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Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione
Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione, la modifica della destinazione d’uso dell’immobile locato rispetto all’originaria destinazione, dalla quale non derivi innovazione della disciplina giuridica del rapporto, integra il necessario presupposto dell'”aliquid novi”, trattandosi non già di una semplice modificazione delle modalità esecutive dell’originaria obbligazione, ma al contrario di un rilevante mutamento della stessa, atteso che, in assenza della modifica pattizia, lo svolgimento di attività diversa da quella indicata in contratto costituirebbe inadempimento contrattuale legittimante il ricorso all’azione di risoluzione ex art. 1453 c.c..
Ordinanza|| n. 13542. Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione
Data udienza 16 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Locazione – Uso diverso – Immobile uso commerciale – Cessione d’azienda – Canone
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5319/2019 R.G. proposto da:
(OMISSIS) S.A.S., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dagli avv.ti (OMISSIS), ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
ISTITUTO ELLENICO DI STUDI BIZANTINI E POST BIZANTINI, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), in (OMISSIS);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
e nei confronti di:
(OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), e domiciliato per legge presso la Cancelleria della Corte Suprema di cassazione;
– controricorrente –
e nei confronti di:
(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. (OMISSIS), elettivamente domiciliata presso il suo studio, in (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 2925/2018, pubblicata in data 13 novembre 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 marzo 2023 dal Consigliere Dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.
Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione
RILEVATO
Che:
1. Con ricorso ex articolo 447-bis c.p.c. la societa’ (OMISSIS) s.a.s., esponendo di condurre in locazione un immobile ad uso commerciale, sito in (OMISSIS), in forza di contratto stipulato, in data 15 giugno 1989, da (OMISSIS) e (OMISSIS) con l’Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Post Bizantini, poi modificato con atto del 18 novembre 2004, ed adducendo che agli originari conduttori era subentrata la societa’ (OMISSIS) s.n.c., la quale, in data 28 febbraio 2005, aveva ceduto il ramo d’azienda all’attrice, conveniva in giudizio il locatore al fine di accertare che il canone di locazione dovuto era quello previsto nel contratto del 1989 ed ottenere la restituzione di quanto indebitamente corrisposto, pari ad Euro 475.063,58.
Si costituiva l’Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Post Bizantini, il quale, insistendo per il rigetto della domanda di parte attrice, chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa (OMISSIS), indicato come consulente che aveva redatto la scrittura denominata “Convenzione Modificativa” del 18 novembre 2004, spiegando domanda di manleva nei suoi confronti.
Autorizzata la chiamata in causa, si costituiva in giudizio anche (OMISSIS) che, a sua volta, eccependo la prescrizione del diritto di garanzia, chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa la compagnia assicuratrice (OMISSIS) s.p.a., che pure si costituiva in giudizio.
Con separato giudizio la parte attrice, invocando un precedente contratto di locazione stipulato dall’Istituto Ellenico con gli originari conduttori in data 28 dicembre 1982, chiedeva che venisse accertata la nullita’ dell’articolo 3 del contratto di locazione del 1989 in relazione al canone di locazione, per contrasto con la L. n. 392 del 1978, articolo 79 e che l’Istituto convenuto venisse condannato alla restituzione di quanto corrisposto in eccedenza.
Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione
Disposta la riunione dei giudizi, il Tribunale di Venezia rigettava le domande proposte dalla attrice.
2. La sentenza, impugnata dalla (OMISSIS) s.a.s., e’ stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Venezia che ha condannato l’Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Post Bizantini a corrispondere a (OMISSIS) e all’ (OMISSIS) s.p.a. le spese di lite del primo grado di giudizio, confermando nel resto la sentenza impugnata.
In particolare, i giudici di secondo grado hanno osservato che il contratto del 1989 non aveva avuto effetti novativi rispetto a quello gia’ in essere tra le parti e risalente al 28 dicembre 1982, perche’, pur contenendo una clausola che stabiliva che esso sostituiva a tutti gli effetti quello precedente, non conteneva alcun elemento di novita’, non potendo integrare novazione la sola variazione della misura del canone o del termine di scadenza. Hanno poi accolto il motivo di gravame con cui si lamentava la mancata dichiarazione di nullita’ della clausola relativa all’aumento del canone L. n. 392 del 1978, ex articolo 79 rilevando che, almeno con riguardo al periodo dal 1989 al 2004, avrebbe dovuto essere corrisposto il canone previsto nel 1982.
La Corte territoriale ha, inoltre, ritenuto la natura novativa della “convenzione modificativa” del 18 novembre 2004, desumendola non solo dal mutamento dei soggetti del rapporto, di per se’ non sufficiente, ma dal fatto che l’immobile era stato ceduto ad un soggetto diverso per svolgervi altre attivita’ commerciali rispetto a quella originariamente prevista (gioielleria), con conseguente aggiornamento del canone adeguato alla diversa destinazione dell’immobile; ha, inoltre, escluso che la previsione di un canone a scaglioni crescenti fosse affetta da nullita’, essendo consentita la libera determinazione del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo in misura crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto. La Corte d’appello ha pure ritenuto che l’appellante, stante l’effetto novativo del contratto del 18 novembre 2004, non poteva ritenersi legittimata a richiedere la restituzione di quanto versato da (OMISSIS) e (OMISSIS), ne’ di quanto corrisposto, a far data dal 1994, dalla (OMISSIS) s.n.c., in quanto il contratto di cessione d’azienda aveva fatto subentrare l’appellante nella posizione contrattuale della propria dante causa solo a partire dal 2004 e non per il tempo precedente, non essendo stata inserita nel contratto di cessione una clausola che prevedesse il subentro nei rapporti di credito relativi al contratto di locazione anche per l’epoca precedente al 2004, avendo anzi le parti previsto, all’articolo 6, che non vi era subentro nei precedenti rapporti creditori della cedente. Quanto, infine, al motivo di gravame concernente la condanna alle spese di (OMISSIS) e di (OMISSIS) s.p.a., la Corte territoriale ha rammentato che il rimborso delle spese processuali sostenute da chi era stato chiamato in garanzia dal convenuto si sarebbe dovuto porre a carico dell’attore, ove questi fosse risultato soccombente nei confronti del convenuto in ordine alla pretesa che aveva provocato la chiamata in garanzia, concludendo che, nel caso di specie, a fronte invece dell’infondatezza della domanda svolta dall’Istituto Ellenico per prescrizione del diritto di garanzia, le spese processuali sostenute dal chiamato in garanzia e dalla sua assicurazione dovevano gravare sull’Istituto che li aveva evocati in giudizio.
3. (OMISSIS) s.a.s. ricorre per la cassazione della suddetta decisione, con due motivi.
L’Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Post Bizantini resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, sulla base di tre motivi.
(OMISSIS) e l’ (OMISSIS) s.p.a. resistono con autonomi controricorsi.
4. La trattazione e’ stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380-bis.1. cod. proc civ..
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
La ricorrente, la controricorrente incidentale ed (OMISSIS) s.p.a. hanno depositato memorie illustrative.
Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione
CONSIDERATO
che:
1. Con il primo motivo del ricorso principale la ricorrente denuncia “violazione o falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, articoli 32, 79 e 80;
degli articoli 1362 e 1367 c.c., articolo 1322 c.c., comma 1, articolo 1230 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)” e deduce che il giudice di secondo grado ha errato nel riconoscere la natura novativa della modifica contrattuale intervenuta il 18 novembre 2004, stante l’assenza sia dell’aliquid novi quanto dell’elemento soggettivo dell’animus novandi.
Evidenzia, al riguardo, che dalla convenzione modificativa emergeva che l’immobile era stato concesso in locazione alla societa’ (OMISSIS) s.n.c., che era subentrata nell’originario rapporto facente capo a (OMISSIS) e (OMISSIS) gia’ con il contratto stipulato il 25 maggio 1989, e che la possibilita’ di esercitare all’interno del locale una diversa attivita’ commerciale, oltre a quella precedente, non comportava una modifica della destinazione d’uso dell’immobile, che presupponeva, a norma della L. n. 392 del 1978, articolo 80 un mutamento del regime giuridico, nella specie insussistente; le parti non avevano inteso stipulare un nuovo contratto, ma avevano piuttosto voluto modificare gli articoli 3 e 4 del contratto stipulato il 25 maggio 1989, mantenendo ferme le altre clausole previste nel contratto del 1989, come emergeva nelle premesse della convenzione modificativa, da interpretare in conformita’ al canone di cui all’articolo 1362 c.c..
2. Con il secondo motivo del ricorso principale, deducendo la violazione della L. n. 392 del 1978, articolo 32 e articolo 79, comma 1, (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la ricorrente censura la decisione impugnata nella parte in cui afferma la validita’ della pattuizione del canone in misura differenziata, crescente per frazioni successive del tempo, contenuta nel contratto del 2004, sul rilievo che tali aumenti non sono ancorati ad elementi predeterminati idonei ad influire sull’equilibrio economico del sinallagma contrattuale. Rimarca, pertanto, che l’Istituto Ellenico non ha provato, ne’ dedotto l’esistenza di tali condizioni e limiti e che la Corte ha erroneamente affermato la liceita’ dell’aumento “con la distanza temporale in cui sarebbero maturati” gli aumenti del canone previsto, ossia facendo riferimento al passare de tempo che e’ proprio il presupposto degli aggiornamenti Istat consentiti dalla L. n. 392 del 1978, articolo 32.
3. Con il primo motivo del ricorso incidentale l’Istituto Ellenico denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e censura la statuizione della sentenza gravata che pone a suo carico le spese di lite sostenute dai terzi chiamati in causa.
4. Con il secondo motivo del ricorso incidentale l’Istituto Ellenico deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che la sentenza impugnata avrebbe tralasciato di prendere in esame la lettera raccomandata del 29 maggio 2014, con la quale aveva contestato la ritenuta nullita’ delle pattuizione in punto di canone e chiesto la restituzione dei canoni indebitamente corrisposti, sebbene si trattasse di fatto impeditivo della prescrizione del diritto e comunque decisivo, posto che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilita’ professionale iniziava a decorrere non dal momento in cui il professionista poneva in essere la condotta potenzialmente causativa del danno, ma dal momento in cui si verificava effettivamente l’evento dannoso. Poiche’ solo con il ricevimento della lettera raccomandata aveva potuto percepire l’evento dannoso provocato dalla condotta inadempiente del professionista, solo da tale momento poteva eventualmente farsi decorrere il termine decennale di prescrizione.
Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione
5. Con il terzo motivo del ricorso incidentale – rubricato;
violazione o falsa applicazione degli articoli 2934, 2935 e 2946 c.c. e dell’articolo 91 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente rimarca che solo con il ricevimento della lettera raccomandata del 29 maggio 2014 aveva avuto contezza dell’evento dannoso, per cui al momento della notificazione al (OMISSIS) dell’atto di chiamata in causa di terzo, avvenuta in data 31 ottobre 2015, il termine di prescrizione non era ancora decorso; di qui anche l’errata applicazione del principio della soccombenza nel rapporto processuale instauratosi tra resistente/convenuto ed i due terzi chiamati in causa.
6. Il primo motivo del ricorso principale e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360-bis c.p.c., n. 1.
6.1. Preliminarmente, si rileva che il motivo cumula al suo interno deduzioni in fatto ed in diritto in ordine alla ritenuta natura novativa della “convenzione modificativa” del 18 novembre 2004, poiche’ la societa’ ricorrente, per un verso, assume che la sentenza sarebbe affetta da vizio di motivazione apparente e, per un altro verso, sostiene il vizio di sussunzione della fattispecie concreta sotto la figura della novazione.
Siffatta formulazione non permette di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato, cosi’ rimettendo a questa Corte il compito di isolare e qualificare le singole censure, al fine di decidere successivamente su di esse, e pertanto la censura, articolata come motivo misto, e’ inammissibile (Cass., sez. 5, 11/04/2018, n. 8915; Cass., sez. U, 06/05/2015, n. 9100; Cass., sez. 23/09/2011, n. 19443; Cass., sez. n. 15242 del 12/09/2012, n. 9793 del 23/04/2013).
6.2. In ogni caso, anche se si potesse prescindere da tale rilievo, il motivo non sfugge ad un ulteriore profilo d’inammissibilita’.
Per consolidato orientamento di questa Corte, le sole variazioni di misura del canone e la modificazione del termine di scadenza non sono di per se’ indice della novazione di un rapporto di locazione, trattandosi di modificazioni accessorie, ai sensi dell’articolo 1231 c.c. della correlativa obbligazione o di modalita’ non rilevanti ai fini della configurabilita’ della novazione (Cass., sez. 3, 09/03/2010, n. 5665).
La novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula, infatti, oltre al mutamento dell’oggetto o del titolo della prestazione ex articolo 1230 c.c., che ricorrano gli elementi dell’animus novandi, inteso come manifestazione inequivoca dell’intento novativo, e della causa novandi, intesa come interesse comune delle parti all’effetto novativo, e l’accertamento su detti elementi costituisce compito proprio del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimita’ se logicamente e correttamente motivato (Cass., sez. 3, 13/06/2017, n. 14620 del 13/06/2017; Cass., sez. 3, 09/03/2010, n. 5673; Cass., sez. 3, 21/05/2007 n. 11672).
Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione
La Corte d’appello ha desunto la natura novativa della convenzione modificativa del 2004 rispetto al precedente accordo del 1989, non tanto dalla diversita’ dei soggetti contraenti, quanto dall’intervenuto mutamento dell’oggetto dell’obbligazione, posto che con tale accordo le parti non si sono limitate a modificare il canone, prevedendone un aumento, ma hanno concordemente pattuito di modificare la destinazione d’uso dell’immobile locato rispetto all’originaria destinazione, prevedendo la possibilita’ di ampliare la tipologia di attivita’ commerciali in concreto esercitabili all’interno del locale, inizialmente limitata alla sola attivita’ di gioielleria, ed adeguando, di conseguenza, il canone di locazione in funzione di tale estensione, cosi’ manifestando la volonta’ di stipulare un nuovo contratto incompatibile con il persistere dell’obbligazione originaria.
A confutare la valutazione svolta dai giudici di merito non vale la tesi di parte ricorrente, secondo la quale non sarebbe rinvenibile nella convenzione modificativa del 2004 alcun aliquid novi perche’ le parti si sono limitate a recepire quanto disposto dal c.d. Decreto Bersani (Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito in L. 4 agosto 2006, n. 248) in tema di liberalizzazioni e perche’ l’ampliamento delle attivita’ commerciali esercitabili non comporta comunque alcuna modifica della destinazione d’uso dell’immobile, in assenza di un corrispondente mutamento di regime giuridico, come previsto dalla L. n. 392 del 1978, articolo 80.
Quanto alla normativa introdotta dal Decreto Bersani, e’ sufficiente osservare che esso opera sul piano amministrativo nei rapporti con la Pubblica amministrazione, ma non puo’ incidere sulle pattuizioni contrattuali, che non possono essere state private di efficacia e di vincolativita’ dall’entrata in vigore del decreto. E cio’ perche’ e’ evidente che, qualora le parti non avessero stipulato la convenzione modificativa del 2004, il conduttore non avrebbe, anche dopo l’entrata in vigore del cd. Decreto Bersani, potuto svolgere all’interno del locale concesso in locazione una attivita’ diversa da quella di gioielleria, prevista nel contratto del 1989.
Parimenti privo di rilievo e’ anche il richiamo alla L. n. 392 del 1978, articolo 80. La ratio di tale ultima disposizione e’ quella di applicare agli immobili locati il regime giuridico corrispondente al loro uso effettivo onde evitare che il locatore venga a subire, per iniziativa del conduttore, una disciplina del rapporto diversa da quella convenzionalmente pattuita, con la conseguenza che il concetto di “uso diverso da quello contrattuale” che legittima il locatore a chiedere la risoluzione del contrato con la specifica azione di cui al citato articolo, nei limiti temporali ivi fissati ed a pena di decadenza, non si identifica con qualsiasi mutamento di destinazione, bensi’ solo con quello che comporti un corrispondente mutamento giuridico (Cass., sez. 3, 22/04/1999, n. 3989).
Ebbene, proprio da tale giurisprudenza che individua nel cambiamento d’uso, dal quale non derivi innovazione della disciplina giuridica del rapporto, un inadempimento contrattuale che legittima il ricorso all’azione di risoluzione ex articolo 1453 c.c. si evince chiaramente che quel cambiamento non costituisce una semplice modificazione delle modalita’ esecutive dell’originaria obbligazione, ma al contrario un rilevante mutamento della stessa.
Cio’ comporta che, nel caso di specie, in assenza della modifica della destinazione d’uso dell’immobile, l’odierna ricorrente non avrebbe potuto svolgere all’interno del locale una attivita’ diversa da quella indicata nel contratto del 1989, perche’ tale condotta avrebbe integrato un inadempimento contrattuale che avrebbe potuto condurre alla risoluzione del contratto di locazione.
6.3. Sotto altro profilo, la’ dove contesta alla Corte d’appello di avere accertato l’esistenza dell’elemento essenziale dell’animus novandi in esito ad una errata interpretazione delle clausole contrattuali, in palese violazione del principio della prevalenza dell’elemento letterale di cui all’articolo 1362 c.c., la ricorrente sollecita un riesame dell’apprezzamento svolto dal giudice di merito, precluso in sede di legittimita’.
Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione
Infatti, l’accertamento sul carattere novativo o meno di un contratto, implicando una indagine sulla individuazione ed interpretazione della volonta’ negoziale delle parti ed una valutazione comparativa tra il rapporto preesistente e quello nuovo, rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed e’ suscettibile di riesame in sede di legittimita’ soltanto nelle ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o in caso di motivazione inadeguata, ipotesi queste che non ricorrono nella specie.
Il convincimento della Corte d’appello e’ supportato da una congrua motivazione, sicche’ la doglianza, sul punto, si risolve in una inammissibile istanza di revisione della ricostruzione fattuale della volonta’ delle parti, operata dal giudice d’appello, mediante la mera contrapposizione di una diversa ricostruzione, piu’ confacente alle esigenze della ricorrente.
La Corte di merito ha accertato che il senso letterale delle espressioni utilizzate dai contraenti rivela chiaramente la volonta’ di addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, in sostituzione di quello precedente, considerato che le parti danno espressamente atto della concorde intenzione di modificare l’articolo 4 del contratto stipulato nel 1989, disponendo per l’effetto che “l’immobile potra’ essere destinato a qualsiasi attivita’ commerciale con esclusione di quella di somministrazione di alimenti e bevande”, in tal modo esternando la reale intenzione, al di la’ del nomen iuris utilizzato, di stipulare un nuovo contratto di locazione che consentisse al conduttore di svolgere molteplici attivita’ commerciali, “con un canone conseguentemente adeguato alla diversa destinazione dell’immobile”.
7. Anche il secondo motivo del ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile.
Come anche di recente ribadito da questa Corte (Cass., sez. 3, 26/09/2019, n. 23986, che riprende i principi espressi da Cass., n. 22909 del 2016), “Alla stregua del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, deve ritenersi legittima la clausola in cui venga pattuita l’iniziale predeterminazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell’arco del rapporto. A tal fine deve escludersi la necessita’ di dimostrare, con rilievo condizionante, il collegamento del previsto aumento nel tempo del canone a elementi oggettivi e predeterminati, diversi dalla svalutazione monetaria, idonei a incidere sul sinallagma contrattuale. L’ancoramento a tali elementi costituisce infatti solo una delle possibili modalita’ attraverso cui puo’ operarsi detta predeterminazione del canone “a scaletta”, in alternativa alla quale questa puo’ altrettanto legittimamente operarsi sia mediante la previsione del pagamento di rate quantitativamente differenziate e predeterminate per ciascuna frazione di tempo; sia mediante il frazionamento dell’intera durata del contratto in periodi temporali piu’ brevi a ciascuno dei quali corrisponda un canone passibile di maggiorazione. “La legittimita’ di tale clausola dev’essere peraltro esclusa la’ dove risulti – dal testo del contratto o da elementi extratestuali della cui allegazione deve ritenersi onerata la parte che invoca la nullita’ della clausola – che le parti abbiano in realta’ perseguito surrettiziamente lo scopo di neutralizzare soltanto gli effetti della svalutazione monetaria, eludendo i limiti quantitativi posti dalla L. n. 392 del 1978, articolo 32 (nella formulazione originaria ed in quella novellata dal Decreto Legge 7 febbraio 1985, n. 12, articolo 1, comma 9-sexies, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 aprile 1985, n. 118), cosi’ incorrendo nella sanzione di nullita’ prevista dal successivo articolo 79, comma 1, della stessa legge” (da ultimo, Cass., n. 4445 del 2023).
La Corte territoriale non si e’ discostata dai suddetti principi ed in ogni caso la ricorrente non ha neppure dedotto elementi idonei a suffragare l’affermazione secondo cui la predeterminazione differenziata del canone di locazione prevista dal contratto del 2004 avrebbe comportato l’elusione della L. n. 392 del 1978, articolo 32.
Il ricorso principale deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, stante l’inammissibilita’ dei due motivi su cui si fonda.
Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione
8. L’inammissibilita’ del ricorso principale rende a questo punto inefficace, ai sensi dell’articolo 334 c.p.c., comma 2 il ricorso incidentale, atteso che esso aveva natura di impugnazione incidentale tardiva, per essere stata proposta oltre il termine di cui all’articolo 327 c.p.c..
9. Conclusivamente, deve dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso principale e dichiararsi l’inefficacia del ricorso incidentale.
Ricorso incidentale che era ammissibile semplicemente perche’ la stessa proposizione del ricorso principale correttamente era stata svolta sia nei confronti del professionista garante che della sua societa’ assicuratrice. Invero, l’impugnazione proposta dalla societa’ conduttrice attrice, avendo la chiamata in causa del (OMISSIS) da parte dell’Istituto convenuto determinato un primo litisconsorzio necessario processuale anche sul rapporto principale fra attrice e Istituto, ed avendone la seconda chiamata in garanzia, quella del Megegazzi, determinato un altro sia sul rapporto principale sia sul rapporto fra convenuto e (OMISSIS) (vedi Cass. sez. U, n. 24407 del 2015), era da considerare, in quanto rivolta anche contro (OMISSIS) e (OMISSIS), come impugnazione proposta contro due soggetti che comunque, a norma dell’articolo 331 c.p.c., dovevano essere coinvolti necessariamente nel presente giudizio: l’essere rivolta in concreto l’impugnazione contro l’Istituto implicava che dovesse essere coinvolto il soggetto chiamato in manleva e a sua volta l’avere costui chiamato in garanzia l’ (OMISSIS) imponeva di estendere l’impugnazione pure nei confronti di quest’ultima.
Ne segue che l’Istituto era legittimato a proporre impugnazione incidentale tardiva nei confronti del (OMISSIS) e di (OMISSIS) perche’ essi erano parti del litisconsorzio necessario processuale devoluto dall’impugnazione principale sul rapporto fra ricorrente principale e Istituto e parti dei due gradati rapporti dipendenti di garanzia. In pratica l’Istituto, essendo parte nei cui confronti era rivolta l’impugnazione – a norma dell’articolo 334 c.p.c. – ed attingendo l’impugnazione ed anzi avendo attinto l’impugnazione pure i due garanti, ben poteva svolgere impugnazione contro di essi.
Nel rapporto fra ricorrente principale, ricorrente incidentale e (OMISSIS) le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza che e’ da riferire alla ricorrente principale, in applicazione del principio di diritto espresso da Cass., n. 4074/2014, secondo cui quando un ricorso incidentale tardivo viene dichiarato inefficace ai sensi dell’articolo 334 c.p.c., comma 2, per la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso principale, la soccombenza e’ riferibile alla parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del ricorrente incidentale, atteso che la decisione della Corte di cassazione non procede all’esame del ricorso incidentale e, dunque, l’applicazione del principio di causalita’ con riferimento al decisum evidenzia che la causazione del giudizio e’ da addebitare soltanto alla parte ricorrente.
Nel rapporto tra la ricorrente principale e l’ (OMISSIS) s.p.a., le spese del giudizio di legittimita’ devono, invece, essere integralmente compensate, essendosi la seconda costituita solo a seguito del ricorso incidentale proposto dall’Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Post Bizantini.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e dichiara inefficace il ricorso incidentale.
Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore dell’Istituto Ellenico di Studi Bizantini e Post Bizantini, delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per gli esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.
Condanna la ricorrente principale al pagamento, in favore di (OMISSIS), delle spese del giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 6.700,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per gli esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.
Compensa integralmente le spese del giudizio di legittimita’ tra la ricorrente principale e (OMISSIS) s.p.a.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se dovuto.
Ai fini della configurabilità della novazione del contratto di locazione
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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