenza di secondo grado ha al riguardo affermato che la scrittura privata intercorsa tra (OMISSIS) e (OMISSIS) del 14/12/1988, preliminare alla compravendita stipulata con la successiva scrittura privata poi trascritta in data 1.3.95 proverebbe che la ricorrente era stata messa a conoscenza dalla sua dante causa della circostanza che il locale in contesa non era stato compreso nel lotto assegnato in proprieta’ di quest’ultima nel rogito divisionale del 9 marzo 1977 e che quindi quell’immobile avrebbe potuto essere rivendicato come condominiale e comune dei condomini.

L’accertamento della mancanza della buona fede nel possesso, quale motivo escludente l’usucapione decennale di cui all’articolo 1159 c.c., costituisce un apprezzamento incensurabile di fatto riservato al giudice di merito e incensurabile se immune – come nella specie – da vizi logici e da errori di diritto (Cass. n. 2961/71; n. 2468/69).

4. – In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente deve essere condannata al rimborso delle spese di lite, liquidate come in dispositivo, in forza del principio della soccombenza.

5.- Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

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