Aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari

Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 novembre 2021| n. 41809.

In caso di aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari per violazione delle prescrizioni imposte nei confronti di soggetto che versi in condizioni di salute particolarmente gravi, il giudice, per applicare la custodia cautelare in carcere ai sensi dell’art. 276 comma 1-bis cod. proc. pen., non può limitarsi a prendere atto dell’avvenuta trasgressione, ma deve valutare e motivare in modo congruo la sua decisione, bilanciando le esigenze cautelari con la tutela delle condizioni di salute dell’imputato, senza essere tenuto a disporre perizia ai sensi dell’art. 299, comma 4-ter cod. proc. pen.

Sentenza|17 novembre 2021| n. 41809. Aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari

Data udienza 10 settembre 2021

Integrale

Tag – parola: MISURE CAUTELARI – REVOCA E SOSTITUZIONE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano – Consigliere

Dott. GUERRA M. – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 17/06/2021 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Mariaemanuela Guerra;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore generale Loy Maria Francesca, cha ha chiesto dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.

Aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 17 giugno 2021, il Tribunale di Catania accoglieva l’appello, cosi’ qualificato dalla Corte di cassazione, con provvedimento in data 13 gennaio 2021, l’atto di impugnazione proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Catania, avverso l’ordinanza della medesima Corte che, in data 1 dicembre 2020, aveva rigettato la richiesta di aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari, applicata a (OMISSIS), per trasgressione alle prescrizioni imposte.
Il giudice di merito prendeva atto delle severe condizioni di salute dell’imputato (linfoma di Hodgkin, varieta’ classica nodulare in fase di ripresa con plurime adenopatie sparse in tutto il corpo), ritenute dalla Corte di appello, con ordinanza 26 marzo 2020, che aveva sostituito la misura custodiale in carcere con quella degli arresti domiciliari, “scarsamente compatibili con la custodia inframuraria, sia per l’intrinseca gravita’ della malattia da cui e’ affetto, sia per le obiettive difficolta’ terapeutiche connesse alla tipologia dei trattamenti da eseguire ed all’indisponibilita’ di istituti penitenziari provvisti di SAI idonei ad assicurare presidi diversi dal mero monitoraggio di base”; pur tuttavia, riteneva che la violazione commessa dall’imputato (condannato ad anni venti di reclusione per i delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso e tentativo di estorsione, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti) – sorpreso in data 28 ottobre 2020 all’interno della propria abitazione con tre soggetti pregiudicati ritenuti gravitanti nella criminalita’ organizzata di stampo mafioso – fosse sintomo di insensibilita’ alle prescrizioni e ai limiti relativi al regime extramurario concessogli, da non ritenersi del tutto occasionale ed episodica, anche in considerazione della precedente trasgressione accertata in data 19 maggio 2020, quando veniva sorpreso utilizzare piu’ volte un telefono cellulare mentre si trovava ricoverato.
Di conseguenza, per effetto delle violazioni commesse, la Corte di merito riteneva che le esigenze cautelari fossero tutelabili solo con la custodia in carcere, osservando che l’Amministrazione penitenziaria – DAP, con nota in data 4 giugno 2020, aveva rappresentato che il (OMISSIS) poteva trovare idonea allocazione presso il Servizio di Assistenza Intensificata (SAI) della Casa circondariale di Messina.
Infine, evidenziava che il (OMISSIS) al momento si trovava in custodia cautelare in carcere per altra causa.
2. Avverso detto provvedimento gli Avvocati, (OMISSIS), difensori di fiducia di (OMISSIS), propongono ricorso deducendo con un unico motivo, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) e e), violazione di legge in relazione all’articolo 276 c.p.p. e articolo 299 c.p.p., comma 4-ter, nonche’ vizio di motivazione.
La difesa evidenzia che la Corte di appello, con il provvedimento impugnato, ha disatteso la decisione precedente, con la quale proprio alla luce della gravita’ del quadro sanitario del (OMISSIS) aveva sostituito la massima misura cautelare con gli arresti domiciliari, senza disporre un accertamento peritale medico-legale, in ossequio della prescrizione di cui all’articolo 299 c.p.p., comma 4-ter.
Osserva, inoltre, che le trasgressioni registrate, dovevano ritenersi del tutto occasionali e, comunque, da bilanciarsi con le gravi condizioni di salute in cui versa l’imputato, come riconosciuta dalla precedente decisione della stessa Corte.
La difesa, infine, puntualizza che la possibilita’ di trattare le patologie del (OMISSIS) presso uno dei SAI a disposizione dell’Amministrazione non si confronta con il reale ed attuale quadro clinico dello stesso, in assenza di un accertamento medico-legale, secondo il procedimento delineato dall’articolo 299 c.p.p., comma 4-ter.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ da rigettare in quanto articolato su motivi infondati.
Preliminarmente il Collegio ritiene importante ribadire la differenza che intercorre tra la sostituzione, in aggravamento, della misura cautelare ai sensi dell’articolo 276 c.p.p. rispetto all’ipotesi prevista dall’articolo 299 c.p.p..
La giurisprudenza di legittimita’ ha, infatti, da tempo chiarito che la specifica disciplina ex 276 c.p.p. ha carattere sanzionatorio e prescinde dalla situazione descritta dall’articolo 299 c.p.p., comma 4, che, invece, attiene al caso di un aggravamento delle esigenze cautelari, da soddisfare con l’applicazione di una piu’ adeguata misura cautelare; con la conseguenza che l’attivazione della procedura indicata all’articolo 276 c.p.p. prescinde da quella di cui all’articolo 299 c.p.p., comma 4, e puo’ anche affiancarsi a questa. (tra le altre, Sez. 6, n. 270 del 18/01/2000, Finotto, Rv. 220517 – 01).
Tale ricostruzione trova conferma, peraltro, nel dato testuale dell’articolo 299 c.p.p., comma 4, che fa, appunto, salva la previsione dell’articolo 276: “fermo quanto previsto dall’articolo 276(…)” (tra le altre, Sez. 5, n. 3175 del 08/11/2018, dep. 2019, Leonardi, Rv. 275260 – 01; Sez. 5, n. 489 del 02/07/2014, dep. 2015, Ivanciu, Rv. 262209 – 01).
In altri termini, l’aggravamento della misura cautelare per violazione delle prescrizioni imposte e’ legato alla constatazione che la trasgressione ha reso manifesta l’inidoneita’ della misura in atto a salvaguardare le esigenze cautelari, anche soltanto per avere evidenziato la inaffidabilita’ del soggetto a cui la misura e’ applicata; la sostituzione della misura cautelare come conseguenza dell’aggravamento delle esigenze cautelari puo’ dipendere, invece, anche da fatti non direttamente collegati alla condotta attuale del soggetto nei confronti del quale la misura e’ applicata, come nel caso di sopravvenienza di condanna per reati gravi (Sez. 4, n. 25008 del 15/01/2007, Granata, Rv. 237001; Sez. 6, n. 42756 del 06/11/2002, Messina, Rv. 223686).
La diversita’ degli istituti si riflette anche nella diversita’ della rispettiva procedura finalizzata alla sostituzione della misura in esecuzione: ed infatti, l’aggravamento della misura cautelare ex articolo 276 c.p.p. puo’ essere disposto d’ufficio a seguito della segnalazione, da parte degli organi di polizia giudiziaria, della trasgressione delle prescrizioni inerenti alla misura meno grave precedentemente applicata, mentre l’ipotesi di cui all’articolo 299, comma 4, prevede la richiesta del Pubblico ministero e una verifica nel contraddittorio di tutte le parti (tra le altre, Sez. 5, n. 489 del 02/07/2014, dep. 2015, Ivanciu, Rv. 262209).
L’articolo 276 c.p.p. prevede l’obbligatorieta’ dell’aggravamento solo nell’ipotesi di cui al comma 1-ter, quando, cioe’, si tratti della trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dall’abitazione, salvo che il fatto sia di lieve entita’.
In tutti gli altri casi, invece, la norma attribuisce al giudice un potere discrezionale che deve essere esercitato in base ai parametri precisati nell’articolo 276 c.p.p., comma 1, ovvero, “tenuto conto dell’entita’, dei motivi e delle circostanze della violazione”, al fine di verificare se la trasgressione abbia reso manifesta l’inidoneita’ della misura in atto a salvaguardare le esigenze cautelari (tra le altre, Sez. 5, n. 3175 del 08/11/2018, dep. 2019, Leonardi, Rv. 275260; Sez. 1, n. 3285 del 21/12/2015, dep. 2016, Dzhangveladze, Rv. 265726; Sez. 1, n. 2837 del 10/05/1995, D’Ambrosi, Rv. 202315).
Tale giudizio, incentrandosi sulla gravita’ della condotta trasgressiva, pertanto, e’ riservato al giudice di merito e, ove fornito di adeguata, corretta e logica motivazione, non e’ sindacabile in sede di legittimita’. (Conf., Sez. 2, n. 3629 del 18/8/1994, Moccia, Rv. 201400).
Con specifico riferimento ai casi di soggetti che versino in condizioni di salute particolarmente gravi, ai sensi dell’articolo 275 c.p.p., comma 4-bis, la giurisprudenza ha chiarito che il giudice, per applicare o mantenere la custodia cautelare in carcere nel caso previsto dall’articolo 276, comma 1-bis (trasgressione agli obblighi imposti con una precedente misura di minor gravita’ impostagli per ragioni di salute), non puo’ prendere meccanicamente atto dell’avvenuta trasgressione, ma deve valutare e, quindi, congruamente motivare la sua decisione all’interno del quadro di bilanciamento degli interessi in gioco, riguardanti le esigenze cautelari e la tutela delle condizioni di salute (Sez. 4, n. 3937 del 22/01/2000, Porta, Rv. 215444).
Cosi’ pure nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 4, la trasgressione delle prescrizioni imposte con gli arresti domiciliari giustifica la sostituzione della misura in atto con quella della custodia cautelare in carcere, senza necessita’ di verificare la sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, sempre che il giudice valuti e motivi la sua decisione bilanciando le contrapposte esigenze cautelari e di tutela delle condizioni di salute dell’imputato (Sez. 2, n. 11029 del 01/02/2018, Vadacca, Rv. 272470).
In nessun caso l’articolo 276 c.p.p. richiama la procedura di cui all’articolo 299 c.p.p., comma 4-bis, ultimo periodo, che impone l’accertamento peritale.
1.1 Tutto cio’ premesso, il Collegio ritiene che l’ordinanza impugnata abbia, con motivazione congrua e corretta in diritto, ritenuto sussistente, per effetto delle violazioni accertate, l’aggravamento delle esigenze cautelari, tutelabili solo con l’applicazione della custodia in carcere. Ha ritenuto che la assicurata disponibilita’ del Servizio Assistenza Intensificata (SAI) presso la Casa circondariale di Messina possa superare i profili di incompatibilita’ delle condizioni di salute del (OMISSIS) con la carcerazione, in linea con la prescrizione normativa contenuta nell’articolo 276 c.p.p., comma 1-bis, che, infatti, nell’ipotesi di sostituzione in peius per trasgressione delle prescrizioni nei confronti di soggetti che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 275 c.p.p., comma 4-bis, stabilisce “in tal caso il giudice dispone che l’imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie”.
Va, peraltro, evidenziato che l’ordinanza in data 26 marzo 2000 aveva applicato gli arresti domiciliari in sostituzione della custodia in carcere in considerazione del quadro clinico del (OMISSIS) ritenuto “scarsamente compatibile con la custodia intramuraria”, stante l’allora indisponibilita’ di strutture SAI ad accogliere lo stesso.
In definitiva, si ritiene che il Tribunale abbia correttamente operato il necessario bilanciamento tra disvalore e gravita’ della trasgressione accertata e tutela delle condizioni di salute dell’interessato, in applicazione dei parametri e delle condizioni stabiliti dall’articolo 276 c.p.p., commi 1 e 1-bis.
2. Per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere rigettato.
Dal rigetto del ricorso deriva, ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Vanno, infine, svolti, a cura della cancelleria, gli adempimenti di cui all’articolo 28 reg. esec. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 28 reg. esec. c.p.p..

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *