Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 21 febbraio 2020, n. 1338.
La massima estrapolata:
Ai fini del rilascio del permesso di costruire l’amministrazione è onerata del solo accertamento della sussistenza del titolo astrattamente idoneo da parte del richiedente alla disponibilità dell’area oggetto dell’intervento edilizio: cioè l’astratta proprietà desunta dagli atti pubblici prodotti ed in via residuale dalle risultanze catastali” dovendosi in sintesi accertare “il requisito della legittimazione del richiedente.
Sentenza 21 febbraio 2020, n. 1338
Data udienza 20 giugno 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3618 del 2019, proposto da
Ri. Ga. e Sa. Pe., rappresentati e difesi dall’avv. An. Or., e con questi elettivamente domiciliati in Roma, alla via (…), presso lo studio legale Ma., per mandato in calce all’appello, con domicilio digitale (omissis);
contro
Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. An. Au., e elettivamente domiciliato in Roma, alla piazza (…), presso la Segreteria del Consiglio di Stato, per mandato fu foglio separato allegato all’atto di costituzione in giudizio, con domicilio digitale (omissis) e numero di telefax (omissis);
per la riforma
dell’ordinanza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione 2^, n. 440 del 28 gennaio 2019, pronunciata tra le parti, con cui è stata rigettata l’istanza di accesso proposta ai sensi dell’art. 116 comma 2 c.p.a. nel ricorso in primo grado n. r. 4268/2018, integrato con motivi aggiunti, proposto per l’annullamento delle determinazioni dirigenziali n. 34237 del 9 agosto 2018 e n. 41948 del 9 ottobre 2018, recanti diffida a non dare corso ai lavori di cui alle s.c.i.a. n. 72 del 12 luglio 2018 e n. 85 del 10 settembre 2018, e della determinazione n. 42022 del 9 ottobre 2018 recante diniego di accesso agli atti richiesti con istanza del 12 settembre 2018
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2019 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi per le parti gli avvocati An. Or. e An. Au.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) I coniugi Pe.- Ga., nella dichiarata qualità di comproprietari di area cortilizia distinta in catasto a fg. (omissis) particella (omissis) sub (omissis) (già ricompresa nella più ampia particella n. (omissis)), che essi avrebbero acquisito in virtù di divisione per atto notarile, hanno presentato s.c.i.a. intesa alla recinzione dell’area e all’apposizione di cancello; trattasi di area adiacente a complesso condominiale realizzato in base al permesso di costruire n. 1 del 13 gennaio 2015.
1.1) Con le determinazioni dirigenziali gravate con il ricorso in primo grado sono stati diffidati a non dare corso ai lavori in relazione alla carente dimostrazione della titolarità dell’area e quindi della legittimazione a eseguire l’intervento edilizio.
1.2) Con istanza del 12 settembre 2018 essi hanno chiesto al Comune il rilascio di “tutti gli atti in possesso dell’Amministrazione comunale dalla quale la stessa abbia desunto la proprietà comunale dell’area interessata dagli interventi oggetto della S.C.I.A. prot. n. 30184 del 12/07/2018, con particolare riferimento a eventuali atti di cessione volontaria e/o decreti di esproprio riguardanti la suddetta porzione immobiliare”.
1.3) Con la determinazione del 9 ottobre 2018 l’istanza di accesso è stata rigettata rilevando che l’amministrazione “…non ha affatto “desunto” la proprietà comunale dell’area interessata dagli interventi” risultando fatale tra le varie specifiche ragioni sottese alla richiamata diffida, la mera mancata allegazione della documentazione probante la titolarità da parte degli istanti, dell’area oggetto dell’intervento edilizio da assentire”.
1.4) Con il ricorso in primo grado gli interessati hanno quindi cumulativamente impugnato sia i provvedimenti inibitori che il diniego di accesso.
2.) Con ordinanza n. 440 del 28 gennaio 2019, il T.A.R., prescindendo dalle eccezioni pregiudiziali spiegate dal Comune di (omissis), ha rigettato l’impugnativa del diniego di accesso rilevandone “la genericità del contenuto riferendosi a presunti atti istruttori, sia di natura amministrativa (decreti di esproprio, di cui non è neanche allegata l’effettiva esistenza) sia di natura privatistica (atti di cessione dell’area da parte di terzi) volti a verificare che l’area fosse “comunale”, laddove, come è noto, da un lato “la questione della titolarità del bene in ordine al quale viene chiesto titolo abilitativo al Comune, è questione incidentale che non può farsi coincidere del tutto con l’accertamento della titolarità reale, che non compete funditus né all’adito giudice amministrativo, né alla amministrazione competente in materia edilizia”; dall’altro “ai fini del rilascio del permesso di costruire l’amministrazione è onerata del solo accertamento della sussistenza del titolo astrattamente idoneo da parte del richiedente alla disponibilità dell’area oggetto dell’intervento edilizio: cioè l’astratta proprietà desunta dagli atti pubblici prodotti ed in via residuale dalle risultanze catastali” dovendosi in sintesi accertare “il requisito della legittimazione del richiedente.” (Cons. Stato, Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1942).
3.) Con l’appello si deduce l’erroneità e ingiustizia dell’ordinanza contestando la rilevata genericità, che in realtà sarebbe rilievo introdotto in sede difensiva giudiziale dall’amministrazione comunale con inammissibile eterointegrazione successiva del diniego condivisa dal giudice campano, con la addotta inversione dell’onere probatorio, laddove gli interessati hanno comprovato, mediante l’atto notarile di divisione, la titolarità e con l’accesso chiedono all’amministrazione di rendere ostensibili eventuali atti non conosciuti che al contrario dimostrino la proprietà comunale del bene.
3.1) Costituitosi in giudizio, il Comune di (omissis) a sua volta reitera le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità di cumulative domande, assoggettate a rito diverso (ordinario di cognizione e accesso), nonché di inammissibilità per omessa notifica a controinteressati facilmente individuabili (gli altri proprietari del complesso condominiale), e deduce l’infondatezza dell’appello.
3.2) Nella camera di consiglio del 20 giugno 2019 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
4.) Il Collegio non può esimersi dal rilevare che l’impugnativa del diniego di accesso è stata irritualmente proposta in via cumulativa con quella delle determinazioni inibitorie, e che sulla medesima occorreva provvedere con sentenza, onde l’ordinanza gravata, al di là dell’erroneo nomen juris, deve qualificarsi come sentenza.
4.1) Tanto precisato, l’appello in epigrafe è infondato e deve essere rigettato, in relazione all’assorbente rilievo che l’istanza di accesso ha carattere esplorativo e mira a sovvertire l’onere della prova, non competendo all’amministrazione di fornire la “prova” negativa in ordine alla condizione non proprietaria dell’immobile oggetto di un intervento edilizio, sebbene, e precipuamente, a chi se ne affermi proprietario o comunque titolare di diritti che ne consentano l’utilizzazione edilizia di dimostrare i relativi titoli; nel caso di specie, peraltro, l’Amministrazione non ha affermato di essere né si è dichiarata proprietaria dell’area, avendo solo rilevato la carente documentazione in ordine alla titolarità rivendicata dagli interessati, che compete ai medesimi dimostrare mediante pertinenti titoli giuridici.
4.2) Il regolamento delle spese del giudizio d’appello, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. r. 3618 del 2019, come in epigrafe proposto, così provvede:
1) rigetta l’appello, e per l’effetto conferma la ordinanza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione 2^, n. 440 del 28 gennaio 2019;
2) condanna gli appellanti Ri. Ga. e Sa. Pe., in solido, al pagamento, in favore del Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, delle spese del giudizio d’appello, liquidate in complessivi Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2019 con’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere
Giuseppa Carluccio – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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