Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7694.

La massima estrapolata:

Ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale, e’ sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilita’ sulla responsabilita’ dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perche’ i necessari “gravi indizi di colpevolezza” non corrispondono agli “indizi” intesi quali elementi di prova idonei a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’articolo 192 c.p.p., comma 2, che, oltre alla gravita’, richiede la precisione e la concordanza degli indizi, non richiamato dall’articolo 273 c.p.p., comma 1-bis.

Sentenza 20 febbraio 2019, n. 7694

Data udienza 6 febbraio 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente

Dott. SERRAO Eugen – rel. Consigliere

Dott. NARDIN Maura – Consigliere

Dott. DAWAN Daniela – Consigliere

Dott. PICARDI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 09/11/2018 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. EUGENIA SERRAO;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, Dott. LIGNOLA FERDINANDO, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice del riesame in materia di misure cautelari, con l’ordinanza in epigrafe, ha rigettato l’istanza proposta da (OMISSIS), confermando l’ordinanza con la quale in data 19 ottobre 2018 il Tribunale di Palermo aveva applicato le misure cautelari dell’obbligo di dimora nel Comune di (OMISSIS) e dell’obbligo di presentazione giornaliero alla polizia giudiziaria nel corso di un procedimento relativo al delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73. Secondo l’ipotesi accusatoria l’indagato, in concorso con altri, avrebbe ceduto a piu’ soggetti rimasti ignoti sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana, con recidiva specifica.
2. Il ricorrente censura l’ordinanza impugnata per vizio di motivazione in relazione agli articoli 273 e 274 c.p.p., all’articolo 73 Testo Unico Stup. ed all’articolo 133 c.p.. Il Tribunale non ha spiegato le ragioni per le quali e’ stato possibile contestare al (OMISSIS) il reato di cui all’articolo 73 Testo Unico Stup. in concorso con altri, posto che la comunicazione della notizia di reato si concentra sugli altri indagati in un momento in cui il ricorrente non era presente nei luoghi sottoposti all’attenzione della polizia giudiziaria. Non vi e’ prova che il ricorrente abbia concorso con altri a nascondere un pacco contenente droga nel passaruota di una vettura destinata ad un terzo a fini di cessione, ne’ che avesse alcun rapporto illecito con i coindagati. Non e’ stato raggiunto lo standard probatorio per ritenere il ricorrente responsabile del reato ipotizzato a suo carico, atteso che nel momento in cui la polizia giudiziaria ha proceduto all’arresto nel corso della cessione addebitata al (OMISSIS) non vi erano condizioni di visibilita’ tali da poter essere certi che quest’ultimo fosse l’autore della cessione, difettando il requisito della gravita’ del quadro indiziario. Il fatto in se’ non,sembra di gravita’ tale da giustificare l’applicazione di una misura cautelare, ed e’ stata omessa ogni valutazione in merito al fatto che sussistono le condizioni per la sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ infondato.
2. Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il Tribunale non ha trascurato di esaminare le censure mosse dalla difesa ma le ha ritenute non pertinenti rispetto alla contestazione. Con motivazione ineccepibile, il giudice del riesame ha, dapprima, richiamato le condotte di cessione di sostanza stupefacente poste in essere dal ricorrente in concorso con altri durante un servizio di osservazione predisposto nella piazza del quartiere (OMISSIS) da agenti della Squadra Mobile e, successivamente, valutato la solidita’ e gravita’ del quadro indiziario per la pluralita’ degli elementi a sostegno della riconducibilita’ dell’attivita’ di spaccio al (OMISSIS), analiticamente elencati a pag. 3 dell’ordinanza.
3. Si tratta di motivazione pienamente conforme al principio interpretativo consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione per cui, ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale, e’ sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilita’ sulla responsabilita’ dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perche’ i necessari “gravi indizi di colpevolezza” non corrispondono agli “indizi” intesi quali elementi di prova idonei a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’articolo 192 c.p.p., comma 2, che, oltre alla gravita’, richiede la precisione e la concordanza degli indizi, non richiamato dall’articolo 273 c.p.p., comma 1-bis, (Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, Carrubba, Rv. 27017201; Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, Pugiotto, Rv. 26917901; Sez. 4, n. 53369 del 09/11/2016, Jovanovic, Rv. 26868301).
4. Va, poi, ricordato che, in materia di misure cautelari personali, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato, in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale del riesame. Il controllo di legittimita’ e’ quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicita’ evidenti, ossia la congruita’ delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Pertanto, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza oppure inattualita’ ed assenza delle esigenze cautelari, e’ ammissibile soltanto se denunci la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicita’ della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando proponga censure che riguardano la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito (Sez. 4, n. 31283 del 14/07/2015, Viale, n. m.).
5. In merito alle esigenze cautelari, nel provvedimento impugnato si e’ attribuito rilievo alle concrete modalita’ dell’azione delittuosa, consistente nella vendita di sostanza stupefacente in pubblica via con organizzazione sintomatica di professionalita’ criminale e di stabile inserimento nel contesto del narcotraffico, per desumerne la non occasionalita’ della condotta delittuosa ed, unitamente alla vita anteatta dell’indagato, il pericolo concreto ed attuale di recidiva, ma il ricorrente omette del tutto di confrontarsi con la suindicata motivazione.
6. La questione inerente alla valutazione prognostica del giudice circa la concedibilita’ della sospensione condizionale della pena, richiesta dall’articolo 275 c.p.p., comma 2-bis, e’ palesemente inconferente in relazione alle misure cautelari applicate nel caso in esame, ove si consideri che la norma richiamata impone tale verifica per le sole ordinanze applicative di misure cautelari restrittive. Giova ricordare, in ogni caso, che con pronuncia a Sezioni Unite la Corte di Cassazione ha affermato che la ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione del reato esime il giudice dal dovere di motivare sulla prognosi relativa alla concessione della sospensione condizionale della pena (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, Giordano, Rv. 24886601).
7. In conclusione, il ricorso non puo’ essere accolto; segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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