Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|28 gennaio 2022| n. 2682.
Ai fini della qualificazione del possesso come non clandestino.
In tema di usucapione, ai fini della qualificazione del possesso come non clandestino, è sufficiente che esso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioè in modo visibile e non occulto, così da palesare l’animo del possessore di volere assoggettare la cosa al proprio potere, senza che sia necessaria l’effettiva conoscenza da parte del preteso danneggiato. La clandestinità ricorre, infatti, quando l’azione sia sottratta alla conoscenza dell’interessato in modo da impedirne la reazione ed il ricorso ai rimedi di legge.
Ordinanza|28 gennaio 2022| n. 2682. Ai fini della qualificazione del possesso come non clandestino
Data udienza 19 ottobre 2021
Integrale
Tag/parola chiave: USUCAPIONE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2904/2017 proposto da:
COMUNE DI CONVERSANO, rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 1110/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 28/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/10/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Bari ha confermato la decisione del Tribunale della stessa citta’, con la quale era stata accertata, in favore di (OMISSIS), l’usucapione di particelle di proprieta’ del Comune di Conversano, il quale propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
(OMISSIS) rimane intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 822 c.c., comma 2 e dell’articolo 826 c.c..
Si sostiene che la Corte d’appello di Bari non avrebbe considerato che le aree per le quali e’ stato accertato l’acquisto della proprieta’ per usucapione erano state espropriate in quanto erano state inserite nel piano regolatore generale per gli insediamenti produttivi della zona annonaria. In particolare, la Corte d’appello non avrebbe considerato che il vincolo di destinazione sulle aree in contesa rendeva le stesse assoggettabili al regime demaniale e, dunque, non suscettibili di usucapione.
Il motivo e’ infondato. In base all’articolo 826 c.c., comma 3, fanno parte del patrimonio indisponibile pubblico quei beni che siano comunque destinati a consentire lo svolgimento di un pubblico servizio. I beni del patrimonio indisponibile sono da distinguere da quello del demanio in senso proprio in quanto questi ultimi debbono rivestire i caratteri di stretta analogia con beni enumerati nell’articolo 822 c.c., e sono destinati a soddisfare una pubblica utilita’ in modo diretto e immediato, mentre appartengono invece alla categoria del patrimonio indisponibile tutti quegli altri beni che sono sottoposti a un uso pubblico soltanto mediato e meramente strumentale, in connessione alle esigenze del pubblico servizio a cui sono destinati (Cass. n. 2162/1943).
Questa Corte ha affermato che un bene, in tanto puo’ considerarsi appartenente al patrimonio indisponibile per essere destinato a pubblici servizi a norma dell’articolo 826 c.c., comma 3, in quanto abbia un’effettiva destinazione a quel servizio, non essendo sufficiente la determinazione dell’ente pubblico di imprimere al bene il carattere di patrimonio indisponibile (Cass. n. 652/1974). In altre parole, affinche’ un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili, in quanto destinati a un pubblico servizio ai sensi dell’articolo 826 c.c., comma 3, deve sussistere il doppio requisito (soggettivo e oggettivo) della manifestazione di volonta’ dell’ente titolare del diritto reale pubblico (e, percio’, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volonta’ dell’ente di destinare quel determinato bene a un pubblico servizio) e dell’effettiva e attuale destinazione del bene al pubblico servizio (Cass. S.U., n. 26990/2020; n. 26990/2020; n. 26402/2009).
In contrasto con questi principi, il Comune ricorrente identifica la destinazione dell’area al pubblico servizio nel solo fatto che essa fu espropriata al fine della realizzazione di un piano di insediamento produttivo. E’ stato invece chiarito che non c’e’ automatismo fra l’atto amministrativo e l’insorgere del vincolo di destinazione (cfr. Cass. n. 24563/2010).
La censura, pertanto, sotto questo essenziale profilo, non scalfisce la correttezza della decisione impugnata, avendo la Corte d’appello considerato come fatto acquisito l’assenza dell’attuale destinazione del terreno a un pubblico servizio.
Il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 1163 c.c..
La sentenza e’ oggetto di censura nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto che ricorresse il requisito della pubblicita’ del possesso, nonostante l’interclusione del fondo. Si sostiene che non e’ pubblico il possesso esercitato su particelle intercluse, qualora l’accesso non sia consentito tramite servitu’ di passaggio.
Il motivo e’ infondato. In tema di usucapione, ai fini della qualificazione del possesso come non clandestino, e sufficiente che esso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioe’ in modo visibile e non occulto, cosi da palesare l’animo del possessore di volere assoggettare la cosa al proprio potere senza che sia necessaria l’effettiva conoscenza da parte del preteso danneggiato (Cass. n. 2800/1979).
E’ stato anche chiarito che il requisito della non clandestinita’ va riferito non agli espedienti che il possessore potrebbe attuare per apparire proprietario, ma al fatto che il possesso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioe’ in modo visibile a tutti o almeno ad un’apprezzabile ed indistinta generalita’ di soggetti e non solo dal precedente possessore o da una limitata cerchia di persone che abbiano la possibilita’ di conoscere la situazione di fatto soltanto grazie al proprio particolare rapporto con quest’ultimo (Cass. n. 11465/2021). L’accertamento relativo alla qualificazione del possesso ed alla determinazione del decorso del tempo utile al verificarsi dell’usucapione e’ devoluto al giudice del merito ed il relativo apprezzamento e’ incensurabile in sede di legittimita’ se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici (Cass. n. 26633/2021). Ora, la sentenza impugnata non rivela errori nell’identificazione della nozione di clandestinita’, che ricorre quando l’azione sia tale da tale da sottrarsi alla conoscenza dell’interessato, in modo da impedirne la reazione e il ricorso ai rimedi di legge (Cass. n. 346/1967). Invero, la pretesa del ricorrente, di far discendere la clandestinita’ dalla interclusione del fondo (negata in fatta dalla Corte d’appello), costituisce petizione di principio.
Il terzo motivo denuncia l’erronea valutazione circa la sussistenza del possesso utile per l’usucapione, che non e’ integrato, nel caso di terreni agricoli, dalla semplice coltivazione del terreno.
Il motivo e’ fondato. L’assunto fatto proprio dalla Corte d’appello di Bari, la quale ha riconosciuto, sufficiente, ai fini della prova del possesso utile per l’usucapione, la coltivazione del fondo, contrasta, infatti, con il recente orientamento della seconda sezione civile di questa Corte, secondo cui “ai fini della prova degli elementi costitutivi dell’usucapione – il cui onere grava su chi invoca la fattispecie acquisitiva – la coltivazione del fondo non e’ sufficiente, perche’, di per se’, non esprime, in modo inequivocabile, l’intento del coltivatore di possedere, occorrendo, invece, che tale attivita’ materiale, corrispondente all’esercizio del diritto di proprieta’, sia accompagnata da univoci indizi, i quali consentano di presumere che essa e’ svolta uti dominus” (cosi’ Cass. n. 17376/18; conformi Cass. n. 18215/13). Tale piu’ recente orientamento e’ stato condiviso da Cass. n. 6123 del 2020, con la significativa precisazione che l’accertamento del corpus possessionis e’ accertamento di fatto, che il giudice di merito deve operare caso per caso/esaminando l’intero reticolo dei poteri concretamente esercitati su un bene; cosicche’ nel relativo apprezzamento non ci si puo’ limitare a considerare l’attivita’ di chi si pretende possessore (nella specie, la coltivazione del fondo) ma e’ necessario considerare anche il modo in cui tale attivita’ si correla con il comportamento del proprietario.
La sentenza, pertanto, deve essere cassata in relazione a tale motivo e la corte di rinvio dovra’ accertare la esistenza del possesso utile per l’usucapione attenendosi al principio di cui sopra.
Il quarto motivo denuncia violazione dell’articolo 1158 c.c..
Le particelle, per le quali e’ stata domandata l’usucapione, non esistevano prima del 2001, allorquando furono individuate e frazionate; quindi, al momento della proposizione della domanda, nel 2011, non era decorso il tempo occorrente per l’acquisto a titolo originario del diritto.
Il motivo e’ infondato. Qualora con sentenza sia accertata l’usucapione di un immobile, l’omessa indicazione dei dati catastali nel dispositivo o nella motivazione non si risolve in un vizio della pronuncia per indeterminatezza dell’oggetto, ove dalla stessa risultino certe l’individuazione e la consistenza del bene, atteso che l’identificazione catastale e’ richiesta al fine di consentire la trascrizione che non ha alcuna efficacia sostanziale, adempiendo alla limitata funzione di rendere l’atto opponibile ai terzi in caso di conflitto tra piu’ acquirenti del medesimo immobile (Cass. n. 16853/2005).
Consegue da quanto sopra che, sul piano sostanziale, ben puo’ configurarsi il possesso utile per usucapione di una porzione priva di identificazione catastale autonoma, in quanto parte di una piu’ ampia consistenza.
Il quinto motivo denuncia violazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2015, e dell’articolo 15 c.p.c..
La causa, riguardante beni immobili, non era di valore indeterminabile, ma occorreva applicare l’articolo 15 c.p.c..
Il motivo e’ assorbito.
In conclusione e’ accolto il terzo motivo, sono rigettati il primo, il secondo e il quarto motivo, e’ assorbito il quinto.
La sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo; rigetta il primo, il secondo e il quarto motivo; dichiara assorbito il quinto motivo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione anche per le spese.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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